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Letteratura - La voce scomoda di Calixthe Beyala

Post n°1996 pubblicato il 02 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte:Internet

Calixthe Beyala ha fatto irruzione a 25 anni nel

paesaggio letterario africano con il romanzo,

intenso e politico, A bruciarmi è stato il sole

(1987) (1), ora apparso in Italia presso le edizioni

Epoché, esordite quest'ultime proprio nel 2003

con la pubblicazione della prima traduzione italiana

della scrittrice camerunense, Gli onori perduti (2).

Per quest'ultimo, molto ben accolto in Francia e

appena ripreso nei tascabili Feltrinelli, l'autrice

aveva ricevuto nel 1996 il Grand Prix de l'Académie

française, provocando la stizza di qualche accademico.

Oggi, «l'Amazzone delle lettere africane», come è stata

definita, è giunta a quota quindici con successi di pubblico

e di critica in tutto il mondo non solo francofono,

soprattutto a partire dal 1992 con Le petit prince de

Belleville, ritratto esilarante, tenero e caustico nel

contempo, della comunità africana dei quartieri popolari

parigini dove è vissuta a lungo, indagato di nuovo in

chiave ancor più spregiudicata in Selvaggi amori (1999) .

Anche in Italia, Beyala è la più nota e la più tradotta

delle scrittrici africane della nuova generazione e ha

saputo conquistare in breve tempo un suo pubblico

specifico con il divertente Come cucinarsi il marito

all'africana (4). Elemento caratterizzante di tutta

l'opera è l'indagine sul destino femminile attraverso

vari personaggi e vari punti di vista, con una

ricorrenza particolare della figura della prostituta.

Infatti fin dal primo romanzo il cui titolo, non a caso,

allude al Cantico dei Cantici, si è prefissa di prendere

la parola, e la penna, per svelare, senza peli sulla

lingua, la realtà della donna africana contemporanea

a partire dal suo corpo e dal suo desiderio.

La storia, in parte autobiografica, è quella di Ateba,

protagonista e unica donna non avviata a una qualche

forma di prostituzione in questa bidonville mortifera

immersa nel fango e la violenza.

Se l'assenza della figura materna (numerose sono

le orfane nell'opera di Beyala), ha fatto della giovane

un essere smarrito, divorato come «migliaia di altre

donne», dall'angoscia e dalle paure fino alla soglia

della follia, ciò l'ha nondimeno resa sensibile,

riflessiva e soprattutto ribelle.

Ribelle nel rifiutare tutti i tabù volti a emarginare

e a occultare la donna, a cominciare da quella legge

del silenzio che già le scrittrici della prima generazione

avevano provato a trasgredire e che Beyala,

attraverso il suo personaggio, vuole erigere ad

atto sovversivo per eccellenza.

Ribelle e determinata nel contestare antiche credenze,

nello «smettere di attingere dai depositi originari

le conoscenze archaiche che portano alla morte e

reincarnano la vita».
Così per il trasmite di un'originale la voce narrante,

una sorta di alterego onnisciente che le permette di

sovvertire i codici letterari, Beyala è partita in guerra,

e la guerra non è finita, contro tutti gli stereotipi

maschili e femminili, bianchi e neri, che generano

in Africa come in Francia la violenza quotidiana.

La sua scrittura cruda e convincente ha contribuito

non poco ad accelerare la presa di coscienza

femminile e a cambiare l'immagine femminile

di sé e dell'altro/altra. La tensione e la forza

vitale che Beyala imprime ai suoi scritti, oltre che

nella tematica che si potrebbe sintetizzare in un

lungo interrogarsi sull'identità - anche erotica -

femminile e il suo futuro, è di certo particolarmente

efficace nelle scelte linguistiche che col passare

del tempo sono diventate sempre più audaci e

desacralizzanti e sempre più portatrici di

diversità culturale.

Se è vero che gli scrittori africani partecipano

attivamente all'elaborazione della lingua francese

contemporanea, adattandola al vissuto e

all'immaginario africano, addomesticandola talvolta

fino alla sovversione, non si può negare che durante

l'arco di quasi vent'anni, Beyala si è dimostrata fra

tutti capace di ricrearla, nel lessico e nella formula.

Nel rivalutare altamente la funzione salvifica della

scrittura femminile, unica atta a trasformare lo

sguardo sulla donna africana e lo sguardo dell'Occidente

sull'Africa, Beyala - anche quando (come nelle opere

più recenti) ambienta di nuovo la narrazione in Africa

- continua a concentrarsi essenzialmente sulla relazione

Francia-Africa. Scrittrice femminista, a capo di varie

associazioni militanti per i diritti umani, spesso scomoda

e sempre polemica, pure ponendo in maniera tragica la

questione femminile in primo piano, lascia intravedere

un barlume di speranza («Ateba sa che un giorno il

paese apparterrà a loro») e una possibilità anche al

maschio di riabilitarsi e agli uomini tutti di umanizzarsi,

sola alternativa valida per abitare il mondo futuro.

Marie-José Hoyet


note:
(1) A bruciarmi è stato il sole, prefazione di Pier

Maria Mazzola, traduzione di Gaia Amaducci, Epoché

(«Togu-na», 11), 2005, 14 euro.
(2) Gli onori perduti, traduzione di Gaia Amaducci e

Monica Martignoni, Epoché («Togu-na», 1) 2003, 15 euro.
(3) Selvaggi amori, traduzione di Yasmina Meleouah,

2004, edizioni e/o («I Leoni»), 14,5 euro.
(4) Come cucinarsi il marito all'africana, Epoché

(«Togu-na», 6), 2005, 10 euro.

[ 30 giugno 2006 

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