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GABRIELE D'ANNUNZIO
Post n°2028 pubblicato il 17 Marzo 2019 da blogtecaolivelli
con le effigi degli antenati del protagonista de Il trionfo della morte, la Majella e il Torrione Orsini. Nel romanzo d'Annunzio si sofferma nella descrizione suggestiva della città, che si affaccia verso la montagna, domandandosi come possa essere una bella città come quella vittima della corruzione delle decadenti classi nobiliari e della superstizione popolare. Da un lato d'Annunzio magnifica l'architettura abruzzese, specialmente la simbolica Cattedrale di pietra, dall'altro non tollera il comportamento ancestrale e quasi animalesco della popolazione. Costa dei Trabocchi: i centri di San Vito Chietino e Fossacesia, con i trabocchi da pesca, l'Abbazia di San Giovanni in Venere e l'eremo dannunziano nella località Portelle. Sempre nel Trionfo della morte, d'Annunzio si sofferma sulla bellezza selvaggia della costa teatina, scrivendo le pagine del soggiorno a san Vito, traendo ispirazione da un'avventura amorosa con Barbara Leoni nel 1899, avendo acquistato una casa presso il cosiddetto "eremo dannunziano". L'abbazia di Fossacesia è descritta nel romanzo durante un pellegrinaggio religioso verso la vicinaCasalbordino, al santuario della Madonna dei Miracoli, dove d'Annunzio ancora una volta mescola il giudizio sulla suggestione naturale e il terrore per il comportamento brutale e animalesco dei pellegrini. Infatti anche il pellegrinaggio a Casalbordino è stato intrapreso da d'Annunzio, descritto nel carteggio con la Leoni, soffermandosi sulla disastrosa condizione fisica e mentale dei pellegrini infermi che andavano a chiedere la grazia alla Madonna. Ortona: il castello aragonese, il Palazzo Farnese, visitato da d'Annunzio con l'amico Francesco Paolo Tosti, e la Cattedrale di San Tommaso Apostolo, dove è descritto un pellegrinaggio nelle Novelle della Pescara. Nei primi anni del '900 d'Annunzio visitò la città, andando a trovare l'amico Francesco Paolo Tosti, e si soffermò nelle sue lettere nel descrivere la suggestione della città affacciata sul mare, considerata da lui stesso la "Perla dell'Adriatico". Casoli: il borgo e il Castello Ducale Orsini, dove il poeta risiedette con l'amico Pasquale Masciantonio. D'Annunzio e Masciantonio furono molto amici, legati da un carteggio degli anni 1891-1922. D'Annunzio fu ospitato al castello circa nel 1895, quando stava scrivendo il romanzo Le vergini delle rocce. Per ringraziare l'amico, il poeta incise un distico elogiato nella sua stanza da letto. Casalbordino: i trabocchi, e il santuario della Madonna dei Miracoli. Nel carteggio con la Leoni (1889) e nel romanzo Trionfo della morte, d'Annunzio descrisse il macabro pellegrinaggio degli infermi alla Madonna. Lama dei Peligni: il borgo e la Grotta del Cavallone. Stringendo amicizia con l'archeologo Antonio De Nino, d'Annunzio nel 1903 visitò il borgo della Majella e fu suggestionato dalle grotte, dove ambientare la tragedia La figlia di Iorio, confidando ancora sul rapporto ambiguo e ancestrale del popolano abruzzese con la natura. Miglianico: il pellegrinaggio di San Pantaleone nella cattedrale omonima, narrato nelle Novelle della Pescara. Viene descritto uno scontro religioso tra due opposte fazioni e il sacrificio orripilante di un fedele verso il santo patrono, tagliandosi la mano per offrirla in dono. Anversa degli Abruzzi: il castello normanno di Sangro, il borgo di Castrovalva e le gole del Sagittario. Sempre nel 1903 circa, d'Annunzio e De Nino visitarono uno dei luoghi più incontaminati dell'Abruzzo per il difficile accesso. Affascinato dalla leggenda della nobile famiglia De Sangro di Anversa, d'Annunzio scrisse La fiaccola sotto il moggio (1905). Castiglione a Casauria: l'Abbazia di San Clemente a Casauria, visitata con gli amici Masciantonio, Tosti e Michetti, nel primo '900. Atene, Corinto, Micene nella crociera in Grecia del 1895. D'Annunzio fu affascinato dalle scoperte archeologiche di Schliemann e trasse ispirazione per la tragedia La città morta (1896) Firenze: centro, visitato con la Duse. Settignano: Villa La Capponcina, dove visse con la Duse. D'Annunzio vi scrisse intorno al 1900 il romanzo Il fuoco e il terzo libro delle Laudi dell'Alcyone. Intorno a Firenze, nel centro Italia sostanzialmente, nello stesso periodo il poeta viaggiò per scrivere le parti delle "Città del Silenzio" in Elettra (1903). Roma: Palazzo Zuccari, Piazza di Spagna, Pincio, dove visse con la Leoni. Il palazzo Zuccari specialmente è la sede abitativa del protagonista Andrea Sperelli de Il piacere (1889). Venezia: Piazza San Marco, descritta nel Fuoco. D'Annunzio vi viaggiò intorno al 1900. Napoli: centro, visitato con Masciantonio. Vi pubblicò L'innocente nel 1892. Parigi: centro, dove visse in esilio nel 1912-1914. Arcachon in Gironda (Francia). Buccari, dove compì la "beffa" nel 1918. Fiume (Croazia), dove il poeta occupò la città nel 1920. Gardone Riviera: Vittoriale degli italiani, dove visse gli ultimi anni dal 1922 al 1938. Opere principali a produzione letteraria di D'Annunzio fu stampata integralmente fra il 1927 e il 1936da un Istituto nazionale creato appositamente sotto l'egida dello Stato italiano per la pubblicazione della sua Opera Omnia. Il Vate collaborò attivamente alla realizzazione dell'ambizioso progetto, come collaborò alla pubblicazione di un'edizione economica (L'Oleandro) che ricalcava la precedente, realizzata anch'essa quando egli era ancora in vita, fra il 1931 e il 1937. Subito dopo la sua morte e cioè fra il 1939 e il 1942 laFondazione del Vittoriale degli Italiani provvide a ristampare quasi integralmente la produzione dannunziana: 42 volumi su un totale di 46 (gli ultimi quattro non uscirono per le note vicende belliche che desolarono l'Italia nel 1943). Nel secondo dopoguerra merita una particolare menzione la pregevole edizione dell'Opera Omnia apparsa, a partire dal 1950, nei Classici Contemporanei Italiani di Fra le opere più significative di Gabriele D'Annunzio segnaliamo queste. Primo vere (1879) La prima opera dannunziana fu pubblicata a Chieti, e successivamente a Lanciano dalla Casa editrice Rocco Carabba, con un intelligente espediente: ossia facendosi auto-pubblicità con una presunta morte cadendo da cavallo. L'opera è una raccolta poetica ispirata alle odi di Giosuè Carducci[, basata su pezzi di bravura, come traduzioni in metrica barbara di odi di Catullo e Orazio, e celebrazioni paniche della propria terra abruzzese, ancora vergine e selvaggia, mischiando la descrizione a effimere visioni mitiche della mitologia classica. A differenza di Carducci, D'Annunzio già dimostra uno slancio vitale più esteso, nonché sensuale, tipico dello scrittore giovanile, anche se tale slancio sarà presente in quasi tutte le opere dannunziane. Canto novo (1882) La seconda raccolta poetica ha due versioni, la prima dell'82, e la seconda, più ridotta, del 1896, epurata da sbavature troppo classicheggianti e carducciane. Le 63 liriche sono ugualmente sonetti ispirati a Carducci, divisi in 4 libri, in cui si racconta l'amore di D'Annunzio per Elda Zuczoni, vissuto sulla spiaggia di Francavilla al Mare. Gabriele D'Annunzio esprime già col titolo una nuova forma di poetica, nata come ibrido dall'ode classica italiana (barbara) usata da Giosuè Carducci e dal desiderio irrefrenabile della gaiezza giovanile. Mentre Carducci nelle odi tenta il recupero della potenza letteraria italiana con riecheggi ai classici, d'Annunzio aggiunge la sua esperienza personale di giovane innamorato, inserendo il suo rapporto amoroso con Lalla in un bozzetto abruzzese, ambientato sulla spiaggia selvaggia di Questa volta i prestiti, o calchi", non sono più dagli autori latini, ma dai lirici greci, come Alceo, Pindaro e Intermezzo di rime (1883)[ Pubblicate queste poesie a Roma da Sommaruga editore nel 1883, l'opera poetica segna un distacco dalla vita giovanile abruzzese. D'Annunzio abbandona la metrica barbara carducciana per rifarsi alla sperimentazione di un sistema proprio, che già preclude l'uso di uno stile "decadentista", che gli viene ispirato dalla frequentazione dei salotti romani. Anche l'ingenua sensualità giovanile è abbandonata per passare alla pittura di scene di amori più nitide e spinte. Il libro delle vergini - San Pantaleone (1884-86) Le due raccolte di novelle furono pubblicate a Roma da Sommaruga Editore, e riguardano l'approccio dannunziano al naturalismo e al verismo di Giovanni Verga, dalla sua raccolta diVita dei campi. Tuttavia D'Annunzio non seppe abbracciare completamente la corrente siciliana, poiché trasgredì alle regole della forme inerente al soggetto alla descrizione mediante la narrazione indiretta, intervenendo spesso con commenti personali, adottando uno stile medio-alto, e facendo parlare i protagonisti nel dialetto abruzzese. Le storie della prima raccolta delle vergini, in tutto quattro, rispondono al modello di una conciliazione tra stile elevato della nobiltà romana nel periodo decadentista e le vicende amorose di nobildonne e semplici contadine dalla campagna pescarese dell'Abruzzo. La seconda raccolta, più variegata, è un insieme di bozzetti di stampo verghiano, in cui D'Annunzio tratteggia le brutture e le sventure di poveri individui del villaggio marinaro di Portanuova (la vecchia Pescara), in lotta La natura dominante abruzzese, incolta e sovrana, sembra decidere, con carestie, mareggiate e nevicate, le sorti dei protagonisti, votati alla sofferenza e all'autodistruzione non solo per catastrofi naturali, ma anche per la loro natura barbara, come ad esempio la superstizione religiosa e l'ignoranza bestiale con gli istinti animaleschi del sesso e della fame. Il piacere (1889) Primo romanzo dannunziano, e primo capitolo della trilogia dei Romanzi della Rosa, l'opera ha una trama molto semplice. La vicenda, suddivisa in quattro libri, si svolge nel 1886 a Roma, con l'inizio di un flashback dell'abbandono tra il conte Andrea Sperelli ed Elena Muti. Infatti Andrea, nobile abruzzese, dandy dell'alta società romana amante della letteratura decadentista, incontra la nobildonna Elena Muti e se ne innamora perdutamente, nonostante lei sia sposata. A questo punto è inevitabile uno scontro all'arma bianca tra Andrea e il rivale, e il protagonista, ferito, è portato in convalescenza a Francavilla al Mare, nella "villa Schifanoia", dove redige un diario personale, componendo anche pezzi di bravura di poesia decadentista; inoltre conosce una lontana cugina, Maria Ferres, di cui si innamora . Comincia allora un rapporto complicato tra Maria ed Elena, considerata la prima fèmme fatale dell'eroe dannunziano , fino alla perdita di entrambe. Il romanzo è il capostipite in prosa italiana del decadentismo; D'Annunzio per la composizione si ispirò a vari autori stranieri, come Charles Baudelaire, Théophile Gautier, l'estetica preraffaellita elaborata dai critici del giornale Cronaca bizantina, e Goethe, si aggiunsero dunque quelle provenienti dalla nuova fonte di ispirazione francese, come Gustave Flaubert, Guy de Maupassant, Émile Zola, ma anche Percy Bysshe Shelley, Oscar Wilde e forse la lettura d À rebours di Joris Karl Huysmans. di per sé semplice, di citazioni dotte sia di autori classici, greci e latini, dimusica classica i cui rappresentanti Mozart e Beethoven, e l'alternanza in prosimetro di prosa e poesia. L'innocente (1892 Il secondo romanzo della Trilogia della Rosa, si discosta abbastanza dalla prosa decadentista fluente del Piacere. Il protagonista è il principe Tullio Hermil, sposato con Giuliana e affiliato. Apparentemente sembra che la tranquilla vita familiare abbia il suo regolare corso. Tuttavia la donna lo tradisce con lo scrittore Filippo Arborio, di cui rimane incinta, e partorisce un maschio. Dato che Filippo si ritira, Tullio è costretto a vivere con il terzo figlio "non suo", verso cui matura un odio incontrollabile, lasciandolo morire di freddo, fuori la finestra, la notte di Natale. L'opera, più che essere ispirata al decadentismo, è tratta da uno studio dannunziano del tema dell'"evangelismo russo" presente in Tolstoje Dostoevskij, convertendolo tuttavia nello slancio vitale della co -protagonista Giuliana, e nella caratterizzazione negativa tipica della femme fatale. Poema paradisiaco (1893) Si tratta di una composizione in cui D'Annunzio inizia a mescolare decadentismo e crepuscolarismo, distaccandosi dallo slancio vitale iniziale della corrente intellettuale. Il poema dannunziano è anche una parabola di conversione verso uno stile di vita casto e frugale, quasi francescano. Il protagonista infatti è un uomo soggetto alla prigione dei sensi, sedotto da figure insidiose e enigmatiche: le larve. Soltanto il ritorno del protagonista nel rassicurante orticello di casa, mantenuto con modestia e lavoro sarà la sua ancora di salvezza, proprio qui infatti avverrà la sua purificazione. Il protagonista riesce quindi a raggiungere un traguardo di salvezza adottando uno stile di vita in perfetta antitesi rispetto allo stesso D'Annunzio. |
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