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Decifrare l'enigmatico codice del cervello
Post n°2085 pubblicato il 04 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze 29 dicembre 2017 Alcuni neuroscienziati stanno sfruttando tecniche usate nella crittografia per decodificare i segnali che permettono al cervello di muovere gli arti. Il loro obiettivo è arrivare a protesi neurali sempre più efficientidi Helen Shen/Scientific American I dispositivi protesici controllati dal cervello potrebbero potenzialmente migliorare la vita delle persone con mobilità limitata a causa di lesioni o malattie. Per guidare queste interfacce cervello- computer, i neuroscienziati hanno sviluppato una varietà di algoritmi che decodificano i pensieri relativi al movimento in modo sempre più accurato e preciso. Ora i ricercatori stanno ampliando la loro cassetta degli attrezzi prendendo in prestito tecniche dal mondo della crittografia per decodificare i segnali neurali e tradurli in movimenti. gli addetti alla decodifica dei codici hanno decifrato il codice tedesco Enigma sfruttando la conoscenza di schemi presenti nei messaggi crittografati. Questi schemi includevano le tipiche frequenze e distribuzioni di certe lettere e parole nel testo. Sapendo qualcosa su quello che ci si aspettava di leggere, l'informatico britannico Alan Turing e i suoi colleghi erano riusciti a trovare la chiave per tradurre il codice in un linguaggio comprensibile. o stendere un braccio per afferrare qualcosa, seguono schemi prevedibili. La posizione dell'arto, la velocità e molte altre caratteristiche del movimento tendono a combinarsi in modo ordinato. Pensando a questa regolarità, Eva Dyer, neuroscienziata del Georgia Institute of Technology, ha deciso di testare nell'ambito della decodifica neurale una strategia ispirata alla crittografia. Con i suoi colleghi, ha pubblicato i risultati di un recente studio su "Nature Biomedical Engineering". approccio, ma questo è uno dei primi studi a essere pubblicato", dice Nicholas Hatsopoulos, neuroscienziato dell'Università di Chicago, che non è stato coinvolto nel lavoro. "È piuttosto insolito". usano i cosiddetti "decodificatori supervisionati" (supervised decoders). Questi algoritmi si basano su un'informazione dettagliata che è ottenuta momento per momento e che riguarda il movimento, per esempio posizione e velocità degli arti; questa informazione è registrata mentre si registra l'attività neurale. Raccogliere questi dati può essere un processo laborioso e dispendioso in termini di tempo. In seguito, l'informazione è usata per addestrare il decodificatore a tradurre gli schemi neurali nei movimenti corrispondenti. In termini di crittografia, sarebbe come confrontare un certo numero di messaggi già decrittati con le loro versioni criptate per decodificare la chiave. Blend Images / AGAl contrario, il gruppo di Dyer ha cercato di prevedere i movimenti usando solo i messaggi criptati (l'attività neurale) e una comprensione generale dei modelli che emergono in determinati movimenti. Il gruppo ha addestrato tre macachi a stendere il braccio o piegare il polso per guidare un cursore su bersagli disposti attorno a un punto centrale. Allo stesso tempo, i ricercatori hanno usato schiere di elettrodi per registrare l'attività di circa 100 neuroni nella corteccia motoria, una regione del cervello cruciale per il controllo del movimento, di ogni scimmia. ricercatori hanno ottenuto statistiche sui movimenti di ciascun animale, come la velocità orizzontale e verticale. Un buon decodificatore, dice Dyer, dovrebbe trovare schemi sepolti nell'attività neurale che, come in una mappa, corrispondono a schemi visti nei movimenti. Per trovare il loro algoritmo di decodifica, i ricercatori hanno effettuato un'analisi sull'attività neurale per estrarre e snellire la sua struttura matematica principale. Poi hanno testato un gran numero di modelli computazionali per trovare quello che allineava maggiormente gli schemi neurali agli schemi di movimento. modello migliore per decodificare l'attività neurale da prove individuali, sono stati in grado di prevedere i movimenti reali degli animali come nel caso di alcuni decodificatori supervisionati di base. "È un risultato molto interessante", afferma Jonathan Kao, neuroscienziato computazionale dell'Università della California a Los Angeles, che non è stato coinvolto nello studio. "In passato avrei pensato che avere l'informazione momento per momento della precisa estensione del braccio, conoscendo la velocità in ogni momento, avrebbe permesso di costruire un decodificatore migliore di quello ricavato dalle statistiche complessive del movimento". solo statistiche generali sui movimenti, che tendono a essere simili tra gli animali o tra l e persone, i ricercatori hanno anche potuto usare schemi di movimento di una scimmia per decifrare i dati neurali di un'altra scimmia, cosa che non è possibile fare con decodificatori supervisionati tradizionali. In linea di principio, vuol dire che gli scienziati potrebbero ridurre tempo e sforzi necessari per raccogliere dati di movimento dettagliati. Invece, potrebbero acquisire le informazioni una sola volta e usarle di nuovo oppure distribuirle per addestrare le interfacce cervello-computer in molti animali o persone. "Potrebbe essere molto utile sia per la comunità scientifica che per quella medica", dice Hatsopoulos. di fattibilità per l'impiego di strategie crittografiche nella decodifica dell'attività neurale, inoltre la neuroscienziata osserva che c'è ancora molto lavoro da fare prima di poter usare questo metodo in modo esteso. "Rispetto ai decodificatori di ultima generazione, questo non è ancora un metodo competitivo", afferma. L'algoritmo potrebbe essere migliorato inviando segnali da un numero ancora più grande di neuroni, oppure fornendo ulteriori caratteristiche note dei movimenti, come la tendenza degli animali a fare movimenti fluidi. Per essere utile a guidare i dispositivi protesici, l'approccio dovrebbe anche essere adattato a decodificare i movimenti più complessi e naturali, un compito non banale. "Abbiamo solo scalfito la superficie", dice Dyer. su Scientific American il 27 dicembre 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.) |
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