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L'imperfezione che rende affidabili i qubit

Post n°2165 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

02 novembre 2018

L'imperfezione che rende affidabili i qubit

L'imperfezione che rende affidabili i qubit

Un progresso fondamentale verso i computer

quantistici è stato ottenuto usando fibre ottiche

nanoscopiche in silicio organizzate in un reticolo

in cui l'uniformità dello schema viene alterata

da un'imperfezione, che rende più stabile la

correlazione tra fotoni che codificano l'informazione

binaria quantistica, i qubit(red)

fisicacomputer science

Fotoni che viaggiano attraverso un reticolo

imperfetto di fibre ottiche di dimensioni nano-

scopiche possono essere utilizzati per realizzare

unità affidabili per la costruzione dei futuri

computer quantistici.

Lo dimostra un nuovo studio pubblicato su "Science" 

da ricercatori dell'Università di Sidney, in Australia,

guidati da Andrea Blanco-Redondo, in

collaborazione con colleghi dell'Università di Haifa,

in Israele, e di Oxford, nel Regno Unito.

La transizione dai computer elettronici a

quelli quantistici è basata su una trasformazione

fondamentale nella modalità di codifica dei bit,

le unità d'informazione binaria, che possono

assumere due soli valori, indicati convenzional-

mente come 0 e 1.

I progressi degli ultimi decenni nella manipolazione

di oggetti del mondo microscopico, dominato

dalle leggi della meccanica quantistica, hanno

aperto la strada a un nuovo modo di gestire

l'informazione, in cui a codificarla sono gli stati

di un microsistema, per esempio di elettroni o

di atomi ionizzati.

La differenza è che non sono possibili solo

alcuni stati fondamentali, ma anche una loro

sovrapposizione quantistica.

Passare dal bit al qubit, il bit quantistico, consente

quindi di avere non solo 0 e 1, ma anche un

numero virtualmente infinito di loro combinazioni,

ampliando enormemente le capacità di calcolo di

una macchina basata su queste unità di base.

Un elettrone, per esempio, può avere due stati

di spin, su e giù, ma anche una combinazione

di questi stati, e quindi parrebbe uno dei sistemi

più naturali per codificare un qubit.

E in effetti non sono mancate le sperimentazioni

in questo senso.

Fin da subito però si è capito che uno dei problemi

fondamentali per arrivare a un sistema di calcolo

automatico basato su elettroni o su atomi ionizzati

è che vengono facilmente influenzati dall'ambiente

circostante, per esempio dalle interferenze

elettromagnetiche o dalla temperatura.

Un'opzione valida per aggirare questo ostacolo

consiste nell'utilizzare fotoni, i quanti di luce,

al posto degli elettroni e degli ioni.

La comunicazione tra diversi fotoni è poi garantita

da una peculiare correlazione quantistica nota

come entanglement, in cui due particelle stabiliscono

  una correlazione quantistica che si mantiene

anche quando fra di esse viene frapposta una

distanza arbitraria.

Quando si esegue una misurazione dello stato

di una particella, questo stato "precipita" assumendo

un valore ben definito.

E questa operazione fa collassare su un valore

definito anche la particella trasportata lontano,

in modo istantaneo, anche se in effetti non c'è

stato un scambio di informazione tra le due. 

Anche i qubit fotonici hanno però importanti

limitazioni, perché l'entanglement può venire

meno per vari fenomeni diffusivi incontrati dai

fotoni nel loro tragitto.

Blanco-Redondo e colleghi hanno cercato di

risolvere questi limiti con guide d'onda, in cui

passano i fotoni, formate da nanocavi si silicio

con un diametro di soli 500 nanomentri

(miliardesimi di metro) allineati lungo cammini

appaiati secondo uno schema a reticolo uniforme

a cui però viene aggiunto un difetto.

Rompendo questa uniformità di reticolo, si riesce

a imporre ai fotoni modalità di appaiamento

particolari, note come modi di bordo (edge modes).

Questi modi permettono di trasportare l'informazione

con un grado di affidabilità inarrivabile per un

reticolo uniforme, e così di proteggere i qubit.

 
 
 
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