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L'impronta dei popoli precolombiani sulla foresta amazzonica

Post n°2262 pubblicato il 27 Giugno 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

03 marzo 2017

L'impronta dei popoli precolombiani sulla foresta amazzonica

L'impronta dei popoli precolombiani sulla foresta amazzonica

L'Amazzonia è disseminata di piante domesticate,

in particolare nelle zone vicine ai siti archeologici

precolombiani.

Lo rivela un nuovo studio che sfata l'immagine della

"foresta vergine" e sottolinea l'importanza di conservare

queste zone di foresta - attualmente non consideratecome

hotspot di biodiversità - perché hanno un alto valore storico

città (quasi) perdute dell'Amazzonia

ambientebiodiversitàarcheologia

In Amazzonia c'è la foresta vergine per antonomasia?

Forse no, a giudicare da una nuova ricerca pubblicata

sulle pagine di "Science" da Carolina Levis e colleghi

del National Institute for Amazonian Research (INPA)in

Brasile, secondo cui la foresta amazzonica è disseminata

di specie vegetali domesticate dalle popolazioni indigene

prima dell'arrivo di Cristoforo Colombo, specie che

continuano a rivestire un ruolo importate nella foresta

attuale.

"Per molti anni, gli studi di ecologia hanno ignorato

l'influenza delle popolazioni precolombiane sulle foreste

che vediamo oggi", ha sottolineato Levis.

"Grazie al nostro studio, si è scoperto che un quarto

delle specie domesticate dell'Amazzonia è ampiamente

distribuito nel bacino e domina ampie zone di foresta;

questi risultati indicano chiaramente che la flora amazzonica

è in parte un'eredità dei suoi antichi abitanti".

L'impronta dei popoli precolombiani sulla foresta amazzonica

Utilizzando i dati raccolti oltre 1000 monitoraggi della

flora condotti dall'Amazon Tree Diversity Network e la

mappa di più di 3000 siti archeologici di tutta l'Amazzonia,

Levis e colleghi hanno confrontato la composizione della

foresta a varie distanze dai siti archeologici, realizzando

così la prima "fotografia" di come le popolazioni precolombiane

hanno influenzato la biodiversità dell'Amazzonia.

Lo studio si è focalizzato in particolare su 85 specie di alberi,

tra cui alcune ben note per la loro importanza commerciale

come il cacao e la noce brasiliana, che sono state domesticate

dalle popolazioni amazzoniche nell'arco di migliaia di anni.

Dall'analisi è emerso che in tutto il bacino amazzonico, le

specie domesticate erano cinque volte più comuni delle

specie non domesticate e molto più comuni e più diversificate

nelle zone di foresta vicine ai siti archeologici.

"I primi europei giunti nell'area riferivano di aver visto

popolazioni indigene che vivevano in foreste apparentemente

vergini, e quest'idea ha avuto una grande fortuna, poiché

affascinava la stampa, i politici e anche qualche scienziato",

concludono i ricercatori.

"Questo studio conferma invece che aree dell'Amazzonia che

appaiono vergini portano evidenti le tracce dell'intervento

degli esseri umani".

Il numero di specie considerate è piuttosto limitato, avvertono

i ricercatori, ma è sufficiente a rivelare la profonda impronta

umana sulla foresta.

Si può ragionevolmente ipotizzare che le specie coinvolte

siano molte di più, perché le popolazioni indigene hanno

gestito centinaia di piante senza domesticarle: si calcola che

ve ne siano circa 16.000.

Studiarle è della massima importanza, perché l'eredità

precolombiana, sia i siti archeologici sia le foreste con una

forte componente storica, sono a rischio di degrado e

deforestazione.
"Le implicazioni per i progetti di conservazione sono

notevoli", ha concluso André Junqueira, coautore dello studio.

"Abbiamo infatti mostrato che le regioni sud occidentale e

orientale dell'Amazzonia hanno la maggiore concentrazione

di specie domesticate e che queste stesse specie sono quelle

più minacciate dal degrado e dalla deforestazione; non sono

considerate classici hotspot di biodiversità, mentre dovrebbero

essere al massimo delle priorità di conservazione, in quanto

riserve di foreste di alto valore per le popolazioni umane".

 
 
 
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