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Un nuovo biomateriale.

Post n°2279 pubblicato il 08 Luglio 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

Il nuovo biomateriale

creato sfruttando le

proprietà di organismi

marini unicellulari

Fonte: Università di Bologna

©Biosphoto Un gruppo di ricercatori è

riuscito ad arricchire lo scheletro di carbonato

di calcio prodotto naturalmente dalla foraminifera

 Amphistrigina lessoni con nano-particelle magnetiche.

Una nuova strategia che apre le porte a infinite

possibilità per la sintesi di nuovi materiali.

Un gruppo di ricercatori guidato da studiosi

dell'Università di Bologna è riuscito per la prima

volta a sintetizzare un nuovo biomateriale, a

base di carbonato di calcio e arricchito con nano

-particelle magnetiche, sfruttando le caratteristiche

naturali di un organismo marino unicellulare, la

foraminifera Amphistrigina lessoni.
 
Anche se negli anni sono stati fatti grandi

progressi per individuare i meccanismi da cui

nascono i materiali naturali e che ne regolano

le proprietà, infatti, in molti casi è ancora

impossibile riprodurli in laboratorio.

Per questo, gli studiosi autori della ricerca

hanno cambiato approccio: non tentare di

imitare i processi naturali, ma sfruttarli per

produrre nuovi materiali.

Una strategia innovativa - presentata sulla

rivista Materials Horizons - che potrebbe ora

essere replicata anche su altri organismi e

con altri "ingredienti", dando così origine a

infinite possibilità per la sintesi di nuovi materiali.
 
Un bioreattore naturale

Tutto parte dalla foraminifera Amphistrigina

lessoni, un organismo marino unicellulare capace

di produrre uno scheletro composto di carbonato

di calcio, materiale molto studiato e molto utile

soprattutto in campo biomedicale.

Sfruttando questa abilità naturale, i ricercatori

sono riusciti ad utilizzare la foraminifera come

bioreattore per produrre cristalli bionici di

carbonato di calcio arricchiti con nano-particelle

magnetiche.

Un ingrediente aggiuntivo che è in grado di dare

allo scheletro di questi organismi delle proprietà

magnetiche addizionali.
 
"Per produrre il loro scheletro, le foraminifere

assorbono l'acqua di mare attraverso vescicole",

spiega Giuseppe Falini, professore dell'Università

di Bologna che ha coordinato lo studio.

"Noi abbiamo voluto studiare se la presenza di

un additivo nel mezzo utilizzato per la crescita

degli organismi consentisse di sintetizzare cristalli

ibridi di calcite e additivo, con caratteristiche non

ottenibili tramite la sola sintesi chimica in laboratorio".
 
Scheletri magnetici

Una sfida che ha restituito un riscontro positivo:

l'additivo aggiunto dai ricercatori ha portato gli

organismi ad arricchire il loro scheletro con particelle

magnetiche, creando di fatto un nuovo biomateriale.

"Sfruttando il processo di biomineralizzazione

delle foraminifere - conferma Giulia Magnabosco,

prima autrice dello studio - siamo riusciti a fare in

modo che all'interno dello scheletro venissero

intrappolate particelle magnetiche.

In questo modo, è stato possibile sintetizzare

un nuovo materiale a base di carbonato di calcio

che può essere controllato applicando un campo

magnetico esterno".
 
Una nuova strategia che in questo caso ha

tratto vantaggio dalle abilità delle foraminifere,

ma, sottolineano gli autori, in linea di principio

può essere applicata anche ad altri organismi

calcificanti e ad altre classi di additivi.

Uno schema, insomma, da cui potrebbero

nascere infinite possibilità per la sintesi di

nuovi materiali.
 
I protagonisti dello studio
Lo studio - pubblicato sulla rivista Materials

Horizons con il titolo "Bionic synthesis of a

magnetic calcite skeletal structure through

living foraminifera" - è stato condotto da Giulia

Magnabosco, Simona Fermani, Matteo Calvaresi

e Giuseppe Falini del Dipartimento di Chimica

"Giacomo Ciamician" dell'Università di Bologna.
 
Hanno collaborato inoltre Vittorio Franco

Corticelli, Meganne Christian e Vittorio Morandi

dell'Istituto per la microelettronica e microsistemi

(IMM) del CNR di Bologna, con Cristiano Albonetti

dell'Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati

(ISMN) del CNR di Bologna e con Hagar Hauzer e

Jonathan Erez della Hebrew University of Jerusalem.

 
 
 
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