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L'origine vulcanica dell'Appennino meridionale.
Post n°2285 pubblicato il 13 Luglio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze GEOLOGIA: Nelle viscere dell'Appennino meridionale individuato un corpo magmatico A differenza dei processi che accompagnano la risalita dei magmi durante le eruzioni vulcaniche, la messa in posto di corpi intrusivi (volumi di magma che si intrudono nella litosfera senza raggiungere la superficie) è un meccanismo ancora poco conosciuto, per la difficoltà del magma di "comunicare" con la superficie terrestre tramite segnali geochimici e geofisici. A gettare nuova luce su questo tema è stato pubblicato su Science Advances uno studio, firmato da un team di ricercatori italiani dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e del Dipartimento di Fisica e Geologia dell'Università di Perugia, che apre nuove prospettive nella ricerca dei meccanismi di innesco dei terremoti in zone non vulcaniche e nella valutazione del rischio sismico associato. Terremoti e acquiferi per svelare l'esistenza del magma Il 29 dicembre 2013 un terremoto di magnitudo momento (Mw) 5 è avvenuto sulla verticale dell'Appennino Matese, dando origine a una sequenza sismica che si è protratta per 50 giorni con 350 aftershocks. Terremoti giudicati "anomali" dal team di ricercatori a causa della loro maggiore profondità (10-25 km) rispetto alla sismicità tipica di questa zona (< 10-15 km). Altri due fattori hanno incuriosito gli studiosi: innanzitutto le forme d'onda dei sismi, simili a quelli che avvengono in aree vulcaniche, e poi la distribuzione degli ipocentri, disposti a descrivere un volume di roccia asismico. Tutti fattori che, associati all'attività geotermica della zona, hanno lasciato pensare alla possibile presenza di un corpo magmatico. magmatica, i ricercatori hanno dunque analiz- zato un gran numero di sorgenti ed emissioni gassose distribuite negli 812 kmq dell'acquifero Matese. Le sorgenti sono molto ricche in CO2 di origine profonda, la stessa anidride carbonica che alimenta non solo le numerose emissioni gassose superficiali della zona ma anche i complessi vulcanici di Roccamonfina, dei Campi Flegrei e del Vesuvio, che distano circa 100 km da quest'area. Una scoperta importante La ricerca svela dunque la presenza di magma in profondità e in pieno Appennino meridionale, una scoperta che ha grandi ripercussioni sulle conoscenze della struttura e della sismicità delle catene montuose, sui meccanismi di risalita dei magmi nella crosta e sul loro possibile monitoraggio. «I risultati di questo studio - spiega Guido Ventura, vulcanologo INGV e coordinatore del gruppo di ricerca con Francesca Di Luccio - aprono nuove strade alla identificazione delle zone di risalita di magma nelle catene montuose e mettono in evidenza come tali intrusioni pos- sano generare terremoti con magnitudo significativa». I ricercatori escludono che il corpo magmatico possa raggiungere in tempi brevi la superficie come spiega Giovanni Chiodini, geochimico INGV e co-autore, «È da escludere che il corpo magmatico possa arrivare in superficie formando un vulcano. Tuttavia se il processo di accumulo di magma nella crosta dovesse continuare, non si può escludere che, alla scala dei tempi geologici (migliaia di anni), si possa formare un edificio vulcanico». © RIPRODUZIONE RISERVATA E CITAZIONE FONTE:RIVISTANATURA.COM |
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