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Gli xenobot

Post n°2509 pubblicato il 18 Febbraio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet.

Integralmente.

15 gennaio 2020

Ecco gli xenobot, i primi robot fatti di cellule viventi

Una delle cellule di rana manipolate

per ottenere gli xenobot (Douglas

Blackiston, Tufts University) 

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha

assemblato cellule di embrioni di rana in

una struttura in grado di muoversi auto-

nomamente, autoripararsi e anche

trasportare un piccolo carico.

Le applicazioni potrebbero essere numerose,

dalla raccolta delle microplastiche alla

pulizia dei vasi sanguigni.

Non sono animali, anche se sono fatti di

cellule estratte da embrioni di rana.

E non sono neppure robot in senso stretto,

anche se sono stati assemblati in laboratorio.

Quelli descritti sui "Proceedings of the National

Academy of Sciences" dai ricercatori della Tuft

University e dell'Università del Vermont sono

xenobot, cioè esseri viventi, lunghi pochi

millimetri, che possono muoversi verso un

obiettivo, autoripararsi dopo essere stato

sezionati e all'occorrenza trasportare un piccolo

carico.

Il risultato apre un filone di ricerca del tutto

nuovo, perché finora i tentativi di assemblare

organismi artificiali hanno avuto come modello

l'anatomia di animali esistenti, mentre in questo

caso si tratta per la prima volta di progettare

da zero macchine biologiche.

Gli autori hanno usato il cluster di supercomputer

Deep Green dell'Università del Vermont, su cui

"gira" un algoritmo evolutivo in grado di creare

migliaia di candidati modelli di nuove forme di vita.

Per raggiungere l'obiettivo assegnato dai

ricercatori, per esempio la locomozione in una

direzione, il computer aggrega alcune centinaia

di cellule simulate in una varietà di forme

corporee, rispettando le basi della biofisica e ciò

che possono fare le singole cellule.

Dopo centinaia di simulazioni indipendenti, i

modelli più promettenti sono stati selezionati

per i test in vivo.

A questo scopo, gli autori hanno raccolto

cellule staminali da embrioni di rane africane

della specie Xenopus laevis, e le hanno poi

separate in singole cellule e "rimontate" al

microscopio secondo il progetto elaborato

dal computer.

Assemblate in forme anatomiche mai osservate

in natura, le cellule hanno iniziato a interagire

tra loro.

Le cellule prelevate dalla cute hanno formato

un'architettura più passiva, mentre quelle

prelevate dal cuore si sono autoorganizzate

in modo da produrre un movimento ordinato

in avanti.

Il prototipo di xenobot ha dimostrato di

sapersi muovere in modo coerente, esplorando

il proprio ambiente acquatico per giorni o

addirittura settimane.

Un'altra capacità sorprendente dei nuovi xenobot

è che se vengono divisi in due parti, si

autoriparano spontaneamente.

Infine, sono completamente biodegradabili.

"Possiamo immaginare molte applicazioni utili

di questi robot viventi, precluse alle macchine

convenzionali", ha spiegato Michael Levin,

direttore del Center for Regenerative and

Developmental Biology della Tufts University,

coautore dello studio.

"Per esempio, possono cercare composti nocivi o

contaminanti, raccogliere microplastiche negli

oceani, percorrere i vasi sanguigni per ripulirli

dalle placche aterosclerotiche".

Secondo, gli autori, i nuovi xenobot offrono

anche l'opportunità di capire di più su come le

cellule comunicano e si connettono tra loro,

con profonde conseguenze sia per la scienza

computazionale sia per la biologia.

"Una grande questione in biologia è capire quali

sono gli algoritmi in base ai quali si stabilscono

forma e funzione dell'organismo", ha aggiunto

Levin.

"Sappiamo che il genoma codifica per le proteine,

ma non sappiamo ancora in che modo questo

hardware permette alle cellule di cooperare per

produrre anatomie funzionali in condizioni

ambientali tra loro molto differenti".

"Il genoma delle cellule con cui abbiamo realiz-

zato i nostri xenobot è, dal punto di vista genetico,

puro DNA di rana, ma essi sono forme viventi

completamente diverse dalle rane dal punto

di vista anatomico", ha concluso il ricercatore.

"Per questo è lecito chiedersi: che cosa esat-

tamente determina l'anatomia che le cellule

concorrono a realizzare? E che cos'altro sono

in grado di costruire queste cellule?". (red)

 
 
 
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