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Sulla salute globale.

Post n°2578 pubblicato il 14 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Oms 2019: virus e altri pericoli per la salute globale

Nella lista stilata dall'Organizzazione mondiale

della sanità: pericoli noti, come la resistenza dei

batteri agli antibiotici e l'inquinamento, e nuovi

temi, come la diffidenza verso i vaccini.

L'Organizzazione mondiale della Sanità ha appena

stilato un elenco delle minacce più gravi, per il futuro

imminente, alla salute degli abitanti del pianeta.

Fra pericoli noti e altri che, all'apparenza, non

sembrano riguardarci nel nostro angolo privilegiato

di mondo, c'è una new entry da tempo al centro

dell'attenzione anche da noi: l'esitazione verso le

vaccinazioni. Ecco una sintesi del documento dell'Oms.

Per l'Oms, l'inquinamento dell'aria che respiriamo è la

più grave minaccia ambientale alla salute.

Non a caso, se si considera un dato impressionante:

9 persone su 10 respirano ogni giorno aria con livelli

di inquinamento considerati critici.

Ormai è assodato che gli inquinanti microscopici,

penetrando nelle vie respiratorie e nel sistema

circolatorio, provocano danni diffusi all'organismo.

La stima è che 7 milioni di persone (e probabilmente

anche di più)

muoiano prematuramente ogni anno per malattie

causate dall'esposizione agli inquinanti atmosferici:

dal cancro all'infarto e all'ictus.

Nonostante la stragrande maggioranza di queste

morti sia nei Paesi in via di sviluppo, anche quelli

industrializzati non sono risparmiati.

In Europa, l'Italia ha il record negativo delle morti

stimate dovute all'inquinamento: circa novantamila l'anno.

L'Oms include anche i cambiamenti climatici tra i

pericoli per la salute provocati dall'inquinamento

dell'aria (in questo caso attraverso l'aumento dei

gas serra in atmosfera), con 250.000 morti in più

all'anno attesi tra il 2030 e il 2050 a causa di mal-

nutrizione, malaria, diarrea e ondate di calore.

Avvertimenti di cui, nonostante i dati incontrovertibili

sull'entità del fenomeno in atto, continuiamo a non

tenere conto, un po' come passeggeri che ballano

sul ponte del Titanic.

A provocare il "grosso delle morti" nel mondo sono

malattie non trasmissibili, come il diabete, il cancro

e le malattie di cuore, responsabili di oltre il 70 per

cento dei decessi: 41 milioni di persone, di cui 15

milioni di morti premature (tra 30 e 69 anni).

L'aumento di queste malattie è legato all'invecchiamento

della popolazione, in particolare nei Paesi industrializzati,

ma è anche dovuto in buona parte a fattori di rischio

evitabili: fumo, inattività fisica, eccesso di alcol, alimentazione

scorretta (e, ancora, inquinamento dell'aria).

L'obiettivo primario di prevenzione su cui l'Oms si

concentrerà nei prossimi anni è la riduzione della

sedentarietà.

PANDEMIA DI INFLUENZA.

Non sappiamo ancora quando colpirà, e quanto sarà

grave, ma abbiamo la certezza che prima o poi capiterà

di nuovo che il mondo debba fronteggiare una pandemia

di influenza.

Le autorità sanitarie monitorano costantemente la

circolazione dei virus influenzali e l'emergere di ceppi

potenzialmente più pericolosi del solito, proprio perché

è un evento atteso.

Come distinguere l'influenza vera e propria dai classici

malanni di stagione? Quali sono i sintomi, e quali le

conseguenze su chi ha pregressi problemi di salute?

Come abbiamo imparato a nostre spese, la prontezza

della reazione a un'ipotesi di pandemia è essenziale:

nel 2009, l'anno della famigerata influenza suina,

provocata da un virus del sottotipo H1N1 fino ad

allora presente solo nei maiali (e che ormai circola

regolarmente tra i normali virus influenzali), le

"morti in eccesso", ossia in più rispetto alla casistica

standard di una normale stagione influenzale, furono

300-400.000.

Oggi il vaccino per questo virus è compreso nei

vaccini per l'influenza stagionale.

Il fatto che abbiamo un Servizio sanitario nazionale

improntato a principi di universalità ed equità (e

di cui ricorrevano nel 2018 i 40 anni dall'istituzione)

può far dimenticare che questo è un privilegio

esistente in pochi Paesi del mondo.

Più di un miliardo di persone (il 22 per cento della

popolazione mondiale) vive in Paesi dove manca del

tutto l'accesso alle cure sanitarie di base.

E ci sono anche esempi disastrosi di come basti

poco per perdere il terreno guadagnato: secondo uno

studio appena pubblicato su Lancet Global Health,

la crisi umanitaria in Venezuela ha vanificato i

progressi ottenuti in vent'anni in termini di riduzione

della mortalità infantile, interrompendo un trend

positivo in corso da cinque decenni.

Gli antibiotici sono stati uno dei più grandi successi

della medicina: è soprattutto grazie a questi farmaci,

oltre che alle migliori condizioni di vita, se l'aspettativa

di vita è cresciuta nel Ventesimo secolo dopo essere

rimasta sostanzialmente stabile per gran parte della

storia dell'umanità.

Il pericolo più che concreto, oggi, è che gli antibiotici,

a causa dell'utilizzo sbagliato, smettano di essere

efficaci, minacciando di riportarci a un'epoca -

distante da noi pochi decenni - in cui la più banale

infezione poteva rivelarsi letale.

Oppure far diventare rischiosa una qualunque

operazione di routine in ospedale. È un tema caldo da anni.

Anche in questo caso l'Italia detiene un primato negativo:

è tra le nazioni europee dove si consumano più antibiotici

e con il più alto numero stimato di morti per infezioni

da batteri resistenti.

Nuove speranze nella guerra ai superbatteri

on air, qualità dell'aria, salute

Nuove ricerche: i geni dell'antibiotico-resistenza

sono diffusi anche nell'aria che respiriamo. |

RJN / SHUTTERSTOCK

Nel 2017 l'Oms ha redatto la lista delle famiglie

di batteri che rappresentano la minaccia più concreta,

sollecitando maggiori investimenti nella ricerca di

nuovi antibiotici.

Il gruppo più critico include batteri responsabili di

infezioni che si possono contrarre in ospedale, ormai

resistenti ad alcune classi di antibiotici una volta

considerati salvavita, come i carbapenemi.

Un altro aspetto del problema è la resistenza ai farmaci

contro la tubercolosi, di cui si ammalano ancora oggi

10 milioni di persone nel mondo.

Nel 2017 si sono avuti 600.000 casi di malattia resistente

alla rifampicina, considerato il farmaco di prima linea più efficace.

EBOLA & CO.

Dopo la grande paura provocata dall'epidemia scoppiata

nel 2013 in Africa Occidentale, dichiarata "conclusa" nel

2016, il virus Ebola è sparito dai radar globali

dell'informazione, ma non ha per questo smesso di

essere una minaccia incombente.

Nel 2018, nella Repubblica Democratica del Congo

sono scoppiate due diverse epidemie, ed entrambe

hanno raggiunto città molto popolose.

Per questo l'Oms invita a fare piani per essere

preparati a queste evenienze: se il virus colpisce in

ambienti urbani densamente popolati, il rischio di

una diffusione incontrollata della malattia è molto

elevato.

In aggiunta, oltre a Ebola, ci sono altri virus "sorvegliati

speciali", che potrebbero dar luogo a emergenze

sanitarie: virus di febbri emorragiche come Zika e Nipah,

il coronavirus MERS-CoV, che provoca la cosiddetta

sindrome respiratoria medio-orientale, il virus della SARS.

Virus Ebola

Ebola, le ricadute che non conosciamo: il caso di

un'infermiera scozzese nuovamente malata dopo

un'apparente guarigione riaccende il dibattito sugli

effetti a lungo termine del virus, ancora poco conosciuti.

La generale incertezza delle autorità sanitarie globali

è infine rappresentata dal virus X, una fantomatica

minaccia presa a modello per sottolineare la necessità

di prepararsi alla comparsa di nuovi agenti patogeni

capaci di diffondersi velocemente e trasformarsi in

epidemie e pandemie.

7 lezioni amare che abbiamo imparato da Ebola

L'esitazione verso i vaccini, la riluttanza, quando non

addirittura il rifiuto a vaccinare o farsi vaccinare,

nonostante la disponibilità di vaccini sicuri e di provata

efficacia, non è un fenomeno nostrano, come a volte

sembrerebbe a giudicare dalle cronache.

È invece un problema globale, diffuso in maniera

trasversale e più o meno preoccupante in diversi Paesi

industrializzati, dagli Stati Uniti all'Australia, passando

per l'Europa.

È un paradosso difficilmente comprensibile: l'aspettativa

di vita è cresciuta in molte parti del mondo anche grazie

ai vaccini; malattie una volta molto diffuse, come la

poliomelite (che nel 2016, nel mondo, ha fatto 6 milioni

di morti in meno rispetto al 1990), sono state circoscritte

e quasi del tutto debellate proprio grazie ai vaccini;

in generale, si stima che i vaccini, oggi, siano in grado

di evitare 2-3 milioni di morti l'anno. Eppure c'è chi li rifiuta.

2018: il ritorno della polio in Papua Nuova Guinea

Quello della cosiddetta esitanza vaccinale è un fenomeno

complesso, cui contribuiscono fattori diversi. Studi e

agenzie sanitarie internazionali, tra cui la stessa Oms,

attribuiscono alla perdita di fiducia nelle istituzioni in

generale, e in quelle sanitarie in particolare, i motivi

del calo delle coperture vaccinali. Al contrario di ciò

che spesso si sente dire, il rifiuto non è invece

correlato in modo significativo a una scarsa competenza

scientifica né a una supposta, "crescente ignoranza":

del resto, spesso gli antivax appartengono alle classi

con più alta scolarizzazione e reddito.

Vaccini: il seme della discordia e la guerra sotterranea

delle Grandi Potenze

Questi farmaci sembrano invece essere vittime del

loro successo.

Debellando malattie come la poliomielite o la difterite,

hanno fatto "dimenticare" quanto fossero temibili,

e allontanato la percezione delle conseguenze che un

loro ritorno potrebbe provocare.

Su come superare il problema non sono delineate

grandi strategie: gli esperti suggeriscono di studiare

i contesti specifici in cui l'esitazione o il timore verso

i vaccini si sviluppa, e preparare di conseguenza le

istituzioni e gli operatori sanitari ad affrontare i dubbi

e le incertezze delle famiglie.

 
 
 
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