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I GRANDI EVENTI SPORTIVI.

Post n°2957 pubblicato il 22 Maggio 2020 da blogtecaolivelli

3 PARTE

Lo svolgimento dei grandi eventi sportivi o culturali

come le Olimpiadi o le Esposizioni Internazionali, a

volte è diventato il pretesto per la creazione di opere

architettoniche di altissimo livello.

Da uno sguardo complessivo dato alle grandi realizzazioni,

come a quelle di minore risonanza, appare che la caratteristica

preponderante di questo periodo, a cavallo tra il 1900 ed il

2000, sia una immensa varietà architettonica, di stili, linguaggi,

orientamenti.

La scena attuale è contraddittoria, ricca, sconvolgente.

Chiama l'architettura ad un costante confronto con gli altri modi

di espressione e di comunicazione, mescola i linguaggi.

Le tecnologie moderne vengono orientate ad un sempre maggiore

rispetto verso l'ambiente, -si ipotizzano i miglioramenti in chiave

ecologica degli impianti di isolamento termico e lo sfruttamento

di fonti di energia alternativa, si pone sempre più attenzione ai

materiali.

L'architettura si apre a una concezione dinamica del tempo e la

vita pubblica e assume caratteri più attenti al contesto circostante.

Raccoglie personalità diverse e linguaggi eterogenei e lontanissimi,

a volte, in un unica logica architettonica, ma con lo sguardo rivolto

anche alle tradizioni culturali di appartenenza.

A volte sembra invece che i linguaggi cerchino una loro totale

autonomia pur partendo da comuni premesse, e vogliano volutamente

esprimere un contrasto.

Le infinite possibilità aperte dalla moderna tecnologia offrono scenari

che ancora non si è cessato di sperimentare, questo impedisce anche

di farne un punto.

La sintesi è possibile soltanto attraverso una osservazione a distanza che

permette di coglierne gli esiti...Una cosa però sembra emergere: i nuovi

linguaggi, non possono essere più definiti nel senso tradizionale del

termine perché appaiono più legati alle contemporanee dinamiche dei

flussi, ora economici, ora ideologici, ora rispondenti alle individuali

volontà di trasgredire o conformarsi a nostalgici rifugi nel passato.

Questo è ulteriormente complicato dal mutare di corrente di alcuni

architetti contemporanei il cui linguaggio a volte si concretizza in

una costante tensione dinamica verso la ricerca di elementi sempre

nuovi.

Alcuni nomi, spiccano, - o continuano a spiccare-, comunque all'interno

dell'attuale scena architettonica.

Si tratta di Frank O. GehryZaha HadidCoop Himmelb(l)au,

Renzo Piano, Mario Botta, I. Gardella, L. Snozzi, M. Fuksas, J.

Nouvel, B. Tschumi, Norman Foster, Santiago Calatrava,

Alvaro Siza, R. Bofill, R. Meier, R.Koolhaas, Rafael Moneo,

R. Rogers, G. Pechl, EisenmanLibeskind, per dirne solo alcuni.

E si tratta dei protagonisti dell'architettura Giapponese, che

trovano dopo la lezione del maestro Kenzo Tange, recentemente

scomparso, e di Arata Isozaki, nomi come quelli di Toyo Ito e

Tadao Ando, nuove leve delle espressioni più attuali.

Si tratta anche degli emergenti architetti cinesi, come

 Yung Ho Chang, che costituiscono oggi a pieno titolo una realtà

nel variegato panorama delle "ultime tendenze" dell'architettura

Nel panorama attuale, vario e complesso, alcuni fenomeni con

un denominatore comune possono essere tuttavia rintracciabili,

come quello del Decostruttivismo, che nato nel 1980 ha dato

luogo ad opere di notevolissimo spessore architettonico.

Nel 1983 è Zaha Hadid a realizzare il primo progetto dichiaratamente

decostruttivista. Architetto iraniana, cui oggi si dedica al MoMA

un'ampia retrospettiva, partecipa al concorso per il club

The Peak a Hong Kong.

I volumi da lei ideati, appaiono sospesi o schizzati come schegge

esplose e sembrano contraddire le leggi della gravità.

Sempre nel 1983, i Coop Himmelblau realizzano una innovativa

addizione strutturata in vetro sul tetto di un edificio dell'800 per

uno studio di avvocati nel centro storico di Vienna.

L'ossatura ad arco della struttura riunifica la composizione spezzata

e sporge in basso verso la strada.

Questo intervento sull'edificio antico, non cerca un rapporto, anzi

mira ad evidenziare la diversità tra le diverse epoche storiche.

Ma a determinare la vera e propria nascita del fenomeno è stata

una mostra organizzata a N.Y. da P. Johnson, chiamata

"Deconstructivist Architecture" nella quale si sancisce per la prima

volta il nome di questa tendenza architettonica rivoluzionaria.

Questa mostra del 1988 dove vennero presentati i progetti di

Gehry, Libeskind, Koolhaas, Eisenman, Hadid, Tschumi e del

gruppo Coop Himmelblau insieme, faceva vedere una architettura

che rifiutava schemi geometrici ed assi ordinatori e che si

muoveva in una costante ricerca di un uso espressivo della struttura.
Uno dei maggiori esponenti è Frank O. Gehry, noto per il Guggenheim

museum di Bilbao. Zevi, a proposito di Gehry afferma:

"nell'ultima decade del XX secolo l'attenzione del mondo si

concentra su F. O. Gehry, la figura più originale e provocatoria

nel panorama internazionale, la più ricca e problematica sotto

il profilo sperimentale, la più coraggiosa...

è il prodotto inventivo di un cinquantennio di ricerche che ha

visto, dalla fine della II guerra mondiale in poi, l'emergere di

una serie di spiriti creativi -Scharoun, Pietila, Utzon- e di capolavori...". 

Il fenomeno decostruttivismo è strettamente collegato alle teorie

filosofiche del filosofo francese Jacques Derrida che affermò che

la decostruzione "non è semplicemente la tecnica di un architetto

che sa de-costruire ciò che è costruito, ma una interrogazione che

tocca la tecnica stessa, l'autorità della metafora architettonica e di

lì costituisce la sua personale retorica architettonica.

La de-costruzione non è solo, come il suo nome sembra significare,

la tecnica della costruzione alla rovescia, se essa sa pensare

l'idea stessa della costruzione.

Si potrebbe dire che non c'è nulla di più architettonico della decostru-

zione, ma anche nulla di meno architettonico.

Un pensiero architettonico può essere decostruttivo solo in questo

senso: come tentativo di pensare ciò che stabilisce l'autorità della

concatenazione architettonica nella filosofia".

Secondo Derrida vi è una compresenza di significato e di

impossibilità di significare, in quanto tutti elementi costitutivi

del linguaggio.

Eisenman traduce in chiave architettonica le posizioni del filosofo

, e introduce il concetto della dissoluzione delle tradizionali

opposizioni tra struttura e decorazione, astrazione e figurazione,

figura e suolo, forma e funzione.

Il progetto non deve procedere verso la sintesi ma deve andare

per successive stratificazioni ed esibire la contraddizione, in un

procedimento che tende a conservare all'interno del progetto

stesso le successive fasi di elaborazione.

L'unità dell'edificio ne viene sconvolta e con essa il suo significato

apparente.

Il decostruttivismo non mira solo a smembrare l'oggetto e di disconnet-

terne le parti, ma anche di ricostruirlo secondo una alternativa alle

regole convenzionali.

Non si tratta di una operazione di smontaggio strutturale ma di un

inserimento in architettura del senso della contraddizione e della

complessità strutturale.

Opponendosi alla purezza ed alla univocità e intima coerenza del

movimento moderno, contrapponendovi le sue incertezze, inserisce

in architettura un pluralismo di possibilità.

Zevi afferma: "i decostruttivisti mettono sotto processo gli architetti

intenti a produrre forme pure basate sulla inviolabilità di figure

geometriche elementari incontaminate, emblemi di stabilità, armonia

sicurezza ordine unità. nelle loro opere, da Eisenman e Gehry a

Koolhaas e Libeskind, l'architettura è dichiaratamente un

agente di instabilità, disarmonia, insicurezza, sconforto, disordine

e conflitto".

Il Museo di Bilbao ha costituito una sfida, sotto molti punti di

vista: socio-politici, architettonici e di linguaggio espressivo

oltre che tecnico.

Ha avuto un enorme successo di pubblico che ha avvicinato la

gente verso le odierne forme dell'architettura e le possibilità

offerte dalla tecnologia oltre che verso le opere d'arte in esso contenute.

Il decostruttivismo sembra avere perso la sua carica propulsiva

e si tende oggi piuttosto ad un ritorno del razionalismo, ma sottoposto

alla revisione del tempo e che tenga conto di contaminazioni

derivate dalle tendenze precedenti.

Un ritorno alla severità nelle forme e nel materiale, ad elementi

estetici del moderno con finalità educative si pongono oggi in

antitesi alle fughe dalla realtà di molte altre tendenze contemporanee.

Un uso sempre più astratto dei materiali inoltre e l'uso degli spazi

in relazione al loro rapportarsi con gli elementi naturali riguardano

adesso molte correnti architettoniche contemporanee.

Alcuni critici affermano che le attuali tendenze possono essere

raccolte sotto la comune denominazione di "pluralismo moderno".

Il carattere che oggi si chiede all'architettura è la sua capacità di

attrarre, e sembra che nell'era dell'immagine anche l'opera

architettonica debba adeguarsi alla competizione visiva.

Paola Campanella

 
 
 
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