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Cosa rivelano gli anelli di Saturno

Post n°2255 pubblicato il 27 Giugno 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

14 giugno 2019Comunicato stampa

Materiale organico e striature da impatto:

ecco gli inediti anelli di Saturno

Immagini in falsi colori degli anelli di Saturno.

Il mosaico mostra la luna Dafni nel gap (zona

vuota) di Keeler sul lato illuminato degli anelli.

I colori rossastri indicano una frazione maggiore

di componenti diversi dal ghiaccio d'acqua

 Nuovi, sorprendenti risultati arrivano dall'analisi

dei dati raccolti dagli strumenti della sonda

Cassini prima del Grand Finale

La sonda Cassini, frutto di una collaborazione

tra NASA, ESA e ASI, ci fornisce ancora una volta

una vista senza pari sul sistema di Saturno,

grazie all'analisi dei dati raccolti dai suoi strumenti

durante le fasi finali della missione e prima del

fatale tuffo nell'atmosfera del sesto pianeta del

Sistema solare avvenuto il 15 settembre 2017.

Al centro dello studio, pubblicato oggi sulla rivista

Science e guidato da Matthew S. Tiscareno del

SETI Institute, ci sono le proprietà spettrali (cioè

la composizione chimica) degli anelli principali

attorno al gigante gassoso e la loro struttura

(cioè il processo che li ha modellati coinvolgendo

le diverse masse che orbitano nel sistema

saturniano, dalle lune agli impattatori).

Dalle immagini emergono dettagli senza

precedenti, come i colori, la chimica e la

temperatura risolti attraverso gli anelli D, C, B,

la divisione di Cassini, A ed F in ordine di

distanza da Saturno.

Da queste strutture composte in prevalenza

da ghiaccio d'acqua, i ricercatori possono

apprendere molto sui processi e sulle dinamiche

attraverso i quali il sistema è evoluto, dalla sua

formazione a oggi.

Nel team di ricercatori coinvolti, anche Gianrico

Filacchione dell'Istituto Nazionale di Astrofisica

(INAF) di Roma.

Per la raccolta dei dati spettrali, il gruppo ha

utilizzato, tra gli altri strumenti, lo spettrometro

VIMS (Visual and Infrared Mapping Spectrometer),

per il quale L'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ha

fornito il canale visibile, che ha potuto osservare

gli anelli con risoluzioni spaziali senza precedenti

(fino a 20-30 km per pixel) permettendo di 

investigare le variazioni di composizione insieme

alle immagini ottenute dalla camera (risoluzione

di 3 km per pixel).

L'ASI ha inoltre sviluppato, per la sonda Huygens,

lo strumento HASI che ha misurato le proprietà

fisiche dell'atmosfera e della superficie di Titano.

Filacchione spiega i risultati:

«In generale abbiamo osservato che gli

assorbimenti del ghiaccio d'acqua nell'infrarosso

e la slope spettrale in luce visibile sono strettamente

correlati con la profondità ottica: le zone più dense

degli anelli appaiono più ricche di ghiaccio d'acqua

e di contaminanti, e sono generalmente più fredde.

Pur essendo dominati entrambi dal ghiaccio d'acqua,

lo spettro degli anelli appare molto più arrossato

di quello dei satelliti ghiacciati di Saturno per via

della maggiore concentrazione di contaminanti».

Il ricercatore dell'INAF continua: «due diverse

popolazioni di contaminanti sono necessarie per

modellare gli spettri osservati da VIMS: la prima,

responsabile dell'arrossamento dello spettro visibile

è riconducibile a materiali organici (toline e idrocarburi

policiclici aromatici) o nanoparticelle di ferro.

La seconda invece è un assorbitore neutro

compatibile con particelle di carbone amorfo o

di silicati».

Il team di Tiscareno ha analizzato questi composti

organici durante i passaggi attraverso l'anello D

utilizzando lo spettrometro di massa (Ion and Neutral

Mass Spectrometer - INMS) a bordo di Cassini.

«Le osservazioni ottenute durante il Grand Finale

ci hanno permesso di estendere lo studio della

composizione e delle proprietà fisiche degli anelli

su scale spaziali mai raggiunte in precedenza e

di correlarne le variazioni con le strutture morfologiche

osservate a queste scale (onde di densità ed onde

verticali causate dalle risonanze con i satelliti)»,

specifica Filacchione.

I dati analizzati sono stati raccolti da dicembre

2016 ad aprile 2017 (durante la fase "ring-grazing",

cioè le 20 orbite ravvicinate al bordo esterno

dell'anello F) e da aprile a settembre 2017, quando

Cassini ha sorvolato le nuvole dell'atmosfera di

Saturno ("proximal orbits") ad appena 1000 km di

distanza, prima dell'impatto con il gigante gassoso

avvenuto nel Grand Finale che ha segnato la fine

della missione.

Con gli strumenti a bordo di Cassini è stato

possibile, inoltre, esaminare da vicino anche le

piccole lune che orbitano tra di essi, come Dafni,

nella Keeler gap, e la struttura fisica degli anelli,

scoprendone le diverse trame - grumose, lisce e

striate.

Da cosa dipendono? Gli scienziati hanno osservato

che una serie di strutture a strisce da impatto

rilevate sull'anello F presentano la stessa lunghezza

e lo stesso orientamento, dimostrando che sono

state probabilmente causate da un gruppo compatto

di impattori che ha colpito l'anello nello stesso momento.

Da ciò si evince che gli anelli esterni possano essere

stati modellati da flussi di materiale orbitante attorno

a Saturno piuttosto che, per esempio, da detriti

cometari che si muovono attorno al Sole, come

teorizzato in passato.

Le immagini di Cassini hanno infine permesso di

osservare in dettaglio i "propellers" (eliche), le

tipiche strutture a forma di S allungata, di circa

1 km di diametro, che sono gli embrioni di

accrescimento di nuove piccole lune in formazione

all'interno dell'anello A.

«Questi nuovi dettagli su come le lune scolpiscono

gli anelli in vari modi forniscono una finestra sulla

formazione stessa del Sistema solare»,

considerando che «i dischi protoplanetari si

evolvono sotto l'influenza delle masse incorporate

al loro interno», sottolinea Matt Tiscareno.

«L'articolo in uscita oggi sulle proprietà spettrali

degli anelli di Saturno, è stato reso possibile dai

dati ad altissima risoluzione spaziale raccolti

durante le orbite finali della missione Cassini,

un programma nato dalla sinergia tra NASA, ESA

ed ASI», afferma Christina Plainaki, Planetary and

Solar System Scientist dell'Agenzia Spaziale Italiana.

«Lo studio fornisce informazioni importanti per una

più profonda comprensione del sistema degli anelli

di Saturno e i processi che hanno luogo al loro interno.

Il lavoro, in generale, dimostra quanto importante

sia caratterizzare con alto dettaglio spaziale le

proprietà di questi sistemi e le possibili loro cor-

relazioni per comprendere la loro evoluzione

nel tempo.

In vista di future missioni ai sistemi dei pianeti

giganti è fondamentale comprendere il più

possibile l'interazione delle particelle e dell'ambiente

con gli anelli e i satelliti, anche attraverso lo studio

delle proprietà fisiche e chimiche di questi oggetti»,

conclude Plainaki.

L'articolo "Close-range remote sensing of Saturn's

rings during Cassini's ring grazing orbits and grand

finale" di Matthew S. Tiscareno (Carl Sagan Center

for the Study of Life in the Universe, SETI Institute)

et al. è stato pubblicato sulla rivista Science.
________________________________________

Cenni sulla missione

Cassini-Huygens è una missione robotica realizzata

in collaborazione tra NASA, ESA (Agenzia Spaziale

Europea) e ASI (Agenzia Spaziale Italiana).

La missione consisteva di due elementi: la sonda

Cassini fornita dalla NASA e il lander Huygens fornito

dall'ESA.

Dato che nessun lanciatore esistente avrebbe potuto

inviare direttamente su Saturno un manufatto di 5600

chilogrammi (tanto era il peso complessivo al lancio

della sonda), la missione è riuscita ad arrivare nel

sistema saturniano grazie alla tecnica di navigazione

spaziale della "gravità assistita": per effettuare viaggi

interplanetari è necessario sfruttare la cosiddetta

fionda gravitazionale, cioè la spinta data da altri corpi

nello spazio.

La sonda Cassini ha usufruito di ben quattro spinte

gravitazionali planetarie: due con passaggi ravvicinati

su Venere, una sulla Terra e una su Giove.

L'Italia ha contribuito alla missione con la fornitura

del canale visibile dello spettrometro VIMS impiegato

in questo studio, oltre che con l'antenna di alto

guadagno di 4 metri di diametro, con parte dell'elettronica

del Cassini-Radar e con l'esperimento di Radioscienza.

Il 1 luglio 2004, dopo 7 anni di viaggio all'interno

del Sistema solare, Cassini ha accesso il suo motore

principale per rallentare la sua corsa ed è entrata

nell'orbita del pianeta Saturno dove è iniziata la

prima fase di missione inizialmente prevista della

durata di 4 anni (ma effettivamente la missione è

andata avanti per 13 anni), dedicata allo studio

del pianeta, delle sue lune, degli anelli e del suo

campo magnetico.

Nel corso di oltre un decennio, gli strumenti

scientifici a bordo di Cassini hanno permesso di

approfondire la conoscenza della composizione,

della struttura e delle proprietà fisiche e dinamiche

del sistema di Saturno.

Pur essendo già terminata da un anno e mezzo

(il 15 settembre 2017), l'enorme mole dei dati

scientifici trasmessi a terra dalla missione sono

tuttora in fase di analisi da parte degli scienziati.

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