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Se il DNA diventa un compute

Post n°2129 pubblicato il 17 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

fonte: Le Scienze

Se il DNA diventa un computer

Filamenti di DNA sintetico in grado di autoas-

semblarsi e produrre l'equivalente molecolare

di un computer, eseguendo alcuni algoritmi i

cui risultati possono essere letti con il microscopio

elettronico. Li ha realizzati un gruppo internazionale

di ricerca, dimostrando che il calcolo automatico

è prossimo a entrare nel dominio molecolare.

computer sciencegenetica

Filamenti di DNA che sono in grado di funzionare

come i componenti essenziali di un computer,

eseguendo semplici algoritmi di calcolo.

Li ha realizzati un gruppo di informatici dell'università

della California a Davis, della Maynooth University a

Kildare, in Irlanda, e del California Institute of

Technology che li descrivono su "Nature",

dimostrando che le tecniche di manipolazione

nanotecnologica sono mature per trasferire nel

dominio molecolare le regole fondamentali

dell'informatica, finora sviluppate e applicate

nel dominio dell'elettronica.

Se il DNA diventa un computer

Science Photo Library RF / AGFSecondo queste

regole, il calcolo automatico si basa sulla codifica

delle unità d'informazione binaria, o bit, che

possono assumere solo i valori 0 e 1, con lo

stato aperto o chiuso di un interruttore elettrico.

Combinando in modo opportuni diversi interruttori,

è possibile realizzare le cosiddette porte logiche,

che forniscono un risultato di output, in termini di

0 e 1, in risposta a una coppia di valori di input,

sempre in forma di 0 e 1.

La combinazione di più porte logiche fornisce un

circuito digitale in grado di "far girare" un algoritmo,

una volta che il circuito viene percorso da una

corrente elettrica.

Gli studi di biologia molecolare mostrano che

anche i sistemi chimici possono immagazzinare

ed elaborare l'informazione necessaria a dirigere

la sintesi di strutture complesse a partire da

molecole di base.

Nel campo delle nanotecnologie, una molecola

particolarmente interessante per eseguire

algoritmi è il DNA, la cui struttura fondamentale

è una catena lineare di unità di base chiamate

nucleotidi.

Ogni nucleotide è formato da un gruppo fosfato,

dallo zucchero desossiribosio e da una base

azotata che può essere solo di quattro tipi:

adenina, citosina, guanina e timina (indicate 

anche con le iniziali A, C, G, T).

Nella sua forma completa, il DNA è descritto

come una "doppia elica": due filamenti singoli

si accoppiano a formare una sorta di scala a

chiocciola, in cui i gradini sono formati dall'unione

dell'adenina con la timina e della citosina con

la guanina (chimicamente non sono permessi

altri legami).

Nello studio, gli autori hanno utilizzato in

particolare la tecnica delle piastrelle a DNA

(DNA tile).

Ogni piastrella è costituita da un singolo filamento

di DNA sintetico, lungo 42 basi e suddiviso al suo

interno in quattro domini di 10-11 basi.

Ogni dominio rappresenta i valori 0 oppure 1, e

ogni piastrella contiene due domini di input e due

domini di output. Le piastrelle, inoltre, si legano

tra loro spontaneamente e in modo specifico,

secondo le regole di accoppiamento delle basi

di DNA: A-T, C-G, fino a formare strutture più grandi.

Proprio questo autoassemblaggio è ciò che

consente di svolgere il calcolo: in assenza

dell'elettricità che scorre nei circuiti elettrici dei

computer, in questo caso sono i filamenti di DNA

che si aggiungono via via, facendo procedere

l'algoritmo.

A seconda delle piastrelle scelte dai ricercatori

per iniziare il programma, che costituiscono

l'input, si avrà un determinato risultato di output

alla fine dell'assemblaggio, risultato che può

essere letto mediante un microscopio a forza

atomica in grado di rilevare specifici marcatori

legati al DNA.

A conferma delle grandi potenzialità del sistema,

i ricercatori sono riusciti a dimostrare nel corso

degli esperimenti la corretta esecuzione di 21

algoritmi con scopi diversi. (red)

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