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Un'ipotesi per l'oceano caldo di Plutone

Post n°2225 pubblicato il 07 Giugno 2019 da blogtecaolivelli

21 maggio 2019

Fonte: Le Scienze

Un'ipotesi per l'oceano caldo di Plutone

Sotto la superficie del pianeta nano si trova

un oceano di acqua non del tutto ghiacciata.

A trattenere il calore rispetto alla coltre di

ghiaccio superficiale sarebbe uno strato di gas

idrati, formati da metano intrappolato in un

reticolo di molecole di acqua

planetologiaastronomia

Le osservazioni di Plutone effettuate nel 2015

dalla missione New Horizons della NASA indicavano

la presenza sul pianeta nano di un oceano al di

sotto di uno strato di ghiaccio superficiale di

spessore variabile.

Ora un articolo pubblicato su "Nature Geoscience" 

da Shunichi Kamata, dell'Università della California

a Santa Cruz, e colleghi di una collaborazione

internazionale ipotizza che a separare la coltre

di ghiaccio dall'oceano sottostante vi sia uno

strato di gas idrati, cioè di molecole di gas

intrappolate in un reticolo di molecole di acqua.

Un'ipotesi per l'oceano caldo di Plutone

Immagine di Sputnik Planitia (NASA)

Il risultato è di fondamentale importanza

per lo studio della composizione e della

formazione dell'intero sistema solare.

I planetologi ipotizzano che oceani di acqua

liquida possano trovarsi all'interno non solo

di Plutone - riclassificato nel 2006 come

pianeta nano dopo essere stato considerato

dal 1930, anno della scoperta, il nono pianeta

del sistema solare - ma anche di satelliti dei

pianeti giganti, per esempio le lune Europa

ed Encelado.

Il problema è capire quali siano le condizioni

chimico-fisiche che permettano la stabilità

di acqua liquida.

Nel caso di Plutone l'attenzione dei ricercatori

si è concentrata su Sputnik Planitia, una bacino

depresso del diametro di circa 1000 chilometri

situato vicino all'equatore.

Qui gli strumenti hanno rilevato un'anomalia

gravitazionale positiva.

Ciò significa che il valore di gravità misurato

è superiore a quello teorico, indicando la

presenza sotto la superficie di una massa con

una densità superiore a quella prevista: l'idea

è che si tratti di un oceano "caldo", cioè non

completamente ghiacciato.

D'altra parte, la superficie è indubitabilmente

ghiacciata, e quindi la sua temperatura deve

essere più bassa rispetto a quella dell'oceano.

Da dove viene questo calore? E come si mantiene

fredda la superficie? Kamata e colleghi si sono

interrogati sulla sua possibile origine.

Nel caso di un pianeta nano come Plutone, è da

escludere un ruolo delle deformazioni di marea,

dovute all'interazione gravitazionale con altri

copri celesti, che invece possono riscaldare i

satelliti ghiacciati.

È da escludere anche un riscaldamento dovuto

alla radioattività degli elementi presenti nel suo

interno, considerato insufficiente a generare gli

effetti osservati.

Una serie di considerazioni sulle caratteristiche

chimico-fisiche di Plutone ha portato gli autori

ipotizzare un sottile strato di gas idrati, che

agisce da isolante termico, impedendo all'oceano

di ghiacciare completamente e mantenendo

fredda la coltre ghiacciata superficiale.

Il gas intrappolato nel ghiaccio è con tutta

probabilità metano.

L'idea alternativa, basata sulla presenza di azoto

allo stato gassoso, un gas volatile che avrebbe

presto raggiunto l'atmosfera di Plutone, è stata

scartata.

Questo metano probabilmente era già presente

nel materiale cometario che ha contribuito a

formare il pianeta nano, oppure è frutto delle

reazioni chimiche che avvengono nel suo

nucleo roccioso.

Ma è plausibile anche la presenza di metano

delle due diverse origini.

Secondo gli autori, l'ipotesi di uno strato

sottosuperficiale isolante di gas idrati potrebbe

essere valida anche per altri corpi della fascia

di Kuiper, l'ampia zona del sistema solare che

si estende oltre l'orbita di Nettuno e che

comprende anche Plutone. (red)

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