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Messaggi del 25/04/2019
Post n°2139 pubblicato il 25 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze 18 giugno 2018
Realizzato un robot flessibile stampato in 3D con un materiale polimerico contenente particelle di materiale ferromagnetico. Può così essere comandato da remoto con campi magnetici esterni, cambiandone la forma o facendolo muovere a piacimento(red) roboticamaterialiVAI AL VIDEO: Mezzo robot, mezzo ragno I piccoli robot flessibili descritti su "Nature" da Xuanhe Zhao e colleghi del Massachusetts Institute of Technology possono fare questo e altro. Realizzati con un nuovo "materiale programmabile" grazie a un'innovativa tecnica di stampaggio 3D, questi automi hanno la capacità di trasformarsi in modo rapido e reversibile quando è applicato un campo magnetico esterno. Il piccolo "ragno" robotico realizzato nel corso dello studio nella sua configurazione a riposo (Credit: Yoonho Kim & Xuanhe Zhao)In sostanza, la tecnica descritta dagli autori consiste nello stampare in tre dimensioni una gomma siliconica in cui sono immerse nanoparticelle costituite da un materiale ferromagnetico, che cioè ha la proprietà di magnetizzarsi e di mantenere la polarità per un lungo periodo di tempo, se sottoposto a un campo magnetico esterno (sono usati per esempio per fabbricare le comuni calamite) La particolarità è che in questo caso la polarità iniziale viene imposta direttamente dall'ugello della stampante. prevedere come reagiranno successivamente, applicando campi magnetici. È possibile, per esempio, trasformare la loro forma statica o farli muovere in modo dinamico. Poiché il materiale è elastico, ritorna alla sua forma originaria quando il campo magnetico viene rimosso. tecnica realizzando un piccolo robot soffice a sei zampe, simile a un ragno. Applicando vari campi magnetici, il ragno robotico è stato in grado di avanzare camminando sulle zampe, rotolare, trasportare pillole di medicinale, oppure afferrare e riportare in posizione un oggetto caduto. è in grado dicompiere un salto di 12 centimetri in orizzontale: un primo campo magnetico applicato in una direzione fa collassare la struttura, un secondo campo le fa poi estendere le "zampe", producendo il balzo. Il "ragno" ha cambiato forma, contraendo le zampe, per effetto di un campo magnetico esterno (Credit: Yoonho Kim & Xuanhe Zhao) Il prototipo, come altri dispositivi basati su materiali soffici che cambiano forma in risposta a stimoli fisici quali il calore, la luce o il campo magnetico, ha molte potenziali applicazioni, per esempio nelle applicazioni mediche: potrebbe per esempio operare in spazi chiusi essendo comandata da remoto. Un'altra idea è progettare un circuito elettronico riconfigurabile a piacimento. potrebbero facilitarne la diffusione. Il primo è che potrebbe essere adattato a un'ampia varietà di gomme siliconiche e anche di idrogel, contenenti diversi tipi di materiali ferromagnetici. Il secondo è che si tratta di un processo di fabbricazione economico e non molto diverso dalla stampa 3D convenzionale. |
Post n°2138 pubblicato il 25 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze 03 novembre 2015
L'empatia di un essere umano verso un robot umanoide rappresentato in una situazione dolorosa è simile a quella che proverebbe verso un'altra persona. Ci sono però anche delle differenze: l'elaborazione dei processi mentali alla base dell'empatia inizialmente è più lenta, probabilmente per la difficoltà di assumere il punto di vista di un robot L'empatia è la capacità della mente umana di rappresentarsi emozioni e stati d'animo di altri individui. Grazie all'empatia, per esempio, siamo in grado di consolare gli altri quando sono in difficoltà, o di partecipare alla loro felicità in un evento gioioso. avessimo una persona ma un robot umanoide? Una qualche forma di empatia scatta ugualmente, anche se le differenze tra le due situazioni sono evidenti, secondo quanto emerge da una ricerca condotta da Michiteru Kitazaki e colleghi della Toyohashi University of Technology, in Giappone, epubblicata sulla rivista "Scientific Reports". che l'empatia è un fenomeno complesso, che implica due diversi processi di elaborazione da parte del cervello, detti bottom-up e top-down. Il primo consente di condividere in modo diretto gli stati emotivi delle altre persone. Il secondo consente invece di comprendere in modo pieno le emozioni degli altri. un soggetto può essere evidenziata sotto forma di uno spostamento in una particolare curva del tracciato elettroencefalografico, denominata P3. Interazione sociale tra uomini e robot: lo studio dimostra le difficoltà per la nostra mente di assumere il punto di vista del robot (Cortesia Toyohashi University of Technology) Kitazaki e colleghi hanno chiesto a 15 soggetti adulti sani di osservare una serie di immagini in cui erano ritratti esseri umani e robot in situazioni dolorose, per esempio mentre si producevano una ferita con un coltello, oppure neutre. Durante il test i soggetti venivano sottoposti a elettroencefalografia. millisecondi dopo la presentazione dello stimolo, mostrava una differenza tra l'osservazione delle situazioni dolorose e quelle non dolorose quando erano coinvolti esseri umani ma non quando riguardavano robot; le differenze tra esseri umani e robot invece scomparivano nella fase discendente di P3, che si registra 500-650 millisecondi dopo lo stimolo", ha spiegato Kitazaki. empatizzavano con i robot umanoidi in modo simile a quanto avveniva con gli altri esseri umani, anche se l'elaborazione dell'empatia era inizialmente più lenta osservando i robot umanoidi. Ciò riflette probabilmente la difficoltà dell'osservatore di assumere il punto di vista del robot. |
Post n°2137 pubblicato il 25 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze 11 gennaio 2016
Tre geni fondamentali per l'immunità innata, la prima linea di difesa del nostro organismo contro i patogeni, hanno una chiara derivazione dal genoma di specie umane arcaiche come l'uomo di Neanderthal e l'uomo di Denisova. Gli stessi geni, scoperti da due studi indipendenti, sono responsabili della reattività del sistema immunitario e quindi anche dei fenomeni d'ipersensibilità che sono alla base delle allergie(red) evoluzioneantropologiaimmunologiapaleontologiaNeanderthal I geni che consentono al nostro organismo di difendersi da microbi e patogeni con cui entriamo in contatto sono stati ereditati da specie umane arcaiche, come l'uomo di Neanderthal e l'uomo di Denisova. Questi stessi geni sono però gli stessi all'origine dei fenomeni di ipersensibilità immunitaria che sono alla base delle comuni allergie. apparsi sulla rivista '"American Journal of Human Genetics", sottolinea l'importanza dei contatti e degli incroci tra le specie nel plasmare l'evoluzione umana e in particolare in quella dell'immunità innata. mondiale dei geni Toll-like di derivazione neanderthaliana emersa dagli studi (Dannemann et al./American Journal of Human Genetics 2016 Quest'ultima rappresenta la prima risposta immunitaria dell'organismo nei confronti dell'invasione di microbi potenzialmente patogeni. A differenza dell'immunità adattativa, l'immunità innata ha una specificità limitata, dal momento che è strutturata per riconoscere solo alcune delle molecole espresse dagli agenti patogeni. Elementi fondamentali di questo meccanismo sono i recettori che riconoscono profili molecolari (Pattern Recognition Receptor, PRR) e tra questi, in particolare, i recettori di tipo Toll (Toll-like Receptor, TLR). studiano da anni l'evoluzione del sistema innato, basandosi sulla grande quantità di dati genetici resi disponibili dal 1000 Genomes Project e sul confronto con le sequenze genomiche ricavate dai resti di ominidi. insieme di 1500 geni che rivestono un ruolo fondamentale nel sistema immunitario innato, esaminando gli schemi di variabilità genica di questi geni e la loro evoluzione nel tempo, in confronto con il resto del genoma, a partire dagli incroci di Homo sapiens con l'uomo di Neanderthal. cambiamenti a carico dei geni coinvolti nell'immunità innata sono stati limitati. Alcuni geni tuttavia hanno subito una notevole pressione selettiva, probabilmente per effetto di un cambiamento ambientale o di una epidemia: la maggior parte delle modificazioni nei geni codificanti per proteine è avvenuta negli ultimi 6000-13.000 anni, cioè nel periodo in cui le popolazioni umane sono passate dall'economia di caccia e raccolta all'agricoltura. varianti, diventate a un certo punto molto più frequenti. Con grande sorpresa, Quintana-Murci e colleghi hanno scoperto che tre specifici geni che codificano per i recettori di tipo Toll, denominati TLR1, TLR6 e mi europei sia in quelli asiatici. alla stessa conclusione nell'ambito di una ricerca sull'importanza funzionale dei geni ereditati da specie umane arcaiche. Sono partiti da uno screening del genoma umano attuale cercando estese regioni con un'elevata somiglianza con i genomi dell'uomo di Nenaderhal e dell'uomo di Denisova, e hanno poi esaminato la prevalenza di queste regioni in soggetti di tutto il mondo, scoprendo gli stessi geni TLR individuati da Quintana-Murci e colleghi. Due di queste varianti geniche sono di chiara derivazione neanderthaliana, mentre la terza è riconducibile al genoma di Denisovan. geni offrono un vantaggio selettivo: le varianti arcaiche sono associate a un incremento dell'attività dei geni TLR e a una maggiore reattività nei confronti dei patogeni. Questa maggiore sensibilità può offrire una maggiore protezione dalle infezioni, ma espone al un maggior rischio di allergie. |
Post n°2136 pubblicato il 25 Aprile 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze 06 gennaio 2016
L'accumulo di resti fossili di Homo naledi trovati in un a grotta quasi inaccessibile fa sospettare che non si trattasse di una sepoltura intenzionale, come suggeriscono gli autori della scoperta, ma che qualcuno vi abbia gettato delle vittime di omicidi, combattimenti o sacrificidi Michael Shermer "Fossili: un antico antenato dell'essere umano forse seppelliva i morti" (Reuters). "Perché Homo naledi seppelliva i suoi morti?» (NOVA Next). Questi sono solo due dei tanti titoli apparsi lo scorso settembre in seguito a un articolo in cui il paleoantropologo Lee R. Berger dell'Università di Witwatersrand a Johannesburg rivendicava la scoperta di una nuova specie in una grotta in Sudafrica. L'età dei fossili non è definita e non è ancora noto in quale punto del lignaggio degli ominidi si collochino. Le loro mani, i polsi e i piedi sono simili a quelli di esseri umani moderni di piccole dimensioni, e il volume cerebrale è vicino a quello dei australopitechi dotati, come Lucy, di un piccolo cervello. I ricercatori stanno ancora discutendo se questa combinazione di caratteri rappresenta una nuova specie o una variante di una specie esistente. Ricostruzione di uno scheletro di H. nadeli. Inoltre, invece di pubblicare su "Science" o "Nature" - le prestigiose riviste su cui è spesso annunciata la scoperta di nuovi importanti reperti fossili umani - gli autori hanno presentato la loro scoperta su "Elife", una rivista online ad accesso pubblico che compie il processo di peer review piuttosto rapidamente. E invece di catalogare meticolosamente i 1550 fossili (appartenenti ad almeno 15 persone) lavorando per molti anni, come è comune in paleoantropologia, l'analisi è stata pubblicata appena un anno e mezzo dopo la loro scoperta nel novembre 2013. A indurmi allo scetticismo, tuttavia, è stata la congettura degli scienziati che il sito rappresenti un esempio di "deliberato smaltimento del corpo", una cosa che, come hanno letto tra le righe i media implica una procedura di sepoltura intenzionale. Questa, hanno concluso, era la spiegazione più probabile rispetto ad altre quattro ipotesi. Nella camera non c'è alcun detrito, e l'ambiente è così buio che per abitarci sarebbe stata necessaria una luce artificiale, della quale non ci sono indizi; inoltre la grotta è quasi inaccessibile e sembra che entrarci non sia mai stato facile. Trasporto d'acqua. Le grotte che sono state inondate mostrano strati sedimentologici di materiale a grana grossa, che sono assenti nella "Camera Dinaledi", dove sono stati scoperti i resti. Predatori. Non ci sono segni di predazione sui resti scheletrici sono stati depositati in un certo arco di tempo, escludendo un singolo evento calamitoso, mentre la quasi irraggiungibilità di quell'ambiente rende improbabile l'ingresso casuale e la morte di quegli individui. tre bambini piccoli, un bambino più grande, un adolescente, quattro giovani adulti e un adulto più anziano - sono differenti da quelle dei soggetti trovati in atri depositi e dei quali è stata stabilita la causa di morte e la deposizione. E' un enigma avvolto nel sedimento, all'interno di una grotta. causa di morte fin troppo comune fra i nostri antenati: morte in combattimento, per omicidio o per sacrificio. Lawrence H. Keeley, in War Before Civilization (1996) e Steven A. LeBlanc in Constant Battles (2003) hanno dimostrato, attraverso la revisione di centinaia di studi archeologici, che una percentuale significativa di individui ancestrali è morta di morte violenta. Nel suo libro 2011 Il declino della violenza [tr. it. 2013], Steven Pinker aggrega una serie di dati di 21 siti archeologici e arriva a indicare un tasso di morte violenta del 15 per cento circa. In un articolo del 2013 su "Science", Douglas P. Fry e Patrik Söderberg contestano però la teoria che la guerra fosse diffusa fra gli antichi esseri umani, sostenendo che dei 148 episodi di violenza relativi a 21 gruppi di individui itineranti, più della metà "sono stati perpetrati da individui solitari, e quasi due terzi sono il risultato di incidenti, controversie interfamiliari all'interno del gruppo, esecuzioni o motivazioni interpersonali quali la disputa per una donna". comunque di morte violenta, e un ulteriore esame dei fossili di Homo naledi dovrebbe prendere in considerazione la violenza (guerra o omicidio per gli adulti, sacrificio per i giovani) come plausibile causa di morte e di deposizione nella grotta. ghiacciaio di fusione nelle Alpi Venoste, in Tirolo, a 5000 anni dalla sua morte - ci sono voluti dieci anni prima che gli archeologi stabilissero che era morto di morte violenta, dopo aver ucciso almeno altre due persone in quello che appare uno scontro tra cacciatori. E' una parte della nostra natura che siamo riluttanti ad ammettere, ma che dobbiamo prendere in considerazione di fronte a cadaveri in luoghi bui. Il suo ultimo libro èThe Arc Moral (Henry Holt, 2015) Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati) |
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