blogtecaolivelli
blog informazione e cultura della biblioteca Olivelli
TAG
TAG
Messaggi del 16/07/2020
Post n°3190 pubblicato il 16 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet IL NUOVO REPORTClima, l'aumento di 2° Celsius avrebbe effetti devastanti MARTA FRIGERIO9 OTT 2018 Se le temperature dovessero aumentare di 2 gradi Celsius gli effetti sarebbero devastanti. Non usa mezzi termini il nuovo documento redatto dal Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) richiesto dai governi proprio allo scopo di guidare le prossime decisioni sul clima. Secondo lo studio è necessario contenere l'aumento delle temperature a 1,5 °C; solo così sarà possibile arginare i rischi. Il rapporto dell'IPCC è stato commissionato dai governi con l'Accordo sul Clima di Parigi, raggiunto nel 2015 con la sottoscri- zione di 195 Paesi, decisi ad agire per limitare l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 °C e cercare di rimanere entro 1,5 °C. A cosa va incontro il Pianeta L'aumento della temperatura globale di 2 °C al di sopra dei livelli preindustriali porterebbe a conseguenze drammatiche: tra queste ci sarebbe l'innalzamento del livello del mare, la desertificazione di molti territori, la perdita di habitat e specie animali e la diminuzione della superficie delle calotte glaciali che avrebbero ripercussioni gravissime sulla nostra salute, sui mezzi di sussistenza, sulla sicurezza umana e sulla crescita economica. «Gli attuali impegni dei Paesi per ridurre le emissioni non sono sufficienti per limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C e con la scienza non si può negoziare - ha spiegato Stephen Cornelius, Capo della Delegazione del WWF all'IPCC - Senza rapidi e profondi tagli alle emissioni di anidride carbonica ci troveremo davanti a impatti più gravi per gli ecosistemi e per gli animali che vi abitano». Impossibile adattarsi Dal documento emerge anche che se non verrà ridotto il livello attuale di emissioni gas serra questo porterà a conseguenze peggiori del previsto, causando danni irreversibili. Fra questi la perdita del patrimonio naturale, dannosa anche per le persone e le economie, che porterebbe verso scenari nei quali l'adattamento sarebbe impossibile e dove molte comunità sarebbero costrette ad affrontare disastri e catastrofi. «I governi di tutto il mondo devono mostrare di comprendere cosa dicono loro gli scienziati e assumere il cambiamento climatico per quel che è, una questione vitale per l'umanità e per il pianeta come li conosciamo - ha aggiunto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia -. Il tempo dell'ignoranza, vera o presunta, o delle schermaglie, furbizie e distrazioni deve finire». © RIPRODUZIONE RISERVATA RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°3189 pubblicato il 16 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
A causa dei cambiamenti climatici ed alla sovrappopolazione, il futuro delle genenrazioni a venire si tinge di nero, come si legge dall'articolo seguente. ENTRO IL 2040 Cambiamenti climatici, il reddito degli agricoltori calerà del 13%MARTA FRIGERIO27 DIC 2017
Entro il 2040, l'innalzamento delle temperature porterà all'aumento della frequenza delle ondate di calore, con pesanti ripercussioni su tutto il settore agro-zootecnico. Proprio gli allevatori e gli agricoltori sono le fasce più a rischio: il reddito netto delle imprese potrebbe calare anche del 13%, rendendo di fatto insostenibile la produzione. Questo è quanto emerge dal convengo "Agricoltura e cambiamenti climatici: sfide e opportunità", organizzato dall'Università di Sassari presso il Ministero delle Politiche Agricole Agroalimentari a Roma. Il caso della Sardegna Nel corso della conferenza è stato presentato il caso della Sardegna: il 40% del territorio dell'isola è esposto alla minaccia di fenomeni siccitosi tali da aumentare il degrado del suolo e ridurre la resa dei pascoli. Ma non solo: tra i rischi che gli allevatori si trovano a fronteggiare c'è anche l'aumentato delle malattie dei capi e l'importazione accidentale di specie aliene parassite. Il 2017 l'anno più secco Secondo i dati, il 2017 è stato l'anno più secco degli ultimi due secoli; nel solo mese di ottobre sono mancati circa 19 miliardi di metri cubi di acqua piovana. I danni economici sono stati ingenti: si calcola che l'assenza di precipitazioni abbia causato - su tutto il territorio nazionale - danni per oltre 2 miliardi di Euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA |
Post n°3188 pubblicato il 16 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Scoperta la faglia responsabile del sisma del 1743 Santa Maria di Leuca. © Mentnafunangann/ CC BY-SA 4.0 Nel 1743 l'ultima grande pestilenza in Italia fece 29mila morti a Messina. Quello stesso anno, il 20 febbraio, il terremoto di Nardò, con epicentro nel mar Ionio settentrionale, a circa 50 chilometri dalle coste del Salento, causò molta distruzione e circa 190 morti, oltre a un probabile tsunami che interessò il porto di Brindisi. La scossa fu percepita in un'area molto vasta, dal Peloponneso a Malta, dal meridione d'Italia fino fino a Trento, Venezia e Milano. Ora è stato scoperto il sistema di faglie sui fondali al largo di Santa Maria di Leuca, in Puglia, che fu probabilmente la causa all'origine del violento terremoto. Esteso per almeno 100 chilometri, è ancora attivo. Lungo queste si sono generati due ampi bacini sedimentari, identificati grazie a una ricerca condotta da un team di ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) nell'ambito del progetto FASTMIT. La scoperta è stata possibile grazie una serie di campagne geofisiche eseguite con la nave OGS Explora ed è stata pubblicata sulla rivista Tectonics. Nel pannello A sono indicate le al blocco Apulo (frecce in grigio). Nel pannello B è mostrata una visione in mappa delle strutture individuate grazie alla batimetria ad alta risoluzione. © Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale Il sistema di faglie è stato denominato South Apulia Fault System (SAFS). Lo studio ha dimostrato che il SAFS ha iniziato la sua attività tettonica tra 1,3 e 1,8 milioni di anni fa, durante il Pleistocene inferiore, e che è tutt'ora attivo, come evidenziato dalla presenza di dislocazioni che interessano i sedimenti più recenti e il fondo mare. I tassi di movimento del SAFS sono nell'ordine di 0,2-0,4 mm/anno per quanto riguarda la sua componente estensionale, ma è stato possibile ipotizzare anche la presenza di una componente non trascurabile di movimento orizzontale. L'area in cui si trova il SAFS in Puglia è una porzione sommersa del cosiddetto "avampaese" (cioè, una regione adiacente a una catena montuosa) della "placca Adriatica", un'area di crosta continentale considerata stabile rispetto alle due aree di catena poste ad ovest (la catena appenninica) e ad est (la catena ellenica). Le aree di avampaese sono tipicamente soggette a terremoti meno frequenti rispetto alle aree lungo i margini di placca e alle aree di catena, tuttavia non sono esenti da eventi di magnitudo anche significativa. © RIPRODUZIONE RISERVATA |
Post n°3187 pubblicato il 16 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I floridi vigneti nei fiordi norvegesi Slinde Vineyard, il vigneto più a Nord del mondo. © Bjørn & Halldis/slindevineyard.com ARMANDO GARIBOLDI3 SETTIMANE FA Che il clima mondiale stia cambiando è ormai un dato di fatto, accettato dalla stragrande maggioranza delle persone, sebbene sulle cause vi sia ancora un minimo di dibattito, con una minoranza intenta testardamente a negarne le cause antropiche. Peraltro, anche solo osservando i gruppi di pappagalli impegnati a nidificare in varie località della pianura padana oppure passeggiando tra i giovani uliveti piantati in Valtellina o sulle prime colline dell'Oltrepò pavese, dove un Istrice (nota specie termofila) vi ha appena attraversato la strada, è difficile negare questi cambiamenti. Eppure, c'è qualcuno che è contento e trae vantaggio da essi. Sono i nuovi viticoltori del Nord Europa. Tedeschi e inglesi hanno visto espandersi verso settentrione le aree idonee a coltivare questa (redditizia) coltura, fino a pochi anni fa tipica solo del bacino Mediterraneo. Ora addirittura stanno entrando in gioco i viticoltori norvegesi! Le cronache hanno infatti di recente riportato l'emblematico caso dei vigneti di Slinde, in Norvegia, i più settentrionali del Pianeta. Qui da qualche anno si producono - seppure in piccole quantità - apprezzati vini rossi e rosé. Ogni bicchiere di vino prodotto da queste parti fa toccare con mano cosa sia il riscaldamento globale, sebbene il neo-vignagnolo Bjørn Ove Bergum, proprietario di questi vigneti, sia fiero dei 55 tipi diversi di vitigno che è riuscito a far sviluppare a latitudini pari a quelle della Groenlandia e non neghi che «da produttore vedo il cambio climatico come un fatto positivo». Che la linea di confine dei vigneti si spostasse verso Nord e verso altitudini sempre più alte (da noi in Italia si comincia a coltivare anche a 800-900 m. e la fatidica quota dei 1000 m. è ormai vicina) era già noto da tempo, tuttavia quello che sta sorprendendo anche gli scienziati è la rapidità del fenomeno. Nelle estati scandinave, che durano sempre più a lungo, non è raro ormai superare in maniera stabile i 30 gradi, il che crea un microclima capace di accogliere questa coltivazione, che tra l'altro nei fiordi norvegesi sembra raggiunga anche buoni livelli di qualità. Alla luce di tutto ciò si comprende meglio il caso della vicina Groenlandia, fino a oggi considerata sola una grossa isola inospitale e per la quale si sta scatenando l'ennesimo conflitto politico-economico tra USA e Cina, proprio in vista di nuovi terreni che diventeranno a breve coltivabili. Le guerre per accaparrarsi risorse primarie per il cibo e l'acqua si arricchiranno così di nuovi capitoli. © RIPRODUZIONE RISERVATA |
Post n°3186 pubblicato il 16 Luglio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet S.O.S miele: i cambiamenti climatici danneggiano le api LUCA SERAFINI13 NOV 2017 La produzione del miele italiano nel 2017 sta archiviando un anno particolarmente difficile. Secondo Diego Pagani, presidente di Conapi - Consorzio Nazionale Apicoltori, si calcola per fine anno una diminuzione complessiva di produzione del 70% rispetto alle potenzialità degli apiari. Nel dettaglio, quello di acacia segna -30% sul già disastroso 2016 e -70% sul 2015; il millefiori registra un -20% e la produzione di tiglio dell'Emilia Romagna è quasi azzerata. Hanno dato soddisfazione agli agricoltori i raccolti di alta collina e di montagna, come castagno e tiglio di montagna, che hanno risentito meno della siccità, mentre è quasi azzerato quello di melata, conosciuto anche come miele di bosco. I soci di Conapi affrontano, quindi, il terzo raccolto consecutivo con volumi in netta diminuzione rispetto alle medie degli anni passati. La causa di questa costante e progressiva flessione è da imputarsi all'andamento climatico sfavorevole, che induce una minore produzione degli alveari. Una primavera calda e precoce ha indotto una forte spinta produttiva delle api, poi interrotta bruscamente dalle anomale gelate in aprile, che hanno compromesso il raccolto di acacia, affamando gli alveari. La successiva siccità record estiva ha pregiudicato il raccolto di miele. Non bastassero i mutamenti climatici, persistono anche inquietanti fenomeni di avvelenamento di apiari. Il pericolo frodi Quando il prodotto scarseggia, i prezzi salgono e, di conseguenza, aumenta il pericolo di frodi. Di qui l'appello alle forze dell'ordine a vigilare con maggior attenzione e ai consumatori di acquistare solo prodotti tracciabili, prodotti dai consorzi italiani. Tra questi, gli apicoltori di Conapi, la più importante cooperativa di apicoltori in Italia e una delle più importanti nel mondo, sono coltivatori di biodiversità e lavorano insieme alle api, creando le condizioni affinché questi insetti possano produrre mieli, pollini e prodotti apistici buoni e puliti. Conapi, che riunisce apicoltori biologici e convenzionali, è il primo produt- tore di miele biologico in Italia: oltre il 45% dei soci apicoltori sono biologici. L'impegno etico e di divulgazione del valore dell'apicoltura, che va ben oltre la produzione di prodotti apistici, hanno guidato il consorzio nella realizzazione di attività didattiche e formative che hanno determinato, tra l'altro, la realizzazione di numerosi progetti per le scuole e del "Parco delle Api e del Miele". © RIPRODUZIONE RISERVATA RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
AREA PERSONALE
MENU
CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.