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Messaggi del 12/06/2021
Post n°3421 pubblicato il 12 Giugno 2021 da blogtecaolivelli
L'uomo e il cane Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
L'uomo e il cane è un romanzo di Carlo Cassola pubblicato dalla casa editriceRizzoli nel settembre del 1977. Il romanzo si è aggiudicato il premio Baguttanel 1978. TramaProtagonista del romanzo è un meticcio, Jack, che abbandonato dal padrone Alvaro, vagabonda solitario e ansioso per la campagna toscana. In seguito ad alcuni inutili tentativi di ritrovare la strada di casa, il cane si imbatte in una coppia di anziani coniugi ai quali ricorda lo scomparso Tom, probabilmente rapito dagli zingari. Brutalmente scacciato, la compagnia di Jack viene nuovamente rifiutata dalla padrona di una casa poco distante, tuttavia la sua condizione suscita la compassione della figlia, Grazia. Con il trascorrere del tempo, i ricordi del randagio si affievoliscono sempre più, portandolo a dimenticare persino il proprio nome. Pur conservando il suo istinto di animale domestico, Jack avverte la necessità di esplorare il mondo che lo circonda ed è proprio questo desiderio a condurlo all'incontro con il gatto Tommaso. I due animali vivono insieme, quasi in simbiosi, per un paio di giorni fino a quando il cane si allontana, preferendo la compagnia dell'uomo alla libertà. Giunto in città, inizia a seguire il mulattiere Danilo fino a raggiungere la sua casa in campagna. Ma, illuso dalla possibilità di aver finalmente trovato un nuovo padrone, il povero Jack non si rende conto delle reali intenzioni dell'uomo: sbarazzarsi di lui lasciandolo morire crudelmente di fame sotto il sole cocente. I personaggiJack: cane protagonista del romanzo, viene abbandonato dal padrone a causa di uno spiacevole episodio con un vicino. Animale indissolubilmente legato all'uomo, si rivela sempre fedele al suo padrone, nonostante le angherie subite. Alvaro: padrone primitivo di Jack, non esita ad abbandonarlo quando si rivela un pericolo per i suoi rapporti con il vicino. Il gatto Tommaso: incontrato nella seconda metà del romanzo, Tommaso è un gatto randagio allontanato dalla padrona per compiacere le esigenze del suo futuro marito. Si tratta di un animale indipendente e di un attento osservatore della realtà, pronto ad accettare la sua condizione pur di non rinunciare alla sua libertà. Grazia: giovane ragazza incontrata da Jack durante il suo vagabondare per la campagna, è il primo contatto umano positivo che il cane riesce ad instaurare dopo le difficoltà iniziali. Danilo: mulattiere e nuovo padrone di Jack, si rivelerà essere il suo assassino. La criticaIl titolo del libro non va inteso come indicativo di un particolare uomo nel rapporto con il suo cane, ma va riferito agli uomini in generale, ai loro sentimenti e comportamenti nei confronti degli animali (e non solo), in un raffronto che si risolve a tutto vantaggio della bestia. Grazie a quest'opera, Carlo Cassola ha ritrovato la felicità di scrittura che talvolta era andata, almeno in parte, perduta nella prolissità o ripetitività di altre sue storie. La precisa conoscenza della psicologia dal cane, -senza la pretesa di parlare dal di dentro della sua "personalità"- la possibilità di doppiare sullo sfondo le sue azioni con quelle degli uomini, la riserva di intervenire come autore a mettere a punto certe osservazioni si fondono in pagine di grande gusto e discrezione che certamente vanno annoverate tra le più riuscite della sua lunga carriera. Si tratta di uno dei libri più liberi da ideologie scritti dall'autore, in cui quest'ultimo trova il modo di introdurre senza stridori il tema che a lui più sta a cuore in questo momento e sul quale veniva scrivendo contemporaneamente i suoi libri di saggistica storico-politica. "La vita randagia e il crudele destino del cane Jack, nato per servire, riguardano la vicenda realistica di un bastardo dal colore bianco sporco con pezzature nere; trascrivono un pezzo di mondo visto attraverso gli occhi del cane che, abbandonato dal primitivo padrone, ne cerca disperatamente un altro. E svolgono insieme la trasparente metafora (...) della condizione umana, del bisogno avvertito anche dall'uomo di cercarsi un padrone, di affidarsi e credere in un capo «infallibile che lo angarierà in tutti i modi»". "Oh, se uno spettacolo così mi fosse caduto sotto gli occhi quando ero bambino! Mi sarei fatto un'altra idea della vita. Non avrei più creduto nell'ingiustizia del mondo, né all'iniquità degli uomini. Iniquità o non, piuttosto, stupidità? Invece di aiutarsi, gli uomini si fanno vicendevolmente del male. Questa è soprattutto stupidità. Sì, gli uomini sono stupidi come sono stupidi gli animali, con le loro continue guerre che procurano danni a tutti". |
Post n°3420 pubblicato il 12 Giugno 2021 da blogtecaolivelli
La casa di via Valadier Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La casa di via Valadier è un racconto lungo di Carlo Cassola pubblicato daEinaudi nel 1956 che comprende due racconti scritti tra il 1953 e il 1956. Il primo racconto, che dà il titolo al volume, è Esiliati ed era già uscito nell'agosto-settembre 1953 sulla rivista «Il Ponte» con il titolo La casa sul Lungotevere mentre una parte del secondo racconto, La casa di via Valadier, era stato pubblicato nel 1955 su Botteghe Oscure. Esiliati TramaIl racconto narra la storia di Maggiorelli, un marmista socialista e antifascista, che si è trasferito dal paese maremmano diMassa Marittima a Roma, città dove abita ormai da dodici anni vivendo modestamente del suo lavoro. Maggiorelli non è riuscito, in tutti questi anni, a farsi un nuovo amico e così i pomeriggi della domenica li trascorre con alcuni vecchi compagni della sua città esiliati nella capitale ai tempi dello squadrismo per le loro idee socialiste. Nel gruppo vi è però un delatore, Bisori, che si è fatto comprare dalla polizia fascista ed è diventato loro confidente. Un giorno Magnini, un altro compagno che è in contatto con una cellula comunista, affida un pacco compromettente a Maggiorelli perché lo tenga nascosto e Bisori lo denuncia. Magnini viene presto arrestato e Bisori muore improvvisamente. Del processo allestito dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato che si terrà a Magnini se ne occuperà Maggiorelli provvedendo all'avvocato e alle spese. Maggiorelli trova così l'occasione per riacquistare fiducia in se stesso, per evadere dalla tediosa vita familiare e per interessarsi nuovamente all'attività politica e cospiratrice. Il racconto termina con l'arresto dello stesso Maggiorelli che era stato sottoposto a sorveglianza. La casa di via ValadierTramaIl personaggio che collega questo secondo racconto al primo è Maggiorelli. Lo troviamo all'inizio nella casa di Anita Turri, vedova di un deputato socialista, insieme all'onorevole Bergamaschi intento a rievocare i tempi eroici del movimento operaioe a constatare il diffuso senso di indifferenza che c'è in Italia di fronte al fascismo nonostante la crisi economica, gli abusi e gli scandali dovuti al regime. Il fratello della vedova Turri, l'avvocato Franzoni che si sta avvicinando al fascismo, rimprovera la sorella per il pericolo al quale va incontro ospitando nella sua casa degli antifascisti e quando il figlio di Azzali, un altro antifascista che frequenta la casa Turri viene arrestato ricevendo dal Tribunale speciale una condanna di quindici anni, si rifiuta di difenderlo. Anita, per evitare il fratello, si reca ospite, per una ventina di giorni, da alcuni amici a Bellagio e al suo ritorno trova l'appartamento messo sottosopra dalla polizia fascista. Un improvviso malore la colpisce poco tempo dopo conducendola alla morte e il fratello, che nel frattempo ha ottenuto la tessera fascista, inizia lo spoglio delle carte Turri. Nella seconda parte del racconto, siamo nel 1945, il figlio dell'avvocato Franzoni, Leonardo, nipote prediletto di Anita torna da Milano, dove lavora presso la redazione dell'«Avanti!» e si reca a Roma per redigere la cronaca dello scoprimento di una lapide in memoria dell'onorevole Turri nella sua casa di via Valadier. Al termine della frettolosa cerimonia, Leonardo è avvicinato dal commissario Pennisi, dirigente dell'ufficio politico durante la guerra, che gli chiede per sé una dichiarazione di antifascismo per aver aiutato la signora Turri al tempo della perquisizione, ma Leonardo non è convinto che Pennisi debba essere aiutato e non aderisce alla sollecitazione del commissario. Leonardo, dopo aver scritto velocemente l'articolo sulla cerimonia, si reca dagli Azzali dove sente dei discorsi che riguardano il fascismo del padre e prova vergogna. Ritornato alla casa di via Valadier prende visione delle carte Turri e si rende conto che si tratta solo di materiale privato senza nessun valore o interesse politico. |
Post n°3419 pubblicato il 12 Giugno 2021 da blogtecaolivelli
La ragazza di Bube (romanzo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La ragazza di Bube è un romanzo scritto da Carlo Cassola tra il 1958 e il1959 in cui vengono tra l'altro illustrati, attraverso la storia di ragazzi innamorati, i problemi politici e sociali del dopoguerra. Venne insignito del Premio Strega nel 1960, anno in cui era stato pubblicato dalla casa editrice Einaudi; tre anni più tardi ne fu realizzato anche unadattamento cinematografico per la regia di Luigi Comencini e come interpreti principali attori della caratura di Claudia Cardinale e George Chakiris. Trama La vicenda è ambientata in Valdelsa poco dopo la Liberazione ed ha come protagonisti due giovani, Mara e Bube. Mara Castellucci è una ragazza di sedici anni che vive a Monteguidi insieme al padre, comunista militante, alla madre e ad un fratello, Vinicio. Qui conosce Arturo Cappellini, detto Bube. Il giovane, amico e compagno di Sante, il fratellastro di Mara morto durante la Resistenza, si era recato nel paese dell'amico per conoscere la famiglia e qui avviene l'incontro con Mara. Tra i due giovani nasce subito una simpatia e Mara, lusingata dall'interesse del ragazzo, inizia a scambiarsi lettere con lui. Un giorno, Bube comunica a Mara di voler cercare riparo presso la propria famiglia a Volterra perché accusato di un delitto. Era accaduto che, mentre si trovava a San Donato con i compagni Ivan e Umberto, un prete aveva impedito loro di entrare in chiesa. Secondo i ragazzi, la ragione per cui erano stati cacciati era il fatto di essere comunisti. I giovani avevano allora iniziato a protestare, e un maresciallo dei carabinieri era intervenuto insieme al figlio a sostegno del prete. Bube e gli amici avevano inutilmente cercato di far valere le loro ragioni e, spinti dall'ira, avevano messo il prete contro il muro. Così, il maresciallo aveva reagito sparando ad Umberto, uccidendolo. Per vendicare l'amico, Ivan, l'altro compagno di Bube, aveva ucciso il maresciallo. A sua volta, Bube aveva rincorso e ucciso il figlio del maresciallo che stava scappando e che si era messo a gridare. Mara e Bube intraprendono così il viaggio verso Volterra dove abita la famiglia di lui. Successivamente si trovano in viaggio in una corriera dove sale anche una donna che riconosce Bube e lo spinge a dare una lezione ad uno dei viaggiatori: si tratta del prete Ciolfi, il quale durante la guerra aveva collaborato con i nazisti, causando così la morte del nipote della donna. Suo malgrado, dopo essere sceso, Bube viene praticamente costretto dai presenti a picchiare il prete per salvare la faccia: il suo ruolo nella zona è infatti quello del Vendicatore, appellativo con il quale viene talvolta ancora chiamato dagli abitanti del posto. Arrivato a casa dai familiari, Bube viene avvertito dal compagno Lidori che rischia di essere arrestato per il delitto commesso e che stare nascosti presso la famiglia non è sicuro. Lidori accompagna Bube e Mara in un capanno in campagna, dove i due innamorati passano le due notti successive. Il giorno seguente, una macchina passa a prendere Bube per farlo rifugiare in Francia, mentre Mara ritorna a casa. Nel frattempo, qualcosa in lei è cambiato: non è più la ragazza spensierata di prima e si dimostra angosciata per la mancanza di notizie da parte di Bube ed indifferente a tutto quello che la circonda. Trascorsa l'estate, Mara decide di andare a lavorare come domestica in una famiglia a Poggibonsi. Qui la ragazza stringe amicizia con una compaesana, Ines, con cui esce spesso e che le presenta Stefano, un ragazzo serio e un po' timido. Mara resta inizialmente fredda, ma lentamente comincia ad apprezzare la sua compagnia, in particolare perché da mesi non ha più notizie di Bube. La ragazza scivola così gradualmente in un dilemma: da un lato sente di aver dato la sua parola a Bube, ma dall'altro è incerta sul quando lui potrà tornare al paese. Dopo un anno, Bube costretto al rimpatrio, viene arrestato alla frontiera ed è condotto a Firenze. Mara, accompagnata dal padre, si reca a Firenze per un colloquio con Bube. Durante l'incontro la ragazza si accorge che il suo attaccamento a Bube è ancora molto forte e decide che, da quel momento, sarà sempre la sua donna. Bube viene condannato a quattordici anni di carcere e Mara, tornata a Poggibonsi, si incontra con Stefano. La ragazza gli racconta quanto accaduto e gli comunica, dopo un lungo tira e molla, di aver preso una decisione: il suo posto è accanto al fidanzato. Dopo la condanna Mara va spesso a trovare Bube in carcere. Il romanzo termina con un capitolo in cui Mara, sette anni più tardi, viene descritta nella serena attesa della liberazione di Bube per la quale dovrà attendere altri sette anni. Inquadramento storico del romanzoSimilmente a quanto si può osservare nei romanzi dell'epoca, questo romanzo riprende trame e tematiche tipiche delNeorealismo. Se quest'ultimo si concentrava (almeno in teoria) sulla dimensione storica e sociale della vicenda, queste perdono nel romanzo di Cassola parte della loro importanza. È vero da una parte che vengono citati nel romanzo eventi importanti come la scissione di Livorno, il referendum istituzionale del 1946 e le elezioni politiche italiane del 1948. Questi avvenimenti vengono inquadrati nell'ottica di comunisti convinti come il padre di Mara o Bube (pare inoltre che il romanzo sia imperniato su una vicenda realmente accaduta e che Cassola abbia intervistato i diretti interessati, cambiando in parte la storia). Comunque, questa componente storico-politica si limita a fungere da sfondo ad una vicenda di carattere prevalentemente individuale e psicologico, dunque si riconoscono chiaramente delle tematiche meno peculiari del Neorealismo: durante tutto lo svolgimento del romanzo la prospettiva dominante è quella di una giovane donna colta nei suoi dubbi e nel suo sviluppo personale. Lavori come questo o Il giardino dei Finzi-Contini testimoniano quindi una sorta di superamento del Neorealismo. Lettura dell'operaL'uscita del romanzo ha causato aspre critiche da parte degli intellettuali marxisti, i quali interpretarono La ragazza di Bubecome la descrizione del fallimento degli sforzi intrapresi da parte della Resistenza, in particolare della sua componente comunista. Questa lettura del romanzo è oramai superata. L'opinione corrente sul romanzo è che non abbia scopi politici, né abbia primariamente lo scopo di documentare fatti storici. Ciononostante, è inevitabile che tra le righe si scorga la delusione personale vissuta in prima persona da Cassola nei confronti del comunismo. Negativo fu l'atteggiamento verso il romanzo da parte di Nada Giorgi, la cui biografia reale aveva ispirato il romanzo: la Giorgi non si riconobbe affatto nella figura di Mara. Come accennato è la dimensione individuale e psicologica del romanzo ad occupare il primo piano: lo sviluppo individuale di Mara è il nucleo del romanzo, rappresentato su una scenografia di immediato dopoguerra. Se, da tipica sedicenne, nei primi capitoli Mara si concentrava soprattutto sui vestiti e sul suo prestigio sociale, la Mara degli ultimi capitoli è diventata una persona matura che decide in base alle sue responsabilità personali.
È proprio il cammino del dolore e della conoscenza ad aprire gli orizzonti della protagonista e a favorire lo sviluppo della sua personalità. |
Post n°3418 pubblicato il 12 Giugno 2021 da blogtecaolivelli
Storia di Ada Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Storia di Ada è un racconto lungo di Carlo Cassola scritto nel 1965 pubblicato da Einaudi nei 1967 insieme ad un altro racconto intitolato La maestra composto tra il 1957 e il 1965. Storia di Ada Storia di Ada ha inizio nel decennio che precede la Seconda guerra mondiale con Ada bambina che ha perduto una mano nel nastro della trebbiatrice. Ada vive però serena e reagisce alla sventura, impara a scrivere con la mano sinistra e a forza di impegno e buona volontà riesce anche lei a svolgere i lavori domestici e quelli della campagna. Trascorrono i giorni e gli anni, Ada cresce, d'estate va a fare i bagni a Marina di Cecina con la zia e la cugina e si accontenta di prendere dalla vita ciò che questa le dà e si meraviglia della scontentezza degli altri. Ma ad Ada accade una seconda disgrazia: il padre precipita dal tetto dove era salito per pulire le grondaie e muore. La famiglia si sfascia e il podere viene abbandonato e Ada si trasferisce a Marina di Cecina dove, per interessamento degli zii, trova lavoro allePoste dove lavora con impegno e si fa benvolere da tutti. Anche se non vuole pensarci, l'amore viene anche per Ada. Dapprima è un soldato che la lusinga e cerca di approfittare di lei, poi è il fratello di un'amica che però deve partire e non darà più sue notizie e infine un altro soldato, Luigi Orzan, un veneto analfabeta dal carattere timido e imbarazzato, che la chiede in moglie. Ada è commossa e felice ed accetta. Le nasce una bella bambina, ma Luigi si ammala e diventa sempre più chiuso e disperato. La salute peggiora e sarà ricoverato in un sanatorio dal quale Ada ha il triste presentimento che non tornerà più. La critica"Più che un racconto lungo, la Storia di Ada appare il prototipo di una trama più complessa, si presenta come numero di prova, progetto quasi di quei romanzi di vite, con protagoniste femminili, che stanno subendo in questo periodo altri e non pochi accrescimenti da parte di Cassola, da Una relazione a Paura e tristezza , altro romanzo Einaudi, 1970. La tendenza, anzi la necessità cassoliana di stare e mantenersi in tensione esistenziale realizza appunto la «storia» di Ada, personaggio già presente in Cuore arido.su percorsi e tempi lunghi, dall'infanzia (con la disgrazia della perdita della mano, che la rende «infelice» e «monchina») alla giovinezza, al matrimonio, all'ammalarsi del marito; sempre senza indulgenze e concessioni al drappeggio romanzesco". La maestraLa maestra è ambientato nella campagna tra Melato, Pomarance, la conca di Saline, l'altura di Volterra con la vista in distanza del Monte Voltrajo e il paesaggio descritto è fatto di pendici boscose e macchie, ruderi nascosti tra i rovi, collinebrulle, stradine polverose o allagate dal fango. La storia si svolge tra il 1944, a guerra non ancora terminata, e il 1946. Fiorella è una giovane maestra che ha fatto un matrimonio sbagliato. Incinta e già madre di un bambino, deve raggiungere Metato, a sei chilometri da Saline per insegnare. A Metato, un borgo desolato sopra Pomerance, deve sistemarsi in una camera squallida che appartiene al conte Albini, un ricco proprietario terriero, ex fascista ed ora monarchico e anticomunista. La vita di Fiorella è triste e solitaria ma verso sera, a rallegrarla un poco, c'è un gruppo di boscaioli pistoiesi con i quali divide il misero alloggio legandosi a loro con rapporti di comprensione e amicizia. Quando si ammala uno dei boscaioli, Fiorella ha l'occasione di conoscere il medico condotto di Pomarance, il dottor Aldo Nicolucci che è separato dalla moglie e senza figli. L'anno seguente, dopo la nascita di una bambina che ha partorito nella casa dei suoceri, Fiorella torna a Metato e il conte le dà l'incarico di tenere la contabilità dell'azienda. Il medico che aveva conosciuto a Pomarance torna a trovarla e provoca in seguito nuove occasioni d'incontro. Durante una delle passeggiate in macchina il dottore cerca di abbracciare Fiorella che però si difende in modo brusco, pur volendogli bene, per timore della sua reputazione in paese. In seguito il dottore, che all'inizio pensava ad una semplice avventura, finisce con innamorarsi seriamente di Fiorella che a ccetta la sua compagnia nonostante le chiacchiere della gente. I due finiscono per amarsi sinceramente e decidono di vivere insieme aSan Vincenzo dove Aldo ha ottenuto una nuova condotta. EdizioniCarlo Cassola, Storia di Ada, Einaudi, 1967. RiconoscimentiNel 1967 il libro ha vinto il Premio Selezione Campiello |
Post n°3417 pubblicato il 12 Giugno 2021 da blogtecaolivelli
Troppo tardi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Troppo tardi è un romanzo di Carlo Cassola scritto nel 1971 e pubblicato dalla casa editrice Rizzoli nel gennaio del 1975 dopo aver dato la precedenza ai due precedenti romanzi: Trama La vicenda si svolge a Roma negli ultimi anni del regime fascista prima della guerra e vede tra i protagonisti Anna e Giorgio Cromo, due fratelli, rispettivamente di sedici e quattordici anni, legati, se pur tra soventi litigi, da un profondo affetto. Giorgio desta l'ammirazione e l'invidia di Anna per la sua intraprendenza, per il carattere determinato, per i molteplici interessi e per il buon gusto nel vestire. Anna, che è invece di natura insicura e volubile, interrompe presto gli studi, fa scelte fittizie, non sa farsi una vera amicizia e si innamora in modo inconcludente. Conosce Ferruccio Fila, un amico di Giorgio di due anni più giovane di lei, molto riservato e intellettuale, ma la loro conoscenza non va oltre qualche confidenza. Conosce in seguito un avvocato marchigiano, che però non esercita e si accontenta di fare l'impiegato, più anziano di lei e non di bell'aspetto e senza riflettere accetta di sposarlo dopo un breve fidanzamento. Il matrimonio entra presto in crisi a causa della grettezza di lui e il disamore di Anna. seguito prigioniero e di lui non si saprà per molto tempo più nulla. Giorgio intanto non è stato più fortunato e, anche lui, come la sorella, ha fatto un matrimonio mediocre. Durante la campagna di Albania viene chiamato alle armi ma viene ferito e rimpatriato. Dopo alcuni anni, siamo nel maggio del 1943, Anna incontra Ferruccio che confessa il segreto amore giovanile per lei e, dopo averlo frequentato per qualche tempo, accetta di iniziare una relazione. Alla fine del '45 Giorgio essendosi compromesso con i repubblichini perde l'impiego, il marito di Anna ritorna dalla prigionia e inizia le pratiche per la separazione, Ferruccio, che era stato arrestato durante il periodo clandestino vive, insieme ad Anna e il marito, nel loro appartamento. Ferruccio, che lavora temporaneamente come giornalista praticante presso un giornale di partito, incontra Mario, un suo vecchio compagno di università, che fa l'inviato speciale per l'«Europeo» e gli confida di essere ancora indeciso sul suo futuro. Ripensando alla sua giovinezza e alla sua cattiva fortuna, si rende conto di essere sempre arrivato troppo tardi agli appuntamenti con la vita. Negli ultimi capitoli del romanzo viene narrata la storia di Ferruccio e Anna che alternano momenti di tenere emozioni a intense scene di gelosia e continue lamentele per arrivare ad una sempre più forte ostilità. Il giornale socialista dove lavora Ferruccio termina le pubblica- zioni ma egli non se ne dispiace perché non vuole fare il giornalista ma lo scrittore. Durante una vacanza al mare si invaghisce di una ragazzina, Annamaria, e si rende così conto che il suo amore per Anna, dalla quale però non riuscirà ad allontanarsi, è ormai finito. Analisi dell'operaIl romanzo, che è composto da nove capitoli, mantiene una struttura compatta e, al di là del semplice narrare, possiede diverse pagine saggistico-narrative. Come scrive Renato Bertacchini «La qualità tematica e strutturale di Troppo tardi (...) sta nel rapporto antagonistico, in senso cassoliano, tra Giorgio Cromo l'antagonista e l'autobiografico Ferruccio Fila. La stessa presenza di Anna, come terzo personaggio, sorella di Giorgio e poi amante di Ferruccio, con la sua femminile inquietudine e scontentezza vale come controprova e verifica di questo rapporto; dapprima, anche lei attratta dal fratello, che in seguito invece arriverà ad odiare cordialmente, e in parallelo, da principio indifferente nei confronti di Ferruccio, di cui solo in un secondo tempo e «troppo tardi» diventerà l'amante». |
Post n°3416 pubblicato il 12 Giugno 2021 da blogtecaolivelli
Il taglio del bosco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il taglio del bosco è un racconto lungo di Carlo Cassola, scritto negli anni1948 - 1949 e uscito nel dicembre 1950 su "Paragone- Letteratura", subito recensito da Geno Pampaloni. nell'edizione Nistri-Lischi del1955, comprendente altri racconti, e infine nell'edizione Einaudi 1959 con il titolo Il taglio del bosco. Racconti lunghi e romanzi brevi Trama Sulla pendice boscosa del monte Berignone che scende fino al torrente Sellate, una squadra formata da cinque boscaioli lavora per cinque mesi al taglio di un bosco. bambine, Irma e Adriana, è un giovane uomo che ha acquistato, dal proprietario di Massa Marittima, il diritto di tagliare gli alberi di un bosco dell'Appennino toscano per recuperare il legname sperando di ricavarne un forte guadagno. Fa parte della squadra Fiore, un uomo sulla cinquantina di carattere difficile ma con grande esperienza, che sarà il suo capomacchia; Francesco, di poco più vecchio di Fiore, non molto attivo sul lavoro ma bravissimo a raccontare storie permettendo così ai compagni di trascorrere alla meno peggio le lunghe serate o le giornate di pioggia; Amedeo, cugino di Guglielmo e il ventenne Germano, amante delle donne, un po' sbruffone e appassionato cacciatore. e l'ultimo carico di carbone è stato consegnato al mulattiere, Guglielmo ritorna a casa e, pas- sando di fronte al cimitero, si rende conto di non aver superato il dolore per la morte della moglie. "Aveva messo il sacco a terra e si era appog- giato al cancello del camposanto. Non gli era mai accaduto di sentirsi così disperato, nemmeno nei giorni della disgrazia. Per qualche momento farneticò addirittura; pensava di stendersi lì in terra e lasciarsi morire". Origine e sviluppo del romanzoLo stesso Cassola racconta l'origine e lo sviluppo del suo romanzo: "Lo iniziai alla fine del '48. Era concepito come una vicenda puramente esistenziale, la vicenda, appunto di un taglio di bosco. Cinque boscaioli vanno a tagliare un bosco; durante alcuni mesi fanno ogni giorno lo stesso lavoro, ripetono gli stessi discorsi, ecc. Ecco un magnifico tema per una narrazione negativa: mi permetteva infatti di raccontare qualcosa e, nello stesso tempo, di non raccontare nulla. Nulla, intendo dire, che avesse un significato particolare. Il solo significato che avrebbe potuto avere una vicenda del genere era puramente esistenziale. Ne avevo scritto una metà, quando un avveni- mento che sconvolse la mia vita mise in crisi anche la mia letteratura. Presi in odio il mio passato, la mia educazione estetica, tutto quello che avevo scritto fino ad allora; trovai mostruosa una poetica che isolava l'emozione esistenziale facendone l'unico oggetto dell'espressione letteraria. Così, quando alcuni mesi dopo ripresi a scrivere Il taglio del bosco, conservai la vicenda esistenziale del taglio, ma ne feci il semplice sfondo di un sentimento particolare, il dolore del protagonista per la morte della moglie. L'esistenza dei compagni, quest'esistenza fatta di nulla, di gesti quotidiani, di discorsi quotidiani, è per Guglielmo lo specchio della sua condizione precedente, lo specchio della sua felicità perduta La narrazione è all'inizio lineare e astorica, essendo l'unico riferimento al tempo in cui si svolge quella dell'inverno1938-1939 quando la guerra civile spagnola era ormai vinta, e negativa essendo priva di grandi avvenimenti esterni e puramente riferita alla vicenda di una squadra di boscaioli che taglia un bosco a Berignone, dove Cassola era stato partigiano. "Pagine", scrive Renato Bertacchini, "si direbbe di un diario elementare intessuto di fatica e lavoro, contrappunto dalle sequenze quotidiane dei cibi cucinati dagli uomini, dai panni che ugualmente sono costretti a lavarsi da soli; con l'unico diversivo del fumare nei momenti di riposo, giocare a carte o discorrere o chiudersi in lunghi mutismi durante le veglie invernali; mentre il ciclo delle stagioni porta il freddo e la nebbia, le grandi tempeste invernali di pioggia scrosciante e la neve che scende nel silenzio della notte". introduce lo stato di dolore del protagonista Guglielmo per la morte della moglie e in questo modo "la vicenda del taglio, pur restando ferma nel racconto, non ne costituisce più il centro, ma diventa piuttosto lo sfondo esistenziale, funziona da controprova biologica e specchio reattivo per i sentimenti del protagonista". La critica"Il tono che domina tutto il racconto, e vogliamo dire soprattutto quando è in scena il protagonista, è un tono elegiaco, dove la rudezza dei caratteri e delle condizioni ambientali e la gentilezza dei sentimenti si temperano in una situazione realistica forse fino all'autobiografismo (un auto- biografismo, s'intende, tutto interiore) cui il consueto tono medio della lingua conferisce un'assoluta credibilità umana e artistica". "Attorno al motivo individuale della sofferenza del protagonista - magistralmente descritta da Cassola, in uno stile scarno ed essenziale, che rende questo racconto uno dei suoi testi migliori - se ne intreccia uno corale, che rap- presenta i taglialegna nel loro quotidiano, duro lavoro con la natura". "Nel Taglio del bosco, non meno che nella Visita, vige la poetica in base a cui nulla accade, veramente, che possa essere raccontato, e ogni sentimento, per quanto profondo e doloroso sia, in realtà è ineffabile". CinematografiaDa Il taglio del bosco è stato tratto un film per la televisione andato in onda il 19 settembre 1963, diretto da Vittorio Cottafavi e con l'attore Gian Maria Volonté nel ruolo principale. |
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