blogtecaolivelli
blog informazione e cultura della biblioteca Olivelli
TAG
TAG
Messaggi di Agosto 2022
Post n°3494 pubblicato il 26 Agosto 2022 da blogtecaolivelli
Fonte: Il Giorno Valle Brembana, rinascono le vie storiche: itinerari, cartine, sito web e app Bergamo, 25 agosto 2022 - Rinascono le vie storiche della Valle Brembana, nella Bergamasca. Si tratta di un progetto nato dalla collaborazione tra Comunita' Montana Valle Brembana e Visit Brembo e cofinanziato da Regione Lombardia. Valle Brembana, rinascono le vie storiche: itinerari, cartine, sito web e app© @MARCOSANTINI Quattro i sentieri interessati dall'iniziativa: la Via Priula, che in origine collegava la Pianura Padana con la Valtellina, la Valchiavenna e l'oltralpe; la Via Taverna, che, aggirando le gole del torrente Brembilla, per secoli ha reso possibili i collegamenti perenni con i territori della media e bassa Val Brembana e con i centri di Zogno e San Giovanni Bianco; la Via Del Ferro, che collegava la Val Brembana alla Valtellina e alla Valsassina attraverso una serie di valichi, tra cui il Passo San Marco e i Piani di Bobbio; e la Via Mercatorum, "antenata" della Via Priula, che metteva in comunicazione la citta' di Bergamo con le comunita' dei Grigioni e con il centro Europa. "Il progetto delle Vie storiche in Valle Brembana - ha spiegato Andrea Paleni, Assessore al Turismo e Cultura della Comunita' Montana Valle Brembana - si rivolge a escursionisti, biker e amanti della montagna, nazionali e internazionali, per sostenere la ripresa economica degli operatori turistici vallari e, piu' in generale, dell'area della Valle Brembana. La connessione in essere tra il capoluogo di Bergamo e l'area delle Valli costituisce infatti una preziosa occasione di promozione reciproca, anche in vista dell'evento Bergamo- Brescia Capitali della Cultura 2023, in quanto permette la riscoperta di antiche tradizioni e luoghi che hanno fatto la storia del popolo bergamasco". "Il progetto, - ha affermato Michele Pesenti, Presidente di VisitBrembo - di valorizzazione delle vie storiche consente di promuovere la Valle Brembana oltre i confini vallari e renderla attrattiva a una duplice tipologia di turismo, slow e active, per adattarsi e raggiungere piu' persone possibili. La riscoperta delle tradizioni della cultura locale lungo le vie storiche sara' dunque affiancata dalla realizzazione di esperienze dinamiche, principalmente in bicicletta". "Le valli bergamasche sono ricche di opportunita' tutte da scoprire e da vivere, tra cime, vallate, laghi, fiumi, torrenti e cascate, e ancora borghi e sapori, tra cui spiccano i nove formaggi DOP delle Cheese Valley - ha aggiunto Lara Magoni, Assessore al Turismo, Marketing Territoriale e Moda di Regione Lombardia - Sono orgogliosa che, anche con il contributo di Regione Lombardia, la Valle Brembana abbia intrapreso questo percorso di valorizzazione delle vie storiche". Ma questo costituisce solo il primo passo del progetto che vedrà, tra le molteplici azioni in programma, oltre alla fase di ricerca, raccolta dei materiali, mappatura e individuazione dei punti di interesse esistenti sulle quattro vie storiche individuate, la realizzazione di cartine, audioguide, sito e web app ufficiali, educational tour e arredo urbano comprensivo di Selfie Point dislocati sui territori toccati dalla rete di vie e la possibilità di noleggio di e-bike, supportata dall'installazione di apposite colonnine di ricarica nei Comuni aderenti. |
Post n°3493 pubblicato il 26 Agosto 2022 da blogtecaolivelli
In Cile un vino prodotto da una varietà di uve quasi estinta
webinfo@adnkronos.com (Web Info) - lunedì (Adnkronos) - Come spesso accade le grandi scoperte sono figlie del caso. Anche in questa occasione è proprio la fortuna ad averci messo lo zampino ed aver probabilmente salvato dalla definitiva estinzione una varietà di vite. Dodici anni fa, durante delle ordinarie operazioni di pulizia delle cantine a Viña Santa Carolina, in Cile, è saltata fuori una mappa della tenuta risalente a circa 150 anni prima su cui era evidenziato un particolare vigneto. In Cile un vino prodotto da una varietà di uve quasi estinta© Fornito da Adnkronos Andres Caballero - enologo capo di Santa Carolina - ha raccontato a The Drinks Business che, proprio quella cartina, li ha condotti nel luogo dove sono state rinvenute le piante di una tipologia di vite che, inizialmente, si credeva potesse essere Malbec, ma che le indagini scientifiche hanno identificato come Romano, una varietà quasi estinta. Le piante - che si stima abbiano un'età compresa tra 100 e i 110 anni - trovate a Colchagua incredibilmente in buone condizioni, sono state espiantate e riallocate più a sud nella zona di Cauquenes. Secondo gli studi condotti la varietà Romano, conosciuta anche come César, è originaria della zona di Chablis, nel dipartimento francese della Yonne. Le radici di questa pianta sono particolarmente resistenti, il che potrebbe spiegare il perché siano state impiantate in Cile e sopravvissute per così tanti anni. L'azienda cilena - il terzo produttore di vino del paese - ha selezionato un clone di Romano con il preciso intento di garantire la sua futura coltivazione ed espansione in Cile. Secondo Wine Grapes restano solo altri dieci ettari di Romano piantati a Irancy, in Borgogna, dove si produce un vino risultato di un blend con Pinot Noir. Questo mese, dopo oltre un decennio, il vino sarà finalmente pronto per il lancio e farà parte della gamma "El Pacto" di Santa Carolina distribuita nel Regno Unito al prezzo di 15-18 £, per sole 2.000 bottiglie. Caballaero ha descritto il vino come un rosso leggero, simile a un Pinot Noir, ma con tannini più marcati: "forse non ha la stessa eleganza di un Pinot, né è così raffinato, ma è autentico, onesto e un po' caotico, più simile a un Picasso che a un Monet. È un vino dirompente, con una grande personalità."Adnkronos Vendemmie. |
Post n°3492 pubblicato il 26 Agosto 2022 da blogtecaolivelli
libere risorse web Squali e riscaldamento degli oceani: ecco la specie che 'cammina' sulla terraferma Roma, 25 agosto 2022 Squali in fuga da cambiamenti climatici e caldo estremo... camminano sulla spiaggia. Alcuni esemplari di scultori oscellati, appartenenti alla specie Hemiscyllium ocellatum, hanno sviluppato la capacità di spostarsi sulla terraferma per sfuggire al riscaldamento dell'Oceano Pacifico. Questo comportamento, descritto sulla rivista Integrative and Comparative Biology, è stato analizzato dagli scienziati della Florida Atlantic University (FAU). Gli scultori oscellati, spiegano gli autori, possono crescere fino a un metro di lunghezza e ora stanno attraversando un percorso evolutivo in risposta ai cambiamenti climatici e alle alterazioni della temperatura nella barriera corallina dell'Oceano Pacifico. Il team, guidato da Marianne Porter, ha esaminato le dinamiche di spostamento degli squali e il modo in cui utilizzano le pinne, quantificando la cinematica del corpo assiale, la velocita', l'ampiezza e la frequenza del movimento della coda. "La letteratura scientifica - afferma Porter - suggerisce che questa specie abbia sviluppato degli adattamenti per sopportare alcune delle difficili circostanze per il XXI secolo. Gli squali oscellati sono stati osservati nelle acque al largo dell'Australia settentrionale e dell'Indonesia e si sono evoluti per utilizzare le loro quattro pinne laterali per spingersi sul fondo del mare". Squali e riscaldamento degli oceani: ecco la specie che 'cammina' sulla terraferma© SE Poligrafici(wc)|slowmotiongli|239fd9f695b182d7638fd236779a14db "Queste abilitàpotrebbero essere la chiave per la sopravvivenza degli animali - aggiunge l'autrice - ma possono anche essere correlati alle prestazioni fisiologiche. Gli squali oscellati sono in grado di spostarsi in ambienti caratterizzati da scarsi quantitativi di ossigeno". Stando a quanto emerge dall'indagine, non si riscontrano particolari differenze nella cinematica degli oscellati appena nati e adulti. "Questi dati - commentano gli autori - suggeriscono che la locomozione negli squali giovani non è influenzata dalla forma del corpo, dato che le meccaniche di movimento risultano simili indipendentemente dall'età dell'animale. Lo studio della locomozione degli squali ci consente di comprendere la capacità di questa specie di muoversi all'interno e all'esterno dei propri habitat". |
Post n°3491 pubblicato il 26 Agosto 2022 da blogtecaolivelli
Fonte:articolo della Stampa, libere risorse web Argentina, trovata in Patagonia giovane sepolta 880 anni fa in una canoaUn team di archeologi ha rinvenuto nella Patagonia nord-occidentale argentina una tomba preispanica in cui una giovane donna è stata sepolta in un 'wampo', ossia una canoa usata dagli indigeni mapuche per simboleggiare al momento della morte 'l'ultimo viaggio'. «Questa - assicura la pubblicazione scientifica online PLOS One - è la prima scoperta di una sepoltura in una canoa nella Patagonia argentina, e l'esempio più meridionale dell'intero continente». Inoltre, secondo gli archeologi cileni e argentini che hanno curato lo studio, si tratterebbe anche «della più antica datazione (880 anni fa) in Argentina di ceramiche della tradizione bicroma rosso su bianco usate come offerte funerarie». I lavori di scavo realizzati nel sito denominato Newen Antug, nella provincia di Neuquén, hanno portato al rinvenimento dei resti di tre corpi su due livelli. In quello superiore, che risale a 540-600 anni fa, gli scienziati hanno rinvenuto gli scheletri di un uomo e di una donna, accompagnati da tipiche offerte funerarie. Al livello più profondo hanno trovato invece i resti di una giovane donna all'interno del 'wampo', confermando un rito conosciuto dei mapuche, nell'antichità ma anche adesso, che è "una metafora del viaggio verso l'ultima dimora dei morti, situata oltre uno specchio d'acqua che deve essere attraversato su una barca". Infine il rinvenimento confuta l'idea che le sepolture nelle canoe potrebbero essere state utilizzate solo dopo la colonizzazione spagnola. I mapuche sono il più grande popolo indigeno del Cile. Vivono da quasi 1.000 anni nel centro e nel sud cileno, così come nel sud-ovest dell'Argentina |
Post n°3490 pubblicato il 20 Agosto 2022 da blogtecaolivelli
Paolo Valentino - Ieri 22:14 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO - Il 18 giugno 1815 le armate anglo-prussiane al comando del Duca di Wellington e del maresciallo Gebhard von Blücher trionfarono contro l'esercito di Napoleone nella piana di Waterloo, in Belgio, un massacro che vide la morte di almeno 20 mila soldati dell'una e dell'altra parte. Dello scontro che mise fine alle guerre napoleoniche si sa tutto. Generazioni di storici hanno studiato e rivelato tattiche, episodi, errori, fasi alterne della battaglia. Ma più di due secoli dopo un solo, grande mistero è rimasto irrisolto: che fine hanno fatto i cadaveri dei caduti, nonché le carcasse delle migliaia di cavalli uccisi con loro, di cui non è mai stata trovata traccia. Soltanto un mese fa, per la prima volta, gli scheletri di un soldato inglese e di un cavallo sono stati portati alla luce da una squadra di archeologi sul sito della battaglia. Ma nulla di più. A risolvere l'enigma viene ora lo studio di due autorevoli storici, il belga Bernard Wilkin e il tedesco Robin Schäfer, che insieme all'archeologo britannico Tony Pollard hanno documentato: le ossa dei morti di Waterloo usate in modo massiccio dall'industria saccarifera belga come filtri per raffinare e sbiancare lo zucchero. Secondo gli studiosi, una parte delle ossa venne anche trasformata in fertilizzanti. La ricerca, che verrà pubblicata in settembre ma i cui risultati sono stati anticipati dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung e dal Daily Mail, si appoggia su decine di documenti dell'epoca fin qui inaccessibili e tratti da archivi francesi, belgi e tedeschi, fra cui articoli di giornale, ordinanze amministrative, lettere e testimonianze scritte. «Abbiamo trovato la risposta a una domanda vecchia di oltre duecento anni», spiega Wilkin, secondo il quale si tratta della scoperta più interessante mai fatta su Waterloo. Avviata nel 1833, la coltivazione della barbabietola nell'area della battaglia fu subito seguita dalla costruzione di due grandi impianti per la produzione dello zucchero. L'anno dopo in Belgio venne liberalizzato ed esplose il commercio di ossa animali, che macinate e carbonizzate erano considerate molto più efficaci come filtro per raffinare e sbiancare il prodotto grezzo. Ma il campo di battaglia di Waterloo era occasione troppo ghiotta per gli industriali per limitarsi ai resti delle bestie. Così, iniziò la dissacrazione delle fosse comuni scavate dopo lo scontro. Molti giornali non esitarono a denunciare la pratica scandalosa: «I contadini di Waterloo arrossiscono provando vergogna e disgusto, quando vedono gli speculatori vendere nobili resti sparsi sul campo di battaglia per trasformarli in carbone osseo», scriveva La Presse in uno degli articoli citati dallo studio. Nel 1835 il quotidiano L'Independent notava: «Gli industriali hanno ottenuto il permesso di togliere i morti dalla terra dell'onore, per mutare in carbone le ossa degli eroi. Basta questo a caratterizzare un'epoca». Scrivendo sul Prager Tagesblatt, un viaggiatore tedesco che aveva visitato i luoghi, ironizzava: «Usare il miele come dolcificante vi eviterà il rischio di sciogliere i resti di vostro bisnonno nel caffè». Un'altra testimonianza citata dalla ricerca è quella di Karl von Leonhard, celebre archeologo tedesco, che racconta in una lettera di aver visto nel 1840 fosse aperte piene di scheletri umani e animali, mentre venivano vuotate. Uno di quelli che scavavano gli vantò il valore in denaro delle ossa dei granatieri che «pesavano quanto quelle dei cavalli». Né valsero a molto i blandi tentativi di fermare la pratica sacrilega. Venne infatti largamente ignorato il decreto con cui nel 1834 il sindaco di Braine-l'Alleud, uno dei comuni dell'area della battaglia, dichiarava illegali gli scavi per raccogliere le ossa, con pene fino a un anno di carcere e 200 franchi di multa. Lo scempio continuò per molto tempo ancora. Lo studio parla di quasi 2 mila tonnellate di ossa umane e animali dissotterrate dal campo di Waterloo e vendute all'industria saccarifera. La fabbrica chiuse nel 1860. L'industria dello zucchero in Belgio finì quando non ci furono più ossa da scavare. Per questo, gli archeologi non hanno mai trovato nulla dei resti dei morti della battaglia. Dulce et decorum est pro patria mori, è dolce e dignitoso morire per la patria, diceva Orazio. Nel caso di Waterloo, il primo aggettivo fu preso (anche troppo) alla lettera. Il secondo venne calpestato. |
AREA PERSONALE
MENU
CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.