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Messaggi del 15/03/2020
Post n°2587 pubblicato il 15 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet HOMETERRAGEOLOGIA E STORIA DELLA TERRA Impatto di asteroide 2,2 miliardi di anni fa può aver contribuito al disgelo della Terra 27 Agosto 2019 Geologia e storia della Terra, Top news Un gruppo di ricercatori, guidato dal geocronologo Timmons Erickson del Johnson Space Center, ha analizzato il cratere Yarrabubba, un cratere da impatto che si trova nell'area occidentale dell'Australia. Analizzando le rocce, i ricercatori hanno dimostrato che si tratta di un cratere provocato dall'impatto di un asteroide avvenuto 2,229 miliardi di anni fa. Si tratta di un periodo che coincide con la fine di una profonda fase di congelamento del pianeta nota come "Terra a palla di neve". Erickson e colleghi del team non credono sia un collegamento casuale: lo stesso impatto dell'asteroide avrebbe potuto aiutare la Terra a scongelarsi. L'impatto avrebbe vaporizzato le spesse lastre di ghiaccio presenti sulla superficie terrestre e avrebbe contribuito a diffondere vapore relativamente caldo nella stratosfera. Ciò avrebbe causato, a sua volta, un potente effetto serra e quindi il disgelo dell'intero globo. "La coincidenza temporale è sorprendente", riferisce Eva Stüeken, geobiologa dell'Università di St. Andrews, in un intervento sul sito di Science riguardo a questa teoria. La stessa ricercatrice però mostra qualche dubbio. Il cratere da impatto di Yarrabubba è largo meno di 1/3 di quello lasciato dall'asteroide che fece estinguere i dinosauri 66 milioni di anni fa. La ricercatrice, dunque, crede che l'impatto di Yarrabubba non avrebbe potuto avere una conseguenza così profonda a livello globale Erickson e colleghi credono comunque che l'impatto di Yarrabubba abbia avuto un qualche ruolo nel disgelo globale. Magari è stato d'aiuto agendo insieme alle supposte eruzioni vulcaniche che si crede abbiano causato l'immissione dell'anidride carbonica nell'aria procurando un riscaldamento globale del pianeta e quindi il suo disgelo. Proprio per questo hanno creato un modello al computer dell'impatto di un asteroide largo 7 km che colpisce una calotta glaciale con uno spessore tra 2 e 5 km. La simulazione mostrava che l'impatto può provocare la diffusione di polvere per migliaia di chilometri, rendendo più scuro il ghiaccio e dunque migliorando la sua capacità di assorbire il calore. tonnellate di vapore nella stratosfera, cosa che avrebbe aiutato l'atmosfera ad intrappolare il calore. |
Post n°2586 pubblicato il 15 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
ARTICOLO RIPORTATO DALL'INTERNET NOTIZIE SCIENTIFICHE HOMEBIOLOGIAGENETICA E BIOLOGIA Nuovi modi con i quali il corpo si difende dall'alcol scoperti da scienziati 6 Marzo 2020 Genetica e biologia cellulare/molecolare Un nuovo modo tramite il quale il corpo umano riesce a riparare i danni al DNA causati dall'alcol è stato scoperto da un team di ricercatori dell'Istituto Hubrecht (KNAW) di Utrecht, Paesi Bassi, e del Laboratorio di Biologia Molecolare MRC di Cambridge, Regno Unito. Nello studio, pubblicato su Nature, vengono descritte le tecniche di difesa delle cellule nei confronti dell'alcol. L'alcol, infatti, nel momento in cui viene metabolizzato dal corpo, forma una sostanza denominata acetaldeide. Quest'ultima è pericolosa per il DNA e ostacola la divisione cellulare nonché la produzione delle proteine. Danni del genere portano alla morte cellulare e, lungo termine, anche al cancro. La prima difesa contro i danni causati dall'acetaldeide da parte delle cellule risiede nell'enzima ALDH2 che scompone l'acetaldeide prima che cominci a fare danni. Tuttavia non tutte le persone dispongono della funzionalità di questo enzima: all'incirca metà della popolazione asiatica, più di 2 miliardi di persone nel mondo, è infatti caratterizzata da una mutazione genetica in questo enzima e quindi non sono in grado di scomporre l'acetaldeide. In questo studio gli scienziati si sono concentrati sulla seconda linea di difesa contro i danni apportati dall'acetaldeide, dei meccanismi che rimuovono il danno del DNA una volta che il danno stesso è stato apportato. Le scoperte sono state effettuate da ricercatori analizzando gli estratti proteici ricavati dalle uova della rana Xenopus laevis. I ricercatori hanno scoperto due meccanismi che riparano il danno: il percorso dell'anemia di Fanconi (FA), già noto, e un nuovo percorso più veloce. correlati all'alcol, come lascia intendere Puck Knipscheer, uno degli autori dello studio. |
Post n°2585 pubblicato il 15 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
fonte: articolo di info sceintifica riportato dall'Internet. NOTIZIE SCIENTIFICHE HOMEBIOLOGIAGENETICA E BIOLOGIA Scienziati scoprono che proteina che difende da infezioni regola anche funzione di mitocondri 3 Marzo 2020 Genetica e biologia cellulare/molecolareCellule normali con mitocondri tubulari (rosso) e DNA (verde) nel nucleo e all'interno dei mitocondri (a sinistra). A destra MxB è stata rimossa con metodi genetici e ciò lascia in mitocondri frammentati (rosso) con il suo genoma spostato nel citoplasma (credito: newsnetwork.mayoclinic.org) Secondo un nuovo studio apparso su Nature Communications, una proteina, già nota perché aiuta le cellule a difendersi dai virus, facente parte di un gruppo di proteine resistenti al mixovirus (myxovirus-resistance, Mx), può anche regolare la forma e la funzione dei mitocondri, sezione delle cellule che contengono il materiale genetico detto "DNA mitocondriale": è questa la scoperta effettuata da un team di ricercatori della Mayo Clinic. Questa proteina è di supporto alle cellule per contrastare le infezioni senza l'utilizzo di anticorpi o globuli bianchi. Secondo gli autori, una di queste proteine, MxB, associata alle risposte immunitarie all'HIV e al virus dell'herpes, può essere considerata come la chiave del supporto mitocondriale. I ricercatori si sono accorti che le MxB si trovano nella maggior parte dei tessuti immunitari, ad esempio le tonsille, prima di un "allarme rosso". Senza questa proteina, i mitocondri non riescono più ad essere funzionali, non producono più l'energia necessaria ed espellono il genoma del DNA rigettandolo nel citoplasma. Mark McNiven, biologo e autore segno dello studio, così spiega i risultati: "Il nostro lavoro fornisce nuove intuizioni su come questa dinamica proteina MxB aiuta a combattere le infezioni virali, che potrebbero avere importanti implicazioni per la salute in futuro". "Siamo rimasti sorpresi di vedere MxB presente e dentro i mitocondri", dichiara Hong Cao, ricercatore della Mayo Clinic e primo autore. "Che sia indotto in risposta all'infezione e vitale per l'integrità mitocondriale è eccitante, considerando che l'HIV e l'herpes alterano i mitocondri durante l'infezione." |
Post n°2584 pubblicato il 15 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Cellule immunitarie si "consultano" tra loro prima di intervenire 13 Febbraio 2020 Genetica e biologia cellulare/molecolareLe cellule immunitarie si riuniscono e si coordinano tra loro per decidere come intervenire (credito: Northwestern University) Le cellule del sistema immunitario umano consultano le cellule vicine prima di prendere una decisione in relazione alla reazione più fruttuosa da mettere in atto: è questa la scoperta effettuata da un gruppo di ricercatori della Northwestern University e della University of Washington. Quest'ultimi hanno scoperto che quando le stesse cellule immunitarie arrivano sul punto dell'infezione cominciano a "contare" le cellule vicine prima di innescare una reazione immunitaria. Questa scoperta potrebbe essere di utilità per nuove terapie onde curare tutte le malattie autoimmuni croniche o anche per disabilitare o cambiare il tipo di reazione dello stesso sistema immunitario nel caso del cancro. Come spiega Joshua Leonard, ricercatore della Northwestern, si tratta di un aspetto che non era stato mai riconosciuto prima per quanto riguarda la funzione immunitaria: "Le cellule prendono una decisione coordinata. Non si attivano in modo uniforme, ma decidono collettivamente quante cellule si attiveranno, in modo che insieme il sistema possa respingere una minaccia senza reagire in modo pericoloso". D'altronde le risposte immunitarie sono basilari e possono decretare anche la vita e la morte di un individuo se la stessa risposta risulta eccessiva oppure non sufficiente. In particolare se risulta eccessiva si può morire per shock settico, Ad esempio nel corso di un'infezione batterica, mentre se non è sufficiente si muore perché la stessa infezione può diffondersi a campo libero sempre di più. Si tratta di un equilibrio importantissimo che è alla base della vita stessa. I ricercatori hanno analizzato soprattutto come i macrofagi, un tipo di cellula immunitaria considerabile come "prima linea" di difesa contro infezioni e malattie, rispondono alle sostanze chimiche prodotte dai batteri. Si sono poi rivolti ai computer per creare modelli computazionali onde spiegare le stesse osservazioni. "Nel corso del tempo, le cellule osservano l'ambiente circostante per avere un'idea dei vicini", rivela Joseph Muldoon, altro ricercatore impegnato nello studio. "Ogni cellula diventa pronta a rispondere come alto attivatore o meno. Ora che sappiamo che esiste questo livello aggiuntivo che controlla il sistema immunitario, si apre un'intera strada per studiare se ci sono nuovi obiettivi per l'immunomodulazione". |
Post n°2583 pubblicato il 15 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'internet. Acqua comparsa sulla Terra più tardi di quanto pensato: vita formatasi subito? 12 Marzo 2020 Geologia e storia della Terra, Top news
La maggior dell'acqua che ha formato gli oceani della Terra nonché degli elementi essenziali per la vita, come carbonio e azoto, sono comparsi quando la formazione del pianeta era quasi completa, dunque molto più tardi di quanto teorizzato in precedenza. È quanto suggerisce un nuovo studio apparso su Nature che dunque entra in contrasto con passate indagini geologiche e studi secondo i quali questi elementi, essenziali per l'acqua, e dunque anche per la vita, si trovavano già sul pianeta all'inizio della formazione. Fischer-Gödde spiega il metodo di studio: i ricercatori hanno analizzato alcune tra le rocce più antiche del mantello tra quelle rimaste conservate, analisi che permettono di scrutare la storia più antica della Terra: "Abbiamo confrontato la composizione del più antico, circa 3,8 miliardi di anni fa, delle rocce del mantello dell'Egeo Archeano con la composizione degli asteroidi da cui si sono formati e con la composizione del mantello terrestre oggi." I ricercatori hanno analizzato in particolare l'abbondanza degli isotopi di un metallo appartenente al gruppo del platino denominato rutenio nel mantello terrestre del periodo dell'archeano. Questo raro metallo può essere considerato come l'indicatore della fase di crescita tardiva della Terra come spiega Mario Fischer-Gödde dell'Istituto di geologia e mineralogia dell'Università di Colonia: "I metalli del [gruppo del] platino come il rutenio hanno una tendenza estremamente elevata a combinarsi con il ferro. Pertanto, quando si è formata la Terra, il rutenio deve essere stato completamente scaricato nel nucleo metallico della Terra". Le conclusioni di questo studio dunque rafforzano una teoria secondo la quale l'acqua sulla Terra è arrivata tramite gli impatti, numerosi nei primi periodi dopo la formazione della Terra, di asteroidi e comete, come spiega Carsten Münker, ricercatore dell'Università di Colonia partecipato allo studio: "Il fatto che stiamo ancora trovando tracce di metalli rari del platino nel mantello terrestre significa che possiamo supporre che siano stati aggiunti solo dopo che la formazione del nucleo è stata completata e che furono certamente il risultato di successive collisioni della Terra con asteroidi o planetesimi più piccoli". E dato che è stato dimostrato, da altri studi, che la vita sulla Terra è antichissima e che le prime forme di vita sono apparse non molto tempo dopo la forma- zione del pianeta, ne conviene che la vita sulla Terra è iniziata in maniera sorprendentemente rapida, praticamente nel giro di poche centinaia di milioni di anni a seguito della formazione dei primi oceani. Si tratta di conclusioni che, tra le altre cose, infondono una speranza ben maggiore di trovare la vita su altri pianeti: se la vita è iniziata qui sulla Terra in maniera così rapida, allora forse quelle reazioni casuali che l'hanno originata potrebbero non essere così rare come congetturato in precedenza. Approfondimenti |
Post n°2582 pubblicato il 15 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Terra era completamente ricoperta dai mari 3,2 miliardi di anni fa secondo nuove analisi HOMETERRAGEOLOGIA E STORIA DELLA TERRA 4 Marzo 2020 Geologia e storia della Terra, Top news La Terra era un mondo d'acqua, era ricoperta da un unico oceano globale senza o con pochissima terraferma, circa 3,2 miliardi di anni fa: è questa l'interessante conclusione a cui è giunto un team di ricercatori dell'Università Statale dell'Iowa. risalente proprio a questo periodo della storia della Terra, presente in Australia ed hanno realizzato un modello il quale che indica che, in questo lontano periodo, la Terra primordiale aveva tutti i suoi continenti sommersi. Si tratta di un approccio che potrebbe avere conseguenze importanti anche per quanto riguarda l'origine della vita sulla terra. Se questa condizione era infatti presente anche quando è nata la vita sulla terra, la stessa origine della vita dovrebbe essere rivalutata e alcuni dei modelli oggi più accettati potrebbero essere messi da parte. "Senza continenti e terre al di sopra del livello del mare, l'unico posto in cui i primi ecosistemi si sarebbero evoluti sarebbe stato nell'oceano", riferiscono i ricercatori. I pezzi di crosta oceanica analizzata dei ricercatori risalgono all'eone Archeano, un periodo della Terra compreso tra 4 e 2,5 miliardi di anni fa. ha analizzato gli isotopi di ossigeno di queste rocce e i valori di temperatura che ha trovato suggeriscono che l'acqua del mare in questo antico periodo era arricchita con circa 4 parti per mille in più, rispetto all'acqua dei mari odierni, di un pesante isotopo dell'ossigeno. Scoprendo che il rapporto tra due diversi isotopi dell'ossigeno intrappolati nelle rocce era molto diverso 3,24 miliardi di anni fa, i ricercatori sono giunti alla fusione che mancavano continenti emersi. assorbe gli isotopi di ossigeno più pesanti dall'acqua, cosa che non sembra avvenisse in quel lontano periodo. Secondo i geologi cioè può essere spiegato nel fatto che non c'era abbastanza terraferma per risucchiare questi isotopi. Ciò non significa che non ci fosse alcuna zona di terraferma in tutto il mondo. Potrebbero esserci stati, in questo periodo, per esempio, dei microcontinenti, la cui estensione però non era sufficiente per l'assorbimento degli isotopi pesanti dell'ossigeno dai mari come quello che avviene oggi. La domanda allora sorge spontanea: quando l'azione della tettonica terrestre ha fatto emergere i primi veri continenti? Domanda interessante qui stessi ricercatori si ripromettono ditentare di rispondere attraverso nuove analisi di vecchie croste oceaniche in altre aree del mondo. |
Post n°2581 pubblicato il 15 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Source: article from Science Oxygen from ancient life may have led to Snowball Earth (artist's concept). Did an impact help it thaw? CHRIS BUTLER/SCIENCE SOURCE Shock and thaw? Earth's oldest asteroid impact may have helped lift the planet out of a deep freeze By Eric HandAug. 27, 2019 , 4:35 PM BARCELONA, SPAIN-Barlangi Rock, an ancient hill in the outback of Western Australia, is dimpled by the quarries of Aboriginal people who chiseled its fine-grained rocks into sharp tools. Now, geologists have added a much deeper layer of history to those rocks by showing they were forged 2.229 billion years ago, when an asteroid crashed into our planet. The finding makes Yarrabubba crater, the 70-kilometer-wide scar left by the collision, Earth's oldest. The geologists who reported the date last week, here at the Goldschmidt geochemistry conference, also point out a conspicuous coincidence: The impact came at the tail end of a planetwide deep freeze known as Snowball Earth. They say the impact may have helped thaw Earth by vaporizing thick ice sheets and lofting steam into the stratosphere, creating a po werful greenhouse effect. "It's intriguing to think what a moderate to large impact event could do in this time period," says Timmons Erickson, a geochronologist at NASA's Johnson Space Center in Houston, Texas, who led the study. "The temporal coincidence is striking," agrees Eva Stüeken, a geobiologist at the University of St. Andrews in the United Kingdom. But she and other researchers are skeptical that Yarrabubba-which is just one-third the size of the crater left by the dinosaur-killing impact 66 million years ago-could have had such a profound effect on the climate. Still, Stüeken says, paleoclimate studies should consider the possible role of such violent collisions. "It forces us to think more about these impacts and these potential feedbacks." SIGN UP FOR OUR DAILY NEWSLETTER Get more great content like this delivered right to you! Earth likes to cover its tracks. Erosion from wind and water, as well as the churn of plate tectonics, mean impact craters are scarcer the further one goes back in time-even though the cratered surfaces of the moon and Mars show impacts were actually more common in the tumultuous early solar system. Prior to the dating of Yarrabubba crater, the oldest known impact was the Vredefort Dome, a 2.02-billion-year-old feature in South Africa that, at 300 kilometers wide, is the world's largest. Western Australia is a good place to look for old craters because it contains the Yilgarn Craton, one of Earth's oldest surviving pieces of crust. In 2001, a magnetic survey near Yarrabubba revealed circular features in the bedrock, although no crater rim can be seen at the surface. And when Francis Macdonald, a geologist at the University of California (UC), Santa Barbara, took a close look at rocks from the region, he found the signatures of an impact's shock: microscopic planar patterns in mineral crystals and shatter cones, horsetail fracture patterns up to 1 meter long. Some of the melted and recrystallized rocks from beneath the crater- including Barlangi Rock-had also survived. "We're looking at the roots of it," Macdonald says. In a 2003 discovery paper, he and his colleagues named the crater after the local sheep shearing station. They knew the impact was ancient, but could not give it a firm date. Breaking the ice Yarrabubba crater is in the Yilgarn Craton, an ancient piece of crust. Dust and steam from the impact may have helped end a global ice age, researchers suggest.
A. CUADRA/SCIENCE In 2014, Erickson saw an opportunity while on his way to field work elsewhere in Western Australia. He camped near Barlangi Rock and crisscrossed the hill with a sledgehammer, filling a backpack with a dozen chunks of rock. In a laboratory tub, he zapped the rocks with 100,000 volts of electricity, breaking them up into their component minerals without damaging delicate textures. Next, Erickson had to sift for crystals suitable for dating. Like a gold prospector, he used pans to float off less dense quartz and feldspar, and he extracted other unwanted minerals with a magnet. Finally, with tweezers and a microscope, he picked out several hundred grains of zircon and monazite , each smaller than the width of a human hair. "You need a good podcast or music when you're doing that," he says. He wanted crystals with rims that had melted and recrystallized, an assurance that the impact had eset a clock in which small amounts of radioactive uranium, trapped within the crystal, decay into lead. He mounted some of the best crystals in epoxy, polished them down to a fresh face, and vaporized spots on the rims with an ion beam. A mass spectrometer measured the abundance of uranium and lead in the vapor; from the proportions and the known half-life of the uranium, he and his colleagues could calculate an age. They ended up with a date of 2.229 billion years old, plus or minus 5 million years. That puts the impact at a turbulent time in Earth's history. Life had existed for more than 1 billion years, but photosynthetic life-cyanobacteria living in shallow waters-was a recent evolutionary invention, one that triggered a sharp rise in atmospheric oxygen about 2.4 billion years ago. Previously, high levels of methane in the atmosphere had generated a greenhouse effect that warmed the planet. But many scientists think the methane was destroyed by chemical reactions with Earth's first ozone, produced when ultraviolet light from the sun struck the oxygen molecules. They suspect loss of methane sent Earth crashing into a set of severe and long-lived ice ages, even at low latitudes. Three or maybe four of these icy episodes took place between 2.45 billion and 2.22 billion years ago, which means Australia might have been covered in ice at the time of the Yarrab ubba impact. Scientists have assumed that volcanic eruptions ended the ice ages, by belching carbon dioxide and warming the planet. But Erickson and his colleagues speculate that Yarrabubba could have helped. They modeled the effect of a 7-kilometer-wide asteroid striking an ice sheet between 2 and 5 kilometers thick. They found the impact could have spread dust thousands of kilometers, darkening ice and enhancing its ability to absorb heat. It also would have sent half a trillion tons of steam into the stratosphere-orders of magnitude more water vapor than in today's stratosphere- where it would have trapped heat. Andrey Bekker, a geologist at UC Riverside, doubts that the water vapor would have persisted for the centuries needed to thaw Earth. "I'm not convinced that by itself it could do this job ," he says. Christian Koeberl, an impact expert and the director general of the Natural History Museum in Vienna, shares those doubts, but says paleoclimate researchers need to model the efects explicitly. If the Yarrabubba impact did thaw the planet, allowing life to reclaim icy continents and oceans, it wouldn't be the first example of life benefiting from a cosmic blow, Koeberl says. Although the public tends to associate impacts with extinctions, he notes that impacts 4 billion years ago could have jump-started life. Asteroids delivered phosphorus, a key nutrient, and the impacts also created the protected, energy-rich hydrothermal systems where some biologists believe life began. "Impacts can be bringers of life, impacts can be destroyers of life," he says. Posted in: doi:10.1126/science.aaz2892 |
Post n°2580 pubblicato il 15 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Minerals near deep-sea hydrothermal vents promote the formation of energy-rich organic molecules that life needed to get its start. Was this life's first meal? By Robert F. ServiceMar. 2, 2020 , 12:30 PM Studies of the origin of life are replete with paradoxes. Take this doozy: Every known organism on Earth uses a suite of proteins-and the DNA that helps build it-to construct the building blocks of our cells. But those very building blocks are also needed to make DNA and proteins. The solution to this chicken-and-egg conundrum may lie at the site of hydrothermal vents, fissures in the sea floor that spew hot water and a wealth of other chemicals, researchers report today. Scientists say they have found that a trio of metal compounds abundant around the vents can cause hydrogen gas and carbon dioxide (CO2) to react to form a collection of energy-rich organic compounds critical to cell growth. And the high temperatures and pressures around the vents themselves may have jump-started life on Earth, the team argues. The new work is "thrilling," says Thomas Carell, an origin of life chemist at Ludwig Maximilian University of Munich who was not affiliated with the new project. The organic molecules the study generated include formate, acetate, and pyruvate, which Carell calls "the most fundamental molecules of energy metabolism," the process of converting nutrients into cell growth. The new results support a long-held idea about the origin of life known as "metabolism first hypothesis. " It posits that geochemical processes on early Earth created a stew of simple energy-rich compounds that drove the synthesis of complex molecules, which eventually provided the materials for Darwinian evolution and life.
SIGN UP FOR OUR DAILY NEWSLETTER Get more great content like this delivered right to you! A clue to this primordial metabolism came in 2016. Researchers led by William Martin, an evolutionary biologist at Heinrich Heine University of Dusseldorf, scanned the genomes of thousands of bacteria and archaea, identifying 355 proteins encoded by shared genes that likely belonged to a microbial Eve, the last universal common ancestor of all life. Those proteins suggest this primordial microbe thrived in scalding temperatures and ate hydrogen gas, using its electrons to convert inorganic CO2 dissolved in the ocean into energy-rich organic compounds. That supports the notion that the microbes lived near hydrothermal vents, where those conditions would have been present. That idea is bolstered by the fact that modern organisms still combine hydrogen and CO2 to make organic molecules in a process known as the acetyl-coenzyme A (acetyl-CoA) pathway. This process feeds essential organic molecules into biochemical processes that drive the production of proteins, carbohydrates, and lipids, which is at the heart of energy metabolism in cells. The problem, however, is that modern organisms run the acetyl-CoA pathway using 11 enzymes made up of a combined 15,000 amino acids, all finely positioned to carry out their work. And without the right protein machinery or catalyst, if you put hydrogen and CO2 together, Martin says, "Nothing will happen." So how could organisms have spontaneously developed their prowess to run the acetyl-CoA pathway? Two years ago, researchers led by Joseph Moran, a chemist at the University of Strasbourg, suggested at least a partial answer. They reported that pure metals, including iron, nickel, and cobalt, could catalyze the reaction of water (water molecules contain hydrogen) and CO2 to form acetate and pyruvate, key members of the acetyl-CoA pathway. That finding suggests the earliest life could have simply fed on these organic compounds to get a toehold, and over time evolved a suite of proteins to make the reactions even more efficient. Still, Martin notes, converting water and CO2 into needed organics isn't how microbial Eve's most closely related modern brethren do it. Rather, these organisms start with hydrogen gas and CO2. "We wanted to see if we could get this pathway to work without enzymes," Martin says. He and his colleagues knew hydrothermal vents continually spew out hydrogen gas, driven by reactions between water and metals deep below Earth's crust. And researchers previously determined that CO2 in early Earth's oceans was about 1000 times more abundant than it is today. So, Martin wondered whether metal-rich minerals common around hydrothermal vents could cause hydrogen to react with CO2. To find out, Martin's and Moran's teams joined forces to investigate three iron-rich minerals found near vents: greigite, magnetite, and awaruite. They added these to a water solution and bubbled in hydrogen and CO2 at 100°C and 25 bars of pressure, conditions common around deep-sea vents. All three minerals catalyzed a reaction of hydrogen and CO2 to form a mix of organics including formate, acetate, and pyruvate, the group reports today in Nature Ecology & Evolution. "What we have here is a sustained source of chemical energy, and it generates these energy- rich molecules used in metabolism," Martin says. So, was this mix of organics life's first meal? It's a fair bet, says Steven Benner, a chemist at the Foundation for Applied Molecular Evolution. For evolution to begin, life would have needed both a food source and some form of protogenetic molecule to transmit information from one organism to its progeny. How they came together is still unclear. However, any early Darwinian system would need to feed. And, Benner says: "The process described by [Martin's and Moran's team] could certainly h ave been the source of some of their food." Posted in: doi:10.1126/science.abb5418 Bob is a news reporter for Science in Portland, Oregon, covering chemistry, materials science, and energy stories. |
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