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Messaggi di Novembre 2020

Le proprietà terapeutiche dell'aglio.

Post n°3316 pubblicato il 27 Novembre 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Salute: ecco come l'aglio

combatte il cancro

SALUTE Angelo Petrone 

20:02 18 Dicembre 2017

L'aglio combinato con il fluoro può contrastare

la formazione di coaguli nel sangue e persino il cancro.

A rivelarlo un team di ricercatori dell'Università di

Albany a New York, che hanno condotto esperimenti

sulle uova di gallina. 

Il composto combatte il processo che permette la

 formazione di vasi sanguigni nella massa tumorale.

 E' dimostrato, inoltre, come possieda anche un'azione

antitrombotica, riducendo la formazione di coaguli

nel sangue.

Già ma perché si è deciso di combinare proprioaglio

e fluoro?

Salute: ecco come l'aglio combatte il cancro

L'aglio è conosciuto da secoli per le sue proprietà

terapeutiche, mentre il fluoro è l'ingrediente base di

svariati farmaci di ultima generazione, merito dell'elevata

reattività.

I ricercatori hanno modificato vari composti estratti

dall'aglio, in modo da unire i due elementi, sostituendo

gli atomi di idrogeno con quelli di fluoro.

Una volta somministrati sugli embrioni di pollo, sono

subito emersi i risultati benefici appena descritti.

Un avvenimento importante se si pensa che questo

risultato sarà determinante per sviluppare nuovi farmaci 

mirati alla cura del cancro, della trombosi e di altre malattie.

 
 
 

Asteroide 2020VT4.

Post n°3315 pubblicato il 27 Novembre 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Asteroide 2020 VT4 batte record di avvicinamento alla

Terra e ce ne siamo accorti solo il giorno dopo

Un asteroide con un diametro compreso tra 5 e

10 metri, le dimensioni di una piccola casa, ha

letteralmente sfiorato la Terra venerdì scorso

avvicinandosi alla superficie del nostro pianeta ad

una distanza di circa 400 km sopra il Pacifico

meridionale.
Si tratta della stessa distanza media alla quale

orbita la stazione spaziale internazionale.

Questa roccia spaziale, denominata 2020 VT4 e

conosciuta anche come A10sHcN, è stata scoperta

grazie all'Asteroid Terrestrial-impact Last Alert

System (ATLAS) del Mauna Loa Observatory

alle Hawaii.

Asteroide 2020 VT4

scoperto solo 15 ore

dopo avvicinamento

La scoperta, secondo quanto rileva Universe Today, è

avvenuta nella mattinata del 14 novembre, circa 15 ore

dopo l'avvicinamento massimo.

Non si tratta di un evento raro: molto spesso asteroidi

così veloci vengono individuati solo dopo il punto di

avvicinamento massimo, cosa che tra l'altro fa

comprendere quanto il pericolo che uno di essi possa

superare la nostra atmosfera e colpire la superficie della

Terra senza alcun avvertimento sia reale.

Si tratta, secondo quanto riferisce il sito, di un record

per quanto riguarda l'avvicinamento di asteroidi non

meteoritici alla superficie terrestre.

Il record tra l'altro era già stato battuto una volta

quest'anno quando l'asteroide 2020 QG si era avvicinato

a circa 3000 km di distanza il 16 agosto.

Poche centinaia di km sopra l'acqua dello oceano

Pacifico meridionale

Secondo quanto riferisce l'astronomo dilettante Tony

Dunn su Twitter, questo asteroide appena scoperto

si è avvicinato a poche centinaia di km sopra l'acqua

dello oceano Pacifico meridionale, avvicinamento

che ha accorciato la sua orbita.

Questo vuol dire che questo asteroide effettuerà altri

avvicinamenti, ancora più frequenti, in futuro.
Questo avvicinamento, infatti, ha alterato l'orbita di

2020 VT4: da un'orbita di 549 giorni intorno al Sole

inclinata di 13° rispetto alla critica, l'asteroide è passato

ad un'orbita di 315 giorni inclinata di 10,2 gradi rispetto

all'eclittica.

Asteroide Aten

Ciò, tra l'altro, cambia anche la classificazione dell'asteroide:

da un asteroide Apollo NEO (near-Earth object) è ora

classificabile come un asteroide Aten.

Un asteroide Aten molto conosciuto è Apofi, un grosso

pezzo di roccia che salì alle cronache nel 2004 in quanto

inizialmente fu ritenuto pericoloso per la Terra.

Eventuali testimoni avrebbero potuto vederlo

Si è trattato di un avvicinamento, quello di 2020 VT4, che

probabilmente avrebbe potuto permettere ad un eventuale

osservatore, posto proprio in quell'area in mezzo all'oceano,

un'osservazione diretta nel momento dell'avvicinamento

massimo, che si è verificato alle ore 17:20 (UT) di venerdì

13 novembre, molto al largo delle isole Pitcairn.

Ma, molto evidentemente, non c'erano testimoni.

Se ci fossero stati, avrebbero visto un piccolo puntino luminoso,

molto veloce, spostarsi verso sud nel cielo.

 
 
 

Ultime notizie sulle galassie iperluminose.

Post n°3314 pubblicato il 27 Novembre 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet
Galassie iperluminose sono
più luminose e numerose
di quanto attuali teorie pos
sano spiegare

Esempio di una galassia iperluminosa.

In basso le immagini della stessa galassia

a diverse lunghezze d'onda.

All'infrarosso emettono una quantità di luminosità

che non può essere spiegata dalle attuali teorie (credito:

Istituto olandese per la ricerca spaziale, SRON)

Alcuni risultati interessanti raccolti da un team di

astronomi dell'istituto olandese SRON mostrano

che alcune galassie iperluminose sembrano più

luminose all'infrarosso di quanto il numero delle

stelle in esse contenute possa spiegare.

Nello studio, pubblicato su Astronomy & Astrophysics,

vengono analizzate soprattutto le galassie emerse

fino a 3 miliardi dopo il big bang, avvenuto all'incirca

13, 8 miliardi di anni fa.

Si tratta di galassie si formavano abbastanza rapidamente

e, grazie alla ricchezza di gas allora presenti, producevano

tantissime stelle e quindi erano massicce e "iperluminose",

con livelli di luminosità di 10 trilioni dei nostri soli.

Queste galassie iperluminose poi, con il passare del tempo,

anche perché le riserve di gas e si sono esaurite, sono

diventate sempre più rare.

Quelle che noi osserviamo oggi sono quelle che sono esistite

miliardi di anni fa.

Gli astronomi le hanno precedentemente osservate con il

telescopio spaziale ad infrarossi Herschel ma il team dello

SRON ha ora utilizzato il telescopio LOFAR.

Grazie alla risoluzione spaziale più elevata di quest'ultimo, s

ono riusciti a distinguere le galassie individualmente

confermando la stranezza delle osservazioni: ci sono molte

più galassie iperluminose rispetto a quanto possono spiegare

le attuali teorie della formazione delle galassie.

Questo vuole dire che bisogna cercare una diversa teoria per

spiegare la loro presenza durante quella che può essere

considerata come la prima età dell'universo.

"Sono alimentati dalla formazione stellare o dall'accrescimento

di buchi neri supermassicci? Se alimentati dalla formazione

stellare, le galassie a infrarossi iper-luminose formerebbero stelle

a poche migliaia di masse solari all'anno", spiega Lingyu Wang,

ricercatore dello SRON.

Secondo il ricercatore, visto che i modelli teorici attuali non

possono spiegare la presenza di queste galassie superluminose

con così tante stelle, la causa è forse da ricercare dall'attività

di accrescimento intorno al buco nero supermassiccio centrale.

Si tratta di un approccio teorico, però, che necessita di molte

altre osservazioni, osservazioni di certo non saranno facili visto

che riguardano oggetti che non emettono luce e che si trovano

miliardi di anni luce di distanza.

Di certo, però, i ricercatori non si arrendono; anzi intendono

eseguire nuovi studi utilizzando il telescopio ottico

dell'osservatorio Keck.

Grazie a quest'ultimo, infatti, potranno acquisire dati più

accurati sul redshift di queste galassie.

 
 
 

Ultime news in diretta da Marte.

Post n°3313 pubblicato il 27 Novembre 2020 da blogtecaolivelli

HOMESPAZIO E ASTRONOMIA

Marte, scienziati scoprono come acqua

evapora e si disperde nello spazio

 

Le quantità d'acqua presenti nell'atmosfera marziana

variano a seconda della stagione.

Durante l'estate e la primavera c'è più acqua a causa

delle temperature più alte e delle tempeste di polvere

(credito: University of Arizona/Shane Stone/NASA

Goddard/Dan Gallagher)

Una nuova scoperta che in parte spiega come l'acqua

abbia quasi del tutto abbandonato la superficie del

pianeta Marte è stata effettuata da un team di ricercatori

che hanno usato i dati raccolti dalla sonda Mars

Atmosphere and Volatile EvolutioN (MAVEN) della

NASA.
La sonda MAVEN fu lanciata nel novembre del 2013 e

raggiunse l'orbita di Marte nel settembre del 2014.

Da allora, durante la sua missione durata due anni, ha

studiato l'alta atmosfera e la ionosfera del pianeta rosso

nonché le modalità con le quali il vento solare allontana i

composti volatili dalla stessa atmosfera marziana.

Un processo che avviene nella zona alta dell'atmosfera

I ricercatori hanno infatti scoperto che il vapore acqueo

che si trova sulla superficie del pianeta viene indirizzato

più in alto nell'atmosfera e qui poi viene distrutto,

smembrato cioè nelle sue costituenti principali di idrogeno

e ossigeno, dalle particelle di gas caricate elettricamente

(ioni) e dunque definitivamente disperso nello spazio.

A dare man forte a questo processo ci sono anche i forti

venti provocati dalle tempeste di polvere e, d'estate, le

temperature più calde.

Un'evaporazione dell'acqua durata miliardi di anni

Secondo i ricercatori, comunque, questo fenomeno è uno

dei tanti che hanno portato alla scomparsa dell'acqua su

Marte ma probabilmente uno dei più importanti in quanto

ha contribuito a far perdere l'equivalente di un intero oceano

dalla profondità di centinaia di metri. Si tratta, in ogni caso,

di una evaporazione durata miliardi di anni e che, secondo

lo studio pubblicato su Science, è in parte in corso ancora

oggi.

Fenomeno che continua ancora oggi

Il vapore acqueo viene ancora oggi infatti trasportato ad

altitudini molto elevate, un'altezza alla quale subisce il s

uccitato effetto.

Gli stessi ricercatori, come spiega Shane W. Stone Lunar and

Planetary Laboratory dell'Università dell'Arizona a Tucson,

sono rimasti sorpresi di trovare acqua ad un'altitudine così

elevata nell'atmosfera marziana.

Neutral Gas and Ion Mass Spectrometer (NGIMS)

I ricercatori hanno usato i particolari dati raccolti da uno

strumento denominato Neutral Gas and Ion Mass Spectrometer

(NGIMS), presente sulla sonda MAVEN e sviluppato dalla

Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt.

Si tratta di uno spettrometro di massa che permette l'individua-

zione degli ioni d'acqua nell'area marziana.

Nello specifico hanno trovato quantità ancora relativamente

abbondanti di vapore acqueo a circa 150 km di distanza dalla

superficie del pianeta rosso.

"Tutto ciò che raggiunge la parte superiore dell'atmosfera viene

distrutto, su Marte o sulla Terra", spiega Stone, "perché

questa è la parte dell'atmosfera che è esposta alla piena forza

del Sole".

 
 
 

Altre notizie dalla Tunguska..

Post n°3312 pubblicato il 10 Novembre 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Una nuova spiegazione

per Tunguska

Il disastro del 1908 nella regione di Tunguska fu

provocato da un asteroide che attraversò una piccola

porzione di atmosfera, senza impattare con la Terra.

Un aggrovigliato monumento naturale ricorda l'evento, nella regione del fiume Tunguska, in Siberia.Un aggrovigliato monumento naturale ricorda l'evento,

nella regione del fiume Tunguska, in Siberia. |  

Era il 30 giugno del 1908, quando nelle prime ore della

mattina una spaventosa esplosione rase al suolo oltre

2.000 chilometri quadrati di foresta in una remota regione

della Siberia orientale, lungo il fiume Tunguska - ed è

ciò che oggi conosciamo come l'evento di Tunguska.

L'area venne raggiunta solo una decina di anni dopo

 da un primo gruppo di scienziati, che rimasero esterrefatti

dallo spettacolo della devastazione, così come tutti i team

che studiarono il luogo.

Quello che ancora oggi non si è ancora riusciti a capire è 

che cosa causò quell'esplosione: una cometa? Un asteroide?

 Il fatto è che non sono stati scoperti né un cratere né altri 

resti di un impatto.

Chi sostiene che fu una cometa ad impattare con la Terra

 ritiene che l'esplosione fu il risultato dell'evaporazione

improvvisa, e quindi esplosiva, del nucleo cometario, ma

stando a recenti ricostruzioni l'oggetto attraversò almeno

700 chilometri di atmosfera prima dell'esplosione.

Nessuna cometa avrebbe potuto resistere così a lungo: 

un oggetto di quel genere esploderebbe dopo non più

di 300 chilometri.


L'evento di Tunguska: la mappaL'evento di Tunguska: zona 1 (rosso, 20 km circa di

raggio), distruzione totale; zona 2 (arancio, 100 km

circa di raggio), danni, incendi, animali morti; zona 3

(blu, 1.500 km), rombo dell'esplosione. | DENYS,

VIA WIKIMEDIA / CC 3.0

L'IPOTESI DELL'ASTEROIDE.

 Chi invece sostiene che fu un asteroide, ipotizza che fosse

 così piccolo da esplodere attraversando l'atmosfera e che

 nessun frammento che fosse sufficientemente grande da

produrre crateri arrivò fino a Terra.

 Accanto a questa, c'è un'ipotesi "correlata" che considera

che un frammento abbastanza grande sia in realtà arrivato

fino a terra e che l'impatto ci abbia lasciato in eredità un

piccolo lago che si trova nell'area: nessuno ha però finora

 realizzato carotaggi o rilevamenti, all'interno dell'invaso,

 tali da permettere di affermare con certezza un tale

svolgimento dei fatti.

Insomma, qualunque cosa sia avvenuta a Tunguska, è

accaduta nel cuore selvaggio e disabitato della Russia

 centrale, a migliaia di chilometri da qualunque villaggio:

nessun testimone (si parla di tre morti), solo misteri e

indizi da mettere insieme come tessere di un gigantesco

puzzle.

NUOVE IPOTESI. 

Un nuovo modello di quell'evento che potrebbe però 

risolvere definitivamente la questione: lo studio è di un

team di ricercatori coordinati da Daniil Khrennikov,

dell'università federale della Siberia, ed ha il vantaggio

di non richiedere l'esistenza di una "cicatrice" sul terreno.

Khrennikov e colleghi sostengono che l'esplosione fu

causata da un asteroide che sfiorò la Terra con un angolo

talmente piccolo che non attraversò l'atmosfera, ma

 "rimbalzò" su di essa per poi perdersi di nuovo nello spazio.

 «Crediamo che l'evento di Tunguska sia stato causato da un

asteroide ferroso che ha appena attraversato lo strato più

esterno dell'atmosfera terrestre», afferma Khrennikov: se

l'ipotesi fosse corretta, la Terra sfuggì di un soffio a un

disastro catastrofico.

NESSUN CRATERE.

 Lo scenario si adatta bene ai fatti. L'esplosione deve essere

stata causata da un meteorite di ferro delle dimensioni di uno

stadio da calcio o poco più, che si scaldò molto rapidamente

attraversando l'alta atmosfera.

Fu l'onda d'urto ad abbattersi al suolo, e il materiale che

evaporò quasi istantaneamente dall'asteroide in quel breve

passaggio causò l'esplosione che bruciò gli alberi.

Il ferro vaporizzato si condensò in polvere che, arrivata al

suolo, lasciò tracce debolissime - ciò potrebbe anche spiegare

la presenza di polveri anomale nell'alta atmosfera dell'Europa

registrata dopo l'evento.

Nessun cratere, perciò, ma poteva essere una catastrofe

planetaria.

 Se Khrennikov e colleghi hanno ragione, quella mattina la

Terra ebbe un incidente spaziale fortunato.

Un impatto diretto con un asteroide con un diametro di circa

150 metri avrebbe devastato la Siberia, lasciando un cratere

largo anche 3 chilometri: non sarebbe stata un'estinzione dei

nuovi dinosauri, ma avrebbe avuto effetti drammatici sulla

biosfera e gravissime ripercussioni sulla civiltà moderna.

13 OTTOBRE 2020 | LUIGI BIGNAMI

 
 
 

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