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Il Futuro

Post n°425 pubblicato il 17 Marzo 2008 da calipso81

Leggendo il post di odio_via_col_vento mi è parso il caso di riflettere sull’idea stessa di “futuro”.

La concezione che abbiamo del futuro cambia inesorabilmente con l’età, con l’esperienza, con i successi, gli insuccessi, le gioie, le delusioni. C’è una tendenza a chiudersi nel mondo della casa perché in fondo gli altri sono scorretti, non sono persone di cui fidarsi, perché puntualmente ti senti “fregata” da qualcuno. E allora il futuro è meglio se lo passiamo nello stretto cerchio della famiglia, se pensiamo ad accudire i figli.

Ma in fondo qual’è stata la nostra idea di futuro?

Da piccoli il nostro concetto di futuro può assimilarsi allo sperare ardentemente un giorno di avere la bambola o il robot con cui giocare, si passa poi alla bici, alle cadute, ai pianti, al volere in futuro essere un provetto ciclista, una bellissima ballerina o il classico astronauta.

E oggi già questo “futuro”, per cui si vuole ardentemente una concretizzazione, è fatto di pc, playstation, DS e uscite con gli amici. Non so altrove ma qui a Napoli è molto “fashion” organizzare feste di compleanno nei locali più chic. Sicchè ti trovi al ristorante il compleanno di un undicenne con tutta la clac di almeno 15 bambini urlanti e di corsa per la sala.

Poi si cresce, e il futuro diventa un buon voto (così mamma e papà mi comprano il motorino), diventa una ragazza o un ragazzo che in quel momento è quella perfetta, quella del “per sempre felici e contenti” che hai sentito dire tante volta da tua mamma mentre ti leggeva le favole. La stessa favola diventa un futuro che si vuole, che si spera.

E poi ancora, il futuro in una laurea, in un lavoro, nella ricerca di indipendenza da trovare a tutti i costi, da afferrare con i denti, da mandare a quel paese i tuoi genitori in nome di una rivendicazione personale.

Un futuro in un compagno che vorresti strepitoso, ma che poi saprai rendere speciale con tutti i suoi difetti.

Un futuro in una famiglia, in una casa tutta tua da arredare come credi mezza IKEA e mezza giapponese.

Un futuro poi non NEI figli ma PER i figli.

La preoccupazione è lecita, la preoccupazione ci deve essere. Il mondo è cambiato. I figli sono “piezz e core”, sono buoni, troppo buoni e qualcuno può fargli del male. E tu genitore, sei lì che ti disperi che il bimbo, il tuo bimbo stia male. Cominciano i sensi di colpa: non sono stato capace a proteggerlo, non sono stato capace ad insegnargli come difendersi.

Ma non è così.

Tutti i tuoi “futuri” ora sono solo i suoi.

 
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