Arte...e dintorni
Pensieri sparsi di chi sta provando ad occuparsi di arte.
è meglio affidarsi all'impulso, alla passione,
perchè la ragione generalmente cerca di allontanarci dal sogno,
adducendo la giustificazione che non è ancora arrivata l'ora.
La ragione ha paura della sconfitta.
Ma l'intuizione ama la vita e le sfide della vita.
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Leggendo il post di odio_via_col_vento mi è parso il caso di riflettere sull’idea stessa di “futuro”.
La concezione che abbiamo del futuro cambia inesorabilmente con l’età, con l’esperienza, con i successi, gli insuccessi, le gioie, le delusioni. C’è una tendenza a chiudersi nel mondo della casa perché in fondo gli altri sono scorretti, non sono persone di cui fidarsi, perché puntualmente ti senti “fregata” da qualcuno. E allora il futuro è meglio se lo passiamo nello stretto cerchio della famiglia, se pensiamo ad accudire i figli.
Ma in fondo qual’è stata la nostra idea di futuro?
Da piccoli il nostro concetto di futuro può assimilarsi allo sperare ardentemente un giorno di avere la bambola o il robot con cui giocare, si passa poi alla bici, alle cadute, ai pianti, al volere in futuro essere un provetto ciclista, una bellissima ballerina o il classico astronauta.
E oggi già questo “futuro”, per cui si vuole ardentemente una concretizzazione, è fatto di pc, playstation, DS e uscite con gli amici. Non so altrove ma qui a Napoli è molto “fashion” organizzare feste di compleanno nei locali più chic. Sicchè ti trovi al ristorante il compleanno di un undicenne con tutta la clac di almeno 15 bambini urlanti e di corsa per la sala.
Poi si cresce, e il futuro diventa un buon voto (così mamma e papà mi comprano il motorino), diventa una ragazza o un ragazzo che in quel momento è quella perfetta, quella del “per sempre felici e contenti” che hai sentito dire tante volta da tua mamma mentre ti leggeva le favole. La stessa favola diventa un futuro che si vuole, che si spera.
E poi ancora, il futuro in una laurea, in un lavoro, nella ricerca di indipendenza da trovare a tutti i costi, da afferrare con i denti, da mandare a quel paese i tuoi genitori in nome di una rivendicazione personale.
Un futuro in un compagno che vorresti strepitoso, ma che poi saprai rendere speciale con tutti i suoi difetti.
Un futuro in una famiglia, in una casa tutta tua da arredare come credi mezza IKEA e mezza giapponese.
Un futuro poi non NEI figli ma PER i figli.
La preoccupazione è lecita, la preoccupazione ci deve essere. Il mondo è cambiato. I figli sono “piezz e core”, sono buoni, troppo buoni e qualcuno può fargli del male. E tu genitore, sei lì che ti disperi che il bimbo, il tuo bimbo stia male. Cominciano i sensi di colpa: non sono stato capace a proteggerlo, non sono stato capace ad insegnargli come difendersi.
Ma non è così.
Tutti i tuoi “futuri” ora sono solo i suoi.
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