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Aumentano le spese per l’Ambiente. Riflessione sulle politiche ambientali europee.

Post n°176 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da Capodiponte
 

L’ISTAT (istituto nazionale di statistica) ha recentemente pubblicato uno studio concernente le spese dell’economia italiana su tre servizi relativi all’Ambiente: gestione dei rifiuti, delle acque reflue e delle risorse idriche. La ricerca analizza l’andamento nell’arco temporale compreso fra il 1997 ed il 2007 riportando “le risorse economiche utilizzate per proteggere l’ambiente da fenomeni di inquinamento (emissioni atmosferiche, scarichi idrici, rifiuti, inquinamento del suolo, ecc.) e di degrado (perdita di biodiversità, erosione del suolo, salinizzazione, ecc.), nonché le spese sostenute per usare e gestire secondo criteri di sostenibilità le risorse naturali (acque interne, risorseenergetiche, risorse forestali, fauna e flora selvatiche, ecc.)”. Tale studio prende a riferimento la spesa nazionale comprensiva dei consumi intermedi e finali dei servizi ambientali, nonché degli investimenti realizzati dai produttori dei servizi stessi.
Entrando nel dettaglio si rileva così che nel 2007 la spesa nazionale per i tre servizi, è stata pari a 34.278 milioni di euro (circa il 2,2% del Pil1). Il contributo più elevato è arrivato dal servizio di gestione dei rifiuti, la cui spesa è stata pari a 21.020 milioni di euro (l’1,4% del Pil). La spesa nazionale per la gestione della acque reflue, invece, è stata di 3.925 milioni di euro (lo 0,3% del Pil) mentre quella per la gestione e distribuzione delle risorse idriche ha raggiunto i 9.333 milioni di euro (lo 0,6% del Pil).
Dal 1997 al 2007 la spesa complessiva per i tre servizi considerati ha fatto registrare, a prezzi correnti, una crescita del 73%; questa crescita che ha interessato tutti i settori ambientali è stata predominante nel settore dei rifiuti la cui spesa è aumentata del 91% in 10 anni (incidenza sul Pil dall’1,1% nel 1997 all’1,4% nel 2007, con un +30%). Le spese per acque reflue e risorse idriche, per contro, sono cresciute rispettivamente del 53% e del 49% (con un Pil, in entrambi i casi, sostanzialmente stabile).

1. Il Pil (Prodotto Interno Lordo) rappresenta il valore complessivo dei beni e servizi finali prodotti all’interno di un Paese in un certo intervallo di tempo, in genere l’anno. Sempre dall’Istat apprendiamo che nel 2007 il Pil è cresciuto a livello nazionale dell’1,5% rispetto al 2006; ma mentre al Nord e al centro il dato di crescita è oltre la media, nel Mezzogiorno si è fermato ad un +0,7% evidenziando, conseguentemente, uno sviluppo e un progresso a due marce. Secondo quanto riportato nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese-Anno 2007 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel 2007 il valore del Pil è stato pari a 1.535 miliardi di euro correnti, in aumento del 3,8% rispetto al 2006.

In tutti e tre i settori ambientali la componente principale della spesa nazionale si è rivelata essere quella dei consumi, ossia delle spese per la fruizione dei servizi da parte delle varie tipologie di utenze (civili domestiche e produttive, pubbliche e private); la componente degli investimenti (la parte finalizzata alla sostituzione del capitale produttivo o al suo ampliamento ai fini del potenziamento quantitativo o qualitativo del servizio) ha assorbito, invece, la quota minore della spesa nazionale.
Nei settori della gestione dei rifiuti e delle acque reflue sono i consumi intermedi delle imprese ad aver costituito la quota maggiore della spesa nazionale (sono comprese anche utenze civili produttive quali, ad esempio, esercizi commerciali o di ristorazione) mentre nella gestione delle risorse idriche la quota maggiore è rappresentata dai consumi finali, i quali comprendono quelli delle famiglie (utenze civili domestiche) e della Pubblica Amministrazione (PA).
Per ciò che riguarda la componente investimenti, viceversa, si rileva che l’andamento è stato particolarmente dinamico per i produttori ausiliari, ossia per coloro che autoproducono i servizi ambientali a proprio uso e consumo. La crescita di questi investimenti, “che denota un processo di progressiva internalizzazione da parte delle imprese della produzione di servizi ambientali”, è stata complessivamente del 116%. Più contenuta, invece, la crescita sugli investimenti per produttori pecializzati (collocatasi al 51%), ossia di coloro che hanno per attività principale la produzione di ervizi ambientali per la vendita a terzi (in particolare sono gli investimenti dei produttori privati ad aumentare dal 1997 al 2007, a fronte di una riduzione di quelli della PA). Tale fenomeno, si legge nello studio, “è indice di un progressivo processo di privatizzazione della produzione dei servizi ambientali considerati e di un emergente orientamento delle imprese private ad investire nel campo delle attività ambientali”.

Rispetto alla produzione dell’intera economia nazionale, quella riguardante i servizi di gestione dei rifiuti, delle acque reflue e delle risorse idriche nel 2007 è stata complessivamente inferiore all’1%; la produzione dei servizi di gestione dei rifiuti ha rappresentato lo 0,6% della produzione totale, mentre le percentuali relative ai servizi di gestione delle acque reflue e delle risorse idriche hanno segnato rispettivamente lo 0,1% e lo 0,2%.
Nel periodo 1997-2007 si è comunque registrato un aumento del valore della produzione di tutti i servizi considerati: +87% nel settore dei rifiuti, +53% per le acque reflue e +50% per le risorse idriche.
Per quello che riguarda, infine, il lato occupazionale, l’incidenza dei settori in analisi sul totale delle unità di lavoro impiegate a livello di intera economia è stato nel 2007 dello 0,62% a fronte dell’incidenza dello 0,51% nel 1997. La gestione dei rifiuti ha assorbito, mediamente, il 67% del totale dell’occupazione nei tre servizi con una crescita complessiva, dal 1997 al 2007, del 50%, e raggiungendo nel 2007 una incidenza sulle unità di lavoro dell’intera economia dello 0,43% (a fronte dell’incidenza dello 0,31% nel 1997).
Nel decennio 1997-2007, quindi, le spese ambientali sono significativamente aumentate, e la tendenza sembra essere quella di un’ulteriore crescita. E a proposito di spese ambientali, merita una considerazione anche la recente riflessione proposta dal Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo circa gli impegni che l’Italia dovrà assumere per il rispetto del pacchetto energiaclima dell’Unione europea2. Infatti, il Ministro ha evidenziato che gli adempimenti per il nostro Paese ammonterebbero a ben 22.000 milioni di euro all’anno a partire dal 2013; tale valore, corrispondente ad un dato dell’1,14% del Pil, rappresenta “un impegno per l’economia pesantissimo” che va necessariamente valutato e ponderato. In tale affermazione si legge la necessità di ridiscutere un progetto che determinerebbe, inevitabilmente, nuovi scenari, soprattutto nella scelta delle strategie nazionali di tutela ambientale e di lotta all’inquinamento atmosferico (scelte che poi si ripercuoterebbero sulle imprese e quindi sul nostro sistema produttivo). Un’analisi questa che si rende più che mai necessaria anche a fronte della effettiva volontà di realtà mondiali, a maggiore impatto ambientale come Stati Uniti, Cina e India, di associarsi alle citate politiche comunitarie. Politiche comunitarie che, nella lotta ai cambiamenti climatici, vorrebbero essere varate entro la fine del 2008 ma che devono, evidentemente, tenere in dovuta considerazione l’aspetto costi-benefici, soprattutto in un momento storico, quale quello attuale, di importante crisi finanziaria.

2. La Commissione europea nel gennaio 2008 ha presentato un deciso pacchetto di interventi al fine di dare attuazione agli impegni assunti dal Consiglio europeo in materia di lotta ai cambiamenti climatici e promozione delle energie rinnovabili. Si tratta di una proposta contenente la cosiddetta strategia del 20/20/20 relativa alla politica energetica comunitaria promossa dal Consiglio europeo nel marzo 2007, indirizzata alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza energetica; in particolare tale espressione si riferisce a tre obiettivi, che devono essere raggiunti dall’Ue entro il 2020: la riduzione dei consumi energetici per una quota pari al 20%, l’incremento dell’uso di energia rinnovabile al 20% del consumo totale e il taglio delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) sempre del 20%. In base a questo pacchetto, all’Italia è stato chiesto di portare al 17% la quota di energie rinnovabili, attualmente al 5,2% (ultimo dato disponibile al 2005) e di ridurre del 13%, sempre rispetto al 2005, le emissioni nei settori del manifatturiero, trasporti, edilizia e agricoltura (ossia dei settori cosiddetti non ETS, cioè che non rientrano nel sistema europeo di scambio delle quote di emissione, detto appunto ETS).

Così, nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 15 e 16 ottobre 2008 si legge l’impegno a proseguire nella lotta ai cambiamenti climatici, considerando però le situazioni specifiche di ciascun Paese membro. Nel campo della sicurezza dell’approvvigionamento energetico, priorità per l’Ue, sono stati adottati i seguenti orientamenti con l’invito alla Commissione a presentare le proposte o iniziative corrispondenti:
“a) mettere a punto, prima della fine della legislatura, il pacchetto legislativo relativo al mercato interno dell’energia elettrica e del gas;
b) accelerare l’attuazione del piano d’azione europeo sull’efficienza energetica e del piano strategico per le tecnologie energetiche;
c) proseguire con determinazione la diversificazione delle fonti energetiche, alla quale contribuiscono direttamente le misure del pacchetto “energia/clima”;
d) promuovere un miglior funzionamento del mercato…;
e) sviluppare meccanismi di crisi che consentano di far fronte a interruzioni temporanee dell’approvvigionamento;
f) rafforzare e completare le infrastrutture critiche, in particolare le reti transeuropee di trasporto dell’energia e i terminali di gas naturale liquefatto; particolare attenzione sarà prestata sia alle interconnessioni sia alla connessione dei paesi più isolati del territorio europeo, all’articolazione delle reti transeuropee con le infrastrutture di approvvigionamento, nonché alla necessità di diversificare sia le fonti sia le rotte…;
g) sviluppare le relazioni dell’Unione, nel settore energetico, con i paesi produttori e di transito in un’ottica di stabilità dell’approvvigionamento e di diversificazione delle fonti di energia e delle rotte di approvvigionamento…”.

Cristian Tolettini
Settore Ambiente ed Energia
Segreteria Politica Federale Lega Nord
ctolettini@leganord.org

 
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