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Arrestateci tutti

Post n°175 pubblicato il 15 Giugno 2008 da LaCattivaStrada84
 

Riporto l'ultimo post di Marco Travaglio apparso sul blog voglioscendere.it e su l'Unita' del 15 giugno

L’altro giorno, fingendo di avanzare un’”ipotesi di dottrina”, Giovanni Sartori ha messo in guardia sulla Stampa dai ”dittatori democratici
e ha spiegato: “Con Berlusconi il nostro resta un assetto
costituzionale in ordine, la Carta della Prima Repubblica non è stata
abolita. Perché non c’è più bisogno di rifarla: la si può svuotare
dall’interno. Si impacchetta la Corte costituzionale, si paralizza la magistratura…
si può lasciare tutto intatto, tutto il meccanismo di pesi e
contrappesi. E di fatto impossessarsene, occuparne ogni spazio. Alla
fine rimane un potere ‘transitivo’ che traversa tutto il sistema politico e comanda da solo”. Non poteva ancora sapere quel che sarebbe accaduto l’indomani: il governo non solo paralizza la magistratura, ma imbavaglia anche l’informazione abolendo quella giudiziaria. E, per chi non avesse ancora capito che si sta instaurando un regime, sguinzaglia pure l’esercito per le strade.

Nei
giorni scorsi abbiamo illustrato i danni che il ddl
Berlusconi-Ghedini-Alfano sulle intercettazioni provocherà sulle
indagini e i processi. Ora è il caso di occuparci di noi giornalisti e
di voi cittadini, cioè dell’informazione. Che ne esce a pezzi, fino a scomparire, per quanto riguarda le inchieste della magistratura. Il tutto nel silenzio spensierato e irresponsabile delle vestali del liberalismo e del garantismo un tanto al chilo. Che, anzi, non di rado plaudono alle nuove norme liberticide. Non si potrà più raccontare nulla, ma proprio nulla, fino all’inizio dei processi. Cioè per anni e anni.
Nemmeno le notizie “non più coperte da segreto”, perché anche su quelle
cala un tombale “divieto di pubblicazione” che riguarda non soltanto
gli atti e le intercettazioni, ma anche il loro “contenuto”. Non si potrà più riportarli né testualmente né “per riassunto”. Nemmeno se non sono più segreti perché notificati agli indagati e ai loro avvocati. Niente di niente.

L’inchiesta sulla premiata macelleria Santa Rita,
con la nuova legge, non si sarebbe mai potuta fare. Ma, anche se per
assurdo si fosse fatta lo stesso, i giornali avrebbero dovuto limitarsi
a comunicare che erano stati arrestati dei manager e dei medici: senza poter spiegare il perché, con quali accuse, con quali prove. Anche l’Italia, come i regimi totalitari sudamericani, conoscerà il fenomeno dei desaparecidos: la gente finirà in galera, ma non si saprà il perché. Così, se le accuse sono vere, le vittime non ne sapranno nulla (i famigliari dei pazienti uccisi nella clinica milanese, che stanno preparando una class action contro i medici assassini, sarebbero ignari di tutto e lo resterebbero fino all’apertura del processo, campa cavallo). Se le accuse invece sono false (come nel caso di Rignano Flaminio,
smontato dalla libera stampa), l’opinione pubblica non potrà più sapere
che qualcuno è stato ingiustamente arrestato, né come si difende:
insomma verrà meno il controllo democratico dei cittadini sulla Giustizia amministrata in nome del popolo italiano.

Chi scrive qualcosa è punito con l’arresto da 1 a 3 anni e
con l’ammenda fino a 1.032 euro per ogni articolo pubblicato. Le due
pene - detentiva e pecuniaria - non sono alternative, ma congiunte. Il
che significa che il carcere è sempre previsto e, anche in un paese
dov’è difficilissimo finire dentro (condizionale fino a 2 anni, pene
alternative fino a 3), il giornalista ha ottime probabilità di finirci:
alla seconda o alla terza condanna per violazione del divieto di
pubblicazione (non meno di 9 mesi per volta), si superano i 2 anni e si
perde la condizionale; alla quarta o alla quinta si perde anche
l’accesso ai servizi sociali e non resta che la cella. Checchè ne dica l’ignorantissimo ministro ad personam Angelino Alfano.

E non basta, perché i giornalisti rischiano grosso anche sul fronte disciplinare:
appena uno viene indagato per aver informato troppo i suoi lettori, la
Procura deve avvertire l’Ordine dei giornalisti affinchè lo sospenda
per 3 mesi dalla professione. Su due piedi, durante l’indagine,
prim’ancora che venga eventualmente condannato. A ogni articolo che scrivi, smetti di lavorare per tre mesi. Se scrivi quattro articoli, non lavori per un anno, e così via. Così ti passa la voglia d’informare. Anche perché, oltre a pagare la multa, finire dentro e smettere di lavorare, rischi pure di essere licenziato.

D’ora
in poi le aziende editoriali dovranno premunirsi contro eventuali
pubblicazioni di materiale vietato, con appositi modelli organizzativi,
perché il “nuovo” reato vien fatto rientrare nella legge 231 sulla responsabilità giuridica delle società.
Significa che l’editore, per non vedere condannata anche la sua
impresa, deve dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni contro
le violazioni della nuova legge. Come? Licenziando i cronisti che pubblicano troppo e i direttori che glielo consentono. Così usciranno solo le notizie che interessano agli editori:
quelle che danneggiano i loro concorrenti o i loro nemici (nel qual
caso l’editore si sobbarca volentieri la multa salatissima prevista
dalla nuova legge, da 50 mila a 400 mila euro per ogni articolo,
e accetta di buon grado il rischio di veder finire in tribunale la sua
società). La libertà d’informazione dipenderà dalle guerre per bande
politico-affaristiche tra grandi gruppi. E tutte le notizie non segrete non pubblicate? Andranno ad alimentare un sottobosco di ricatti incrociati e di estorsioni legalizzate: o paghi bene, o ti sputtano.

Ultima chicca:
il sacrosanto diritto alla rettifica di chi si sente danneggiato o
diffamato, già previsto dalla legge attuale, viene modificato nel senso
che la rettifica dovrà uscire senza la replica del giornalista.
Se Tizio, dalla cella di San Vittore, scrive al giornale che non è vero
che è stato arrestato, il giornalista non può nemmeno rispondere che
invece è vero, infatti scrive da San Vittore. A notizia vera si potrà opporre notizia falsa,
senza che il lettore possa più distinguere l’una dall’altra. Tutto ciò,
s’intende, se i giornalisti si lasceranno imbavagliare senza batter
ciglio.

Personalmente, annuncio fin d’ora che continuerò a informare i lettori senza tacere nulla di quel che so
.
Continuerò a pubblicare, anche testualmente, per riassunto, nel
contenuto o come mi gira, atti d’indagine e intercettazioni che
riuscirò a procurarmi, come ritengo giusto e doveroso al servizio dei
cittadini. Farò disobbedienza civile a questa legge
illiberale e liberticida. A costo di finire in galera, di pagare multe,
di essere licenziato. Al primo processo che subirò, chiederò al giudice
di eccepire dinanzi alla Consulta e alla Corte europea la illegittimità
della nuova legge rispetto all’articolo 21 della Costituzione e
all’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le
libertà fondamentali
(“Ogni persona ha diritto alla libertà
d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà
di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa
essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche…”, con possibili
restrizioni solo in caso di notizie “riservate” o dannose per la
sicurezza e la reputazione). Mi auguro che altri colleghi si autodenuncino preventivamente insieme a me
e che la Federazione della Stampa, l’Unione Cronisti, l’associazione
Articolo21, oltre ai lettori, ci sostengano in questa battaglia di
libertà. Disobbedienti per informare. Arrestateci tutti.



 
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