C'era una volta...
le fiabe sono solo dei ricordi d'infanzia o non sono piuttosto un codice da interpretare? Andiamo alla ricerca dei valori, dei miti, della storia profonda dell'umanità e dell'io che trasmettono.
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La Notte Santa
(un lungo fraseggio popolare ripreso in forma poetica popolare da Guido Gozzano)
- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare,
che troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il campanile scocca
lentamente le sei.
- Avete un po' di posto, o voi del Cavall Grigio?
Un po' di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: e' notte di proddigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe
Il campanile scocca
lentamente le sette.
- Oste del Moro, avete un rifugio per nooi?
Mia moglie piu' non regge ed io son cosi' rotto!
- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria piu' sotto.
Il campanile scocca
lentamente le otto.
- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno
d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.
Il campanile scocca
lentamente le nove.
- Ostessa dei Tre Merli, pieta' d'una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...
Il campanile scocca
lentamente le dieci.
- Oste di Cesarea... - Un vecchio falegnname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L'albergo e' tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell'alta e bassa gente.
Il campanile scocca
le undici lentamente.
La neve! - ecco una stalla! - Avra' posto per due?
- Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!
Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria gia' trascolora, divinamente affranta...
Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.
E' nato!
E' nato il Sovrano Bambino.
La notte, che gia' fu si' buia,
risplende d'un astro divino.
Orsu', cornamuse, piu' gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill'anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill'anni s'attese
quest'ora su tutte le ore.
E' nato! e' nato il Signore!
E' nato nel nostro paese!
Risplende d'un astro divino
La notte che gia' fu si' buia.
e' nato il Sovrano Bambino.
e' nato!
Quando ero bambina io, si mandavano a mente queste lunghe poesie, una diversa ogni Natale, e si recitavano, per l'ammirazione dei parenti riuniti, in piedi sulla sedia, davanti alla tavola del Natale.
Un supplizio per noi, ma anche un supplizio per i poveri zii, costretti a ritardare l'abbuffata che già si annunciava; per i cuginetti invidiosi di non essere loro al centro dell'attenzione; per le mamme trepidanti che si potesse dimenticare una strofa.
E poi: "Via, anche per quest'anno è andata".
Consentitemi un ricordo sull'onda della memoria. Qualche traccia dei Natali che non ci sono più, sommersi da televisione e DVD. Cancellati dalla noia dei regali forzati e spauriti dalle famiglie smembrate.
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Il dossier di questo numero è dedicato a "Fiabe di ieri e di oggi".
C'è anche un articolo di Regina Crimilde sulla figura della madre: UNA MADRE DA FAVOLA
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