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MITO DEL DON JUAN (trovato in web)

Post n°417 pubblicato il 29 Settembre 2013 da argo_felix

 

DON GIOVANNI
In tempi in cui il controllo della religione sulle coscienze era ferreo,qualche spirito libero (e forse un po' pazzo) osava considerarsi svincolato da tutte le regole convenzionali e quindi svincolandosi dalla religione si svincolava automaticamente anche dai suoi dettami morali. Era il libertino,termine che a torto è ancora considerato spregiativo, se non altro perché egli,a differenza del bigotto, ha anticipato la mentalità contemporanea.
Il mito di Don Giovanni, che diviene protagonista di diverse opere letterarie,s'inserisce in quella scia eroica piena di fascino di colui che ha il coraggio di ribellarsi al piatto conformismo. Fu il drammaturgo spagnolo Tirso de Molinaa introdurlo nella letteratura intorno al 1620. La commedia si intitolava"El Burlador de Sevilla y el Convidado de Piedra" e si richiamava dunque ai due temi fondamentali: il seduttore di donne e il libero pensatore inmateria di religione e di morale. Tirso de Molina non ha inventato nulla:raccoglieva una diffusa mitologia popolare spagnola, certamente alimentata datante biografie reali.
Secondo Maranon il vero modello a cui si è ispirato Tirso sarebbe un certo ducadi Villamediana, che aveva destato scalpore per le sue imprese di scavezzacollo. Ma i modelli si confondono con gli epigoni; infatti si tramanda che un adolescente di Siviglia, profondamente impressionato dal personaggio di Don Giovanni, ne imitò le gesta e fu a sua volta immortalato in una celebre opera di Czeslaw Milosz. Anche Molière si cimentò con l'argomento scrivendo nel1665 il suo "Don Juan ou le Festin de Pierre" (e ignoriamo se conoscesse o meno il lavoro di Molina). Certo i punti di contatto tra la commedia di Tirso e quella di Molière sono parecchi; ma l'archetipo comune potrebbe essere appunto la tradizione orale.


Il fascino che ha sempre avuto la figura di Don Giovanni si spiega con la sua grande novità e la sua assoluta modernità. Per arrivare ad essere il simbolo della libertà sessuale e del pansessualismo bisogna avere un grande sostratofilosofico, considerare la propria vita come un assoluto al posto di Dio, dicui solo molto dopo i filosofi constateranno la morte.
L'inquietudine di Don Giovanni è quella dell'uomo di oggi che non riesce a trovare consolatoria una morale basata sull'inibizione e sulla rinuncia.L'"homo unius mulieris" è una camicia di forza intollerabile per chi ha in sé (novello Ulisse) l'invincibile desiderio della conoscenza di altre donne, di altre avventure. Ogni nuova donna è come una terra promessa che si profila all'orizzonte e che comporta quasi il "dovere"dell'esplorazione.
Don Giovanni non conosce appagamento e, come Ulisse, non fa in tempo ad approdare su un nuovo lido che già la febbre di una nuova partenza lo invade.
Noi che abbiamo avuto la ventura di nascere dopo Freud, sappiamo bene che DonGiovanni è un malato che non guarirà mai la propria malattia. Infatti egli non sa godere, è un "frigido" che non troverà mai l'appagamento nonostante i molteplici orgasmi. E' senz'altro una inguaribile impotenza dovuta a una fissazione feticistica a stadi infantili in cui una madre forse troppo fredda non ha saputo trasmettere il tepore appagante del seno.


Per accettare il vincolo della fedeltà di coppia occorre avere una forte stima per il partner non come singolo individuo ma come simbolo della categoria"femmina" o della categoria "maschio". Don Giovanni non stima le donne, neppure quando la donna è "generosa" e"vulgivaga" a sua immagine e somiglianza. Nessun critico letterariol'ha mai detto (che io sappia): Don Giovanni sembra pensare che la donna"non generosa" va punita con l'abbandono immediatamento dopo la conquista, e la donna "generosa" va punita ugualmente poiché la sua generosità è invariabilmente tardiva.
Se il tenore della sfida tra i sessi è a questi livelli non possiamo liquidare Don Giovanni semplicemente come un malato. In barba a Freud dobbiamo dire che la malattia del mitico libertino è la stessa malattia che affligge l'essere umano, che fino ad oggi si è illuso di darsi un senso con le religioni e il moralismo. Oggi gli esseri umani consapevoli sono molto più vicini al folle Sade che al saggio moralista.
Dunque la modernità di Don Giovanni è davvero assoluta. Egli ci mostra come essere assolutamente liberi, anche a costo di scoprire l'impotenza dell'amore.La sessualità che l'individuo esprime non può essere asservita a tutti (aldisegno divino, alla specie, all'amore) tranne che a lui stesso. La mentalità libertina finalmente è in grado di aprire all'individuo la strada per occupare il posto che gli compete: il primo.
Don Giovanni ha dato al personaggio mitico del Seduttore non solo il nome, matutta la sostanza e tutto lo spessore. Senza l'elaborazione"filosofica" presente nel trasgressore delle "leggi inviolabili" l'Amore (con l'A maiuscola) avrebbe impunemente continuato a trattare l'erotismo e la passione come servi senza dignità. Tutto il medioevo aveva esaltato l'amore-devozione che traeva ispirazione dal mito di Tristano eIsotta. Don Giovanni sovverte ogni regola precedente; mentre Tristano è il seduttore senza passione e senza erotismo che amò la donna solo a patto disublimarla, Don Giovanni non sublima nulla ma è capace di inseguire una"categoria" senza mai cadere nel caso particolare.
Don Giovanni è uno scettico: non crede nei miti ultraterreni, non crede nell'amore eterno, non crede alla felicità. Egli è totalmente disincantato, totalmente disilluso, è un uomo "esistenzialista" consapevole che non c'è nulla da aspettarsi che già non si conosca in anticipo.
Henry de Montherland ha sostenuto che Don Giovanni non passa da una donna all'altra perché non ha ottenuto quello che si aspettava, ma per il motivo opposto: avendo preso quello che da ognuna può prendere non c'è motivo di indugiare oltre. Don Giovanni sa molto bene che imbarcarsi in progetti ambiziosi, come l'amore, è puramente velleitario: non credendo nell'amore non si illude e prende esattamente quello che si può prendere. E' la vera realizzazione del "carpe diem" di Orazio, "quam minimum credula postero".

Il personaggio di Don Giovanni, anche ai nostri giorni ha una grande validità. Ci dice di non credere ai miti e alle favole, e di far crescerela propria lucidità poiché l'illusione potrebbe contenere il veleno che ci uccide. E' stato detto che Don Giovanni è il nemico di Dio: non è esatto. Egli Dio neppure lo concepisce perché sa che non avrebbe senso sprecare tante energie per confutarlo.
Egli non ama le donne, ma neppure le odia, poiché entrambi questi sentimenti ancora una volta richiedono troppo dispendio di energie. Egli certamente ha unatteggiamento predatorio nei confronti delle donne, ma nel prendere quello che in quel momento gli occorre non ha nessuna crudeltà e nessun intento punitivo. Certamente Don Giovanni, a differenza di Casanova, non si accontenta dell'involucro; vuole certamente l'anima ma non per il gusto di fuorviarla ma per insinuare quell'atteggiamento scettico che lui crede importante per noncadere nelle illusioni.
Ci resta da porci una domanda: ma davvero Don Giovanni va visto come l'eterno insoddisfatto? Ci vuole proprio un forte insufflamento di romanticismo per nonvedere che la passione non può durare oltre un certo limite. Poi è follia puraparlare di eternità in materia di sentimenti umani. Don Giovanni è un realista;egli prende l'uovo oggi e non crede alla promessa della gallina domani. Poi Don Giovanni ci insegna che non abbiamo bisogno di una cosa sola, ma di tantissime cose. Chi di noi non ha capito che il detto "due cuori e una capanna"è un'autentica sciocchezza, gli resta ancora da compiere una lunga riflessione sulla vita. Don Giovanni, finita l'epoca della contrapposizione ai dogmi, può correre il rischio di diventare come Casanova: un donnaiolo cinico ed egoista.Ma forse Don Giovanni se ne infischia delle bassezze, essendo stato sempre considerato un peccatore impenitente sa che la peggiore bassezza la raggiungerà il "santo" e il "perfetto" quando sarà loro strappata la maschera. Di tutti i miti che invariabilmente cadranno quello del dongiovanni è il più onesto, in quanto non ha mai cercato di dimostrare quello che non è e non può essere.
Se c'è una scienza che deve continuare a studiare il dongiovannismo, questa è la psicologia. Troppo spesso (ed è vergognoso) gli psicologi (quei signori o signore a cui qualcuno ha dato una patente) continuano a parlare del sentimento dell'amore con una insalata di parole melensi che farebbero storcere il naso anche a Liala e a tutte le autrici della serie Harmony.

 

 
 
 
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Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand'è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva.  A. Baricco

 
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