Creato da cinciarella10 il 13/10/2014

L'ODORE DELLA NOTTE

… la notte, secondo l’ora, cambia odore …

 

 

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Storia del Carnevale

 

 

Origine del Carnevale

Per carnevale s'intende il periodo che precede la quaresima e, si festeggia con mascherate e divertimenti vari. 
Fin dal Paleolitico l'uomo ha utilizzato maschere per scacciare gli spiriti maligni, ma soprattutto nel mondo Romano, troviamo le origini di questa festa (Lupercali, Saturnali, Baccanali ecc.). 
Queste feste pagane, smodate e trasgressive, furono riadattate nel mondo Cristiano con la mitigazione degli eccessi. 

L'origine della parola "carnevale" é molto discusso e potrebbe derivare da: 
- Carnalia (feste romane in onore di Saturno) - carmen levare, ("intonare un canto") - currus navalis (uno dei carri su cui si sfilava nelle parate durante la festa) - carne-laxare (dal volgare "astenersi dalla carne", ovvero indicava l'obbligo di non mangiare carne e di evitare rapporti sessuali durante il periodo penitenziale della Quaresima).

Quaresima

La Quaresima nasce dalla celebrazione dei quaranta giorni che Gesù passò nel deserto, digiunando, pregando e resistendo alle tentazioni del diavolo; 
Risale alla metà del II secolo, e, originariamente, durava cinque settimane, più la Settimana Santa della Pasqua. 
Il Concilio di Nicea (325 dc.) stabilì inoltre come determinare la data per la celebrazione della Santa Pasqua (data variabile anno per anno perché doveva cadere la prima domenica successiva al primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera). 

Verso la fine del V secolo, affinché la penitenza durasse esattamente quaranta giorni,la Chiesa introdusse una innovazione nella celebrazione della Quaresima: il periodo quaresimale non inizia più alla domenica, ma al mercoledì, con l'imposizione delle ceneri sul capo dei fedeli in segno di penitenza e contrizione per le intemperanze carnevalesche. 
Il Mercoledì delle Ceneri é il primo giorno della Quaresima, secondo il rito romano (in opposizione a quello Ambrosiano in cui la Quaresima ancora oggi ha inizio la domenica successiva).

Milano e il Rito Ambrosiano:

Nella Quaresima si digiunava (astensione dal pranzo) tutti i giorni eccetto il sabato e la domenica, uso estraneo alle chiese occidentali ma presente in quelle orientali. Il digiuno finiva il giovedì santo ed iniziava dalla sesta domenica prima della domenica di Pasqua. 
A Milano, nel computo della Pasqua secondo le fasi lunari, si seguiva la tradizione alessandrina e non quella romana. 
Per capire il perché di questo stato di cose, bisogna risalire al tempo in cui S. Ambrogio era Vescovo di Milano: da Roma era arrivata una circolare, secondo la quale la Quaresima doveva durare 40 giorni; se in questi si comprendevano le domeniche si poteva allungare il Carnevale di cinque giorni (tanti quante sono le domeniche del periodo di Quaresima), se si escludevano, il Carnevale doveva essere accorciato di altrettanti giorni. 
S. Ambrogio incluse le domeniche, allungando così di cinque giorni il periodo carnevalesco.
Questa abitudine fu tollerata, ma nel corso dei secoli, più volte si é cercato di eliminarla. 
- gennaio 1571: Inizia la battaglia di Carlo Borromeo contro i festeggiamenti del Carnevale. Rivendica in particolare l'uso quaresimale dell'ultima domenica. 
- 1574: S. Carlo Borromeo convince i fedeli a rinunciare ad un giorno del loro Carnevale, in modo da farlo finire alla mezzanotte del sabato e non più della domenica.
- 1576: con la scusa delle epidemie, Carlo Borromeo tentò di proibirne i sollazzi, ma vi riuscì soltanto per quel che riguardava lo spazio di piazza del Duomo. Una delegazione di cittadini pensò di appellarsi addirittura al Papa se il severo Borromeo non avesse modificato le sue pretese. 
- 1630: il Cardinal Federico Borromeo e gli spagnoli, dopo la peste del 1630, emanarono una "grida" per togliere quei quattro giorni i festeggiamenti in più dei milanesi; non ci riuscirono, come dimostra ancora oggi la tradizione... 
E' così che ancora oggi sono quattro i giorni in più del Carnevale Ambrosiano rispetto a quello Romano.

Leggenda: 

Una leggenda inventata ad arte al tempo di san Carlo, racconta che ci fu una tremenda epidemia di peste che obbligò la città di Milano a rimanere, in quarantena per molto tempo, nessuno poteva entrare o uscire dalle mura. Il cibo scarseggiava costringendo gli abitanti in un semidigiono forzato. 
Quando la situazione migliorò, i poveri Milanesi avrebbero dovuto iniziare il digiuno quaresimale... 
Naturalmente, desideravano festeggiare il carnevale, almeno gli ultimi tre giorni rimasti prima della Quaresima, cosìl vescovo di Milano andò dal Papa, per raccontare quanto la gente aveva sofferto durante la peste. 
Il papa , commosso dal racconto del vescovo Carlo, cedette, e firmò una bolla, cioè un documento, in cui si dava alla Diocesi di Milano il diritto di festeggiare il carnevale ambrosiano 
fino al sabato che precede la 1° domenica di quaresima, per sempre. 

Un'altra leggenda popolare, racconta che il vescovo Ambrogio fosse in ritardo, per un lungo viaggio a Roma. 
Una delegazione gli andò incontro, preoccupata dell'arrivo della quaresima. 
Quei fedeli erano preoccupati di una sola cosa: l'assenza del prelato avrebbe potuto bloccare i festeggiamenti del carnevale. 
Ambrogio accordò in tal modo l'"habeatis grassum" per i giorni di assenza e la sua diocesi, che godeva di particolari privilegi, poté divertirsi sino al sabato: da qui la tradizione di un carnevale più lungo.

Medioevo, Rinascimento, Barocco

Nel Medioevo il Carnevale era piuttosto grossolano e si rialacciava ad altre feste abbastanza licenziose come la "festa dell'asino", la festa "dei Folli", "dei cornuti" o "degli innocenti". 
Nel Rinascimento diventa più raffinato, é l'epoca dei mitici carri. 
Nel Seicento (Barocco), arriva al suo massimo splendore ed eleganza. 
Iniziano a nascere le maschere regionali della commedia dell'Arte.

La Commedia
dell'Arte - Personaggi

La Commedia dell'Arte si diffonde nel XVI secolo con le opere di Ruzante (pseudomino di Angelo Beolco attore padovano 1496-1542); la commedia classica ora diventa divertente con i nuovi personaggi: Meneghino e Cecca, Brighella, Rosaura ecc. 

Arlecchino                                                                                                                      

E' la maschera tipica di Bergamo. 
Il suo nome é probabilmente di origine francese (Herlequin o Hallequin, demone nella tradizione delle favole francesi medievali), diventa maschera nella Commedia Dell'Arte nel Cinque-Seicento. 
E' il servo che ne combina di tutti i colori, sempre in conflitto con il padrone perché di lavorare non vuol sentire neppure parlare e sempre alla ricerca di soldi per placare il suo insaziabile appetito. 
Bugiardo, imbroglione,ma non stupido; forse un po' ingenuo e talvolta un po' sciocco, ma ricco di fantasia e immaginazione. La sua miglior qualità é l'astuzia che lo salva dalle situazioni più difficili. 
Col passare del tempo l'aspro dialetto bergamasco lasciò il posto al più dolce veneziano, e l'abito dapprima tutto bianco, diventa multicolore, a causa dei continui rattoppi. Porta una maschera nera e in testa ha un cappello di feltro bianco sormontato da una piuma o da una zampa di coniglio; in mano tiene una spatola di legno. La sua compagna é Colombina.

Colombina 

Maschera anch'essa Veneziana, é la fidanzata di Arlecchino, nota anche come Corallina o Smeraldina. Graziosa, simpatica, furba, sveglia, e un po' pettegola, é molto affezionata alla sua padrona Rosaura; guai a chi le manca di rispetto! Non porta la maschera, ed indossa un abito a strisce bianche e blu con un grembiule verde arricciato su un fianco, sul capo una cuffietta bianca. 


Meneghino
 

E' la maschera tipica di Milano. 
Il suo nome deriva dal diminutivo di Domenico (Menico/Meneghin) o più semplicemente dal soprannome dei servi che la Domenica, accompagnavano le nobili milanesi a messa o a passeggio chiamati appunto "Domenighini/Domenighin". 
Secondo altri deriverebbe dal Menego del Ruzzante o dal Meneghino (Domenichino) della Lena dell'Ariosto. 
Nasce intorno al 1600, grazie alla penna del commediografo Carlo Maria Maggi, che modificando una maschera già presente da tempo a Milano, ne crea un servitore rozzo, ma fedele e di buon senso; gli diede inoltre il cognome di Pecenna, "parrucchiere", per la sua abilità nel deridere i vizi degli aristocratici. 
Ha un carattere bonario, allegro ed estroverso. Amante della vita tranquilla, ha un alto senso morale ed una buona dose di saggezza. Generoso, schietto e sbrigativo non sa mai stare senza far nulla; l'espressione milanese "dirla in buon meneghino" significa, infatti parlare chiaro e schietto. 
Ama la buona tavola, ed un fetta di panettone lo può commuovere perché gli ricorda il "suo Duomo" e la "sua Milano". 
Desideroso di mantenere la sua libertà, non fugge quando deve schierarsi al fianco dei suoi cittadini, per questo, durante l'insurrezione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848, il popolo costruendo le barricate mise la sua immagine come baluardo. 
A Porta Ticinese, Meneghino, proveniente dalla campagna, incontra Cecca, la sua futura moglie. 
Cecca Di Berlinghitt (in milanese fronzoli, decorazioni), che di mestiere smercia nastri alle clienti del marito. 
Meneghin (nelle versioni più recenti),veste con casacca marrone, pantaloni di panno verde listati di rosso, calze a righe rosse e bianche, cappello a tricorno marrone con bordo rosso e parrucca con capelli raccolti in un codino. A differenza di altri personaggi, non porta la maschera sul viso.

Balanzone 

Il Dottor Balanzone é la maschera tipica di Bologna; rappresenta un dottore in giurisprudenza, laureato all'Università di Bologna, sua città natale e capitale della cultura nel cinquecento.E' giureconsulto, filosofo, avvocato, astronomo, medico. Si intende di tutto, é pedante e sentenzioso con i suoi ragionamenti rigorosi e strampalati. 
Sale sempre in cattedra dando consigli non richiesti e sommergendo gli ascoltatori con un diluvio di parole, massime, discorsi pomposi in latino o greco, sgrammaticati ed insulsi. 
Parla dialetto traducendo talvolta le battute in italiano mantenendo il forte accento Bolognese. 
E' amante, della buona tavola e del buon vino. 
L'aspetto é imponente, rotondo, pieno di buon umore. Le guance sono rosso vino e porta un gran paio di baffi all'insù. 
Toga lunga e nera, panciotto nero, pantaloni al ginocchio neri con calze bianche e scarpe anchesse nere con piccolo tacco. 
Polsini e gorgiera bianchi, una grossa cintura alla vita con un pugnale o un fazzoletto, ed un cappello nero a larghe falde. Praticamente é l'abito dei medici nel Seicento. 
Indossa una piccola maschera nera che ricopre soltanto le sopracciglia e il naso. 
Molto spesso tiene un libro sotto braccio che completa la sua immagine. 

Brighella 

Maschera bergamasca come quella di Arlecchino, ma come lui stesso ci tiene a precisare, é nato a Bergamo Alta, mentre il suo degno compare Arlecchino é nativo di Bergamo Bassa. 
Non é solo servo, ma s'ingegna in altri mestieri. Nel corso degli anni migliora nel carattere, mitigando le proprie scelleratezze. 
Mente pronta e agile é: intrigante,coraggioso, chiacchierone, bugiardo e soprattutto la maschera più litigiosa (attaccabrighe=brighella). 
E' abile nel suonare e cantare e, nonostante l'atteggiamento un po' fanfarone ed arrogante, é sostanzialmente fedele ed altruista. 
La maschera originaria indossava una gonna bianca listata di verde che, con il passare degli anni lasciò il passo all'odierna divisa: 
una livrea con calzoni, giacca e mantello bianchi listati di verde, mezza maschera nera o verde oliva con un bel naso aquilino e, una folta barba nera o un bel paio di baffi da cavaliere; berrettone bianco con profili verdi che richiamano il vestito. 
Come accessori porta attaccati alla cintura, un bastone (meglio un mestolo di quelli utilizzati per rimentare la polenta), che con il passare del tempo si é trasforato in spadino, ed una borsa di pelle. 

Pantalone

E' una delle più antiche maschere della commedia dell'arte. Maschera di Venezia, rappresenta il ceto mercantile dell'antica Repubblica Veneziana. 
Il suo nome deriverebbe da un antico santo protettore di Venezia, Pantaleone, oppure da Pianta-leone, un'antico commerciante che quando acquistava terreni piantava orgoglioso la bandiera con il Leone, simbolo di San Marco e vessillo della Serenissima Repubblica; oppure deriverebbe ancora dai pantaloni indossati dal personaggio. 
Pantaleone é un vecchio mercante che amministra con molta parsimonia i suoi averi; ricco, avaro, geloso e brontolone, diffidente, pettegolo ma anche vitale e sensuale; é attratto malgrado l'età dalle giovani donne e solo con loro é gentile e galante. 
L'unica cosa che davvero gli interessa é il suo denaro e il commercio. Le uniche persone che in qualche modo riescono a raggirarlo, sono la moglie e la figlia. 
Indossa lunghi pantaloni attillati e casacca di color rosso, un lungo mantello nero, pantofole, maschera dal lungo naso a becco, alla cintura, un corto spadino e la "scarsela" (ovvero la borsa con i denari). 

Pulcinella 

Pulcinella, simbolo di Napoli, é la più nota maschera della tradizione italiana meridionale. 
Degno compare di Arlecchino é talvolta suo rivale, specialmente negli intrighi amorosi. 
Il suo nome sembra derivi da "pulcino" a causa del suo naso a becco e della sua voce. 
Servo o facchino ma comunque povero, sciocco ed insensato, a volte arguto, pigro e credulone, con una furbizia eccezionale che lo aiuta a risolvere i problemi più disparati; capace di grandi amori (spesso rivale di Arlecchino), imbroglione e generoso, ha uno spirito allegro e generoso con il quale combatte le avversità della vita, aiutandosi poi con una bella cantata. 
E' un furbo travestito da sciocco, a volte é ricco o povero, prepotente o codardo; altre volte presenta contemporaneamente i tratti in antitesi. 
Il suo massimo ideale di vita é non far nulla e per soddisfare il suo appetito inesauribile, é pronto a rubare, dire bugie e prendere bastonate. 
Non riesce mai a stare zitto, tanto che é rimasto il modo di dire "é un segreto di Pulcinella", per indicare qualche cosa segreta che tutti conoscono. 
Ha la gobba ed il ventre sporgente; un'ampio camicione bianco chiuso da una grande cintura nera (inizialmente una corda), tenuta bassa sopra i calzoni cadenti anch'essi bianchi. 
Porta sul viso una mezza maschera nera, solcata da profonde rughe e con un grosso naso adunco, la voce é stridula e chioccia. 
In epoca più recente lo troviamo più curato nel vestire, perde la barba e la gobba, il coppolone sostituisce il cappello di feltro grigio. 

Stenterello 

Maschera Fiorentina, dallo spirito mordace e arguto tipico dei Toscani. A volte marito tradito, a volte servo sciocco o intrigante; dice cattiverie e parla spesso in versi. 
E' generoso con chi é più povero di lui, spesso in fuga dai creditori, con il suo ottimismo, l'arguzia e la saggezza riesce a superare le avversità della vita. 
E' sempre pronto a fare la corte alle donne ma per un buon pranzetto, farebbe di tutto, anche scordarsi dell'amore. 
Il fisico é magro come di una presona che vive di stenti, porta una treccia di capelli lunghi fino alla vita. Gli mancano due denti davanti e con il sughero si dipinge due sopracciglia nere che gli arrivano fino alle orecchie. 
Indossa una giacca blu con il risvolto delle maniche a scacchi rossi e neri. 
Il panciotto verde pisello con pallini verdi più scuri, pantaloni corti e scuri. Le calze sono di colore diverso, una rossa fermata dai pantaloni, l'altra a strisce bianco - verde. Scarpe nere con la fibia. 
In testa porta un cappello a barchetta nero e una parrucca con il codino. 

Capitan Spaventa

E' la caricatura del soldato che si vanta continuamente delle proprie prodezze, grandi imprese, grandi battaglie, ma che in realtà é un gran pauroso. 
Indossa la divisa del soldato spagnolo, un grande cappello con piume. Porta due terribili baffi sormontati da un grosso e lungo naso.



Altre maschere:

Rugantino (Lazio) - Beppe Nava (Sicilia) - Mamuthones (Sardegna) - Tartaglia (Napoli) - Pierrot - Rosaura - Tabarrino - Scapino - Gianduia (Torino)

  

 
 
 
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CINCIARELLE



 

I POETI LAVORANO DI NOTTE



I poeti lavorano di notte
quando il tempo
non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

Alda Merini, da "Destinati a morire"

 

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DANZA DELLE STREGHE


Le streghe non si vedono,
ma le streghe ci sono
Nel buio si radunano,
in riva a fiumi e laghi
Corrono senza un frullo,
volano senza un suono
Non le sentono gli uomini,
non le vedono i maghi.

Le streghe sono magiche,
le streghe sono donne
Incendiano le tenebre
con le risa e la danza
Fanno ruotar mantelli,
le favolose gonne
Finché dura la notte,
finché ne hanno abbastanza.

E gli umani le cercano,
le vogliono vedere
Curiosi delle favole,
stupiti delle grida.
E furtivi si accostano,
chini nelle ombre nere
Tremanti di paura,
ubriachi di sfida.

Ma le streghe li sentono,
corrono sulle sponde
Sopra le acque fuggono,
gioiose equilibriste
E per gli umani restano
i cerchi delle onde
Come gonne che ridono:
"Le hai viste? Non le hai viste?"

Bruno Tognolini
da Melevisione
Il libro nero di Strega Salamandra
Giunti Junior Editore

 

BIANCA TRA LE FOGLIE

 

RIMA DELLA RABBIA GIUSTA



Tu dici che la rabbia
che ha ragione
È rabbia giusta
e si chiama indignazione
Guardi il telegiornale
Ti arrabbi contro
tutta quella gente
Ma poi cambi canale
e non fai niente
Io la mia rabbia giusta
Voglio tenerla in cuore
Io voglio coltivarla
come un fiore
Vedere come cresce
Cosa ne esce
Cosa fiorisce
quando arriva la stagione
Vedere se diventa
indignazione
E se diventa,
voglio tenerla tesa
Come un'offesa
Come una brace
che resta accesa in fondo
E non cambia canale
Cambia il mondo

Bruno Tognolini
da "Rime di Rabbia", Salani Editore

 

FILASTROCCA LIBERA




Libero, libera, liberi tutti
Libero l'albero e libero il seme
Liberi i belli di essere brutti
Le volpi furbe di essere sceme
Il fiume libero d'essere mare
Il mare libero dall'orizzonte
Libero il vento se vuole soffiare
Liberi noi di sentircelo in fronte
Libero tu di essere te
Libero io di essere me
Liberi i piccoli di essere grandi
Liberi i fiori di essere frutti
Libero, libera, liberi tutti

Bruno Tognolini,
da Rima rimani, Salani 2002

 

SCONGIURO CONTRO IL NAZISMO FUTURO




Gli abbiamo detto
che la rabbia non è bene
Bisogna vincerla,
bisogna fare pace
Ma che essere cattivi
poi conviene
Più si grida, più si offende
e più si piace
Gli abbiamo detto
che bisogna andare a scuola
E che la scuola com'è
non serve a niente
Gli abbiamo detto
che la legge è una sola
Ma che le scappatoie sono tante
Gli abbiamo detto
che tutto è intorno a loro
La vita è adesso,
basta allungar la mano
Gli abbiamo detto
che non c'è più lavoro
E quella mano
la allungheranno invano
Gli abbiamo detto
che se hai un capo griffato
Puoi baciare 
maschi e femmine a piacere
Gli abbiamo detto
che se non sei sposato
Ci son diritti
di cui non puoi godere
Gli abbiamo detto
che l'aria è avvelenata
Perché tutti
vanno in macchina al lavoro
Ma che la società sarà salvata
Se compreranno
macchine anche loro
Gli abbiamo detto tutto,
hanno capito tutto
Che il nostro mondo è splendido
Che il loro mondo è brutto
Bene: non c'è bisogno di indovini
Per sapere che arriverà il futuro
Speriamo 
che la rabbia dei bambini
Non ci presenti
un conto troppo duro

Bruno Tognolini
da "Rime di Rabbia", Salani Editore
 

I PIEDI
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Salgono i piedi per la salita, 
passo per passo finché è finita.
Scendono i piedi per la discesa,
giù verso il basso
che il passo non pesa. 
Piedi leggeri, passi pesanti, 
lungo i sentieri
che portano avanti. 
Passi di marcia rivoluzionaria: 
testa per terra, piedi per aria. 

Bruno Tognolini
da "Rimelandia" 
Il giardino delle filastrocche
Mondadori Newmedia

 

DANZA ARABA

 

JAZZ

 

TEATRO



"Il mio scopo non è insegnarvi a recitare, il mio scopo è aiutarvi a creare un uomo vivo da voi stessi. Il materiale per crearlo dovete prenderlo da voi stessi, dalle vostre memorie emotive, dalle esperienze da voi vissute nella realtà, dai vostri desideri e impulsi, da elementi interni analoghi alle emozioni, ai desideri e ai vari elementi del personaggio che impersonate ... Imparate ad amare l'arte in voi stessi e non voi stesse nell'arte."

Konstantin Sergeyevich
Stanislavskij

 

CINEMA

"Il cinema è composto da due cose: uno schermo e delle sedie. Il segreto sta nel riempirle entrambe." Roberto Benigni

 

GENERALE



Generale,
il tuo carro armato
è una macchina potente.
Spiana un bosco
e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
Ha bisogno di un carrista.

Generale,
il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d'una tempesta
e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
Ha bisogno di un meccanico.

Generale,
l'uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.

Bertolt Brecht

 

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