Creato da mcalise il 13/05/2013

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Il giorno della memoria. L’arte antidoto contro l’indifferenza

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale che il 27 gennaio di ogni anno commemora le vittime dell'Olocausto. Molte sono le iniziative per ricordare quei terribili eventi, mi sembra che tutte abbiano un filo conduttore: non dimenticare può accadere di nuovo.

Ma era già accaduto, agli inizi del novecento, con il genocidio degli armeni; ce lo ha ricordato Antonia Arslan nel suo commovente libro “La masseria delle allodole”.

Altri lo hanno seguito: nel luglio 1995, a Srebrenica, migliaia di musulmani bosniaci furono uccisi dalle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladic.

Sono solo esempi; qualsiasi elencazione sarebbe ingiustamente incompleta, viziata anche dal nostro eurocentrismo. A volte condivido il pessimismo che Francesco Guccini esprimeva in “Auschwitz”, intensa canzone uscita nel 1966: “Io chiedo quando sarà che l'uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare ”.

In queste ricorrenze la retorica è in agguato; un modo per evitarla è legare il passato con il presente ed il futuro. Ossia partire dalla storia per meglio agire nel presente e per progettare il futuro.

La mia riflessione odierna ha preso le mosse dalla visione de “Il giardino dei Finzi-Contini” trasmesso, pochi giorni orsono, su Rai Storia. Il film, tratto dal libro di Giorgio Bassani, narra la storia di alcuni giovani ebrei ferraresi e la tragica fine dei Finzi-Contini all’epoca delle leggi razziali fasciste. La leggerezza calviniana con cui il regista, Vittorio De Sica, dirige il film fa risaltare ancor più “la banalità del male”.

Seppur operazione ardua, comunque arbitraria, l’estrazione di spezzoni di dialogo dall’opera mi consente di evidenziare particolarmente la sua attualità. Due frasi di Giorgio, il coprotagonista.

La prima. Discute col padre, ebreo fascista illuso, delle persecuzioni in atto e gli dice: “ma stiamo stati zitti quando non toccava a noi”.

La seconda. Al direttore della biblioteca comunale che lo espelle sostenendo che è “costretto” risponde amareggiato: ”lei ha famiglia, tutta l’Italia ha famiglia”.

Ecco che ritroviamo il clima attuale, gli atteggiamenti nei confronti degli altri, degli immigrati in particolare. È l’indifferenza, il silenzio dei più, che dà spazio alla inumanità.

Ancor oggi ci commuovono le storie dei nostri emigranti vittime dell’indifferenza altrui (toccava a noi, ai nostri), ora tocca ad altri e la nostra indifferenza (non tocca a noi) li rende vittime dell’inumanità di una, per ora, minoranza. E la seconda frase si collega ricordandoci l’italico “tengo famiglia”. Aveva ragione Piero Gobetti sostenendo che il fascismo ha contribuito fortemente a modellare il carattere degli italiani: “Ma il fascismo è stato qualcosa di più; é stato l'autobiografia della nazione” (Rivoluzione liberale n. 34 del 1922).

Non dobbiamo dimenticare che lo spirito discriminatorio si diffonde come un veleno, se l’alimentiamo quando colpisce altri dovremmo anche pensare che potremo, un giorno, esserne vittime.

Ma la cosa più importante è non perdere la nostra umanità, non rinunciare ai nostri valori morali e civili; la Storia, pur non essendo maestra di vita, manda segnali utili che emergono anche nelle opere di tanti artisti. Film, libri, canzoni, l’arte nelle sue molteplici forme stimola i nostri sentimenti, le nostre riflessioni, allarga gli orizzonti. Le opere citate ne sono solo un piccolo esempio.

In conclusione un auspicio. Il Giorno della Memoria non sia occasione di effimeri eventi ma segni una tappa, un punto di arrivo e di ripartenza, per un check-up dei nostri sentimenti individuali e collettivi, dello stato della nostra civiltà.

I riferimenti da cui partire, a mio avviso, possono essere tre semplici, grandi idee fra loro connesse ed oggi un po’ appannate: Liberté, Égalité, Fraternité. Una base minima alla quale ancorarsi per far divenire la nostra “non-indifferenza” palpabile e diffusa quotidianità.

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Commenti al Post:
misteropagano
misteropagano il 26/01/17 alle 13:10 via WEB
Buongiorno. In questa epoca di 'liquidazzazione' i più si sentono ingabbiati persino dalla cultura; sperimentare all'interno di essa è pur sempre arte, tuttavia nello scollegamento dei grandi significati della storia, con le sue contraddizioni aperte dagli stermini di ogni 'fazione' si coglie lo sbando attuale; il navigare la vita tra identità confuse, non riconoscibili se non da una aperta ostilità l'una contro l'altra:per sommi capi. Tant'è che ognuno di noi è in ogni caso pronto al mattino a vivere come se tutto ciò non accadesse nel pensiero che ci alimenta e sovrastruttura, e per certi versi, per fortuna.
 
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