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« Riforma degli ammortizza...Articolo 18: c'è una qu... »

riforma fornero: e le politiche attive?

Post n°9 pubblicato il 18 Marzo 2012 da claudionegro50
 

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La proposta del ministro Fornero sulla riforma degli ammortizzatori sociali è buona in molti suoi punti:

  • la disoccupazione a requisiti ridotti diventando ASPI – trattamenti brevi dà un'indennità pari a quella dell'ASPI (70% della retribuzione: il doppio di adesso). Inoltre viene pagata subito e non l'anno successivo: può diventare uno strumento molto utile per i lavoratori discontinui, con numerosi contratti a termine di breve durata. Bisogna capire se vale anche per le collaborazioni, come parrebbe di capire sulla base del fatto che viene abrogato il “trattamento una tantum cocopro e cococo”.

  • La disoccupazione ordinaria diventando ASPI aumenta il grado di copertura, non soltanto rispetto all'indennità attuale (70% contro 60%, che scendono poi a 55% contro 50%) ma anche rispetto alla mobilità: il metodo di calcolo e il massimale a 1.119 € fanno sì che a partire da una retribuzione indennizzata di 1.300 € lordi il trattamento sia superiore a quello attuale.

  • L'istituzione obbligatoria di Fondi Bilaterali per gestire la Cassa Integrazione responsabilizza le Parti Sociali (magari dovendo gestire direttamente i conti, riusciranno ad evitare che le imprese richiedano un numero di ore di cassa più che doppia di quella che poi veramente usano) e riconduce ad una modalità di cogestione assicurativa il sostegno al reddito per sospensioni temporanee. Anche la possibilità di utilizzare in quest'ambito i Fondi Interprofessionali (lo 0.30%) è una novità interessante, ma ne parlo dopo...

  • La contribuzione aumenta sostanzialmente a carico di chi prima non pagava niente per la CIG (artigiani, imprese commerciali sotto i 50 dipendenti, ecc.) e pochissimo per la disoccupazione (0.40% gli artigiani, contro il 1.30% dell'industria). Tuttavia, per esempio nel caso degli artigiani, l'aumento contributivo verrebbe in gran parte assorbito dal contributo già versato all'Ente Bilaterale Regionale per il sostegno al reddito dei dipendenti. Per le imprese industriali cambia pochissimo: il contributo per la disoccupazione resta fermo al 1.30%, più l'addizionale per i tempi determinati, che però può essere recuperata assumendo il lavoratore definitivamente (e comunque non si applica a sostituzioni, apprendisti e stagionali). Cade il contributo dello 0.30% per la mobilità, sostituito dal contributo di licenziamento (½ mensilità ogni 12 mesi di anzianità aziendale, molto inferiore al contributo di 9-6 mensilità dovute attualmente per la mobilità).


Il punto più complicato è quello della durata del trattamento di disoccupazione: è bensì vero che con l'attuale normativa uno “scivolo” poteva durare tra diverse CIG e mobilità anche 10 anni o più. Ma i 12 mesi dell'ASPI, estendibili a 18, potrebbero essere un po' pochi. Meglio: potrebbero essere congrui se accompagnati da politiche di ricollocazione efficaci; in condizioni normali nei paesi che praticano la flexicurity 12 mesi bastano per ricollocare la gran maggioranza dei candidati; nel nostro caso possiamo allungare il periodo, o incentivare le assunzioni delle categorie più svantaggiate.

Ma di Politiche Attive non c'è traccia nella proposta: è su questo punto che essa va rafforzata. Allora, per esempio, si potrebbe pensare che i Fondi Interprofessionali si facciano carico non di parte delle “politiche passive” (indennità) ma delle “politiche attive” (ricollocazione). Facendo così magari qualcosa di più utile che dare lavoro ad Enti Formativi che risultano essere di solito riconducibili alle associazioni imprenditoriali...

 

 

 
 
 
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