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Il tempo e la vetrina

Post n°390 pubblicato il 22 Maggio 2009 da clodclod
 

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Il tempo e la vetrina

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Al bar ‘Les fleurs du poète’,la vetrata è una grande vetrina che espone -a chi è dentro- la piazza , il sole o la nebbia; da fuori  espone signore un po’ snob sedute a farsi guardare. Nei palazzi barocchi , schierati lì intorno, il tempo è statico, fermo, marmoreo; sempre ammirato . Il tempo è comunque per loro finito, passato. Concluso.

Al bar ‘Les fleur du poète’ è l’ora du petit déjeuner, in questa mattina di quasi printemps.. Qualcuno ha pensato  di  variare la lista o menu di caffè  cappuccini  .Ed ecco ad esempio ,col latte,  fettine di pane secco e raffermo. Come nel dopoguerra e più oltre. La clientela  plaude a questa pensata: originale trovata (?)…..   segno di distinzione….. o adatta ad una magia come quella  prustiana … ? Il tempo, altrove fermato tra volute barocche, è qui ritornato , nel pane di ieri inzuppato nel latte, in vetrata e in vetrina anche lui a conferma che non c’è cosa passata che non possa tornare, viva, con sapori e odori e sfondi di scenografie - se un tempo l’hai vissuta….. Ma qui è sotto forma di moda, guscio vuoto senza necessità, che non sia quella dell’eccentricità a rovescio o della pubblicità. O della crisi.

Il Tg presenta in un flash questa news, come curioso folclore. E passa ad altro. Io no. Io penso : non mi serve quel bar di ‘forse’ Torino pour tre à la page . A volte di notte prima di andare a dormire mi faccio una dolce zuppetta di lattepanvecchio, come da bambina. E a volte ritrovo il sapore speciale del pane che  nonna e  zia Dina facevano in casa, solo loro ormai, e un pezzo di rarità toccava anche a me purché mangiassi inghiottissi qualcosa. E sono su bici di mamma, seggiolino che punge le cosce, vestito azzurro diventato corto ma non devo sporcarlo. Cancello casa di nonna. Lei vestita di scuro . Stiamo salutare tornare a casa . Tra un po’  sirena di fabbrica e papà arriva. E nonna mi dà, come sempre, a me piccola piccola, la forma di pane. A casa mangio la rarità:  adagio per capire sapore che altro pane non ha, non ha. Sapore di cesta di vimini dove nonna lo tiene?.. sapore di mani che l’hanno impastato e di fatica di braccia?...O è perché  pane di casa è condito con chissà che magia? O la magia è stato   giocare con zii che mi sollevalto alto da terra, o magia è vedere  lassù su tavola  montagne formaggio che vien giù  da grattugia come neve : ne vuoi un po’? e poi parlare e ridere, e zia Dirce contafavole che solo lei conosce e ogni pezzo di storia un cucchiaio  di pasta e fagioli, uno solo, un altro dai.

E da grande la mattina all’alba, odore di legna e di stufa e caffè, prima di partire per scuola, e a volte papà per la caccia, in questa luce calda che dice è ancora buio là fuori, io cerco quante volte cerco quando mi ricordo ,cerco quel sapore anche se pane di nonna non c’è più, e senza dirlo a nessuno sono contenta quando mi pare di sentirlo arrivare nel palato e mastico ancora più adagio, mentre papà seduto vicino stufa parla sottovoce con carocucciolo cane più stupido del mondo.  

 

 

 
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