L'onda è il mare

Pagine di diario

VINCERÒ

L'amore è la totale assenza di paura.
L'amore non pone domande.
Il suo stato naturale è di estensione ed espansione,
non di CONFRONTO e MISURAZIONE.
Gerald G. Jampolsky

Nella fiaba "Biancaneve e i sette nani" dei fratelli Grimm si narra che il re, dopo aver avuto una bimba incantevole, Biancaneve, dalla prima moglie, morta prematura per una grave malattia, decise di risposarsi. La nuova regina, una donna suppostamente bella e certamente vanitosa, aveva l'abitudine ogni mattina di interrogare il proprio specchio magico: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?" Ma l'ingrato specchio rispondeva immancabilmente che la più bella del reame era Biancaneve. Ossessionata dalla propria avvenenza e stracolma d'invidia nei confronti della figliastra, decise di liberarsene definitivamente. Assoldò un cacciatore perché la portasse nel bosco e la uccidesse.
La storia a questo punto si contorna di risvolti inattesi, perché il sicario si rifiuta di finire la meravigliosa principessa. La matrigna, venutane a conoscenza, imperterrita, tenterà in altri modi di sbarazzarsi della sua concorrente, ma il destino le sarà avverso.

E qui, dove finisce il mio racconto, inizia qualche riga di esegesi  sull'atteggiamento della matrigna.

La seconda moglie del re non accettava di essere seconda a nessuno. Impareggiabile, senza limiti. Sempre in competizione. Presumeva di essere la PIÙ bella, anzi lo pretendeva, anche se la realtà diceva altro.

La sua dialettica tacita e nascosta: "Lei è bella, ma io sono più bella, lei è brava, ma io sono migliore, lei sa fare questo, ma io lo so fare meglio...".
Un misto di ambizione e narcisismo.

Al tempo dei fratelli Grimm la psicologia era ancora in incubazione e godeva della protezione razionale della filosofia. Dal '900 in poi, affrancata, questo impulso si usa qualificare con "voglia di primeggiare".

Essere il primo, il migliore. Confrontarsi. Sfidare. Sopravanzare. Scavalcare. Superare. Attrazione del trofeo. VINCERE... a scapito di qualcuno/a.
Se si compete è per misurarsi, umiliare l'avversario, sconfiggerlo, farlo sfigurare e mortificarlo, far vedere che valgo DI PIÙ.
Magari sostengo (a parole) che nelle relazioni è importante la qualità più che la quantità, allora perché mi misuro sempre?

Altra cosa è dare il massimo, migliorarsi, impegnarsi, darsi da fare, sviluppare i propri talenti, acquisire nuove capacità, correggersi, modellarsi. Arricchire la propria personalità senza perdersi in chiacchiericci di invidia e presunzione, ma sapendo privilegiare i percorsi di maturazione.
Limare i propri limiti per riequilibrarsi, assorbire le sconfitte per riarmonizzarsi.

Perennemente in competizione. Perennemente in lotta. Ne conosco di persone, coppie, così.

(?) Un'inferiorità che cerca di emergere dal buio dell'inconscio per sentirsi appagata di un senso. Rivendico la mia superiorità, perché l'abilità e la competenza vanno stigmatizzate. Io possiedo un DI PIÙ inespresso.

(?) Insicurezza. Da cui il bisogno di essere continuamente approvati e cercare alleati che sostengano la nostra battaglia.

(?) Un desiderio insoddisfatto e oscuro di esperienze passate (infantili?) che si ha vergogna a confessare a se stessi, tanto meno a elaborare nella propria mente. Da cui disistima e paura di essere secondi.

(?) Una sottile rivalsa per la poca attenzione o carenza affettiva sofferta da piccoli. Qualcuno la deve pagare. Bisogna sempre stare all'erta, pronti per duellare.

Difficile riconoscerci competitivi, invidiosi, narcisi.
A parole possiamo essere infingardamente più arrendevoli, ma, si sa, a parole sappiamo pure indorare la tragicità del distacco, del dolore e della morte.
Arriviamo persino a sostenere serenamente che vi è una competizione buona e una cattiva, dimenticando che quando si compete tra persone lo si fa "a scapito di qualcuna/o".

Nei fatti, infatti, tutto torna a verità. Sempre!!!