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Post N° 91

Post n°91 pubblicato il 02 Settembre 2007 da jinny1978
 

PER LA BELLEZZA ACQUA AROMATICA ALLE ROSE E POLVERI DI SEPPIA

Inviato il Friday, 21 March @ 09:50:35 CET di
redazione
Fitocosmetica
Parlando del Medioevo non si può
prescindere dal rievocare le Crociate. Di ritorno dall'Oriente, i
Cavalieri crociati cominciarono a portare e a diffondere in Europa gli
aromi sensuali degli harem, unitamente alle spezie (per la cucina e
l'esaltazione dei sensi) che a quei tempi erano costosissime. ma già da
allora i profumi, per conservarsi attraenti e per sedurre, erano
numerosi.

Uno era
l'acqua aromatica alle rose, un'essenza molto amata dagli orientali.
Poi c'erano i profumi alla violetta, alla lavanda, al rosmarino e al
fiore d'arancio che si diffusero anche in Italia già dal XIV secolo. I
"grandi" della terra si mostrarono favorevoli ai profumi. Il re Carlo
V, ad esempio, già nel 1365 fece piantare nei giardini del Louvre, a
Parigi, la salvia, l'issòpo, la lavanda, i gigli e le violette affinché
le erbe aromatiche non mancassero mai ai maestri profumieri che da essi
estraevano le piacevoli essenze.



Mentre abbondavano i profumi, l'uso dei cosmetici era molto modesto.
Per conservare la bellezza e sedurre l'uomo la donna, nel Medioevo, non
aveva a disposizione ciò che oggi è in dotazione di tutte le donne del
terzo millennio. Gli sforzi compiuti in particolar modo dalle
castellane si orientarono soprattutto nel mostrarsi in pubblico con una
carnagione bianca e trasparente, limitandosi ad applicare sugli zigomi
un po’ di colore rosa o giallo. Tingevano le guance con polvere di
zafferano. Poiché i profumi e i prodotti cosmetici costavano molto, le
casalinghe preparavano "rimedi" più semplici e meno dispendiosi. Per
eliminare le lentiggini o efelidi dal viso, la casalinga metteva a
bollire l'acqua con alcune radici di levistico (pianta delle
Ombrellifere) cui aggiungeva due chiare d'uovo, lavandosi poi il viso
con quest'acqua.


Per conservare la bellezza del volto,
le donne preparavano un unguento composto di biacca di piombo, bianco
d'uovo sbattuto, grasso di maialino, polveri di seppia e canfora.
Questa polvere rappresentava, per le casalinghe dell'epoca, un prezioso
"belletto" per ravvivare il colorito!
Per combattere ed eliminare
le "rughe", segni della vecchiaia, utilizzavano una pomata a base di
fiori di ninfea (genere di pianta acquatica dalle grandi foglie), fave
e petali di rose. Le donne, nel Medioevo, volevano una fronte molto
spaziosa e per pttenerla depilavano le sopracciglia e l'attaccatura dei
capelli e, per adeguarsi al gusto o alla moda del tempo, coloravano i
capelli con ricette dei maestri profumieri italiani.


Parlando di Medioevo, è d'obbligo
accennare all'istituzione delle Università in tutta Europa (Parigi,
Montpellier, Padova, Bologna, ecc.) dove lo studio della medicina
raggiunse i massimi livelli. Furono proprio le Università ad impedire
ai monaci di esercitare le arti sanitarie fuori dei monasteri, mentre
sappiano che - grazie proprio agli orti o giardini dei Conventi ed
Abbazie veri laboratori di botanica - s'insegnò a conoscere le virtù
delle piante aromatiche sia a scopo curativo (fitoterapia) sia per la
preparazione di cosmetici e profumi.
Furono i monaci a rivelarci i
poteri terapeutici dei "semplici" (piante che contengono principi
attivi capaci di curare le malattie): salvia, aneto, timo, rosmarino,
lavanda si dimostrarono efficaci nel combattere e prevenire le epidemie
o, almeno, il fetore insopportabile che esse causavano in intere città
e villaggi.



La peste, vero flagello dell'epoca, era curata con i più strani
intrugli di parti d'animali, erbe e minerali (uno fra i più noti era
"l'olio di scorpioni"). Per fronteggiare le pestilenze, i medici,
soprattutto in Umbria, si basarono sulla prevenzione, raccomandando
alle donne di cospargere i pavimenti di casa con piante aromatiche, di
lavarli con acqua, aceto e petali di rose di macchia. Le case dovevano
essere asperse con acqua profumata e consigliavano di bruciarvi
rosmarino e bacche di ginepro. Le persone a contatto con gli appestati
avevano l'obbligo di disinfettarsi la bocca e le mani con vino
aromatizzato con pepe, cannella, zenzero, chiodi di garofano e macis.
Intorno al 1370 i medici scoprirono un rimedio sovrano, si diceva, per
sottrarsi non solo alla peste, ad anche a svariate malattie: l'acqua
della regina d'Ungheria, la cui composizione - purtroppo - non è mai
giunta fino a noi.


Per preservarsi dalle epidemie e
curare le malattie uomini e donne, nel Medioevo, inalavano insomma
sostanze aromatiche e vegetali assai costose, contenute in un globo
profumato che tenevano sempre a portata di mano. Il medico Oliviero
dell'Aia, a chi intraprendeva un viaggio, raccomandava: «Chi vuol fare
un lungo viaggio in aria puzzolente, torbida e malsana, deve portare
con sé pomi canditi ad arte (erbe e spezie aromatiche) di buon odore e
aroma, senza i quali mai osi andare a visitar anche malati».


Si dava ai contenitori di profumi la
forma di "globo" perché simboleggiava la vita eterna, la potenza e la
forza. Quanto alla salute, i globi avevano importanti qualità anche
terapeutiche: secondo le credenze di allora favorivano la digestione,
combattevano le malattie degli organi femminili e l'impotenza maschile.
Il corpo del recipiente era traforato per consentire al profumo delle
erbe di esalare meglio ed era ornato di roselline concentriche.


Articolo di Salvatore Pezzella

erbe.it

 
 
 
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