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Post N° 94

Post n°94 pubblicato il 04 Settembre 2007 da jinny1978
 



Da Vitruvio... a Formia

L’acqua tra mito, filosofia e letteratura
 



Le tradizioni leggendarie di popoli molto antichi e diversi riportano il mito del diluvio universale che, in una certa epoca, ha distrutto tutta l’umanità, tranne pochi eletti. E un motivo presente nella tradizione orale e scritta di circa 400 comunità mondiali. Gli studi geologici condotti nelle zone dove il racconto è più vivo e circostanziato (la zona tra il Tigri e l’Eufrate) hanno rivelato la presenza di tracce di grandi inondazioni legate ai secolari cicli dei disgeli postglaciali. Ma queste inondazioni risultano essersi verificate in epoche e con intensità diverse. Si deve allora pensare che la presenza in tante comunità dello stesso mito risalga a motivi religiosi.

Come nelle celebrazioni misteriche, l’iniziato deve morire simbolicamente per poter rivivere in possesso delle autentiche qualità umane, così tutta l’umanità deve passare attraverso la morte per rigenerarsi. E significativo il fatto che l’acqua sia considerata la fonte della vita da tutte le tradizioni arcaiche; la vita, dunque, si congiunge con la morte per dare origine ad una nuova vita. L’eletto che si salva galleggia a lungo sulle acque; è il simbolo dell’uomo rigenerato che, dall’acqua portatrice di morte per gli altri, assume le facoltà per una vita totalmente nuova.

Sul piano della diffusione del mito del diluvio, un centro fondamentale fu la zona assiro-babilonese ed ebraica e la direttrice di diffusione andò verso l’India fino al Pacifico. Un altro centro di irradiazione fu il Medio Oriente e da lì il mito passò nell’Asia centrale, in Siberia e, con le migrazioni attraverso lo Stretto di Bering, fino all’America Settentrionale.

La tradizione letteraria greca presenta il mito di Deucalione e Pirra, unici superstiti di un diluvio universale mandato da Zeus per punire la malvagità degli uomini. Anche la tradizione ebraica attribuisce la causa del diluvio alla cattiveria degli uomini e racconta il cataclisma nella Bibbia, libro I della Genesi: Dio decide di punire l’umanità ed elegge a continuatori della stirpe umana Noè ed i suoi figli. Nella Sacra Scrittura l’acqua evoca ancora interventi divini nella storia della salvezza: le acque del Mar Rosso, l’acqua scaturita dalla roccia, l’acqua del Giordano. Nella mitologia sumera il diluvio è inteso come l’evento sacro che divide il tempo in ante-diluviale e post-diluviale.

Il diluvio babilonese è narrato nell’Epopea di Gilgamesh, un poema in lingua assira, tramandato su 12 tavolette cuneiformi rinvenute a Ninive nel secolo scorso. Nell’undicesima tavoletta si parla di un antenato di Gilgamesh, Utnapishtim, scelto dal dio Ea per ricostituire l’umanità dopo il diluvio mandato sulla terra per punire la malvagità umana. È importante notare che le tradizioni più svariate insistono su un punto comune: la presentazione del ciclo degenerazione-generazione, sempre con la presenza dell’elemento acqueo, inteso come morte-vita.
 
Tavoletta 11 del poema di Gilgamesh, British Museum
 
Il Grechetto (1609-1664), Deucalione e Pirra

Il mito indonesiano parla, invece, di un’inondazione rivolta contro le montagne. La mitologia maya utilizza tre diluvi per distinguere quattro ere del mondo, vissute da quattro diverse umanità. Anche oggi svariati sono i culti di salute legati alle acque sorgive in una vasta area che va dall’Estremo Oriente (l’immersione nel fiume Gange) all’Occidente cristiano (l’acqua di Lourdes).

Vitruvio, nella prefazione al libro VIII del De architectura, passa in rassegna varie opinioni filosofiche sul principio del mondo e sul ruolo assegnato all’acqua in alcune teorie cosmogoniche:

Uno dei sette sapienti, Talete di Mileto, indicò nell’acqua il principio di ogni cosa. Questa, fecondata per effetto di concepimento che hanno le piogge del cielo, aveva generato la prole degli esseri umani e di tutte le creature viventi al mondo; ciò che era frutto della terra ritornava ad essa quando l’inevitabile legge del tempo ne imponeva il disfacimento.

Pitagora, Empedocle, Epicarmo e altri filosofi della natura sostennero che gli elementi primordiali sono quattro, aria-fuoco-terra-acqua, che, combinandosi tra di loro secondo un modello fissato dalla natura, producono le qualità specifiche conformemente alle differenze di genere.
 

Vitruvio sostiene che senza l’energia proveniente da questi elementi nulla può crescere e vivere; per questo una divina mens ne ha reso facile la reperibilità. L’acqua, in particolare, “est maxime necessaria et ad vitam et ad delectationes et ad usum cotidianum”, senza trascurare il fatto, dice Vitruvio, che è gratuita. Così essa non è mai una sola cosa: è fiume e mare, è dolce e salata, è nemica ed amica, è confine e infinito, è “principio e fine” dice Eraclito.

Nelle pagine letterarie dell’antica Grecia è significativo l’elemento dell’acqua in Omero, che diventa parte integrante del nostoV nell’Odissea. Ulisse, nel suo viaggio verso Itaca, è costantemente a contatto con l’acqua, simbolo della vita e della tranquillità. Quest’aspetto è rappresentato dal bellissimo fiume che porta nella terra dei Feaci, dove Ulisse trova ospitalità e aiuto per tornare nella sua terra.

Ma l’acqua è rappresentata anche come elemento negativo. Infatti in Omero si legge che le Sirene simboleggiano la bonaccia, i rischi del mare e il fascino dell’ignoto, i mostri marini Scilla e Cariddi sono l’emblema dei pericolosi vortici e dei gorghi; Poseidone, dio del mare, incarna il carattere permaloso e irascibile degli dei. Nell’Anabasi, invece, Senofonte identifica l’acqua come possibilità di salvezza e di ritorno in patria e, quindi, alla vita.

Nella guerra tra Ciro il Giovane e Artaserse II, Senofonte guida i soldati sconfitti in una marcia lunga e faticosa verso il Mar Nero, simbolo della salvezza e della consapevolezza di essere prossimi alla Grecia. Interessante è parso, poi, il significato che l’acqua assume in Esiodo (VIII sec. a.C., Teogonia).

Essa nel racconto de La grande inondazione è un elemento di devastazione e punizione divina. Zeus, volendo eliminare il genere umano per tutte le scelleratezze commesse, decide di incendiare ogni luogo, ma il timore che le fiamme si propaghino fino all’Olimpo, lo induce ad utilizzare l’elemento contrario al fuoco: l’acqua. Inonda i campi, le pianure, i monti, travolge le messi, le mandrie e gli uomini… nessuno riesce a sopravvivere.

Anche per noi l’acqua, come per i greci, è una divinità, assomiglia all’anima dell’essere vivente: è irrequieta e non ha posa, non ha principio, non ha fine… è eterna.
Papiro contenente parte del libro 22, versi 111-149, dell’Iliade
 

 

 
 
 
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