Ambarabà

Ma lascia andare

Creato da scorpione.scorpione il 08/02/2011

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Messaggi di Maggio 2012

Family man

Post n°40 pubblicato il 29 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

Non c'è contraddizione con il fatto che le donne mi piacciano tanto.

Sono cresciuto in una famiglia senza donne, mia madre a parte, ancora oggi per me le donne sono una sorta di mistero ed è sempre una sorta di magia, quando una di loro accetta di stabilire con me la meravigliosa intimità del sesso.

Mi prende una specie di emozione religiosa, nell'accarezzare fianchi rotondi e morbidi. Mi sento inebriato al penetrare il vertice delle loro cosce: io, che mi vedo pesante e grezzo, con il mio arnese che mi sembra sempre violento e brutale, dentro la grazia dei loro corpi, dentro tanta fragile bellezza.

Per questo mi piacciono tanto le donne.

Però sono anche un uomo responsabile e lo ero fin da ragazzo. 

Quando sono arrivato qui, molti anni fa, furibondo per come erano andate le cose, pensavo che mi sarei trovato subito una donna ed avrei fatto un figlio.

In fondo io ho sempre avuto una famiglia, prima di allora.

L'avevo a 24 anni quando mi sono sposato.

L'ho avuta a 28 dopo che mi sono separato, perché un bimbo di tre anni da portare all'asilo e poi a scuola, al quale preparare la cena (primo e secondo perché sennò non era una vera cena) e tutte le altre incombenze, è una famiglia.

Ragazzo padre con la nonna a trenta chilometri.

E poi Silvia, tra un aereo e l'altro, dormiva nel mio letto, poco presente, ma andava bene in quel tempo

L'ho avuta con H., che mi ha portato sua figlia perché fosse anche mia figlia e lo è diventata e siamo stati tanti anni assieme allevando i figli.

Mia madre e mio padre hanno fatto della nostra una famiglia molto unita, in nessun momento ho mai pensato che potesse essere diverso.

Certezza granitica.

Infatti così è sempre stato.

Io invece no, ho sposato la madre di mio figlio in tre mesi per scoprire dopo due anni che aveva problemi di testa (oggi saprei come affrontarli e ci sono anche i farmaci, allora era un ragazzo e non ho trovato le soluzioni).

Silvia non conta, il suo mestiere era viaggiare e dormiva poco nel mio letto.

La storia con H. è stata molto forte ma l'ho beccata a letto con mio fratello e mi ha fatto un mucchio di corna per tutto il tempo

(non si dovrebbe mai sposare le donne molto belle, sono in permanenza accerchiate da qualcuno che le vuole).

Quando sono emigrato qui pensavo che avrei fatto una nuova famiglia in poco tempo, ma la mia nuova ditta non mi sembrava mai pronta, rimandavo sempre i lavori alla casa e nessuna donna mi sembrava quella giusta (non bisognerebbe mai avere donne troppo belle, poi più nessuna ti sembra bella), io che ho sempre deciso d'impulso.

Perciò vivo solo da molti anni.

Non mi manca nulla, ora la mia casa è a posto, sempre in ordine grazie alla signora che viene due volte la settimana, so cucinare meglio della maggior parte delle donne e spesso qualcuno cena con me.

A volte vere feste con i nuovi amici di qui.

Ma non ho ancora trovato la donna alla quale chiedere se vuol dividere la casa con me e mi chiedo anche se sia più il tempo di fare un nuovo figlio.

 
 
 

Delle differenze fra maschi e femmine

Post n°39 pubblicato il 23 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

Mi a cugina Gianna aveva la mia stessa età ed era perciò la mia compagna di giochi, non poteva essere mio fratello che era troppo piccolo e nemmeno la sua sorellina, ancora più piccola.

Quando è nata la Pè, la mia seconda cugina, me lo ricordo bene perché ci hanno chiuso fuori casa per quasi tutta la giornata con grandi raccomandazioni di stare buoni e non fare confusione e c’era un’atmosfera strana, cupa, come se stesse accadendo qualcosa di brutto o di pericoloso ed in casa, malgrado noi fossimo stati cacciati, erano entrati degli estranei.

Invece era nata la Pè, che sarebbe diventata una ragazzina bellissima e simpaticissima.

Non le è mai piaciuto che la chiamassimo Pè, ma ad essere onesto, io il suo vero nome non me lo ricordo.

Il tratto caratteristico fondamentale di mia cugina era che fosse una femmina.

Non che io mi rendessi ben conto di questa differenza, lei portava le gonnelline ed io i pantaloni, lei i capelli lunghi ed io corti e questo mi sembrava tutto.

Ma non era tutto, anche i comportamenti nei giochi erano diversi, è pur vero che giocavamo a tirarci i sassi e lei mi colpiva almeno tante volte quante la colpivo io, ma è anche vero che quando arrivava primavera ci portava, io e la Pè, a raccogliere viole sull’argine del canale, viole che raccoglieva in mazzolini e spargeva per tutta la casa, a mollo nei bicchieri.

Questo interesse per le viole mi sembrava un tratto caratteristico importante quanto le gonne ed i capelli lunghi. Per il resto, non c’erano molte differenze, anche la pipì, anche lei la faceva da in piedi, solo che teneva ne gambe molto più larghe di come facessi io. Ma gliel’ho visto fare una volta sola ed era voltata.

Col tempo però venimmo a sapere che c’erano altre differenze, fra di noi (non mi pare che avessimo mai giocato al dottore), dopo molto parlare decidemmo che avremmo scandagliato quel mistero che era per noi, l’introduzione del mio pisellino nella sua farfallina.

Doveva essere di sera, chissà perché, visto tutto il tempo che avevamo di giorno e tutti i posti adatti a nasconderci, sicché un giorno decidemmo che quella sera sarebbe stata la sera giusta.

Era d’estate e lei sarebbe uscita scavalcando la finestra, come facevo io quasi tutti i pomeriggi che i miei mi mettevano a letto, e l’avrei aspettata.

Me la rivedo ancora, in piedi sul davanzale, con la camicia da notte chiara ed un po’ svolazzante, le gambe leggermente divaricate per mantenere l’equilibrio, il viso serio, compunto, come chi sta prendendo una decisione importante.

Non è mai scesa, è rimasta un tempo lunghissimo sul davanzale, mi è sembrata un’eternità, poi si è voltata ed è rientrata, chiudendo la finestra.

 
 
 

Donne, zoccole e brave ragazze

Post n°38 pubblicato il 18 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

Per la maggior parte della mia vita ne ho avuto paura e sono sempre stato cauto nell’avvicinarle, ho sempre temuto che un bacio diventasse una impegnativa promessa e peggio ancora una scopata, ma mi sono sempre piaciute pur considerandole pericolose.

Ho sempre considerato il darsi di una donna, come un’offerta preziosa, da cogliere con delicata attenzione ed alla quale attribuire un grande valore.

Le donne erano ed ancora sono, un profondo mistero per me, diverse e lontane, con una logica di ragionamento che per anni mi è stata completamente inintelligibile e con la quale ho convissuto un po’ meglio negli ultimi anni solo perché ho assunto un atteggiamento di “partecipato distacco” verso la logica femminile.

Ed anche perché un po’ l'ho capita, la logica femminile. Solo un po’.

Ma mi hanno sempre provocato emozione, le forme dei corpi femminili offerti a me, la prominenza delle tette, le curve dei fianchi, la pelle liscia, i capelli, delle donne.

Ed il triangolo. Il triangolo tra le cosce, ancora oggi, solo pensarci mi fa girare la testa.

Le donne hanno sempre percepito questo mio appassionato stupore per loro e la passione che era insieme per la donna presente e per tutte le donne.

Vedere una donna nuda di fronte a me ed offerta a me, in attesa delle mie mani, della mia lingua, della penetrazione e di rotolarsi con me nelle mille posizioni che la nostra fantasia ci avrebbe suggerito, mi dava la scossa.

E' sempre stato come se la nostra pelle sapesse da prima, cosa avremmo fatto insieme.

Anzi, di più, era come se fossimo in una bolla di consapevolezza che ci avvolgeva entrambi e che accomunava e confondeva le percezioni.

In ogni tempo, l’idea stessa che di lì a poco avrei avuto una donna nuda fra le mie mani mi provocava una immediata erezione.

Il solo salire le scale della soffitta dei miei incontri amorosi di gioventù (e di degli incontri dei miei molti altri amici), mi eccitava.

Non avevo bisogno di stimoli, né di vederle nude, mi bastava salire le scale.

Riflettendo, mi viene da pensare che questa “bolla” o atmosfera, fosse generata da me, che in qualche modo la mia mente proiettasse intorno lo spirito che ci coinvolgeva e ci suggeriva comportamenti, atteggiamenti e suscitava piacere.

Naturalmente anche la mia amica di sesso, P. con la quale ho condiviso confidenze e scopatine nelle sere nelle quali nessun'altro ci voleva, sentiva questo mio modo di essere e, benché si vantasse di comportamenti maschili, le piaceva.

Così, per lei sono diventato un grande amante o per dirla con lei, un grande scopatore, perciò mi faceva propaganda presso le sue compagne di università.

Mi rendo conto scrivendo che ho la tendenza a ricordare solo un cero tipo di donne: quelle che hanno avuto per il sesso ed i maschi, la stessa passione che ho sempre avuto io per le femmine.

Le compagne di P. erano tutte brave ragazze un po’ curiose, l’unica che mi va di ricordare è anche l’unica donna che mi ha lasciato: “saresti un buon partito, ma ho trovato uno che mi sposa” mi disse “a venticinque anni devo cominciare a pensarci”.

Era una brava ragazza e pensava che dopo i venticinque anni una donna cessa di essere ragazza e diventa zitella.

Non aveva un buon odore, malgrado docce e profumi.

Forse le brave ragazze non hanno un buon odore, le ragazze un po' zoccole si.

 
 
 

Quasi buio, come quasi totale assenza di luce

Post n°37 pubblicato il 16 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

E' passato un anno da che ho avuto il mio ultimo incontro al buio.

Non che io abbia in continuazione incontri al buio, ne ho avuti tre, i primi due le avevo sollecitati io, l'ultimo no, una signora, poi rivelatasi una graziosa signora, leggendo il mio vecchio blog ormai cancellato, dove descrivevo uno di questi incontri, con un uso cauto e dolce delle parole, mi ha praticamente chiesto di ripetere l'esperienza con lei.

Ho accettato, sperando in bene ed ho avuto fortuna: è stato un bellissimo pomeriggio.

Anche per lei, che scriveva:

...ho ancora l'odore di noi addosso. quasi quasi non mi lavo e così tutti capiscono che ho passato un pomeriggio a letto con S.
Serse? Sergio? (io preferisco Serse, tanto so che non mi dai soddisfazione!)
Ripenso a quello che ho fatto e non ho il minimo rimorso; mi hai chiesto se mi sentivo puttana, no è stato troppo bello, sei un uomo dolcissimo ti sei preso cura di me in modo così gentile, se non stavo ferma è che quando tu ti riposavi eri dentro di me e al minimo movimento io provavo piacere.

Dovremmo stabilire se io sono stretta per la carenza di sesso o sei tu che  mi riempi tutta; la seconda ipotesi è la più valida anche in bocca non ci stava.

(ci stava, ci stava, oh se ci stava...)

(Ho anche pensato: meglio con me dato che non le accadrà nulla di male, con altri potrebbe cacciarsi nei guai).

Tutti noi abbiamo delle fantasie, la mia fantasia era quella di incontrare una donna della quale non sapevo né il nome né il viso, non dirle nulla di me, né chiederle nulla della sua vita.

Volevo che la comunicazione in quell'incontro fosse solo fisica, anche se non può essere perché il corpo trasmette emozioni e sensazioni.

Volevo che fossimo come gli ultimi due esseri rimasti sulla terra, senza passato né futuro, né memoria né progetto, con una storia limitata a noi due nel buio della stanza, con una conoscenza solo tattile e non visiva, limitata al corpo ed alla voce.

Come se fossimo nati quel pomeriggio in quell'albergo e non avessimo altro futuro che il ricordo.

Non volevo sapere che aveva marito e figli, non mi interessava il suo lavoro né cosa fosse la sua vita.

Volevo fare sesso con la donna fisica, reale, tangibile fra le mie mani e completata dalla mia e dalla sua fantasia.

Lei invece non ha voluto.

Lei voleva conoscere l'uomo e la sua vita.

Però è stato bello.

Allo scadere dell'anno mi piacerebbe incontrarla nuovamente.

Un revival o l'amante da una volta l'anno?

E che fantasia sarà, dato che di lei so più di quanto non vorrei?

So persino il nome.

Lei vorrebbe...

 
 
 

Noi meccanici

Post n°36 pubblicato il 14 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

Noi che i libri abbiamo cominciato a conoscerli acquistandoli a rate dall'Einaudi e prima di leggerli li abbiamo sempre soppesati per capire quanta fatica ci stava dentro e quanta ce ne sarebbe toccata.

E per leggerli, qualche volta ci toccava avere il dizionario accanto, perché non siamo nati in famiglie dove fin dalla nascita si ascoltava un vasto vocabolario, magari plurilingue.

Noi che al nostro vocabolario abbiamo aggiunto ogni nuova parola con la fatica ed il sudore di chi non capisce alla prima lettura e, consapevole dei propri limiti, torna indietro e rilegge.

Le nostre mamme sono vecchine che spesso stanno sole, ma, essendo mamme di meccanici, hanno la tessera della biblioteca e leggono fino a notte fonda, rinverdendo le fatiche della gioventù, quando, giovani mamme di apprendisti meccanici, leggevano di nascosto i libri che alimentavano le inquietudini dei loro figli.

Noi che leggendo “welthanschaung”, la prima volta, siamo stati presi dal panico, finché non abbiamo capito che poteva anche solo essere la definizione di un particolare modo di interpretare forma, consistenza e armonia delle cosce della figlia della nostra vicina di pianerottolo.

Perciò, noi meccanici, abituati alla ruote dentate ed agli alberi a camme, non siamo molto romantici e se ci capita fra le mani un romanzo di Susanna Tamaro, lo conserviamo con cura perché ha su di noi lo stesso effetto della Dolce Euchessina, che a volte può mancarci.

Siamo invece affascinati dalle rutilanti invenzioni di Günter Grass e del suo tamburino, da Elsa Morante, perdonando le sue ingenuità quando cerca di entrare nella mente di Arturo, non sapendo che lei, femmina, non ce la può fare, amiamo la gioiosa ironia di Joseph Roth ed abbracciamo, un po' tristi Elias Canetti, quando racconta del suo mondo perduto.

Noi meccanici, quando capitiamo in certe riunioni di intellettuali, gente abituata a praticare libri, ci sentiamo sempre un po' intimiditi.

Noi meccanici eravamo comunisti ed avevamo un sogno che ora, come dice Giorgio Gaber, si è rattrappito.

Noi meccanici, insieme agli intellettuali che praticano libri ed alle ragazze che sempre cercano il grande amore, lo vorremmo ricomporre, quel sogno.

 
 
 

Delle asprezze della scuola

Post n°34 pubblicato il 13 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

La prima elementare l’ho fatta a Jolanda di Savoia.

Si intenda, la prima volta la prima elementare, perché la prima volta che ho fatto la prima elementare, sono stato bocciato.

Non so quanti fossero i ragazzini bocciati in prima elementare in quegli anni, oggi sembra che non sia più frequente, e forse nemmeno allora.

Non è che fosse proprio una prima, perché in una sola classe si riunivano la prima, la seconda e la terza elementare, il che la dice lunga, negli anni del baby-boom, su quale fosse la densità della popolazione in quelle zone di recente bonifica.

Non fui bocciato per asineria, fui invece bocciato per la troppa vita che scorreva nelle mie vene: saltavo sull’ultimo banco, e percorrevo l’intera classe su tutti i banchi contigui, senza rispetto per i confini fra le classi prima, seconda e terza, alzavo la mano e rispondevo alle domande che la maestra faceva ai ragazzi delle classi più avanti, ero irrefrenabile e perciò sono stato bocciato.

Ero abituato a scorazzare tra il fiume ed i campi, ad arrampicarmi sugli alberi, a costruire archi e frecce e spade di legno, barchine di legno da provare in Po, tutto il giorno senza un attimo di requie, da solo o con mia cugina, come si poteva pensare di tenermi fermo in un banco per ore!

La seconda volta della mia prima elementare è stata invece nel paese di ……………….

Qui la scuola era una cosa più seria: c’era e c’è ancora, un grande edificio a tre piani con la scritta in caratteri romaneggianti: SCVOLA ELEMENTARE MASCHILE da un lato dell’edificio e SCVOLA ELEMENTARE FEMMINILE sull’altro lato.

Non è che ricordi molto della scuola elementare di ………………., so però che la maestra, che mi ha avuto fra i suoi allievi per soli due anni, mi considerava intelligente.

Anni dopo, portavo già una barba nerissima e già ero emigrato in Piemonte, nel negozio di cartoleria che aveva con la sorella, mi ha riconosciuto dallo sguardo.

 
 
 

Forse non lo sai ma pure questo è amor.....

Post n°33 pubblicato il 10 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

Correva un dicembre di anni fa, gironzolando annoiato, trovo un nik che si qualifica come

Justine.

Dopo qualche scambio di battute le ho scritto qualcosa che suonava più o meno così:

Ti porterò via con la mia nave, tutta vele e cannoni, all'imbrunire di un giorno pieno di vento.

La mia nave e la mia spada saranno ai tuoi piedi, se vorrai essere la mia

schiava e regina.

Schiava e regina.

Questa fu la cifra che segnò il nostro rapporto.

Qualche giorno dopo ci incontrammo nella sua città, non molto lontana dalla mia.

Venne con giubbetto jeans e pelliccia, sopra un golfino rosso scollato che mostrava le tette (povere donne, quanto freddo!).

Ci eravamo già visti in fotografia, nessuno dei due aveva fatto il furbo e ci siamo piaciuti.

Siamo andati in un bar per fare la prima conoscenza e chissà perché ho ordinato un succo di pomodoro condito. Prima volta da anni.

Questa cosa l'ha mandata in solluchero (và a capire le donne!).

Poi in centro, in un piccolo ristorante adatto al momento.

Fin da subito è iniziato il gioco della dominanza.

Io la corteggiavo con mica tanto velata sensualità.

Lei si arrotolava su se stessa come una gatta.

"Mi sento priva di volontà"

"non ci serve la tua volontà, basta la mia"

Quando si è protesa troppo verso di me le ho detto: "togli le tette dal piatto".

Al momento dei cantucci e vin santo, mi sono alzato, sono andato dietro la sua seggiola e le ho fatto toccare con mano quanto lei già mi interessasse.

Non saprei come descrivere la sua faccia sbalordita e lusingata.

Era un gioioso duetto, preludio a ciò che sarebbe venuto poi.

Il caffè, siamo andati a prenderlo a casa sua e, prima ancora che la caffettiera borbottasse, sapevo che il vertice delle sue cosce grondava e ne avevo l'odore sulle dita.

L'ho presa lì, rovesciata sul piano della cucina.

Le ho ordinato di versare il caffè nelle tazze mentre la prendevo.

Non mi ha obbedito.

Avrebbe imparato poi, ad obbedire.

Poi nel suo letto, ho bevuto il caffè mentre lei si prodigava in una volonterosa fellazio.

"Brava" le sussurravo, "ancora, così, più in fondo..." sorseggiando il caffè.

Le piaceva che le dicessi brava.

Più tardi, quando mi capitò di prenderla un po’ più brutalmente, da dietro,lei si voltò e fra i capelli neri che le coprivano il viso sconvolto, mi disse "si, così, più forte".

Non so come fu che mi trovai fra le mani la cintura.

E' una cintura di cuoio morbido e spesso, va bene per i jeans. Non la uso più ma la conservo.

La frustai, tre o quattro volte.

Lunghe pause fra uno schiocco e l'altro.

Ogni volta più forte.

Bisogna immaginare di essere in quella situazione, eccitati, in piena erezione e dentro la donna con la quale si fa sesso, per capire la sensazione che provoca una frustata schioccata sulle natiche nude della compagna di giochi.

Lo schiocco della frustata lo sentivo nel sangue.

Ghiacciato.

Era come se tutta la pelle di tutto il mio corpo sentisse, vedesse, annusasse.

Mi sentivo il cuore in gola.

E la frustata ghiacciata come un'onda, nelle vene.

La mattina dopo mi ha detto

"non ce n'è come i cinquantenni".

E' iniziato un gioco di legami e manette che è durato due anni, spegnendosi piano.

Le piaceva raccontare il nostro modo di fare sesso ai suoi amici, tanto che per il mio compleanno un suo amico omosessuale mi regalò i quattro libri di Pedro Juan Gutierrez, scrittore cubano al quale, secondo lui, somigliavo (credo di si, Pedro mi somiglia).

Una volta che tardò a rispondere al telefono la sentii giustificarsi:

"sai, mi ha voluto sui suoi pantaloni!", con il suo sorriso furbetto.

Ho ancora una sua foto al museo del sesso di Barcellona. Lei davanti ad un sostegno arcuato, sul quale era legato un manichino femminile in posizione da essere penetrata da chiunque in qualunque modo.

E lei la indica con il solito sorriso furbetto...

 
 
 

Non avevamo l'automobile

Post n°32 pubblicato il 07 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

A scuola andavamo in bicicletta, mia cugina Gianna ed io,

sia col la bella che con la brutta stagione,

lungo i tre chilometri che costeggiavano il Po di Volano.

Il fiume era alto sugli argini, calmo e pieno.

In un giorno di neve i nostri genitori ci stavano aspettando,

fuori di casa, per vederci arrivare:

“sembravate due mosche nel latte”

disse poi mio zio.

Era la mia seconda volta in prima elementare.

 
 
 

Ogni anno a Novembre

Post n°31 pubblicato il 03 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

Ogni anno a Novembre si ammazzava il maiale.

Mio padre comprava il più piccolo e malandato perché costava meno e poi lo si ingrassava amorevolmente per tutto l'anno.

Erano felici i maiali a casa nostra, avevano il porcile il fondo all'orto, fangoso quanto basta per la bestia e nei giorni del mio compleanno lo si ammazzava.

Erano sempre giornate grigie e scure, quelle dell'ammazzamento, nuvole basse e pioggerellina o nebbia, era il tempo prima della neve.

A volte il poveretto scappava, non si lasciava colpire dalla lama nel cuore e correva per tutta l'aia inseguito dagli uomini.

I maiali non sono bestie veloci.

Poi era la volta della rasatura, veniva messo in una vasca di legno tronco-conica, l'acqua sul fuoco accanto per averla sempre calda e rasato con spatole taglienti.

La sera campeggiava immenso nel corridoio, appeso a testa in giù per scolare il sangue, bianco nella cotenna e nero dentro, squarciato dall'alto in basso.

Inquietante per me bambino.

Faceva impressione che la mattina era vivo.

Ma il giorno dopo si facevano i salami, la ziona ed i prosciutti, la cucina era calda ed il fuoco ardeva forte, mio zio macellaio dilettante e mio padre, squartavano, affettavano e tritavano, aiutati dalle donne.

La sera venivano amici e parenti e mio padre, che aveva una voce da grande tenore, cantava le romanze.

Non ricordo chi suonasse la fisarmonica, ma mio zio suonava il mandolino.

E si mangiava, tutto quello che non si poteva conservare, si mangiava.

Che festa.

A pensarci ora, chissà com'era felice mia madre in quelle sere, aveva poco più di vent'anni e tutti avevano meno di trent'anni.

Poi arrivava un nuovo maialino smunto, mia madre racconta ancora di quello che pareva non dovesse sopravvivere invece diventò un gigante di non so più quale enorme peso.

Carne per tutto l'anno.

Se credessi in dio direi che dio sa quanto ne avessimo bisogno, nella bassa ferrarese, in quegli anni di nebbia freddo e disoccupazione.

 
 
 

Immagini.

Post n°30 pubblicato il 02 Maggio 2012 da scorpione.scorpione

Sai che eri buffo, tutto nudo, con i miei slip sul dito?
E' l'ultima immagine che ho di te.
Bacio.

 
 
 

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