Non vi ho abbandonato ma in queste settimane Internet ha abbandonato me.
Ero impossibilitata a scrivere se non sborsando una cifra improponibile per abbonarmi ai computer della biblioteca statale, che per il prezzo richiesto avrebbero dovuto anche farmi la manicure e pulirmi la casa.
Avrei anche potuto scrivere dai computer avariati della Facoltà, ma non avrei poi avuto i soldi per recuperarmi dall’esaurimento nervoso dovuto al continuo incepparsi del sistema informatico universitario. I nostri computer sono così efficienti che a volte penso siano in realtà delle caffettiere.
Non è che non funzionano, è che ancora nessuno ha capito che servono per fare il caffè.
Essere una caffettiera incompresa è una tragedia.
A parte questo avrei milioni di cose su cui aggiornarvi e non so davvero da dove iniziare.
Per cui salterò tutte le informazioni di carattere personale e approderò ad un argomento di gran moda in questo periodo: la violenza sulle donne.
In questi giorni chiunque parla di violenza alle donne e chiunque ne parla male.
Ho visto servizi su una fantomatica “Emergenza stupri” assemblati da giornalisti spettinati che meritano più di qualche metaforica (e letterale) strigliata di capelli.
Lungi da me avere l’ambizione di un post serio, ma vediamo di sfatare alcuni miti.
Quando si parla di violenza alle donne si tende a dare un’immagine dell’aggressore come se si trattasse di una persona sconosciuta (preferibilmente straniera) sbucata da un vicolo buio durante la notte.
Purtroppo questo genere di aggressioni esiste e non è certo mia intenzione negarle.
Tuttavia le statistiche dipingono quadri ben diversi.
I dati possono oscillare impercettibilmente a seconda delle ricerche prese in esame ma circa il 92,5 % delle donne che subiscono violenza è vittima di uomini conosciuti.
Si tratta per lo più di familiari, partner o amici.
Perché non si sa?
Molte persone che si occupano dell’argomento dicono che queste percentuali non sono note perché le vittime di violenza non ne parlano con nessuno.
Anche questo è un falso mito.
Le donne denunciano la violenza più di quanto si creda.
Tuttavia quando le aggressioni si svolgono all’interno delle mura di casa la risposta delle istituzioni è tendenzialmente orientata a minimizzarle come naturali dinamiche all’interno della coppia.
Le vittime vengono colpevolizzate e considerate responsabili della situazione che subiscono.
Cito solo una recente ricerca svolta in Olanda su un campione di 50 donne. Ognuna di queste aveva consultato in media 3,5 operatori sanitari prima di trovarne uno disposto ad aiutarla.
Il 68% non era stata creduta, il 38% era stata colpevolizzata e il 10% era stata abusata sessualmente dallo stesso terapeuta.
Ovviamente esistono centri antiviolenza in grado di occuparsi di questi problemi tamponando i danni delle istituzioni.
Per tutte coloro che possano averne bisogno consiglio di informarsi sulle organizzazioni spontanee presenti nella propria rete locale.
Concludo raccontandovi questo episodio.
Una sera esco dalla pizzeria all’una di notte e mi siedo su un muretto ad aspettare il mio uomo.
Sono uscita un po’ prima, ho cercato di avvisarlo sul cellulare ma mi si è scaricata la batteria del telefono.
Sono sola, senza cellulare, in una strada buia, di notte.
Me la faccio sotto dalla paura.
Certo che la maggioranza della violenza alle donne è mossa da uomini conosciuti, ma se io fossi la minoranza?
Sono immersa in questi pensieri quando sbuca un losco individuo con andatura incerta.
Palesemente matto.
Palesemente ubriaco.
Palesemente interessato a me.
Si ferma e intavola la seguente conversazione.
Lui:“Non bisogna cantare, no?”
Io: “La prego non mi parli che poi prendo paura”
Lui: “Allora mi allaccio solo una scarpa”.
Si allaccia una scarpa e se ne va.
Una delle migliori conversazioni mai avute.