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LA CHIESA DI SAN DOMENICO MAGGIORE

Post n°41 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da corenapulitano

La chiesa di San Domenico Maggiore è una chiesa basilicale di Napoli, tra le più interessanti dal punto di vista storico ed artistico.

Voluta da Carlo II d'Angiò ed eretta, inizialmente in stile gotico, tra il 1283 e il 1324, divenne la casa madre dei domenicani nel regno di Napoli.

Fa parte di un complesso conventuale che si trova nel centro antico della città, nella piazza omonima.

La chiesa

Storia

Nel 1231 i Domenicani, con a capo Tommaso Agni da Lentini, giunsero a Napoli, e non disponendo di una sede propria, si stabilirono nell'antico monastero della chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa, gestita dai padri benedettini, prendendone possesso.

La consacrazione della chiesa a San Domenico avvenne nel 1255 per volere di papa Alessandro IV, come attestato da una lapide posta alla destra dell'ingresso principale.

La costruzione della chiesa fu voluta da Re Carlo, per un voto fatto alla Maddalena durante la prigionia patita nel periodo dei vespri siciliani, e la prima pietra fu posta il 6 gennaio del 1283, con i lavori che si protrassero sino al 1324, seguiti nella fase definitiva dagli architetti francesi Pierre de Chaul e Pierre d'Angicourt.

Carlo V soggiornò in San Domenico Maggiore nel 1536

La chiesa, fu eretta secondo i classici canoni del gotico, con tre navate, cappelle laterali, ampio transetto e abside poligonale, e fu realizzata in senso opposto alla chiesa preesistente, vale a dire con l'abside rivolta verso la piazza, alle cui spalle fu aperto, in periodo aragonese, un ingresso secondario.

Numerosi interventi succedutisi nei secoli ne hanno alterato la struttura e le originarie forme gotiche: nel periodo rinascimentale terremoti e incendi avviarono i primi rifacimenti (malgrado ciò nel 1536 Carlo V fu accolto nel tempio), mentre ancora più incisivi furono i rifacimenti barocchi del Seicento, tra i quali spiccano la sostituzione del pavimento (poi completato nel XVIII secolo) con quello progettato da Domenico Antonio Vaccaro.

Con l'avvento a Napoli di Gioacchino Murat, il complesso fu destinato ad opera pubblica (1806-1815) e ciò provocò danni alla biblioteca e al patrimonio artistico, mentre un tentativo di ripristino fu messo in atto con i restauri ottocenteschi di Federico Travaglini, che tuttavia portarono ad un complessivo snaturamento dell'originale spazialità della chiesa.

Facciata principale nel cortile

Ulteriori danni furono subiti dal complesso durante il periodo della soppressione degli ordini religiosi, quando i padri Domenicani dovettero nuovamente abbandonare il convento (1865-1885), a causa di alcuni adattamenti discutibili che si intese dare alle strutture (palestre, istituti scolastici, ricovero per mendicanti e sede tribunalizia).

I restauri del 1953 eliminarono i segni dei bombardamenti del 1943, ripristinando il soffitto a cassettoni, i tetti, le balaustre delle cappelle, la pavimentazione e l'organo settecentesco e riportando alla luce anche gli affreschi del Cavallini, mentre interventi piu recenti (1991) vi sono stati sulla scala in piperno che conduce all'abside e sulla porta marmorea.

L'ingresso

L'ingresso principale è rivolto a nord e vi si accede, attraverso un ampio cortile, dal vicolo San Domenico, mediante un portale con numerosi elementi gotici; sulla parte alta esterna dell'arcata vi è un affresco raffigurante La Vergine che offre lo scapolare domenicano al beato Reginaldo della scuola di Pompeo Landulfo (pittore vissuto nella seconda metà del XV secolo).

Il lato interno del portale presenta una iscrizione che testimonia la munificenza di Carlo II d'Angiò nei confronti dei frati; lo stesso sovrano è raffigurato in una statuetta di marmo posta in una nicchia.

L'ingresso della basilica è attraverso il pronao settecentesco, mentre tra il portale marmoreo gotico (ad arco acuto) e la porta lignea.continua......

 
 
 
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