Dietro le sbarre....Gli Angeli del Cortile - Una fiaba di Natale, diventata un cortometraggio, realizzato dai detenuti della Casa Circondariale di Agrigento |
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Post n°20 pubblicato il 25 Gennaio 2008 da diofebo
"Il Senatore Nuccio Cusumano perde la faccia per salvare il suo c...." (Il titolo mi è stato suggerito da uno straordinario Tabaccaio saccense) Nuccio Cusumano ha tradito il partito annunciando il voto di fiducia al governo Prodi. Tommaso Barbato si avventa contro il compagno dell'Udeur, E' la miccia che accende, in Aula, il finimondo. «Venduto, uomo di merda!», «cesso», «troia», «frocio», «checca squallida» Non è abbastanza. Ci vuole un gesto decisivo, che metta a posto il povero Cusumano. Barbato, si improvvisa guappo in giacca e cravatta e si dirige deciso verso il «traditore, traditore!» sputandogli in faccia e mettendogli le mani addosso. Cusumano non regge alla tensione e sviene. Lo portano fuori dall'Aula. E Barbato smentisce di aver sputato - ma c'è chi giura di aver visto. «Ma quello sviene tutti i giorni». Ah, già, la «checca» aggiunge Barbato. Per i saccensi non è una novità, non è la prima volta di Cusumano ... |
Post n°19 pubblicato il 29 Novembre 2007 da diofebo
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Post n°18 pubblicato il 15 Novembre 2007 da diofebo
Non più Invisibili, in attesa di buone leggi |
Post n°17 pubblicato il 30 Ottobre 2007 da diofebo
I comuni che fanno parte del Consorzio “Le cinque Valli” si riuniscono per discutere dello sviluppo socio-economico del territorio. L’idea di far nascere il museo della mafia. |
Post n°16 pubblicato il 01 Agosto 2007 da diofebo
A Rebibbia sono 19 i bambini detenuti insieme alle loro madri
A queste si devono aggiungere anche una donna romena prossima alla maternità. "Il sovraffollamento di bambini comporta dei problemi: - sottolinea il garante - la capienza della sezione riservata alle mamme con bambini è, infatti, di 14 letti e a causa del sovraffollamento alcune detenute con i figli sono state collocate nelle sezioni comuni". Il problema principale è come intrattenere i piccoli durante il giorno, evitando che su di loro pesi eccessivamente il carcere. "Trascorrono il tempo nella stanza dei giochi o nella zona verde da poco attrezzata. Alcuni di loro - fra mille difficoltà legate alle diffidenze delle mamme straniere - ora frequentano un nido esterno", aggiunge. Ma "è evidente che, nonostante l'impegno di operatori e volontari, i bambini vivono una situazione difficile". La legge prevede che i bambini da 0 a 3 anni possano stare in carcere con le mamme detenute e al compimento del terzo anno è obbligatoria la scarcerazione dei minori, indipendentemente dalla pena che sta scontando la madre, con l'affidamento del piccolo o ai parenti (se ci sono) o alle case famiglia, "determinando spesso gravi traumi alle mamme e ai bambini". "Quella fra 0 e 3 anni è l'età del primo apprendimento ed è davvero difficile pensare che un bambino possa crescere in cella e con limiti di spazio intorno. La verità è che i piccoli stanno perdendo una parte importante della vita per colpe che, evidentemente, non sono le loro. Credo che questa emergenza dimostri l'urgenza di prevedere, per le madri detenute, misure alternative alla detenzione, e l'uso della carcerazione solo per reati gravi. Inoltre, visto che le detenute madri sono straniere, e in particolare romene, sarebbe auspicabile un coinvolgimento della rappresentanza diplomatica di Bucarest in Italia per affrontare una situazione che appare incancrenita». |
Post n°15 pubblicato il 30 Giugno 2007 da diofebo
Buon giorno mi chiamo Daniele ho ventotto anni e sono di Torino. Conoscendo il Vostro interessamento per quelle che sono le realtà carcerarie e di disagio vorrei raccontare la mia storia. Intorno ai ventidue anni ero quello che definivano un ragazzo in carriera con un lavoro che mi esaltava e molto denaro guadagnato era consuetudine allora avere come ''additivo'' la cocaina che nel giro di qualche anno ha preso il sopravvento totale sia psichico che fisico su di me e mi ha portato a compiere svariate rapine ad istituti di credito fortunatamente sempre senza porre in essere pericolo per nessuno. Vengo arrestato nel settembre 03 e il mondo mi cade addosso con tutto il suo peso. In carcere entro in contatto con Sert e elaboriamo un trattamento terapeutico per uscire dalle mie dipendenze. Esco dal carcere ad ottobre 05 in sospensione pena e subito mi accorgo che la vita sara difficile le persone che prima mi stimavano ora mi scansano non ho soldi e ho una voglia matta di tirare. Comunque inizio gia il programma terapeutico col sert con i vari controlli delle urine e inizio nella mia ricerca di un lavoro che trovo ma dal quale vengo licenziato una volta venuti a conscenza dei miei precedenti. A maggio 06 inizia l'affido vero e proprio con tutte le sue limitazioni di spazio e di tempo e trovo anche un lavoro che mi piace. E' difficile sottostare a tutte le restrizioni imposte ma mi impegno ma a novembre 06 vengo arrestato per ordinanza del gip di trento che mi accusa di spaccio e associazione in base a delle intercettazioni del 02 :il magistrato ha i suoi bei titoli sui giornali arresta una settantina di persone e io che come unica colpa avevo quella di acquistare per il mio uso la cocaina da queste persone passo venttre giorni a massima sicurezza in carcere per essere poi fatto uscire a piede libero (!) . In ufficio mi invitano ad andarmene e riparto di nuovo da zero. ritrvo un altro lavoro a gennaio ma ad aprile commetto un grosso errore: con un documento contraffatto tento di versare un assegno arrestato e mandato ai domiciliari questo a meno di un mese della fine dell'affido che mi viene sospeso e termino in carcere. L'08 maggio udienza della sorveglianza che mi revoca dal primo giorno l'affido e quindi dovro rifare dieci mesi in carcere. Ma io dico perche devo ripetere la mia pena? si ho sbagliato ma anche solo il fatto di aver vinto la dipendenza dalla coca non va cosiderato? ma lo sanno i giudici cosa vuol dire passare da 7-10 gr di coca a ZERO (come dimstrano anche le analisi del capello) cosa vuol dire abbandonare tutte le amicizie ''pericolose'' nel mio caso quasi tutte e riprendere da zero! con la difficolta di inserimento che c'e nel mondo del lavoro quante altre volte dovro riprovare? Sono deluso e amareggiato nel non veder riconosciuto nulla di quello che ho fatto non voglio piu entrare in carcere perche so che quando ne usciro saro una persona peggiore di prima .Scusate per lo sfogo |
Post n°13 pubblicato il 11 Febbraio 2007 da diofebo
Lettera di una compagna in EIV dal carcere di Santa Capua Vetere Ciao a tutti questa lettera è arrivata oggi, come vedete la situazione è molto grave, vi chiedo di divulgare questa lettera e scrivere, scrivere, scrivere, qualcosa le arriverà prima o poi... www.odioilcarcere.it |
Post n°12 pubblicato il 30 Novembre 2006 da diofebo
*Il caso di Carmelo Musumeci – dal 1° dicembre in sciopero della fame. “…Lui ha girato come una trottola per le carceri italiane. Nonostante il suo cognome evocasse cosche mafiose, lui si comportava diversamente, molto diversamente da come si sarebbe comportato un uomo d’onore. Un uomo d’onore in carcere accetta le regole interne, si muove in silenzio, prova a fare il boss, è rispettato, è omertoso, saluta con il voi. C.M. non ha mai fatto nulla di tutto questo. Ha rivendicato i suoi diritti. Premesso che vorrei continuare a studiare e finire gli studi fonte: odioilcarcere.it |
Post n°11 pubblicato il 02 Novembre 2006 da diofebo
La Voce Galeotta di Antonio Clementi
In data 22 settembre 2006 sono stato trasferito ed assegnato presso la casa di reclusione Di Carinola . Premetto che da quasi 5 anni ero stato assegnato alla casa di reclusione di Di Fossombrone, dove tanto male non stavo, ma nemmeno tanto bene. Di buono c’erano tre cose :
Per il resto, nulla che potesse offrire una "rieducazione" e un successivo inserimento per come molti ben pensanti affermano costantemente . Per ottenere qualche diritto sancito dalla costituzione e dai vari regolamenti vigenti ,civilmente si era iniziato uno sciopero o protesta, per attirare l’attenzione dei potenti Politici e finalmente iniziare a vivere dignitosamente e coltivare ciò che alimenta la vita, la speranza. sul questo Blog maggiori dettagli sullo sciopero. Cosi, il Ministero, mi ha sicuramente inserito in quel circuito di detenuti che hanno voglia di avere una nuova chance e poiché questo terrorizza la politica e il Ministero stesso, hanno pensato di mandarmi in un altro carcere di 1 livello, dove vivere o vegetare non sono affatto due verbi differenti, ma una condizione per continuare a vivere e sperare che dagli arti fuoriescano delle foglioline, prima o poi. Subito dopo l’ingresso nella mia nuova residenza, dopo l’iter di “ immatricolazione “ed un cordiale colloquio con il Commissario Comandante il quale mi ha subito chiarito come funziona questo posto Chiarimento da me condiviso e apprezzato per la schiettezza e per la sincerita’, sono stato rilegato in una cella di una sezione in cui tutti i detenuti sono sottoposti all’ex articolo 14 bis o.p (regime di pericolosità sociale dentro il carcere) o a punizioni per infrazioni disciplinari del regolamento di esecuzioni o dell’o.p . Tenuto conto che nei 5 anni precedenti , ho scontato la mia pena (ERGASTOLO) mantenendo sempre un comportamento ligio alle norme dell’O.P della buona educazione, dell’etica e della morale, non riesco a capire il perché di questa mia attuale posizione “insolita” e retrocessione. Già all’ingresso mi è stato rolto il computer, una radiolina, un taglia capelli a batterie, le scarpe , poiché dicono che tra la suola e il tacco c’è un piccolo ferro che mantiene salda la forma della scarpa stessa, addirittura la cintura dell’accappatoio, il tabacco, dimenticando che una Casa di Reclusione è una casa dello Stato e scordando che il tabacco è monopolio di Stato, e tante altre cose che a fare l’elenco ci vorrebbero settimane. Tutte conseguenze di un trasferimento inconcepibile. A Fossombrone potevo scrivere e pubblicare i miei libri, grazie ad una piccola casa Editrice “ LA BANCA DEL GRATUITO” a breve mi doveva essere pubblicato il mio secondo libro: “ IL POTERE DEI SOLDI” il primo fu “LE DUE VERITA”. In più avevamo iniziato a parlare della pubblicazione di una mia raccolta di poesie (ingiustamente dico poesie ) “ SENTIMENTI e PASSIONI”. Naturalmente in tutto questo non ho mai parlato di guadagni, che ho destinato in beneficenza, cosa che farò con tutto quello che pubblicherò. Facevo parte di un gruppo Teatrale creato dopo che io stesso scrissi un testo per una commedia, tratta dall’omonimo libro “IL POTERE DEI SOLDI” . Scrivevo per il giornalino interno ”Un mondo a quadretti“ pPartecipavo alle attività Socio-Ricreative dell’Istituto e ogni tanto partecipavo a concorsi letterari banditi tra i vari Istituti di pena Italiani. Tutto questo ha sempre dato fastidio a qualcuno, se alla fine non è stato apprezzato. E vero che ho partecipato allo sciopero dei detenuti, della C.R. di Fossombrone ma è altrettanto vero che ho scioperato civilmente, senza infrangere alcuna norma giuridica o intramuraria e rispettando i criteri democratici della società sanciti anche nella nostra Costituzione. Oggi dopo 13 anni di carcerazione sofferta, mi ritrovo in una cella senza Suppellettili, in una specie di isolamento preventivo o magari di sorveglianza, o forse in attesa di una sanzione più grave. Domanda: Cosa chiedevo partecipando allo sciopero?
Non ho chiesto di essere liberato, ne ho chiesto un’arma per tentare un evasione, non ho picchiato nessuno, ne imposto la mia indole criminale, ho solo chiesto che mi fossero garantiti i diritti fondamentali che la stessa Costituzione e lo stesso O.P. mi dovrebbero garantire, ALMENO SULLA CARTA. Di per se l’ergastolo è Anticostituzionale, se è vero che la pena deve essere atta al recupero a al reinserimento, e anche vero che in Italia non c’è la pena di morte (grazie a Dio). Però, se un ergastolo, perché tale deve esser punito per partito preso e vedersi rovinato il duro lavoro svolto, per poi coglierne i frutti con un graduale reinserimento, mi sa che il carcere italiano è tutto ” un braccio della morte” dove i condannati dopo 15-20 anni si accorgono che stanno per morire. Cosi è stato per me e anche se non mi faranno l’iniezione letale, il mio percorso integrativo svolto fino al 21 febbraio 2006 è stato bruciato, sciolto nell’acido, quasi fosse un testimone scomodo ho un cadavere scottante. Lo so che sono dure tipiche azioni mafiose, ma non trovo altri termini per definire lo scempio consumato sulla mia pelle. Essere il capo espiatorio di un sistema repressivo e non rieducativo, non fa onore allo Stato Democratico in cui ci si vanta dei partigiani, di Cavour e di Garibaldi e di Mazzini e di Mameli e di tanti altri. E’ lo Stato che mi ha insegnato a non farmi giustizia. Ma se poi è proprio lo Stato a mettere in atto vendette intimidatorie, allora la sua legge non è poi tanto diversa da quella per cui sono stato condannato all’ergastolo. UCCIDERE: Togliere la vita ad un essere vivente. Togliere la speranza . Sopprimere con violenza una persona non avendo un dizionario. Non ho altre definizioni ma so che uccidere vuol dire anche buttare via 13 anni di duro carcere di un uomo che chiedeva solamente una nuova chance. Non è necessario premere il grilletto per uccidere, se si nega la possibilità di osare a chiedere un lavoro più frequentemente per non essere di peso alla società e alla propria famiglia, di osare a chiedere di essere ancora considerato un cittadino Italiano, anche se condannato per reati gravi, di osare a cimentarsi a scrivere e pubblicare per donare qualcosa a chi ne ha più bisogno. Ma la cosa buffa è vedere parlamentari in dibattiti televisivi a volte molto accesi, e leggere articoli e proposte di legge su come umanizzare il carcere. L' on. Pisapia, propone l’abolizione dell’ergastolo. L’on. Mastella, ministro della "giustizia", fa votare l’indulto. L’ ON. Bertinotti, presidente della camera, grida da una vita che bisogna migliorare il carcere. L’ON. Luxuria visita solamente le sezioni dei transessuali, e dire che le ho chiesto aiuto due volte, sperando che venisse a Fossombrone, magari in seguito pubblicherò sul mio sito: www.ziacristina.it anche la lettera di aiuto che le ho inviato. Naturalmente era una raccomandata con ricevuto di ritorno, ho ricevuto la cartolina…….ma non ho ricevuto la sua risposta………. Nel libro “LE DUE VERITA” scrissi “il carcere è un mondo parallelo creato dagli errori umani in contrapposizione alle leggi degli uomini e al volere di Dio". Solo che Dio non ha mai trasgredito le sue leggi e quando capì che stava perdendo la guerra contro il male mando sulla terra il proprio figlio e lo sacrificò per tutti noi. Gli uomini al contrario di Dio sacrificano quelli come me, quelli che già una volta hanno sbagliato, quelli che sono abituati a sopportare l’inferno terreno. Non bisogna umanizzare il carcere, bisogna fare molto per umanizzare le menti che ne gestiscono la funzione. La stessa Costituzione Italiana, tante leggi, decreti e sentenze di cassazione, fatti a misura assicurano che il detenuto bisogna privarlo solo della libertà e garantire il suo recupero, più o meno prolungato nel tempo, per assicurare alla società libera un futuro più sereno e tranquillo. Bisogna capire che non ci vogliono nuove leggi e giorni migliori per far funzionare il Pianeta Carcere, ma Uomini giusti e rispettosi delle leggi che migliorano i giorni, per far questo basta solo mettere in atto ciò che già esiste, poiché contemplato dalla Costituzione e dai vari ordinamenti , fino a poco tempo fa, anche se carcerato, ridevo di gusto, di gioia, poi quel trasferimento : un vero è proprio sfollamento , via i capri espiatori, via le persone da punire, da condannare da sacrificare, per dimostrare che lo Stato è quell’autorità principe, somma a cui tutto è concesso, anche infrangere le leggi, civilmente ma subdamente, tortura gli uomini e gli Italiani, senza mai pagare, senza mai essere giudicato, senza mai mostrare un'anima e una coscienza. In quasi tredici anni di carcerazione non ho mai chiesto un beneficio, non ho mai cercato scorciatoie per non pagare le colpe che mi sono state attribuite, ma che mai ho confessato (questa è un'altra lunga storia), però ho sempre chiesto di salvaguardare la mia dignità. SE ho sbagliato pago. Sto pagando! continuerò a pagare finchè qualcuno, senza che sia io a chiederlo stabilirà che potrò avere un'altra chance, ma fino a quel momento vorrei farlo dignitosamente per permettere ai miei figli di vivere liberi e fuori da quel mondo che ho cercato è voluto. Se è vero che ho sbagliato, mi sarà impossibile risarcire del tutto la società, ma mi piacerebbe pagare per garantire l’equità della giustizia stessa, e non per permettere che la giustizia sia usata come rappresaglia per incutere timore e incrementare il potere e l’autorità degli uomini che la rappresentano. Ecco è questo che chiedo: parlare con chi sa e tace, con chi vede e si gira dall’altra parte, con chi uccide e non paga, con chi parla, parla e parla, ma non agisce, con chi ha l’autorità e ne abbusa, con chi gestisce la mia vita, senza che la mia vita gli appartiene. Antonio Clementi detenuto presso il Carcere di Carinola scrivetegli: Antonio Clementi - Via S. Biagio,6 - 81030 Carinola (CE)
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Post n°10 pubblicato il 18 Settembre 2006 da diofebo
15 settembre sciopero detenuti di Fossombrone settembre 2006 |
Post n°9 pubblicato il 10 Settembre 2006 da diofebo
PRIVATIZZAZIONE DELLE CARCERI Uno degli angoli di osservazione e lettura del sistema carcere nella sua evoluzione odierna (evoluzione sicuramente non positiva ma trattandosi di un fenomeno sociale ne dobbiamo osservare la sua capacità di permeare l'intera società e quindi di evolversi), è quello della PRIVATIZZAZONE DELLE CARCERI. Un processo già molto sviluppato in alcuni paesi come gli Stati Uniti, Australia, Cile, GB, ecc., con andamenti diversi in altri paesi. In Italia il dibattito sulla PRIVATIZZAZIONE si è acceso nella primavera del 2005 (21 marzo) in occasione dell'apertura del carcere di Castelfranco Emilia, di cui molto si è parlato e scritto. Il significato della ex casa di lavoro di Castelfranco Emilia, affidata dal Ministero della Giustizia ad una cooperativa proveniente dalla Comunità di S.Patrignano per farne uno stabilimento a custodia attenuata per tossicodipendenti, è stato il primo tentativo in Italia di optare per la scelta della gestione privata di una carcere pur trattandosi di una particolare tipologia detta a "custodia attenuata". Una scelta fortemente contestata dai movimenti, dagli operatori del settore della tossicodipendenza, da vasti settori della società al punto che il progetto, per ora, pare arenato sulle secche delle contestazioni burocratiche. Ma questo non è il solo caso: altre proposte in questo senso sono state avanzate anche per uno stabilimento in Puglia e, relativamente alla ex casa mandamentale di Legnano, da parte della comunità di don Mazzi.
Cosa pensi della privatizzazione dei Penitenziari? Potrebbe essere la soluzione alla risoluzione del problema trattamentale? |
Post n°7 pubblicato il 18 Agosto 2006 da diofebo
Dove tutto è bianco o nero, dove tutto è si o no, dove tutti son uno o zero, vorrei poter sapere un giorno cosa fare per ritrovar il sorriso sperduto in tempi scapestrati. Or ch'io vivo tra le nuvole, con un velo, d'amarezza racconto le mie storie, ricordo i miei trascorsi e vorrei poter ripartir lontan lontano, ma non si va da nessuna parte con un bagaglio pieno di rimpianti. tratta dalla raccolta di poesie di Antonio Clementi |
Post n°6 pubblicato il 14 Agosto 2006 da diofebo
Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di giugno registra 6 nuovi casi: 4 suicidi, 1 morte per malattia ed 1 per cause da accertare. Riportiamo anche la denuncia di Antigone - Napoli: a Secondigliano sono morti 11 detenuti in meno di 6 mesi. 39 anni 08 giugno 2006 Suicidio Vibo Valentia 40 anni 12 giugno 2006 Suicido Rovigo 44 anni 18 giugno 2006 Suicidio Perugia 22 anni 24 giugno 2006 Suicidio Bollate (MI) 40 anni 25 giugno 2006 Da accertare Isili (NU) 43 anni 30 giugno 2006 Malattia Secondigliano (NA) Suicidio: Raffaele Abbate, 39 anni, di origine campana, si uccide impiccandosi in cella. Raffaele era detenuto da pochissimi giorni nel carcere di Vibo Valentia e proveniva dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (ME). All’uomo era stata riconosciuta una schizofrenia ed aveva frequenti attacchi di panico. Nei primi colloqui avuti con gli operatori del carcere di Vibo Valentia aveva manifestato un grave disagio esistenziale e ripetuto spesso "Dio non mi vuole". (Ristretti Orizzonti, 12 giugno 2006) Proveniva dal carcere di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Raffaele Abbate, il detenuto di 39 anni che nella serata di ieri è stato trovato impiccato in una cella del penitenziario di Vibo Valentia, dove stava scontando una pena definitiva, per rapina, che sarebbe scaduta nel 2009. Di origine napoletana, celibe, con diversi precedenti sulle spalle, aveva tentato più volte di farla finita, escogitando diversi atti di autolesionismo, ma era stato sempre salvato in tempo dalle guardie carcerarie e dal personale medico. Stavolta era solo nella cella e, servendosi di alcuni lacci, è riuscito ad eludere la sorveglianza. (Notizia "Agi" del 12 giugno 2006) Suicidio: Giuliano Mantovan, 40 anni, s’impicca alle sbarre della finestra del bagno della cella. La tragedia si è consumata nella serata di lunedì scorso. Mantovan dopo aver cenato con i compagni di cella si è recato in bagno. Pochi minuti dopo la macabra scoperta, l’uomo si era impiccato alla finestra del bagno utilizzando come cappio una striscia del lenzuolo della sua branda. Nessuno si era accorto di niente. L’uomo era sottoposto ad un regime di stretta sorveglianza, gli agenti di polizia penitenziaria avevano il compito di monitorarlo costantemente. E così è stato fatto, per questo motivo non sembrano esserci responsabilità per il suicidio. Mantovan era stato rinchiuso in una cella con tre detenuti (un italiano, un marocchino e un cinese) perché non fosse lasciato solo. Era inoltre sottoposto ad una terapia di tranquillanti. Mantovan era finito in manette per aver seviziato la convivente, nella notte fra venerdì e sabato scorsi. Quella notte di follia e di terrore deve evidentemente aver lasciato tracce nella psiche dell’uomo che nei colloqui con il Gip di Rovigo e con lo psicologo del carcere era parso sereno, ma in colpa per le sevizie inferte alla convivente. Evidentemente l’uomo non ha retto ai sensi di colpa per le sofferenze inferte alla convivente, una donna di 47 anni originaria di Porto Tolle. La follia era scoppiata nella notte fra venerdì e sabato scorsi, Mantovan, pare per motivi di gelosia, dopo aver legato la donna al letto l’aveva seviziata con calci e pugni nella sua casa di Taglio di Po. Poi aveva tentato di suicidarsi prima tagliandosi le vene dei polsi, poi aprendo il rubinetto del gas. Nel frattempo le convivente era riuscita a sfuggire al suo aguzzino lanciandosi dalla finestra del primo piano, quindi trascinatasi alla stazione dei carabinieri aveva lanciato l’allarme. L’uomo poi era stato arrestato con l’accusa di disastro doloso, sequestro di persona e lesioni gravissime. Il personale di polizia penitenziaria del carcere di Rovigo, intanto, ha fatto sapere che tutto quello che si poteva fare per la sicurezza e la tutela di Mantovan è stato fatto. Non mancano però i riferimenti alla perdurante carenza di personale nell’istituto di pena e alla necessità di una revisione dell’intero sistema penitenziario. La Procura comunque ha aperto un fascicolo d’indagine per accertare eventuali negligenze. (Il Gazzettino, 15 giugno 2006)18 giugno 2006; Carcere di Perugia12 giugno 2006, Carcere di Rovigo Suicidio: Detenuta italiana di 44 anni si suicida nel Centro Clinico Penitenziario del penitenziario del perugino. (Ristretti Orizzonti) Centro Clinico Penitenziario sequestrato dai Nas Il centro clinico del carcere di Perugia, ospitato nella storica struttura di piazza Partigiani, è stato sottoposto a sequestro oggi dai carabinieri del Nas nell’ambito di accertamenti disposti dalla Procura della Repubblica del capoluogo umbro. Sull’indagine viene mantenuto un riserbo assoluto. La decisione sarebbe stata presa dopo la morte di un detenuto, avvenuto sembra nel corso di un intervento chirurgico. Nello stesso centro clinico una detenuta si è suicidata negli ultimi giorni. Una ventina di detenuti ricoverati nel centro clinico verrebbero ora trasferiti in un’altra struttura. Sembra quella di Regina Coeli a Roma. Nel luglio dell’anno scorso è stata inaugurata la nuova casa di reclusione di Capanne dove sono stati trasferiti i detenuti. Il centro clinico è però rimasto nella vecchia struttura di piazza Partigiani. L’11 giugno scorso un detenuto albanese era evaso proprio dal nuovo carcere di Capanne dopo aver scavalcato un muro e due recinzioni. Episodio sul quale sono in corso una indagine penale (per la quale ieri sono state eseguite ordinanze di custodia cautelare nei confronti di due italiani già detenuti accusati di aver agevolato l’evasione) e una amministrativa interna del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. (Ansa, 26 giugno 2006) Medicine scadute e un detenuto morto Abuso di ufficio ed omissione di atti di ufficio: è questa l’accusa mossa dal Pm. Dario Razzi sostituto procuratore della repubblica di Perugia che ha fatto sequestrare dai carabinieri del Nas, il centro clinico del vecchio carcere di Piazza Partigiani del capoluogo. A seguito del provvedimento, i 12 detenuti (anche donne, poiché la struttura è divisa tra femminile e maschile) sono stati trasferiti in altri carceri con centro medico adeguato. Il Pm si è avvalso di due consulenti della università Cattolica di Roma che ieri hanno fatto un primo controllo mentre un altro è previsto per la prossima settimana. Nella struttura sanitaria erano stati rinvenuti farmaci e materiale sanitario (kit chirurgici) scaduti, materiale affidato in custodia alla Direzione sanitaria del centro, ma due giorni fa distrutto. L’indagine aveva preso il via due anni fa, dopo la morte di un detenuto straniero che era stato sottoposto ad intervento chirurgico di emorroidi, eseguito da un chirurgo esterno e convenzionato. Le condizioni del detenuto però peggiorarono tanto che sopravvennero delle complicanze a seguito delle quali l’uomo morì, dimostrando in pratica - secondo l’accusa - le carenze dell’assistenza notturna. Dagli accertamenti di quel fatto, sono emersi inadeguatezze sia igieniche che strutturali con materiale sanitario scaduto che ha portato al sequestro del centro. Per quella inchiesta, coperta dal massimo riserbo, sono indagate due persone, mentre per gli abusi d’ufficio e di omissione di atti (distruzione di materiale sottoposto a custodia) il PM Razzi non ha ancora assunto iniziative. Una dettagliata relazione è stata disposta per il ministero di Grazia e Giustizia, relazione che verrà integrata dopo le consulenze degli esperti del PM che torneranno nel vetusto carcere perugino di Piazza Partigiani (dove una detenuta si è suicidata poco tempo fa) visto che a luglio del 2005 era stata inaugurata la nuova struttura a Capanne, con un centro clinico solo in minima parte operativo. (Ansa, 26 giugno 2006) Suicidio: Detenuto peruviano di 22 anni muore dopo aver inalato gas da una bomboletta da camping. Il ragazzo doveva scontare solo un anno di pena per un reato di furto. Per questa morte, avvenuta sabato dopo alcuni giorni di ricovero all’ospedale San Paolo, il pubblico ministero Nicola Piacente ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti per istigazione al suicidio. Il giovane, in carcere in seguito alla condanna a un anno di reclusione, non ha lasciato biglietti per giustificare il suo gesto. Da alcuni giorni era stato lasciato dalla ragazza. Il magistrato ha disposto l’autopsia sul suo corpo. (Il Giorno, 30 giugno 2006)25 giugno 2006, Carcere di Isili (NU)24 giugno 2006, Carcere di Bollate (MI) Morte per cause da accertare: Pierangelo Atzeni, 40 anni, muore dopo aver inalato gas dalla bomboletta da camping. L’omo era rinchiuso da febbraio nella colonia penale di Isili per reati minori. Poche le informazioni sull’episodio: gli ispettori della struttura carceraria mantengono il massimo riserbo e spetterà ora alla Procura della Repubblica cagliaritana, che ha aperto un fascicolo sull’accaduto, far luce sulle ultime ore di vita di Atzeni. I dubbi sulle cause del decesso però sembrano ben pochi: il giovane avrebbe sniffato del gas da una bomboletta da campeggio usata normalmente dai detenuti per cucinare i pasti, direttamente nella propria cella. Un uso alquanto comune nell’ambiente carcerario: alla stregua dei "meninos de rua" brasiliani, che per stordirsi sniffano colla e solventi, i detenuti ripiegano soprattutto sul gas di bombolette e accendini. Una scelta che per Atzeni potrebbe essere stata fatale: per capire se la causa della morte sia da attribuire al combustibile bisognerà attendere il referto del medico legale, atteso per i prossimi giorni. L’unica cosa certa è il vespaio di polemiche sul sistema carcerario, come ha ricordato il consigliere regionale della Rosa nel pugno - e segretaria della commissione Diritti civili - Maria Grazia Caligaris: "Penso che il Ministero della Giustizia debba subito intervenire, anche con misure straordinarie, per ridurre il numero di detenuti negli istituti penitenziari della Sardegna, a partire dagli ammalati e dai sofferenti psichici. In attesa che il Parlamento assuma una decisione per un provvedimento di amnistia o indulto in grado di ripristinare condizioni minime di garanzia nelle carceri, occorre un atto di coraggio anche da parte dei magistrati - ha aggiunto la Caligaris - non è più accettabile che possa stare in cella chi vive una condizione psichica instabile, chi manifesta disagio mentale, chi è tossicodipendente e chi, per le condizioni generali di salute o per l’età, non può sopportare di vivere in una struttura sovraffollata e dove gli interventi sanitari sono inadeguati". (La Nuova Sardegna, 27 giugno 2006) Assistenza sanitaria disastrata: Carmelo Perrone, 43 anni, muore all’ospedale Cardarelli dopo esservi stato ricoverato proveniente dall’Istituto penitenziario di Secondigliano. Carmelo Perrone viene ricoverato in ospedale appena due giorni prima del suo decesso. Arriva in ospedale in condizioni ormai critiche e disperate e, in carcere, non era ricoverato nel Centro Clinico, ma semplicemente nella sezione Infermeria. È incredibile che un detenuto di appena 43 anni, sofferente di cirrosi epatica, muoia così nell’indifferenza generale, senza ricevere una concreta possibilità di cura. A noi risulta che quello di Perrone è l’undicesimo decesso (di cui tre suicidi) dall’inizio del 2006 a Secondigliano. Non vogliamo sollevare generiche accuse, rispettiamo il lavoro di tutti gli operatori della pena e siamo consapevoli della difficoltà di gestione che complessivamente sconta il sistema penitenziario nazionale e campano. Eppure riteniamo urgente e non rinviabile che si intervenga per accertare le dinamiche e le cause di questa triste serie di decessi. (Stefano Dell’Acqua, Antigone Napoli) Secondigliano (NA): 11 detenuti morti in sei mesi 19 gennaio 2006: Gioacchino Umina, morto per malattia 25 gennaio 2006: Antonino Molè, morto per malattia 23 febbraio 2006: Giuseppe D’Addio, morto per malattia 23 marzo 2006: Ovidiu Duduianu, morto suicida 25 marzo 2006: Luigi Fiorenza, morto per malattia 01 aprile 2006: Salvatore Livello, morto per malattia 29 aprile 2006: Carmine Minzoturo, morto per malattia 01 maggio 2006: Domenico Libri, morto per malattia 18 maggio 2006: Lucio Addeo, morto suicida 23 maggio 2006: Lorenzo Pino, morto suicida 30 giugno 2006: Perrone Carmelo, morto per malattia Tratto da Ristretti.it - Fonte: Associazione Antigone Napoli - Osservatorio sulla detenzione |
Post n°5 pubblicato il 12 Agosto 2006 da diofebo
"Morto sul pavimento della cella e non se ne sono neanche accorti. Christoff Hohenlohe, 49 anni, era in cella dopo aver tentato di falsificare il passaporto. E' un giallo. La famiglia chiede verità. BANGKOK - "Ogni giorno dicevano un'altra cosa, prima che mio fratello aveva avuto un calo di zuccheri, poi un'infezione polmonare... La verità è che sembravano piuttosto confusi". Cosa è accaduto in quella cella? Lascia un Tuo commento. |
Post n°4 pubblicato il 08 Agosto 2006 da diofebo
Immagino cosa stiano pensando quei detenuti che si trovano in carcere ingiustamente, dopo aver appreso la notizia che Renato Bilancia «il serial killer dei treni», potrebbe beneficiare dell'indulto del governo Prodi. Gli innocenti, in carcere ci rimangono, perchè devono attendere i tempi della giustizia, quella, che spesso purtroppo non fa il suo giusto corso. Tra il 1997 e il 1998 ha ucciso diciassette persone.
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Post n°3 pubblicato il 05 Agosto 2006 da diofebo
GLI ANGELI DEL CORTILE Una Fiaba di Natale che da voce e visibilità ai detenuti GLI ANGELI DEL CORTILE di A.Sofri è diventato un “corto” realizzato dai reclusi della Casa Circondariale di Agrigento grazie all'impegno della prof.ssa Ginetta Gambino docente del C.T.P. Scrivici: invisibili.invisibili@virgilio.it La prof.ssa Ginetta Gambino docente della "scuola carceraria" della Casa Circondariale di Agrigento, ha curato un laboratorio cinematografico in una sezione di Alta Sicurezza e con molta, molta fatica ed estrema ostinazione è riuscita a realizzare con i suoi alunni della scuola media, un "corto". Il corto cinematografico, intitolato GLI ANGELI DEL CORTILE, è ispirato al racconto omonimo di Adriano Sofri in cui si affronta il tema della detenzione attraverso la metafora degli angeli custodi “penitenziari” che condividono con i loro custoditi la vita carceraria. Il racconto di A. Sofri, è sembrato quanto di meglio si potesse trovare non solo per stimolare la lettura e l’analisi di un testo narrativo che rappresenta in maniera liricamente efficace il disagio della detenzione, ma anche come opera in cui l’idea fondante coincide perfettamente con la finalità ultima del lavoro che si è inteso realizzare attraverso la rappresentazione cinematografica: raccontare senza retorica il mondo del carcere. La qualità artistica del prodotto finale è quanto di meglio si poteva ottenere nelle condizioni in cui si è operato: pochi mezzi, location estremamente limitate, tempi brevissimi per le riprese (una sola giornata). Inoltre tre detenuti che facevano parte del gruppo di laboratorio, per motivi diversi, sono stati sostituiti da altri detenuti poco prima di girare. La sceneggiatura Individuato il soggetto, la stesura della sceneggiatura ha coinvolto tutto il gruppo-classe nello sforzo di associare e combinare le parole del racconto di A. Sofri alle immagini che ne avrebbero dovuto, almeno nelle intenzioni, potenziare il significato, tenendo, per altro, ben presenti le limitazioni, dovute a ragioni di sicurezza, imposte dalla Istituzione carceraria all’interno della quale si sarebbero girate le scene. Questa fase di lavoro è stata preceduta da uno studio del linguaggio cinematografico. Gli “attori” Il gruppo di detenuti ha partecipato alle varie fasi del lavoro con grande entusiasmo e totale disponibilità, mostrando capacità di collaborazione fra loro e con gli operatori, senso di responsabilità e rispetto delle regole. Ciascuno di loro ha vissuto questa esperienza con la speranza di riuscire a lanciare un messaggio importante a chi, estraneo alla realtà carceraria, forse non considera abbastanza che al di là, al di sopra di qualsiasi reato commesso c’è un essere umano con le sue fragilità ma anche con il valore assoluto di ogni persona. Gli “esperti esterni”: regista, cineoperatore, fonico, fotografo di scena. Questo lavoro non ha avuto solo una valenza didattico-formativa, ma si è proposto di più: contribuire ad abbattere le barriere, soprattutto mentali, che separano il carcere dalla città. Proprio in ragione di questo, ci si è avvalsi della collaborazione di un documentarista sensibile, FABIO DE VECCHI, per curare la regia, di due giovani operatrici, CHIARA VULLO e ESTER SPARATORE per le riprese, il sonoro e il montaggio, e infine dello scatto “magico” di TANO SIRACUSA in qualità di fotografo di scena ma anche di prezioso consigliere per cogliere la migliore luce possibile nelle inquadrature e nella soluzione di innumerevoli problemi spesso legati alle location assai ristette in cui sono avvenute le riprese. Le foto di scena Le immagini fissate nelle foto di Tano Siracusa sono complementari al lavoro filmico. Riflettono l’atmosfera che si è creata durante le riprese: il clima a volte disteso e divertito, oltre che serio e impegnato; la cordialità fra detenuti e operatori esterni; l’angustia degli spazi all’interno dei quali ci si è mossi durante le riprese sotto lo sguardo vigile dell’agente di custodia. Ma anche di più. La foto scelta per la copertina del DVD (che contiene il corto), è riuscita a cogliere l’essenza stessa della condizione dei reclusi: non più uomini e donne, ma ombre, immagini sfocate, separate dalla vita vera dalle grate pesanti di un cancello chiuso, eppure confusamente e malinconicamente mosse dal desiderio forte di ritornare ad essere visibili in un mondo che appartiene anche a loro e che anche a loro dovrà dare la possibilità di ricominciare… Le autorizzazioni Nonostante l’atteggiamento favorevole della Direzione della Casa Circondariale alla realizzazione del progetto, il percorso per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie e passare alla fase della produzione del “corto”, è stato molto lungo e laborioso (cinque mesi e decine di istanze…). Perseveranza, volontà di superare gli ostacoli e fiducia nelle Istituzioni, sono state alla fine premiate e anche la Scuola Carceraria di Agrigento ha potuto portare a termine la propria produzione con la paziente collaborazione della Polizia penitenziaria. I successi Il cortometraggio GLI ANGELI DEL CORTILE ha già avuto diversi riconoscimenti: è stato selezionato per la visione al pubblico al Festival Aziz di Palermo, si è classificato terzo allo Zabut Festival di Sambuca di Sicilia, ha ricevuto una menzione speciale all’ Efebo d’oro nella sezione Corto Letterario, e all’ VIII Biennale del Cinema per la Pace di Pisa. Ha partecipato al concorso ilCorto.it2005 ed è visibile al pubblico di Internet alla pagina: http://video.libero.it/app/play/index.html?id=ab07d69da75849dfd8b6257927f43a5e ...i detenuti di Agrigento invece, non lo hanno visto affatto!). Inoltre la stessa prof.ssa Ginetta Gambino ha recentemente incontrato gli studenti di Scienze della Formazione del Polo Universitario della Provincia di Agrigento per parlare loro di questo lavoro e di educazione degli adulti nel contesto delicato e difficile del carcere. Grazie alla disponibilità e la sensibilità dei docenti: prof. Ignazio Licciardi e prof. Alfonso Sciara.
GLI ANGELI DEL CORTILE Conclusioni “Il carcere non deve essere considerato un sistema chiuso, una realtà lontana,estranea al tessuto sociale. Il carcere ha un prima, un durante e un dopo. Un prima sul quale si dovrebbe fare opera di prevenzione, dove l’individuo che commette un reato viene recluso e giustamente punito, un durante in cui quel soggetto dovrà vivere e non sopravvivere regredendo, un dopo perché quella persona, pagato il suo debito con la giustizia, ritornerà in seno alla società di cui è parte. Quel dopo dipende anche dai cambiamenti che l’esperienza carceraria avrà determinato nella personalità del detenuto. Quel dopo riguarda molto da vicino tutta la società. Un paese civile ha il compito di sostenere, recuperare e riabilitare anche il cittadino che ha sbagliato. E’ nel suo interesse”. Prof.ssa Ginetta Gambino I.C. "S. Quasimodo"- Ctp per l’Eda di Agrigento Progetto "Laboratorio cinematografico: il corto" a.s. 2004/05
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