Dietro le sbarre....

Gli Angeli del Cortile - Una fiaba di Natale, diventata un cortometraggio, realizzato dai detenuti della Casa Circondariale di Agrigento

 

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IL BLOG DEDICATO ALL'AUTONOMIA SICILIANA

 

Cusumano tradisce Mastella e tutti gli italiani.

"Il Senatore Nuccio Cusumano perde la faccia per salvare il suo c...."

(Il titolo mi è stato suggerito da uno straordinario Tabaccaio saccense)

Nuccio Cusumano ha tradito il partito annunciando il voto di fiducia al governo Prodi. Tommaso Barbato si avventa contro il compagno dell'Udeur, E' la miccia che accende, in Aula, il finimondo. «Venduto, uomo di merda!», «cesso», «troia», «frocio», «checca squallida»

Non è abbastanza. Ci vuole un gesto decisivo, che metta a posto il povero Cusumano. Barbato, si improvvisa guappo in giacca e cravatta e si dirige deciso verso il «traditore, traditore!» sputandogli in faccia e mettendogli le mani addosso. Cusumano non regge alla tensione e sviene. Lo portano fuori dall'Aula. E Barbato smentisce di aver sputato - ma c'è chi giura di aver visto. «Ma quello sviene tutti i giorni». Ah, già, la «checca» aggiunge Barbato. 

Per i saccensi non è una novità, non è la prima volta di Cusumano ...



 
 
 
 
 

 i diritti umani dei minori migranti

Foto di diofebo

Non più Invisibili, in attesa di buone leggi

 Il 23 febbraio 2006 Amnesty International rendeva noto il rapporto Invisibili, e richiedenti asilo detenuti alla frontiera marittima italiana (EGA Editore), al termine di oltre un anno di ricerche sulla presenza e sul trattamento dei minori, accompagnati e non, nei molti luoghi di detenzione per migranti collocati nei pressi delle coste meridionali italiane.
La pubblicazione del rapporto Invisibili ha dato il via all’omonima campagna che, grazie all’impegno degli attivisti di Amnesty International e all’adesione di oltre 50.000 persone, ha sottoposto alle autorità italiane le richieste urgenti dell’organizzazione per i diritti umani, volte a riportare la condizione dei minori migranti in arrivo via mare in Italia in linea con gli standard internazionali.
La più evidente novità, rispetto a 16 mesi fa, è l’accresciuta conoscenza della situazione dei minori che arrivano in Italia via mare.

Alcune valutazioni a 16 mesi dall’inizio della campagna:

- il centro di Lampedusa è dotato, dal maggio 2006, di una sezione separata di circa 40 posti, nella quale vengono alloggiati i minori non accompagnati e le donne con bambini. È risultata superata, nei confronti dei minori non accompagnati, la prassi di far seguire un ulteriore periodo di detenzione a quello applicato a Lampedusa. Questo, assieme all’abbreviarsi del periodo di permanenza di migranti e richiedenti asilo nel centro sito sull’isola, ha prodotto una drastica riduzione dei tempi di detenzione dei minori non accompagnati dopo l’arrivo, ha ridotto i rischi e i disagi connessi ai lunghi trasferimenti e ha sottratto molti minori non accompagnati a ulteriori rischi come quelli connessi alla mancata separazione dagli adulti. Tuttavia la detenzione generalizzata dei richiedenti asilo negli altri centri è ancora molto diffusa e non è cessato l’utilizzo di strutture “occasionalmente” destinate alla detenzione;
- la detenzione sistematica dei nuclei familiari con minori è proseguita. Nel momento in cui Amnesty International ha visitato il centro di Crotone, il 24 gennaio 2007, all’interno dello stesso vi erano due donne in gravidanza; due donne, ognuna delle quali con un bambino di un mese; una famiglia con un bambino di 11 mesi; una famiglia con una minore di 15 anni;
- le espulsioni collettive verso la Libia, nel corso della XV Legislatura, non sono mai state utilizzate. È tuttavia importante segnalare l’infittirsi dei rapporti diplomatici tra Italia e Libia dopo l’insediamento del governo Prodi, finalizzati ad accordi operativi, i cui dettagli non vengono resi pubblici, in materia di contrasto dell’immigrazione irregolare.

Amnesty International ha inoltre esaminato il disegno di legge delega governativo di riforma delle norme sull’immigrazione ma non si può considerare scongiurato il rischio, particolarmente riferito alla detenzione a scopo di identificazione di migranti appena arrivati, che le riforme possano limitarsi a una reinterpretazione lessicale del sistema vigente.

Alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato, Amnesty International nota come il Mediterraneo stia diventando una fossa comune.

Amnesty International ribadisce quanto sia essenziale, per la costruzione di un sistema rispettoso dei diritti umani di tutti, che l’Italia non resti priva di una legislazione organica in materia di asilo e che ne adotti al più presto una in linea con gli standard internazionali sui diritti umani.

 
 
 

Il museo della mafia

Post n°17 pubblicato il 30 Ottobre 2007 da diofebo
 

I comuni che fanno parte del  Consorzio “Le cinque Valli” si riuniscono per discutere dello sviluppo socio-economico del territorio.  L’idea di far nascere il museo della mafia.


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Villalba, 29 ottobre 2007:  Il presidente del consorzio “Le cinque valli” dott. Eugenio Zoda, sindaco di Villalba oggi pomeriggio ha riunito i Sindaci, gli amministratori e gli operatori economici dei comuni che fanno parte del consorzio: Marianopoli, Resuttano, Santa Caterina Villarmosa, Vallelunga Pratameno, erano presenti anche i sindaci dei comuni di Mussomeli e Campofranco. Interessanti tutti gli interventi e le idee per lo sviluppo di questa parte di Sicilia dimenticata da anni dalle forze politiche regionali e nazionali.  c082d072c49da3ff5166a64d1d03b619.jpg Tra i relatori, il dott. Arnaldo Franceschi, e la dott.ssa Rossana Mazzoni. A concluso i lavori il prof. Nunzio Lauretta docente di Storia Contemporanea dell’Università degli Studi di Palermo, tra le altre cose tutte interessanti ha proposto  l’idea di far nascere proprio a Villalba, terra che fu di don Calogero Vizzini, capo della mafia siciliana nell’immediato II dopo guerra, il museo della mafia, da allocare proprio all’interno della masseria del feudo Miccichè del quale proprio il Vizzini fu “Cabelloto”. Con l’arrivo degli americano fu anche sindaco di Villaba.

 

Il museo quindi come strumento per veicolare turisti, studiosi, ricercatori da tutto il mondo in una zona ricchissima di storia e tradizioni, ma poco conosciuta dagli stessi siciliani. Il museo, inoltre, una volta realizzato, verrebbe a dimostrare come la Comunità del Vallone ha inteso e intende espungere le negatività proprie del fenomeno che ha segnato il declino della Sicilia. Il sindaco Zoda, nella qualità di presidente ha accolto con entusiasmo la proposta dello studioso e ha indetto una tavola rotonda per approfondire la proposta, nonché,  tutte le idee e i progetti che potranno contribuire allo sviluppo dell’ entroterra nisseno, di quello che da tutti è stato definito il “Cuore” della Sicilia.

 
 
 

Le Carceri tornano ad essere affollate anche di bambini 

Post n°16 pubblicato il 01 Agosto 2007 da diofebo
 
Foto di diofebo

A Rebibbia sono 19 i bambini detenuti insieme alle loro madri

 
L'ultima settimana di luglio ha fatto registrare una presenza record di bambini nel nido del carcere di Rebibbia Femminile. Ad oggi, infatti, sono 19 i bambini e le bambine che vivono con le mamme detenute nel carcere romano. L'allarme arriva dal Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni: il più piccolo dei bambini di Rebibbia ha meno di un mese, il più grande 2 anni e mezzo. Tutte le mamme sono straniere 2 africane (di cui una ha due figli), 16 sono romene.

A queste si devono aggiungere anche una donna romena prossima alla maternità. "Il sovraffollamento di bambini comporta dei problemi: - sottolinea il garante - la capienza della sezione riservata alle mamme con bambini è, infatti, di 14 letti e a causa del sovraffollamento alcune detenute con i figli sono state collocate nelle sezioni comuni". Il problema principale è come intrattenere i piccoli durante il giorno, evitando che su di loro pesi eccessivamente il carcere. "Trascorrono il tempo nella stanza dei giochi o nella zona verde da poco attrezzata. Alcuni di loro - fra mille difficoltà legate alle diffidenze delle mamme straniere - ora frequentano un nido esterno", aggiunge. Ma "è evidente che, nonostante l'impegno di operatori e volontari, i bambini vivono una situazione difficile".

La legge prevede che i bambini da 0 a 3 anni possano stare in carcere con le mamme detenute e al compimento del terzo anno è obbligatoria la scarcerazione dei minori, indipendentemente dalla pena che sta scontando la madre, con l'affidamento del piccolo o ai parenti (se ci sono) o alle case famiglia, "determinando spesso gravi traumi alle mamme e ai bambini". "Quella fra 0 e 3 anni è l'età del primo apprendimento ed è davvero difficile pensare che un bambino possa crescere in cella e con limiti di spazio intorno.

La verità è che i piccoli stanno perdendo una parte importante della vita per colpe che, evidentemente, non sono le loro. Credo che questa emergenza dimostri l'urgenza di prevedere, per le madri detenute, misure alternative alla detenzione, e l'uso della carcerazione solo per reati gravi. Inoltre, visto che le detenute madri sono straniere, e in particolare romene, sarebbe auspicabile un coinvolgimento della rappresentanza diplomatica di Bucarest in Italia per affrontare una situazione che appare incancrenita».

 
 
 

Solo con se stesso, pregiudizio e... assenza delle istituzioni...

Post n°15 pubblicato il 30 Giugno 2007 da diofebo
 
Foto di diofebo

Buon giorno mi chiamo Daniele ho ventotto anni e sono di Torino. Conoscendo il Vostro interessamento per quelle che sono le realtà carcerarie e di disagio vorrei raccontare la mia storia. Intorno ai ventidue anni ero quello che definivano un ragazzo in carriera con un lavoro che mi esaltava e molto denaro guadagnato era consuetudine allora avere come ''additivo'' la cocaina che nel giro di qualche anno ha preso il sopravvento totale sia psichico che fisico su di me e mi ha portato a compiere svariate rapine ad istituti di credito fortunatamente sempre senza porre in essere pericolo per nessuno. Vengo arrestato nel settembre 03 e il mondo mi cade addosso con tutto il suo peso. In carcere entro in contatto con Sert e elaboriamo un trattamento terapeutico per uscire dalle mie dipendenze. Esco dal carcere ad ottobre 05 in sospensione pena e subito mi accorgo che la vita sara difficile le persone che prima mi stimavano ora mi scansano non ho soldi e ho una voglia matta di tirare. Comunque inizio gia il programma terapeutico col sert con i vari controlli delle urine e inizio nella mia ricerca di un lavoro che trovo ma dal quale vengo licenziato una volta venuti a conscenza dei miei precedenti. A maggio 06 inizia l'affido vero e proprio con tutte le sue limitazioni di spazio e di tempo e trovo anche un lavoro che mi piace. E' difficile sottostare a tutte le restrizioni imposte ma mi impegno ma a novembre 06 vengo arrestato per ordinanza del gip di trento che mi accusa di spaccio e associazione in base a delle intercettazioni del 02 :il magistrato ha i suoi bei titoli sui giornali arresta una settantina di persone e io che come unica colpa avevo quella di acquistare per il mio uso la cocaina da queste persone passo venttre giorni a massima sicurezza in carcere per essere poi fatto uscire a piede libero (!) . In ufficio mi invitano ad andarmene e riparto di nuovo da zero. ritrvo un altro lavoro a gennaio ma ad aprile commetto un grosso errore: con un documento contraffatto tento di versare un assegno arrestato e mandato ai domiciliari questo a meno di un mese della fine dell'affido che mi viene sospeso e termino in carcere. L'08 maggio udienza della sorveglianza che mi revoca dal primo giorno l'affido e quindi dovro rifare dieci mesi in carcere. Ma io dico perche devo ripetere la mia pena? si ho sbagliato ma anche solo il fatto di aver vinto la dipendenza dalla coca non va cosiderato? ma lo sanno i giudici cosa vuol dire passare da 7-10 gr di coca a ZERO (come dimstrano anche le analisi del capello) cosa vuol dire abbandonare tutte le amicizie ''pericolose'' nel mio caso quasi tutte e riprendere da zero! con la difficolta di inserimento che c'e nel mondo del lavoro quante altre volte dovro riprovare? Sono deluso e amareggiato nel non veder riconosciuto nulla di quello che ho fatto non voglio piu entrare in  carcere perche so che quando ne usciro saro una persona peggiore di prima .Scusate per lo sfogo
Daniele Gianni

 
 
 

Lettera dal lager EIV di San Michele (Alessandria)

Post n°14 pubblicato il 09 Marzo 2007 da diofebo
 
Foto di diofebo


I prigionieri del carcere di San Michele (AL) dichiarano quanto segue.
In data 01/03/07 il compagno Gisa Amed, nato in Somalia, alle ore 18 e 30 circa è stato chiamato dalla socialità e portato in cella e quindi è stato picchiato in presenza di alcuni agenti di polizia pentenziaria e di un ispettore capo reparto nella sezione EIV.
Il compagno è stato picchiato con una chiave e un bastone che gli hanno causato una grossa ferita alla testa. Subito dopo tutti noi della sezione EIV abbiamo fatto una battitura alle porte della cella per solidarietà al compagno Gise.
L’episodio è successo perché una guardia minacciava e intimoriva il compagno Gisa.
La sera del 01/03/07 alcuni di loro l’hanno chiamato e con la scusa del giornale che il compagno leggeva la sera – perché ci passiamo i giornali e le riviste tra compagni. Li l’hanno picchiato duramente senza nessun motivo. Qui noi abbiamo preparato una protesta pacifica con sciopero della fame e battitura alle porte. Per solidarietà al nostro compagno in segno di protesta per questo regime, ingiustificato, a cui tutti noi siamo sottoposti da 2 anni.
I detenuti dei reparti normali dicono che qui stanno bene, perché li fanno studiare e lavorare e li trattano bene. Ma la realtà è che qui è un lager.
Se vi è possibile fate circolare questa nostra lettera di protesta contro questa direzione fascista.
Con questo vi salutiamo tutti e tutte, con la speranza che la vostra solidarietà si faccia sentire.

01/03/07
I prigionieri in EIV di San Michele – Alessandria

 
 
 

Post N° 13

Post n°13 pubblicato il 11 Febbraio 2007 da diofebo
Foto di diofebo

Lettera di una compagna in EIV dal carcere di Santa Capua Vetere


Ciao a tutti questa lettera è arrivata oggi, come vedete la situazione è molto grave, vi chiedo di divulgare questa lettera e scrivere, scrivere, scrivere, qualcosa le arriverà prima o poi...
A pugno chiuso e sempre in alto.

www.odioilcarcere.it

LA SOLIDARIETA’ E’ UN’ARMA!!! USIAMOLA

***

Verso la metà di gennaio mi chiamano per parlare con l’educatore e 2 giorni dopo con la psicologa... in 10 mesi non mi hanno mai cagato anche se chi è sottoposto a un regime duro fa colloqui periodici con lo psicologo. Comunque io sono andata perché pensavo che volessero parlarmi di alcune richieste, istanze che avevo fatto riguardo le attività (inesistenti) da inserire in questo cesso di galera.
Le chiacchierate invece erano orientate sul generico, su come stavo ecc. Io ho risposto che stavo bene e poi ho troncato perché mi sembrava di essere una cavia da esperimento e ho anche precisato alla psicologa che se avessi avuto bisogno di parlarle, ne avrei fatto richiesta io. Tutto a posto.
2 giorni dopo (il 14) mi chiamano per parlare con lo psichiatra, mi sono rifiutata e ho chiarito alla guardia che io non avevo chiesto nessun colloquio con nessun medico. La guardia insisteva dicendomi che comunque era la prassi e che ogni tanto bisognava parlare con lo psichiatra.
Io comunque ho rifiutato.
(Passano 2 giorni) il 16 mi richiamano a visita dallo psichiatra, sono andata perché volevo capire che cazzo stava succedendo e la cosa mi stava già puzzando molto.
Appena sono entrata, lo psichiatra mooolto seriamente e in maniera diffidente mi chiede come mai avevo rifiutato 2 giorni prima. Io gli ho risposto che se avessi avuto bisogno di farmi visitare da qualcuno l’avrei chiesto e che nessuno poteva obbligarmi a sottopormi ad una qualsiasi visita medica e tantomeno a una psichiatrica che notoriamente richiede l’accordo del “paziente”.
Lui è rimasto un po’ perplesso e ha cambiato argomento dicendomi che sapeva che ero dentro per 270 bis, che ero sarda. Anzi mi ha addirittura chiesto di che parte e a sentire Barbagia ha cominciato ad elogiare i granitici, tosti e fieri sardi.
Nel mentre che lui parlava e sfotteva lo stato che metteva in galera le persone come me io ho intravisto, nel registro che aveva lui, un foglio con il mio nome e sotto la firma... dell’ispettrice di reparto, datato 12/01. L’ho presa al volo (per la verità lo psichiatra mi ha lasciato fare) e ho scoperto che era un ordine di servizio dell’ispettrice suddetta che “vista la patologia neurologica della LAI ANTONELLA, ordinava a tutto il personale di polizia penitenziaria di aumentare la sorveglianza” il controllo nei miei confronti, nonostante fossi già sottoposta a regime E.I.V.
Sono scoppiata a ridere e ho chiesto spiegazioni allo psichiatra che molto imbarazzato mi ha detto che risultava che io il 3 gennaio avessi fatto una visita neurologica da cui risultava una patologia. Si è scusato, perché mi ha detto, era evidente che io non ero pazza, ecc. ecc. E ha scritto un foglio in cui smentiva questa diagnosi. Lui mi ha fatto anche vedere nel registro, che il 3 non avevo fatto nessuna visita e c’era semplicemente appuntata una richiesta del dirigente sanitario affinché io venissi sottoposta a varie analisi e visita psichiatrica.
Scendo dall’ispettrice... chiedo come era possibile che lei avesse diramato un ordine di servizio di quel tipo, presa alla sprovvista, non sapeva darmi una spiegazione (ossia io quel foglio non l’avrei dovuto vedere), si scarica ovviamente di ogni responsabilità, dicendomi che lei l’aveva dato sulla base di un certificato medico. Le chiedo chi era il mago-medico che senza neanche avermi mai visto era stato capace di diagnosticarmi una malattia addirittura mentale!
Lei mi ha spiegato che se l’era trovato sulla scrivania, si trattava di fogli prestampati e che la firma era illegibile... e l’ha fatto anche vedere (un foglietto prestampato con scritto LA DETENUTA LAI ANTONELLA ecc ecc.). Le ho ricordato che quando un medico visita qualcuno si registra e quindi non sarebbe stato difficile risalire all’autore. Attaccato all’ordine di servizio (di cui lei aveva copia) c'era anche un foglio scritto a mano, in cui si diagnosticava la mia patologia e si allertava il personale... anche qui firma illeggibile. Ho mantenuto la calma per fortuna, intanto è venuto anche lo psichiatra che mi ha difeso e ha presentato il suo certificato che negava l’altra diagnosi.
Allora l’ispettrice, col sorriso da orco, “allora LAI, è tutto a posto... lei è stata assolta, non è matta, non è successo niente".
Io le ho risposto che non avevo bisogno di nessuna assoluzione e che per me non era tutto a posto, che volevo il nome del medico responsabile e da parte sua volevo delle spiegazioni ufficiali che chiarissero come lei, senza neanche accertarsi di che patologia si trattasse, aveva potuto decidere di aumentarmi la sorveglianza, cioè come un ispettore si trova un prestampato che dichiara che l’unica detenuta E.I.V. della sua sezione è matta e non si preoccupa di fare ulteriori indagini per vedere anche se è a rischio la sua incolumità o quella delle altre.
Le ho chiesto copia del certificato stilato dal medico (quello attaccato all’ordine di servizio) e lei mi ha risposto che non era autorizzata e quindi di far intervenire il mio legale.
La sera (siamo sempre al 16!) mando un telegramma al mio avvocato dicendogli di venire subito perché avevo urgenza di parlargli della mia vita carceraria. Questo telegramma è arrivato il 23, un po’ tanto non ti pare?
3 giorni dopo viene la vicedirettrice e insieme all’ispettrice e alla sovraintendente mi spiegano che è stato tutto un malinteso, che loro avevano fatto una piccola indagine e che tutto questo allarme era stato causato da una lettera che il mio avvocato aveva spedito alla direzione.
Sono caduta dalle nuvole e ho chiesto che cosa c’era scritto nella lettera: l’ispettrice mi ha detto che era lui che parlando di uno stato neurologico particolare aveva messo tutti all’erta e loro doverosamente hanno fatto quello che dovevano fare per la mia incolumità e per quella delle altre.
Io ho comunque precisato che, a prescindere dalla lettera del mio avvocato, uno psichiatra o un neurologo avrebbero dovuto comunque accertarsi della mia salute attraverso una visita e non dichiarare la mia patologia a occhi chiusi, da cui poi automaticamente derivava un aumento della sorveglianza.
Ho chiesto anche di poter leggere la lettera, ma la vicedirettrice ha detto che era andata persa e che comunque il medico aveva avuto un eccesso di zelo. Ho risposto che secondo me quello non era eccesso di zelo e che in ogni caso mi sembrava strano visto che per una mammografia avevo aspettato 6 mesi.
Dopo un paio di giorni mi chiamano a colloquio con il dirigente sanitario che mi conferma la versione della direttrice.
Io ripeto le stesse cose e lui dice che comunque nessun medico si era permesso di scrivere un certificato attestando la mia patologia, io gli ho detto che questo certificato era allegato all’ordine del giorno e lui mi ha risposto che non l’aveva mai visto, e che l’unica cosa scritta era quella sul registro scritta da lui, ed era una semplice richiesta di esami dovuta all’allarme lanciato dal mio avvocato, con la lettera spedita a lui (non più alla direzione!).
Il 24 faccio colloquio con i miei e mi spiegano che agli inizi di dicembre (non gennaio!)siccome avevo saltato una telefonata, si son preoccupate e hanno fatto chiamare l’avvocato in carcere per vedere se ero stata trasferita e se stavo bene, gli hanno risposto che non potevano dare queste informazioni per telefono, quindi di fare una richiesta scritta. Questa è la lettera e loro dopo un mese si sono messi in allarme.
Che dici? mi stanno prendendo per il culo?
Il mio avvocato avvisato da mia zia di ciò che era successo, ha fatto telefonare il senatore Bulgarelli, che non ha trovato il direttore e quindi ha parlato con il comandante (che cambia ogni 2 giorni).
In più mi ha spedito una lettera con la copia di quello che aveva chiesto al carcere, questo il 26. A me non è ancora arrivato niente...
Ah! il dirigente sanitario quando ha negato l’esistenza del foglio in cui c’era scritta la diagnosi, mi ha anche detto che forse mi ero confusa e che avevo visto il foglio dello psichiatra con cui avevo parlato e che l’ordine di servizio era partito da quello. Gli ho ricordato che l’ordine di servizio era del 12, con lo psichiatra ho parlato il 16. E poi nel colloquio con l’educatrice e la psicologa perché nessuno mi ha detto della lettera? Non è deontologicamente corretto spiegare al “paziente” il motivo di una visita?
E poi perché l’ispettore la prima volta non mi ha detto niente della lettera?
Ora loro non hanno più detto niente, anzi hanno detto che l’allarme era rientrato e che dalla cartella clinica era stato cancellato tutto (ma va?)e quindi non c’era bisogno che io l’avessi.
Ora sto aspettando notizie perché la lettera del mio avvocato io non l’ho avuta...
...Insomma non sanno più come torturarmi, il motivo di tutto questo teatrino me lo spiego solo con l’intenzione di mandarmi via, ma non in Sardegna... volevano aumentarmi la sorveglianza e creare intorno a me un sospetto di malattia per dichiararmi ancora più pericolosa e giustificare così il mio trasferimento in un altro carcere. Diciamo che qui sono un po’ di disturbo e secondo loro infogo le altre alla ribellione, si è vero io ci provo, ma qui sono le stesse detenute che non vogliono reclamare i loro diritti , anzi vanno subito a denunciarti dall’ispettore.
Comunque, non avrei dovuto vedere quell’ordine di servizio, però siccome l’ho visto, hanno cercato di coprirsi con la storia della lettera dell’avvocato...
...Sappi che però sono di nuovo nel periodo delle sparizioni misteriose..”

santa maria capua vetere 7/02/07

ANTONELLA LAI
C.C. SANTA MARIA CAPUA VETERE
VIA APPIA KM.6.500 - 81055 CASERTA(CE)

 
 
 

Sostieni Carmelo

Post n°12 pubblicato il 30 Novembre 2006 da diofebo
Foto di diofebo

*Il caso di Carmelo Musumeci – dal 1° dicembre in sciopero della fame.
Sostieniamo la sua protesta!*


*Chi è Carmelo Musumeci*

* *Carmelo Musumeci è nato il 27 luglio 1955 ad Aci S. Antonio, provincia di Catania.

Condannato all’ergastolo si trova nel carcere di Nuoro.

Quando era all’Asinara in regime di 41 bis riprese i suoi studi e in cinque anni ha terminato le scuole superiori e nei successivi tre anni si è laureato in giurisprudenza con una tesi in sociologia del diritto dal titolo “Vivere l’ergastolo” discussa con il prof. Emilio Santoro.

La sua famiglia vive in Toscana.

Per vari anni ha coordinato insieme a Giuliano Capecchi, il periodico “Liberarsi dalla necessità del carcere” e partecipa al progetto Informacarcere dell’Associazione Pantagruel.

Di seguito riportiamo una descrizione di Carmelo, dal libro “Patrie Galere” di Stefano Anastasia e Patrizio Gonnella:

 “…Lui ha girato come una trottola per le carceri italiane. Nonostante il suo cognome evocasse cosche mafiose, lui si comportava diversamente, molto diversamente da come si sarebbe comportato un uomo d’onore. Un uomo d’onore in carcere accetta le regole interne, si muove in silenzio, prova a fare il boss, è rispettato, è omertoso, saluta con il voi. C.M. non ha mai fatto nulla di tutto questo. Ha rivendicato i suoi diritti.
Ha presentato esposti e reclami alle autorità costituite. Ha scritto a giudici, parlamentari, associazioni. Ha denunciato vessazioni agli organismi internazionali. Ha fatto da portavoce alle proteste di gruppi di detenuti contro l’ozio forzato, contro i trattamenti inumani, contro regole non sempre ragionevoli. Ha scritto poesie, ha realizzato calendari, censurati perché ironici nei confronti del premier Berlusconi. Le sue proteste si sono sempre mosse nei limiti rigorosi della legge, mai offendendo o calunniando. Ogni qualvolta C.M. alzava il tono delle sue proteste veniva trasferito in un altro istituto. Un interminabile, forzato, turismo penitenziario. Il gruppo di osservazione e trattamento, riunitosi in conclave, lo ha definito uno che non partecipa alle attività trattamentali. L’osservazione ha dato esito negativo. Lui non è stato definito dall’equipe un rieducato, non è stato ritenuto pronto per l’esterno, per la via libera. Ecco le ipocrisie del trattamento. Si esigono scelte esistenziali indimostrabili, si esige un ravvedimento intimo impossibile da provare, si esige che si cammini con la testa bassa, che ci si presenti in modo formale ed educato, meglio ancora se rincoglionito. Si pretende che si diventi come gli altri vogliono che tu sia. Lo Stato carcerario non ammette e non riconosce le diversità. Lo Stato carcerario ti vuole pacificato, normale, mansueto, acritico. C.M. non si è invece ammansito. Ha continuato negli anni e rivendicare i suoi diritti. Lo ha fatto rivolgendosi a un magistrato e non a un collega della malavita. L’atteggiamento di C.M. ha sempre evidenziato un rispetto naturale, non ipocrita e doppiogiochista, verso le istituzioni. Se alle istituzioni ti rivolgi per far valere un tuo diritto ritenuto violato, vuol dire che credi in quelle istituzioni, credi nella legge, credi nello Stato. Legge che invece era stata infranta al momento della commissione del reato. In questo senso puoi essere ritenuto definitivamente sulla via della risocializzazione. Il percorso dalla illegalità alla legalità può dirsi compiuto, o quanto meno in fase di compimento, proprio nel momento in cui ti rivolgi allo Stato per vedere tutelati i tuoi diritti. Chi disconosce lo Stato mai si rivolgerebbe ad esso per vedere un proprio diritto garantito. Solo per questa ragione C.M. avrebbe dovuto essere ritenuto rieducato e avrebbe meritato un premio. Invece da lui si vuole un atto di prostazione, o che partecipi con entusiasmo al corso di origami organizzato da qualche benemerita associazione e cooperativa sociale. Sono queste le ipocrisie del trattamento”.


*Lettera del tutore*

Cara amica e caro amico,

ti chiedo di leggere con attenzione questa lettera che riguarda il mio
amico Carmelo Musumeci.

Carmelo, condannato all’ergastolo, è detenuto da quindici anni e si
trova nel carcere di Nuoro.

L’ho conosciuto per lettera circa dieci anni fa quando fu trasferito
all’Asinara in regime di 41 bis e di isolamento diurno, decidemmo di
riprendere gli studi, facendogli io da insegnante esterno. Quasi
quotidianamente ci scambiavamo compiti fatti e compiti corretti. Poi
Carmelo fu declassificato dal 41 bis e fu trasferito a Nuoro in una
sezione ad elevato indice di vigilanza e lì dette l’ammissione alla
seconda superiore.

Trasferito dalla Sardegna nel continente girò varie carceri, in cinque
anni concluse le scuole superiori e poi si iscrisse alla facoltà di
Giurisprudenza a Firenze, terminata in tre anni. Prima che finisse
l’università però era stato nuovamente trasferito a Nuoro.

Io divenni suo tutore per poterlo così incontrare in carcere e la scelta
di Firenze come sede degli studi universitari derivava sia dal fatto che
per me era più facile contattare i suoi docenti e svolgere il mio
compito di tutore, ma anche perché Carmelo ha la sua compagna e i suoi
due figli che vivono in Toscana e così poteva fare i colloqui con loro,
colloqui che non avrebbero fatto in Sardegna.

Terminata la laurea abbiamo deciso che era bene che facesse la
specializzazione sempre a Firenze per continuare un approfondimento dei
suoi studi con gran parte degli stessi insegnanti e per ampliare il
lavoro svolto con la tesina. Ma dopo aver dato un primo esame il DAP
(Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) faceva sapere a
Carmelo che non lo avrebbero più trasferito per motivi di studio a
Firenze e che se voleva continuare la sua specializzazione doveva
iscriversi all’università di Sassari. Carmelo ha fatto numerose domande
di trasferimento in carceri toscane o del centro Italia ma per ora non
vi è stato ancora una risposta positiva.

Per questo Carmelo ha deciso di iniziare il 1° dicembre prossimo uno
sciopero della fame e io lo appoggerò per quanto possibile sia con
alcuni giorni di digiuno sia soprattutto nel creare un movimento
all’esterno in appoggio alla sua lotta che ritengo più che giusta: egli
vuole poter continuare i suoi studi e poter incontrare sia i suoi
familiari (da qualche mese è divenuto nonno e alla moglie e ai due figli
si è aggiunto un nipotino), sia il suo tutore.

Giuliano Capecchi


*Lettera aperta di Carmelo Musumeci dal carcere di Nuoro -* 27/11/06

Premesso che vorrei continuare a studiare e finire gli studi
nell’Università (Firenze) in cui ho iniziato il mio percorso di studente
universitario; che vorrei scontare la pena in un carcere con Polo
Universitario ed in un carcere vicino alla mia famiglia, cosa che è
prevista dalla legge (Territorializzazione della pena); che sono 15 anni
che sono detenuto in istituti lontano da casa, 10 anni fra Asinara e
Nuoro.

In tutti questi anni di carcere a causa della deportazione in Sardegna,
per ovvi motivi di distanza, ho visto poche volte i miei figli e adesso
non voglio rischiare di fare lo stesso col mio nipotino.

Le cose non si ottengono solo con la speranza, bisogna lottare per
averle, anche rischiando di stare peggio e io sono disposto a rischiare
e a soffrire.

Il destino non è immutabile, può essere modificato ed io ho deciso di
farlo: desidero continuare e finire gli studi con l’Università di
Firenze e desidero essere trasferito in un carcere vicino casa.
La vittoria dipende da me, il buon senso, la legge per una volta è
dalla mia parte, non posso perdere, tutto quello che devo fare è non
mangiare, non è difficile e se perdo e muoio di fame ho vinto perché ho
lottato.

Da *venerdì 1/12/2006* inizierò uno *sciopero della fame ad oltranza*
fin quando non mi sarà data la possibilità di *studiare* e finire il
percorso iniziato con l’Università di Firenze e fin quando non sarò
*trasferito* in un carcere vicino casa.

Carmelo Musumeci



*Cosa puoi fare*

Abbiamo creato presso la nostra Associazione Pantagruel un Comitato di
appoggio alle richieste di Carmelo Musumeci a cui chiediamo a singole
persone e ad associazioni di aderire.

In concreto cosa puoi fare?

1. sottoscrivere una lettera-appello (vedi di seguito un esempio che
puoi cambiare) in cui chiedere che Carmelo Musumeci sia trasferito
in Toscana per poter proseguire i suoi studi presso l’Università
di Firenze e per poter fare regolari colloqui con i suoi familiari
e farne avere copia per mail a: Luigi Manconi, Sottosegretario Ministero Giustizia presso Ministero Giustizia, via Arenula,70 – 00186 Roma: sottosegretario.manconi@giustizia.it; e per conoscenza a: asspantagruel@virgilio.it, fare avere questa tua lettera anche per posta a Carmelo Musumeci , via Badu e Carros, 1 – 08100 Nuoro;

2. far girare questa lettera e questo appello per farlo conoscere ad altre tue amiche e amici;

3. andare sul sito www.informacarcere.it   notizie e scritti di Carmelo Musumeci e dove puoi lasciargli messaggi o domande nella rubrica Posta Diretta;

4. inviare la notizia ad organi di informazione (giornali, radio, televisioni, siti….) perché parlino di Carmelo e del suo sciopero della fame;

5. digiunare un giorno e farlo sapere alla nostra associazione Pantagruel.



Lettera appello a Luigi Manconi, Sottosegretario al Ministero di Giustizia


Il sottoscritto…………….residente………… venuto a conoscenza che Carmelo Musumeci ha iniziato dal 1 dicembre uno sciopero della fame nel carcere di Nuoro, chiede che venga al più presto trasferito in Toscana per poter proseguire i suoi studi universitari e per poter avere regolari colloqui con la sua famiglia.

Luogo e data

fonte: odioilcarcere.it



 
 
 

Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 02 Novembre 2006 da diofebo
Foto di diofebo

LVoce Galeotta

di Antonio Clementi

 

In data 22 settembre 2006 sono stato trasferito ed assegnato presso la casa di reclusione Di Carinola . Premetto che da quasi 5 anni ero stato assegnato alla casa di reclusione di Di Fossombrone, dove tanto male non stavo, ma nemmeno tanto bene.

Di buono c’erano tre cose :

  • 1 ) la cella singola ;

  • 2) il computer in cella;

  • 3) Le guardie non erano dure ma umane.

Per il resto, nulla che potesse offrire una "rieducazione" e un successivo inserimento per come molti ben pensanti affermano costantemente . Per ottenere qualche diritto sancito dalla costituzione e dai vari regolamenti vigenti ,civilmente si era iniziato uno sciopero o protesta, per attirare l’attenzione dei potenti Politici e finalmente iniziare a vivere dignitosamente e coltivare ciò che alimenta la vita, la speranza. sul questo Blog maggiori dettagli sullo sciopero. Cosi, il Ministero, mi ha sicuramente inserito in quel circuito di detenuti che hanno voglia di avere una nuova chance e poiché questo terrorizza la politica e il Ministero stesso, hanno pensato di mandarmi in un altro carcere di 1 livello, dove vivere o vegetare non sono affatto due verbi differenti, ma una condizione per continuare a vivere e sperare che dagli arti fuoriescano delle foglioline, prima o poi. Subito dopo l’ingresso nella mia nuova residenza, dopo l’iter di “ immatricolazione “ed un cordiale colloquio con il Commissario Comandante il quale mi ha subito chiarito come funziona questo posto Chiarimento da me condiviso e apprezzato per la schiettezza  e per la sincerita’, sono stato rilegato in una cella di una sezione in cui tutti i detenuti sono sottoposti all’ex articolo 14 bis o.p (regime di pericolosità sociale dentro il carcere) o a punizioni per infrazioni disciplinari del regolamento di esecuzioni o dell’o.p . Tenuto conto che nei 5 anni precedenti , ho scontato la mia pena (ERGASTOLO) mantenendo sempre un comportamento ligio alle norme dell’O.P della buona educazione, dell’etica e della morale, non riesco a capire il perché di questa mia attuale posizione “insolita” e retrocessione. Già all’ingresso mi è stato rolto il computer, una radiolina, un taglia capelli a batterie, le scarpe , poiché dicono che tra la suola  e il tacco c’è un piccolo ferro che mantiene salda la forma della scarpa stessa, addirittura la cintura dell’accappatoio, il tabacco, dimenticando che una Casa di Reclusione è una casa dello Stato e scordando  che il tabacco  è monopolio di Stato, e tante altre cose che a fare l’elenco ci vorrebbero settimane. Tutte conseguenze di un trasferimento inconcepibile. A Fossombrone potevo scrivere  e pubblicare i miei libri, grazie ad una piccola casa Editrice “ LA BANCA DEL GRATUITO” a breve mi doveva essere pubblicato il mio secondo libro: “ IL POTERE DEI SOLDI” il primo fu “LE DUE VERITA”. In più avevamo iniziato a parlare della pubblicazione  di una mia raccolta di poesie (ingiustamente dico poesie ) “ SENTIMENTI e PASSIONI”. Naturalmente in tutto questo non ho mai parlato di guadagni, che ho destinato in beneficenza, cosa che farò con tutto quello che pubblicherò.

Facevo parte di un gruppo Teatrale creato dopo che io stesso scrissi un testo per una commedia, tratta dall’omonimo libro “IL POTERE DEI SOLDI” . Scrivevo per il giornalino interno ”Un mondo a quadretti“ pPartecipavo alle attività Socio-Ricreative dell’Istituto e ogni tanto partecipavo a concorsi letterari banditi tra i vari Istituti di pena Italiani. Tutto questo ha sempre dato fastidio a qualcuno, se alla fine non è stato apprezzato. E vero che ho partecipato allo sciopero dei detenuti, della C.R. di Fossombrone ma è altrettanto vero che ho scioperato civilmente, senza infrangere alcuna norma giuridica o intramuraria  e rispettando i criteri democratici della società sanciti anche nella nostra Costituzione. Oggi dopo 13 anni di carcerazione sofferta, mi ritrovo in una cella senza Suppellettili, in una specie di isolamento preventivo o magari di sorveglianza, o forse in attesa di una sanzione più grave.

Domanda: Cosa chiedevo partecipando allo sciopero?

  • Lavorare più frequentemente, una palestra che funzionasse tutto l’anno, l’acqua potabile, fare i colloqui con i miei cari potendoli abbracciare, una pentola per cucinarmi una pizza, una cella più pulita con un gabinetto più consono, al posto di una turca. Nulla di più.............

Non ho chiesto di essere liberato, ne ho chiesto un’arma per tentare un evasione, non ho picchiato nessuno, ne imposto la mia indole criminale, ho solo chiesto che mi fossero garantiti i diritti fondamentali che la stessa Costituzione e lo stesso O.P. mi dovrebbero garantire, ALMENO SULLA CARTA.

Di per se l’ergastolo è Anticostituzionale, se è vero che la pena deve essere atta al recupero a al reinserimento, e anche vero che in Italia  non c’è la pena di morte (grazie a Dio). Però, se un ergastolo, perché tale deve esser punito per partito preso e vedersi rovinato il duro lavoro svolto, per poi coglierne i frutti con un graduale reinserimento, mi sa che il carcere italiano è tutto ” un braccio della morte” dove i condannati dopo 15-20 anni  si accorgono che stanno per morire. Cosi è stato per me  e anche se non mi faranno l’iniezione letale, il mio percorso integrativo svolto fino al 21 febbraio 2006 è stato bruciato, sciolto nell’acido, quasi fosse un testimone scomodo ho un cadavere scottante.

Lo so che sono dure tipiche azioni mafiose, ma non trovo altri termini per definire lo scempio consumato sulla mia pelle. Essere il capo espiatorio di un sistema repressivo e non rieducativo, non fa onore allo Stato Democratico in cui ci si vanta dei partigiani, di Cavour e di Garibaldi e di Mazzini e di Mameli e di tanti altri. E’ lo Stato che mi ha insegnato a non farmi  giustizia. Ma se poi è proprio lo Stato a mettere in atto vendette intimidatorie, allora la sua legge non è poi tanto diversa da quella per cui sono stato condannato all’ergastolo.

UCCIDERE:

Togliere la vita ad un essere vivente.

Togliere la speranza .

Sopprimere con violenza una persona non avendo un dizionario.

Non ho altre definizioni ma so che uccidere  vuol dire anche buttare via 13 anni di duro carcere di un uomo che chiedeva solamente una nuova chance.

Non è necessario premere il grilletto per uccidere, se si nega la possibilità di osare a chiedere un lavoro più frequentemente per non essere di peso alla società e alla propria famiglia, di osare a chiedere di essere  ancora considerato un cittadino Italiano, anche se condannato per reati gravi, di osare a cimentarsi  a scrivere e pubblicare  per donare qualcosa a chi ne ha più bisogno. Ma la cosa buffa è vedere parlamentari in dibattiti televisivi a volte molto accesi, e leggere articoli e proposte di legge su come umanizzare il carcere. L' on. Pisapia, propone l’abolizione dell’ergastolo. L’on. Mastella, ministro della "giustizia", fa votare l’indulto. L’ ON. Bertinotti, presidente della camera, grida da una vita che bisogna migliorare il carcere. L’ON. Luxuria visita solamente le sezioni dei transessuali, e dire che le ho chiesto aiuto due volte, sperando che venisse a Fossombrone, magari  in seguito pubblicherò sul mio sito: www.ziacristina.it anche la lettera di aiuto che le ho inviato. Naturalmente era una raccomandata con ricevuto di ritorno, ho ricevuto la cartolina…….ma non ho ricevuto la sua risposta……….

Nel libro “LE DUE VERITA” scrissi “il carcere è un mondo parallelo creato dagli errori umani in contrapposizione alle leggi degli uomini e al volere di Dio". 

Solo che Dio non ha mai trasgredito le sue leggi e quando capì che stava perdendo la guerra contro il male mando sulla terra il proprio figlio e lo sacrificò per tutti noi. Gli uomini al contrario di Dio sacrificano quelli come me, quelli che già una volta hanno sbagliato, quelli che sono abituati a sopportare l’inferno terreno.

Non bisogna umanizzare il carcere, bisogna fare molto per umanizzare le menti che ne gestiscono la funzione. La stessa Costituzione Italiana, tante leggi, decreti e sentenze di cassazione, fatti a misura assicurano che il detenuto bisogna privarlo solo della libertà e garantire il suo recupero, più o meno prolungato nel tempo, per assicurare alla società libera un futuro più sereno e tranquillo.

Bisogna capire che non ci vogliono nuove leggi e giorni migliori per far funzionare il Pianeta Carcere, ma Uomini giusti e rispettosi delle leggi che migliorano i giorni, per far questo basta solo mettere in atto ciò che già esiste, poiché contemplato dalla Costituzione  e dai vari ordinamenti , fino a poco tempo fa, anche se carcerato, ridevo di gusto, di gioia, poi quel trasferimento : un vero è proprio sfollamento , via i capri espiatori, via le persone da punire, da condannare da sacrificare, per dimostrare che lo Stato è quell’autorità principe, somma a cui tutto è concesso, anche infrangere le leggi, civilmente ma subdamente, tortura gli uomini e gli Italiani, senza mai pagare, senza mai essere giudicato, senza mai mostrare un'anima e una coscienza. In quasi tredici anni di carcerazione non ho mai chiesto un beneficio, non ho mai cercato scorciatoie per non pagare le colpe che mi sono state attribuite, ma che mai ho confessato (questa è un'altra lunga storia), però ho sempre chiesto di salvaguardare la mia dignità. SE ho sbagliato pago. Sto pagando! continuerò a pagare finchè qualcuno, senza che sia io a chiederlo stabilirà che potrò avere un'altra chance, ma fino a quel momento vorrei farlo dignitosamente per permettere ai miei figli di vivere liberi e fuori da quel mondo che ho cercato è voluto. Se è vero che ho sbagliato, mi sarà impossibile risarcire del tutto la società, ma mi piacerebbe pagare per garantire  l’equità della giustizia stessa, e non per permettere che la  giustizia sia usata come rappresaglia per incutere timore e incrementare

il potere e l’autorità degli uomini che la rappresentano. Ecco è questo che chiedo: parlare con chi sa e tace, con chi vede e si gira dall’altra parte, con chi uccide e non  paga,  con chi parla, parla e parla, ma non agisce, con chi ha l’autorità e ne abbusa, con chi gestisce la mia vita, senza che la mia vita gli appartiene.

Antonio  Clementi  detenuto presso il Carcere di Carinola

scrivetegli:  Antonio Clementi - Via S. Biagio,6  - 81030 Carinola (CE)

 

 

 
 
 

I detenuti scrivono al Ministo e a tutti gli organi competenti.

Post n°10 pubblicato il 18 Settembre 2006 da diofebo
Foto di diofebo

15 settembre sciopero detenuti di Fossombrone  settembre 2006

I detenuti del carcere di Fossombrone reparti Levante e Ponente , constatato che c’è una chiusura da parte di chi emana disposizioni vessatorie e arbitrarie che rompono quel clima di serenità dettato dalla consapevolezza colletiva di una neccessaria apertura per compensare la struttura obosoleta fatiscente e fuori legge non essendo conforme alle norme penitenziarie. Dopo aver informato gli uffici competenti , giornali e associazioni di volontariato con una lettera aperta invitandoli a intervenire ma nessuno si è degnato di venire a verificare per questo motivo abbiamo deciso di protestare con uno sciopero affinché si senta la nostra voce e di chiedere tutto ciò che ci tocca di diritto secondo le leggi Penitenziarie , le norme di regolamento e circolari ministeriali e denunciare gli abusi che si stanno perpetuando dal mese di luglio nei nostri confronti .
1. declassificazioni e benefici penitenziari diversamente da molti altri penitenziari : quello più vicino Pesaro , in questo carcere esiste l’automatismo della declassificazione quando non si hanno reati ostativi ne tantomeno quando si è finito di scontare reati ostativi .
2. i detenuti di Levante sono rinchiusi come in un ghetto , esclusi dai lavori del carcere senza esclusioni di nessun lavoro .
3. venga tolto il bancone nel colloquio e messi i tavolini , venga aperta un’aria verde per i colloqui con i bambini .
4. i detenuti di levante sono esclusi dalla commissione cucina , chiediamo che vengano integrati perché è un loro diritto sancito dalla norma penitenziaria .
5. il teatro è aperto una volta all’anno in casi eccezionali chiediamo che diventi normale usufruirne del teatro con iniziative teatrali e culturali .
6. i detenutI allocati nei piani terra “GROTTE FREDDE” piene di umidità e senza luce siano messi a rotazione con i nuovi giunti e spostati al primo e secondo piano
7. i detenuti lavoranti con varie alchimie percepiscono uno stipendio da fame chiediamo che sia aumentato per dare dignità al detenuto e al lavoro .
8. sia data la fornitura mensile completa di tutto per l’igiene personale e della cella .
9. siano consentiti i 20 kg. mensili di solo alimenti e in un solo pacco come prescrive il regolamento di esecuzione .
10. sia ripristinata la manutenzione della cella principalmente la pitura
11. vengano messe la tazza del water perché abbiamo ancora le turche , quasi scomparse nelle carceri italiane
12. abbiamo la finestra ancora come i bagni penali dell’800 chiediamo che vengano riportate al terzo millennio
13. sia ripristinata la palestra 365 giorni all’anno e non solo durante l’anno scolastico
14. sia consentito a chi frequenta la scuola , di andare in palestra il pomeriggio
15. vengano distribuiti 20.000 euro che il Ministero ha inviato per i sussidi scolastici
16. chiediamo che i termosifoni siano accesi come lo sono negli uffici della direzione o almeno secondo l’orario comunale
17. venga distribuita una bottiglia d’acqua potabile al giorno perché l’acqua attraversando tubature dell’800 non è più potabile
18. ogni carcere che sono senza fondi gli vengono dati un sussidio mensile di 45,50 euro qui non è stato mai fatto
19. la frutta distribuita quotidianamente è sempre la metà di ciò che ci tocca , spesso anche meno .
Con l’avento della nuova direttrice in modo strumentale il comandante del carcere si è adoperato in arbitri e abusi sommandoli a quelli della direttrice .
1. a revocato disconosciuto decisioni prese collegialmente nell’ambito del gruppo di osservazione trattamentali in relazione alla progressione trattamentale di alcuni detenuti
2. sono stati rimandati indietro pacchi postali contenenti vestiario e generi vittuari in quanto è stato deciso che possono essere ricevuti dai detenuti soltanto se inviati da stretti appartenenti al gruppo familiare con forte penalizzazione dei soggetti extracomunitari in qui i pacchi di conforto provengono dal volontariato , persone amiche e frutto di solidarietà
3. sono stati disconosciuti il diritto del detenuto nella facoltà di acquisire informazioni ATTI giuridici amministrativi che lo riguardano : posizione giuridica , numero di protocollo attestante l’invio di una richiesta “istanza” facoltà di poter visionare la propria cartella biografica
4. nega o elude richieste di colloquio con conviventi terze persone in virtù di una concezione integralista clericale tutta personale della famiglia impedendo ogni rapporto affettivo sociale
5. non ritiene di concedere udienze ai detenuti ne informarli dei cambiamenti mediante affissione di avvisi come peraltro previsto amministrativamente
6. sono state dimezzate le paghe dei lavoranti fissi togliendo un ora di lavoro
7. è stato sequestrato pentolame vario in possesso da tanti anni dai detenuti , che aveva lo scopo di poterci cucinare
8. le assurde limitazioni sull’uso del computer è stato santo con il ritiro di tutti i computer con la scusa di procedere ad un accurato controllo e non si potrà stabilire quando riconsegnarli molti computer hanno subito un controllo , 3 , 4 mesi fa (piano terra)sono stati ritirati a marzo e ridati un mese dopo per tanto questo nuovo ritiro per controllo è solo un’arbitraria vessazione messa in opera dal maresciallo comandante perché un detenuto l’ha denunciato per falso e abuso di potere per avere sequestrato il computer con una relazione falsa al provveditorato inoltre circa dieci giorni fa prima aveva ritirato i computer dal primo piano levante e ancora deve riconsegnarli , ancora deve finire di controllarli e fa ritirare i computer a tutto il carcere illecita arbitrarietà dell’uso del potere
9. altre restrizioni e anticipazioni di restrizioni che vengono riscontrate giorno per giorno non ultime le voci sulla prossima chiusura del giornalino interno .

Per tutti i motivi elencati sia di mancata applicazione della normativa penitenziaria e sia in ultimo e restrizioni di vario genere Protestiamo con uno sciopero il 15 settembre a tempo indeterminato e dei lavoranti il 30 settembre .
1. dei lavoranti
2. non andare a scuola
3. non facendo la spesa al sopravvitto tranne lo stretto necessario : acqua , gas , caffè , zucchero ,sigarette , bolli
4. rifiutando qualunque colloquio con gli operatori
5. rifiuto della messa
rifiutando colloquio singolo di delegazioni per discutere motivi della protesta , accettiamo solo colloquio collettivo o nel teatro .
Chiediamo agli uffici competenti di intervenire per sanare l’iniqua situazione del carcere di Fossombrone , chiediamo al ministero di mandare ispettori ministeriali pere verificare l’operato della direttrice e il comandante
nell’attesa porgiamo cordiali saluti

 
 
 

PRIVATIZZAZIONE DELLE CARCERI

Post n°9 pubblicato il 10 Settembre 2006 da diofebo
Foto di diofebo

PRIVATIZZAZIONE DELLE CARCERI

Uno degli angoli di osservazione e lettura del sistema carcere nella sua evoluzione odierna (evoluzione sicuramente non positiva ma trattandosi di un fenomeno sociale ne dobbiamo osservare la sua capacità di permeare l'intera società e quindi di evolversi), è quello della PRIVATIZZAZONE DELLE CARCERI. Un processo già molto sviluppato in alcuni paesi come gli Stati Uniti, Australia, Cile, GB, ecc., con andamenti diversi in altri paesi.

In Italia il dibattito sulla PRIVATIZZAZIONE si è acceso nella primavera del 2005 (21 marzo) in occasione dell'apertura del carcere di Castelfranco Emilia, di cui molto si è parlato e scritto. Il significato della ex casa di lavoro di Castelfranco Emilia, affidata dal Ministero della Giustizia ad una cooperativa proveniente dalla Comunità di S.Patrignano per farne uno stabilimento a custodia attenuata per tossicodipendenti, è stato il primo tentativo in Italia di optare per la scelta della gestione privata di una carcere pur trattandosi di una particolare tipologia detta a "custodia attenuata". Una scelta fortemente contestata dai movimenti, dagli  operatori del settore della tossicodipendenza, da vasti settori della società al punto che il progetto, per ora, pare arenato sulle secche delle contestazioni burocratiche.  Ma questo non è il solo caso: altre proposte in questo senso sono state avanzate anche per uno stabilimento in Puglia e, relativamente alla ex casa mandamentale di Legnano, da parte della comunità di don Mazzi.

 

Cosa pensi della privatizzazione dei Penitenziari? Potrebbe essere la soluzione alla risoluzione del problema trattamentale?

 
 
 

Mondo Binario

Post n°7 pubblicato il 18 Agosto 2006 da diofebo
Foto di diofebo

Dove tutto è bianco o nero,

dove tutto è si o no,

dove tutti son uno o zero,

vorrei poter sapere

un giorno cosa fare

per ritrovar il sorriso

sperduto in tempi scapestrati.

Or ch'io vivo tra le nuvole,

con un velo,

d'amarezza racconto le mie storie,

ricordo i miei trascorsi

e vorrei poter ripartir

lontan lontano,

ma non si va da nessuna parte

con un bagaglio pieno di rimpianti.

 tratta dalla raccolta di poesie di Antonio Clementi

 
 
 

Sei Morti a Giugno

Post n°6 pubblicato il 14 Agosto 2006 da diofebo
Foto di diofebo

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di giugno registra 6 nuovi casi: 4 suicidi, 1 morte per malattia ed 1 per cause da accertare. Riportiamo anche la denuncia di Antigone - Napoli: a Secondigliano sono morti 11 detenuti in meno di 6 mesi.

Raffaele Abbate

39 anni

08 giugno 2006

Suicidio

Vibo Valentia

Giuliano Mantovan

40 anni

12 giugno 2006

Suicido

Rovigo

Detenuta italiana

44 anni

18 giugno 2006

Suicidio

Perugia

Detenuto peruviano

22 anni

24 giugno 2006

Suicidio

Bollate (MI)

Pierangelo Atzeni

40 anni

25 giugno 2006

Da accertare

Isili (NU)

Carmelo Perrone

43 anni

30 giugno 2006

Malattia

Secondigliano (NA)

Secondigliano (NA): 11 detenuti morti in sei mesi

Suicidio:

Raffaele Abbate, 39 anni, di origine campana, si uccide impiccandosi in cella. Raffaele era detenuto da pochissimi giorni nel carcere di Vibo Valentia e proveniva dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (ME). All’uomo era stata riconosciuta una schizofrenia ed aveva frequenti attacchi di panico. Nei primi colloqui avuti con gli operatori del carcere di Vibo Valentia aveva manifestato un grave disagio esistenziale e ripetuto spesso "Dio non mi vuole". (Ristretti Orizzonti, 12 giugno 2006)

Proveniva dal carcere di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Raffaele Abbate, il detenuto di 39 anni che nella serata di ieri è stato trovato impiccato in una cella del penitenziario di Vibo Valentia, dove stava scontando una pena definitiva, per rapina, che sarebbe scaduta nel 2009. Di origine napoletana, celibe, con diversi precedenti sulle spalle, aveva tentato più volte di farla finita, escogitando diversi atti di autolesionismo, ma era stato sempre salvato in tempo dalle guardie carcerarie e dal personale medico. Stavolta era solo nella cella e, servendosi di alcuni lacci, è riuscito ad eludere la sorveglianza. (Notizia "Agi" del 12 giugno 2006) 

Suicidio:

Giuliano Mantovan, 40 anni, s’impicca alle sbarre della finestra del bagno della cella. La tragedia si è consumata nella serata di lunedì scorso. Mantovan dopo aver cenato con i compagni di cella si è recato in bagno. Pochi minuti dopo la macabra scoperta, l’uomo si era impiccato alla finestra del bagno utilizzando come cappio una striscia del lenzuolo della sua branda. Nessuno si era accorto di niente.

L’uomo era sottoposto ad un regime di stretta sorveglianza, gli agenti di polizia penitenziaria avevano il compito di monitorarlo costantemente. E così è stato fatto, per questo motivo non sembrano esserci responsabilità per il suicidio. Mantovan era stato rinchiuso in una cella con tre detenuti (un italiano, un marocchino e un cinese) perché non fosse lasciato solo. Era inoltre sottoposto ad una terapia di tranquillanti.

Mantovan era finito in manette per aver seviziato la convivente, nella notte fra venerdì e sabato scorsi. Quella notte di follia e di terrore deve evidentemente aver lasciato tracce nella psiche dell’uomo che nei colloqui con il Gip di Rovigo e con lo psicologo del carcere era parso sereno, ma in colpa per le sevizie inferte alla convivente. Evidentemente l’uomo non ha retto ai sensi di colpa per le sofferenze inferte alla convivente, una donna di 47 anni originaria di Porto Tolle. La follia era scoppiata nella notte fra venerdì e sabato scorsi, Mantovan, pare per motivi di gelosia, dopo aver legato la donna al letto l’aveva seviziata con calci e pugni nella sua casa di Taglio di Po. Poi aveva tentato di suicidarsi prima tagliandosi le vene dei polsi, poi aprendo il rubinetto del gas.

Nel frattempo le convivente era riuscita a sfuggire al suo aguzzino lanciandosi dalla finestra del primo piano, quindi trascinatasi alla stazione dei carabinieri aveva lanciato l’allarme. L’uomo poi era stato arrestato con l’accusa di disastro doloso, sequestro di persona e lesioni gravissime. Il personale di polizia penitenziaria del carcere di Rovigo, intanto, ha fatto sapere che tutto quello che si poteva fare per la sicurezza e la tutela di Mantovan è stato fatto. Non mancano però i riferimenti alla perdurante carenza di personale nell’istituto di pena e alla necessità di una revisione dell’intero sistema penitenziario. La Procura comunque ha aperto un fascicolo d’indagine per accertare eventuali negligenze. (Il Gazzettino, 15 giugno 2006)18 giugno 2006; Carcere di Perugia12 giugno 2006, Carcere di Rovigo

Suicidio:

Detenuta italiana di 44 anni si suicida nel Centro Clinico Penitenziario del penitenziario del perugino. (Ristretti Orizzonti)

Centro Clinico Penitenziario sequestrato dai Nas

Il centro clinico del carcere di Perugia, ospitato nella storica struttura di piazza Partigiani, è stato sottoposto a sequestro oggi dai carabinieri del Nas nell’ambito di accertamenti disposti dalla Procura della Repubblica del capoluogo umbro. Sull’indagine viene mantenuto un riserbo assoluto. La decisione sarebbe stata presa dopo la morte di un detenuto, avvenuto sembra nel corso di un intervento chirurgico. Nello stesso centro clinico una detenuta si è suicidata negli ultimi giorni. Una ventina di detenuti ricoverati nel centro clinico verrebbero ora trasferiti in un’altra struttura. Sembra quella di Regina Coeli a Roma. Nel luglio dell’anno scorso è stata inaugurata la nuova casa di reclusione di Capanne dove sono stati trasferiti i detenuti. Il centro clinico è però rimasto nella vecchia struttura di piazza Partigiani. L’11 giugno scorso un detenuto albanese era evaso proprio dal nuovo carcere di Capanne dopo aver scavalcato un muro e due recinzioni. Episodio sul quale sono in corso una indagine penale (per la quale ieri sono state eseguite ordinanze di custodia cautelare nei confronti di due italiani già detenuti accusati di aver agevolato l’evasione) e una amministrativa interna del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. (Ansa, 26 giugno 2006)

Medicine scadute e un detenuto morto

Abuso di ufficio ed omissione di atti di ufficio: è questa l’accusa mossa dal Pm. Dario Razzi sostituto procuratore della repubblica di Perugia che ha fatto sequestrare dai carabinieri del Nas, il centro clinico del vecchio carcere di Piazza Partigiani del capoluogo. A seguito del provvedimento, i 12 detenuti (anche donne, poiché la struttura è divisa tra femminile e maschile) sono stati trasferiti in altri carceri con centro medico adeguato. Il Pm si è avvalso di due consulenti della università Cattolica di Roma che ieri hanno fatto un primo controllo mentre un altro è previsto per la prossima settimana.

Nella struttura sanitaria erano stati rinvenuti farmaci e materiale sanitario (kit chirurgici) scaduti, materiale affidato in custodia alla Direzione sanitaria del centro, ma due giorni fa distrutto. L’indagine aveva preso il via due anni fa, dopo la morte di un detenuto straniero che era stato sottoposto ad intervento chirurgico di emorroidi, eseguito da un chirurgo esterno e convenzionato. Le condizioni del detenuto però peggiorarono tanto che sopravvennero delle complicanze a seguito delle quali l’uomo morì, dimostrando in pratica - secondo l’accusa - le carenze dell’assistenza notturna. Dagli accertamenti di quel fatto, sono emersi inadeguatezze sia igieniche che strutturali con materiale sanitario scaduto che ha portato al sequestro del centro.

Per quella inchiesta, coperta dal massimo riserbo, sono indagate due persone, mentre per gli abusi d’ufficio e di omissione di atti (distruzione di materiale sottoposto a custodia) il PM Razzi non ha ancora assunto iniziative. Una dettagliata relazione è stata disposta per il ministero di Grazia e Giustizia, relazione che verrà integrata dopo le consulenze degli esperti del PM che torneranno nel vetusto carcere perugino di Piazza Partigiani (dove una detenuta si è suicidata poco tempo fa) visto che a luglio del 2005 era stata inaugurata la nuova struttura a Capanne, con un centro clinico solo in minima parte operativo. (Ansa, 26 giugno 2006)

Suicidio:

Detenuto peruviano di 22 anni muore dopo aver inalato gas da una bomboletta da camping. Il ragazzo doveva scontare solo un anno di pena per un reato di furto. Per questa morte, avvenuta sabato dopo alcuni giorni di ricovero all’ospedale San Paolo, il pubblico ministero Nicola Piacente ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti per istigazione al suicidio. Il giovane, in carcere in seguito alla condanna a un anno di reclusione, non ha lasciato biglietti per giustificare il suo gesto. Da alcuni giorni era stato lasciato dalla ragazza. Il magistrato ha disposto l’autopsia sul suo corpo. (Il Giorno, 30 giugno 2006)25 giugno 2006, Carcere di Isili (NU)24 giugno 2006, Carcere di Bollate (MI)

Morte per cause da accertare:

Pierangelo Atzeni, 40 anni, muore dopo aver inalato gas dalla bomboletta da camping. L’omo era rinchiuso da febbraio nella colonia penale di Isili per reati minori. Poche le informazioni sull’episodio: gli ispettori della struttura carceraria mantengono il massimo riserbo e spetterà ora alla Procura della Repubblica cagliaritana, che ha aperto un fascicolo sull’accaduto, far luce sulle ultime ore di vita di Atzeni. I dubbi sulle cause del decesso però sembrano ben pochi: il giovane avrebbe sniffato del gas da una bomboletta da campeggio usata normalmente dai detenuti per cucinare i pasti, direttamente nella propria cella. Un uso alquanto comune nell’ambiente carcerario: alla stregua dei "meninos de rua" brasiliani, che per stordirsi sniffano colla e solventi, i detenuti ripiegano soprattutto sul gas di bombolette e accendini. Una scelta che per Atzeni potrebbe essere stata fatale: per capire se la causa della morte sia da attribuire al combustibile bisognerà attendere il referto del medico legale, atteso per i prossimi giorni.

L’unica cosa certa è il vespaio di polemiche sul sistema carcerario, come ha ricordato il consigliere regionale della Rosa nel pugno - e segretaria della commissione Diritti civili - Maria Grazia Caligaris: "Penso che il Ministero della Giustizia debba subito intervenire, anche con misure straordinarie, per ridurre il numero di detenuti negli istituti penitenziari della Sardegna, a partire dagli ammalati e dai sofferenti psichici. In attesa che il Parlamento assuma una decisione per un provvedimento di amnistia o indulto in grado di ripristinare condizioni minime di garanzia nelle carceri, occorre un atto di coraggio anche da parte dei magistrati - ha aggiunto la Caligaris - non è più accettabile che possa stare in cella chi vive una condizione psichica instabile, chi manifesta disagio mentale, chi è tossicodipendente e chi, per le condizioni generali di salute o per l’età, non può sopportare di vivere in una struttura sovraffollata e dove gli interventi sanitari sono inadeguati". (La Nuova Sardegna, 27 giugno 2006)

Assistenza sanitaria disastrata:

Carmelo Perrone, 43 anni, muore all’ospedale Cardarelli dopo esservi stato ricoverato proveniente dall’Istituto penitenziario di Secondigliano. Carmelo Perrone viene ricoverato in ospedale appena due giorni prima del suo decesso. Arriva in ospedale in condizioni ormai critiche e disperate e, in carcere, non era ricoverato nel Centro Clinico, ma semplicemente nella sezione Infermeria.

È incredibile che un detenuto di appena 43 anni, sofferente di cirrosi epatica, muoia così nell’indifferenza generale, senza ricevere una concreta possibilità di cura. A noi risulta che quello di Perrone è l’undicesimo decesso (di cui tre suicidi) dall’inizio del 2006 a Secondigliano. Non vogliamo sollevare generiche accuse, rispettiamo il lavoro di tutti gli operatori della pena e siamo consapevoli della difficoltà di gestione che complessivamente sconta il sistema penitenziario nazionale e campano. Eppure riteniamo urgente e non rinviabile che si intervenga per accertare le dinamiche e le cause di questa triste serie di decessi.

(Stefano Dell’Acqua, Antigone Napoli)

Secondigliano (NA): 11 detenuti morti in sei mesi

19 gennaio 2006: Gioacchino Umina, morto per malattia

25 gennaio 2006: Antonino Molè, morto per malattia

23 febbraio 2006: Giuseppe D’Addio, morto per malattia

23 marzo 2006: Ovidiu Duduianu, morto suicida

25 marzo 2006: Luigi Fiorenza, morto per malattia

01 aprile 2006: Salvatore Livello, morto per malattia

29 aprile 2006: Carmine Minzoturo, morto per malattia

01 maggio 2006: Domenico Libri, morto per malattia

18 maggio 2006: Lucio Addeo, morto suicida

23 maggio 2006: Lorenzo Pino, morto suicida

30 giugno 2006: Perrone Carmelo, morto per malattia

Tratto da Ristretti.it - Fonte: Associazione Antigone Napoli - Osservatorio sulla detenzione

 
 
 

Christoff Hohenlohe, morto in una cella di un carcere di Bangkok

Post n°5 pubblicato il 12 Agosto 2006 da diofebo
Foto di diofebo

"Morto sul pavimento della cella e non se ne sono neanche accorti.

Christoff Hohenlohe, 49 anni, era in cella dopo aver tentato di falsificare il passaporto. E' un giallo. La famiglia chiede verità.

BANGKOK - "Ogni giorno dicevano un'altra cosa, prima che mio fratello aveva avuto un calo di zuccheri, poi un'infezione polmonare... La verità è che sembravano piuttosto confusi".
Hubertus Hohenlohe, tre anni più giovane di Christoff, cerca di non mostrare troppo la sua rabbia, ma lascia capire che c'è un motivo per cui ha deciso di superare il dolore per sapere la verità sulla morte di suo fratello.
"Lei non ce la fa a reggere nessun altro stress, non comunica nemmeno con noi familiari", dice Hubertus, che riusciamo a contattare a Bangkok tra una tappa e l'altra del pellegrinaggio attraverso la metropoli, dove nessun quotidiano tailandese ha riportato la notizia.

"È stato uno choc davvero per me pensare che mio fratello, quando stava per morire o era già morto, aveva un poliziotto che lo sorvegliava perché non scappasse. Gli avevano anche rapato a zero i suoi bei capelli lunghi... Christoff non aveva mai avuto guai con la legge, perché si godeva la sua vita tranquillamente, lontano da tutto, da tutti. Amava viaggiare, amava la Thailandia e le cose belle di questo paese. Io ho sempre avuto difficoltà con l'Oriente, mentre mia madre insisteva perché ci ritrovassimo ogni tanto qui tutti insieme. Ora non è più così".
di RAIMONDO BULTRINI  da repubblica.it

Cosa è accaduto in quella cella? Lascia un Tuo commento.

 
 
 

Renato Bilancia protrebbe già beneficiare del permesso premio.

Post n°4 pubblicato il 08 Agosto 2006 da diofebo
Foto di diofebo

Immagino cosa stiano pensando quei detenuti che si trovano in carcere ingiustamente, dopo aver appreso la notizia che Renato Bilancia «il serial killer dei treni», potrebbe beneficiare dell'indulto del governo Prodi.

Gli innocenti, in carcere ci rimangono, perchè devono attendere i tempi della giustizia, quella, che spesso purtroppo non fa il suo giusto corso.

Tra il 1997 e il 1998 ha ucciso diciassette persone.
E soprattutto nessuno al mondo lo ha fatto a una tale velocità: diciassette omicidi in meno di sette mesi, con un'intensità via via crescente, tanto che nelle ultime settimane precedenti all'arresto è arrivato addirittura a collezionare una vittima ogni due giorni. Inoltre, e forse è questa la cosa che oggi più  spaventa, ripercorrendo quella tragica sequenza di eventi, Bilancia ha terrorizzato l'Italia sparando con la sua P38 a donne sole sui treni, prostitute, gestori di bische, cambiavalute, metronotte e gioiellieri senza nessuna logica, senza un disegno chiaro, senza che sia emersa un'intenzione unitaria e coerente che possa restituire un senso, almeno dal punto di vista criminale, a quel massacro.


Sembra un'assurdità, ma potrebbe uscire in permesso premio, il Magistrato di Sorveglianza, potrebbe applicare il beneficio.

 
 
 

Post n°3 pubblicato il 05 Agosto 2006 da diofebo
Foto di diofebo

                 GLI ANGELI DEL CORTILE

Una Fiaba di Natale che da voce e visibilità ai detenuti

   GLI ANGELI DEL CORTILE di A.Sofri

è diventato un “corto” realizzato dai reclusi della Casa Circondariale di Agrigento  

grazie all'impegno della prof.ssa Ginetta Gambino docente del C.T.P.  

                                          Scrivici:  invisibili.invisibili@virgilio.it                                      

La prof.ssa Ginetta Gambino docente della "scuola carceraria"  della Casa Circondariale di Agrigento, ha curato un laboratorio cinematografico in una sezione di Alta Sicurezza e con molta, molta fatica ed estrema ostinazione è riuscita a realizzare con i suoi alunni della scuola media, un "corto".

Il corto cinematografico, intitolato GLI ANGELI DEL CORTILE, è ispirato al racconto omonimo di Adriano Sofri in cui si affronta il tema della detenzione attraverso la metafora degli angeli custodi “penitenziari” che condividono con i loro custoditi la vita carceraria.

Il racconto di A. Sofri, è sembrato quanto di meglio si potesse trovare non solo per stimolare la lettura e l’analisi di un testo narrativo che rappresenta in maniera liricamente efficace il disagio della detenzione, ma anche come opera in cui l’idea fondante coincide perfettamente con la finalità ultima del lavoro che si è inteso realizzare attraverso la rappresentazione cinematografica: raccontare senza retorica il mondo del carcere.

La qualità artistica del prodotto finale è quanto di meglio si poteva ottenere nelle condizioni in cui si è operato: pochi mezzi, location estremamente limitate, tempi brevissimi per le riprese (una sola giornata). Inoltre tre detenuti che facevano parte del gruppo di laboratorio, per motivi diversi, sono stati sostituiti da altri detenuti poco prima di girare.

La sceneggiatura

Individuato il soggetto, la stesura della sceneggiatura ha coinvolto tutto il gruppo-classe nello sforzo di associare e combinare le parole del racconto di A. Sofri alle immagini che ne avrebbero dovuto, almeno nelle intenzioni, potenziare il significato, tenendo, per altro, ben presenti le limitazioni, dovute a ragioni di sicurezza, imposte dalla Istituzione carceraria all’interno della quale si sarebbero girate le scene.

Questa fase di lavoro è stata preceduta da uno studio del linguaggio cinematografico.

Gli “attori”

Il gruppo di detenuti ha partecipato alle varie fasi del lavoro con grande entusiasmo e totale disponibilità, mostrando capacità di collaborazione fra loro e con gli operatori, senso di responsabilità e rispetto delle regole. Ciascuno di loro ha vissuto questa esperienza con la speranza di riuscire a lanciare un messaggio importante a chi, estraneo alla realtà carceraria, forse non considera abbastanza che al di là, al di sopra di qualsiasi reato commesso c’è un essere umano con le sue fragilità ma anche con il valore assoluto di ogni persona.

Gli “esperti esterni”: regista, cineoperatore, fonico, fotografo di scena.

Questo lavoro non ha avuto solo una valenza didattico-formativa, ma si è proposto di più: contribuire ad abbattere le barriere, soprattutto mentali, che separano il carcere dalla città. 

Proprio in ragione di questo, ci si è avvalsi della collaborazione di un documentarista sensibile, FABIO DE VECCHI, per curare la regia, di due giovani operatrici, CHIARA VULLO e ESTER SPARATORE per le riprese, il sonoro e il montaggio, e infine dello scatto “magico” di TANO SIRACUSA in qualità di fotografo di scena ma anche di prezioso consigliere per cogliere la migliore luce possibile  nelle inquadrature e nella soluzione di innumerevoli problemi spesso legati alle location assai ristette in cui sono avvenute le riprese. 

Le foto di scena

Le immagini fissate nelle foto di Tano Siracusa sono complementari al lavoro filmico. Riflettono l’atmosfera che si è creata durante le riprese: il clima a volte disteso e divertito, oltre  che serio e impegnato; la cordialità fra detenuti e operatori esterni; l’angustia degli spazi all’interno dei quali ci si è mossi durante le riprese sotto lo sguardo vigile dell’agente di custodia. Ma anche di più. La foto scelta per la copertina del DVD (che contiene il corto), è riuscita a cogliere l’essenza stessa della condizione dei reclusi: non più uomini e donne, ma ombre, immagini sfocate, separate dalla vita vera dalle grate pesanti di un cancello chiuso, eppure confusamente e malinconicamente mosse dal desiderio forte di ritornare ad essere visibili in un mondo che appartiene anche a loro e che anche a loro dovrà dare la possibilità di ricominciare…

Le autorizzazioni

Nonostante l’atteggiamento favorevole della Direzione della Casa Circondariale alla realizzazione del progetto, il percorso per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie e passare alla fase della produzione del “corto”, è stato molto lungo e laborioso (cinque mesi e decine di istanze…). Perseveranza, volontà di superare gli ostacoli e fiducia nelle Istituzioni, sono state alla fine premiate e anche la Scuola Carceraria di Agrigento ha potuto portare a termine la propria produzione con la paziente collaborazione della Polizia penitenziaria. 

I successi

Il cortometraggio GLI ANGELI DEL CORTILE ha già avuto diversi riconoscimenti: è stato selezionato per la visione al pubblico al Festival Aziz di Palermo, si è classificato terzo allo Zabut Festival di Sambuca di Sicilia, ha ricevuto una menzione speciale all’ Efebo d’oro nella sezione Corto Letterario, e all’ VIII Biennale del Cinema per la Pace di Pisa. Ha partecipato al concorso ilCorto.it2005 ed è visibile al pubblico di Internet  alla pagina:

http://video.libero.it/app/play/index.html?id=ab07d69da75849dfd8b6257927f43a5e

...i detenuti di Agrigento invece, non lo hanno visto affatto!). Inoltre la stessa prof.ssa Ginetta Gambino ha recentemente incontrato gli studenti di Scienze della Formazione del Polo Universitario della Provincia di Agrigento per parlare loro di questo lavoro e di educazione degli adulti  nel contesto delicato e difficile del carcere. Grazie alla disponibilità e la sensibilità dei docenti: prof. Ignazio Licciardi e prof. Alfonso Sciara.

              

GLI ANGELI DEL CORTILE

Conclusioni

“Il carcere non deve essere considerato un sistema chiuso, una realtà lontana,estranea al tessuto sociale. Il carcere ha un prima, un durante e un dopo. Un prima sul quale si dovrebbe fare opera di prevenzione, dove l’individuo che commette un reato viene recluso e giustamente punito, un durante in cui quel soggetto dovrà vivere e non sopravvivere regredendo, un dopo perché quella persona, pagato il suo debito con la giustizia, ritornerà in seno alla società di cui è parte. Quel dopo dipende anche dai cambiamenti che l’esperienza carceraria avrà determinato nella personalità del detenuto. Quel dopo riguarda  molto da vicino tutta la società.

Un paese civile ha il compito di sostenere, recuperare e riabilitare anche il cittadino che ha sbagliato.  E’ nel suo interesse”.


(tratto da ristretti.it gennaio2005)
 Prof.ssa Ginetta Gambino
I.C. "S. Quasimodo"- Ctp per l’Eda di Agrigento
Progetto "Laboratorio cinematografico: il corto" a.s. 2004/05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 05/08/2006
 
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