Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale
|
Cerca in questo Blog
Area personale
Menu
Ultimi commenti
Chi può scrivere sul blog
« Esoterico e indicibile. ... | Rilke e la sordità. Salv... » |
Post 763
Il paradiso dei Mazdeisti è detto da Zarathustra, profeta di Ahura Mazda, il Giardino dei Canti. Tanto basta per farmi sperare che un posticino in esso sia riservato anche a me, che consumai la mia vita cantando e facendo cantare. Si tratta dell’unico Paradiso che mi si addica, avendo già per il canto e il suono alleviato di almeno della metà il peso del tempo, sperimentando la verità del detto tirolese: Arbeitest du bei Sang und Klang wird die Zeit dir halb so lang.
*
Ho sognato di leggere in Tv i miei versi neoclassici Canti di Pa, e ritmi del Thiaso, L’Evità, Aqua nuntia Aquae iuliae e di riscuotere un enorme successo, quello che ho sempre dentro di me bramato, ma nulla facendo per procurarmelo: ho evitato di fatti ogni pubblicizzazione ed ogni agone letterario, ho stampato a mie spese le mie liriche per farne dono agli amici, e le ho confidate ad una editrice immaginaria, ‘Metanoesi’, la stessa della mia Associazione culturale di Varia Umanità e Musica “Vivarium”, pur affidandone la stampa ad una prestigiosa tipografia della Valle dell’Aniene, la Fabreschi di Subiaco.
Ho sempre pensato di essere, prima che un filosofo dell’educazione estetica e musicale, attività che ho svolto per mestiere, soprattutto un poeta. Ma anche ne ho sempre dubìtato, come recito nella lirica che qui pubblico, e che conclude la prima parte (Zarathustras Kinderreime, filastrocche di Zarathustra) dei Canti di Pan. Nelle quattordici quartine di novenari a rime alternate (per lo più amo esprimermi in endecasillabi sciolti, meno vincolanti ai fini della fluidità espressiva del pensiero poetante e della poesia pensante) mi interrogo e mi rispondo con semplicità e insieme con complessità, difficile risultandomi riassumere ritmicamente ed esaurientemente i dubbi e le ragioni sul mio essere o non essere poeta. E il risultato non mi dispiace, e per questo lo pubblico ad usum Delphini, come dire dei miei figlioli spirituali prediletti che non hanno disdegnato di entrare con me nel thiaso dionisio, nella sfrenata danza bacchica. L’abolizione quasi totale della punteggiatura, soprattutto delle virgole, è una scelta stilistica discutibile ma sicuramente efficace ai fini della resa della vorticosa rtmicità di essa danza. Il ‘divino’ dell’undicesimo verso, che rima con l’aggettivo ‘divino’, è naturalmente voce del verbo ‘divinare’.
Io forse non sono un poeta.
Eppure con mano gentile
Forgiare da un’umile creta
Prototipi so ed un gentile
Velame d’essenza trapunto
Ad Iside fingo ed il canto
Sorreggo col mio contrappunto
delle umili cose e l’incanto
dell’essere vivo e il divino
del mondo il perenne suo simbolo
in suo permanenza divino.
E so del suo arcano ed il bandolo
Donarono a me i sempiterni
Dell’aspra matassa del vero
E sciolgo in lirismi gli interni
Miei grumi e non v’ha cuore altero
Che a me le sue stanze non schiuda.
Oh bella vita oh ventura
Oh come materia sua cruda
Si scioglie e sua cupa frattura
Si colma! Se vado ramingo
Romanticamente se chiedo
Parole ai silenzi se stringo
Col demone patto se vedo
D’iddii popolata la terra
Son forse davvero un poeta?
Se lacero il velo che serra
Ai grossi e agli ignavi segreta
Bellezza se traggo da duro
Diamante sospiri se sangue
Trasfondo alle pietre se puro
Di mente alla plebe che langue
Traduco in parabole il verbo
Di vita se fondo nel vacuo
Se irrigo il deserto se nerbo
Comunico al verbo se innocuo
So rendere il mare se morte
Dileggio se batto le vie
Tortuose di redole attorte
Se violano mie fantasie
Riserve e divieti se a Giove
contendo la folgore a Ermete i
talari ad Apollo e alle nove
castalidi il plettro se sete
disseto alla fonte Aretusa
se agli inferi al pari di Orfeo
discendo se Saffo ed Alceo
san l’ode mia bella se fusa
nel verso ho la vita, Fanciulla
che bevi con avidi sorsi
mia vita fra il tutto ed il nulla
sospesa, Fanciulla che i morsi
disfecero miei, che la meta
m’additi dell’estasi, Filli
che allieti i miei giorni di trilli,
Fanciulla son forse un poeta.
Torno a ripetere che questi versi non mi dispiacciono e spero non dispiacciano nemmeno ai miei cinque lettori. I quali se vorranno accusarmi di peccato d’orgoglio, decisamente non errano e io non gliene voglio. L’autostima da una parte e l’autoironia dall’altra son le due cose che meno mi fanno difetto.
______________
Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso |
https://blog.libero.it/disincanti/trackback.php?msg=13040630
I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun Trackback
Inviato da: giuliosforza
il 03/08/2024 alle 15:13
Inviato da: gryllo73
il 31/07/2024 alle 08:31
Inviato da: giuliosforza
il 18/06/2024 alle 10:19
Inviato da: Lorenzo
il 14/06/2024 alle 03:11
Inviato da: Giulio Sforza
il 20/11/2023 alle 07:25