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Messaggi di Aprile 2023

Efemeridi musicali e non, Seminari di educazione all'ascolto

Post n°1163 pubblicato il 29 Aprile 2023 da giuliosforza

   

1062

   Triste vigilia.

   Ai miei colli è novembre. Pioviggina. È buio come fosse tramonto, ed è alba avanzata. Esco più che a  novembre intabarrato. Anche il vento si quieta e posa. Il Borgo è deserto. Desertissima la Piazza il cui fitto silenzio vieppiù attetrano le lacrime dei platani secolari (gli stessi della mia infanzia) scivolanti tra i rami ancora ignudi. Maddalena la romena col suo cagnolino nero. Scende da me ad insegnarmi come collegare alla rete il calcolatore elettronico mediante il cellulare. Addio laboriosa ‘saponetta’ Vodafone.

   E penso.

   Penso all’ultimo verso del Parsifal: Erlӧsung dem Erlӧser o von (come alcuni interpretano, e tra questi io) Erlӧser?  Liberazione al o Liberazione dal Liberatore? Cosa veramente intende Wagner?

   Buona festa a chi festeggia.

   Io oggi festeggio preparandomi, per il parco pranzo, riso e anellini ai funghi porcini veraci, finocchi e fagioli grandi di Spagna bolliti e conditi con aceto balsamico doc e una goccia d’olio, pettino di pollo ai ferri.        E mangiando in silenzio mi comunico.

   “Io mi comunico del silenzio come, cotidianamente, di Gesù. E i sacerdoti del silenzio sono i romori,
poi che senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio”.

   (Sergio Corazzini, Desolazione del povero poeta sentimentale)

*

   Il senso della mia longevità?

Forse una Sorte benigna vuol concedermi l'opportunità di recuperare il recuperabile di quelle stagioni della mia vita di cui fui dagli eventi e dagli uomini defraudato

    Illusione. Nessuno più potrà restituirmi le stagioni della vita di cui fui rapinato.  

*

   Noseda. Un direttore coi fiocchi, che ci ha regalato una Lucia di Lammermoor, soprattutto la scena della pazzia, tra le migliori degli ultimi venti anni; ed un Evelino Pidò, un nome a me fino a ieri pressoché sconosciuto, che ci ha incantato con una Medea cherubiniana che sfiora la perfezione. Capisco ora l’entusiasmo di Beeth Haydn e d’altri per il classicista fiorentino. Una strepitosa, come sempre, Anna Caterina Antonacci è stata una Medea di una intensità tragica senza pari.

   Purtroppo a rovinare il tutto ci hanno pensato le solite regie che coi loro stravolgimenti (modernizzazioni essi le chiamano) di luoghi tempi e spazi compiono gli scempi ai quali siamo purtroppo da molto tempo abituati. Modernizzare non è deformare, in sostanza ridicolizzare: il classico si modernizza da solo se consegnato nella sua integrità al moderno fruitore che lo guarda e recepisce con la sua nuova sensibilità. Il resto è stupida prevaricazione. Perché allora non ‘modernizzare’ musica e testo, cioè scrivere un’opera nuova sullo stesso argomento?  

*

   Sarah Ferrati in Lo zoo di vetro di Williams. Che interpretazione! E che voce misurata, chiara,  squillante, di cristallo! Finalmente capisco tutte le parole che un’attrice pronuncia. Ciò che quasi mai avviene, soprattutto nei cantanti d’Opera.

*

   Nella Butterfly, Illica e Giacosa fanno diventare ‘alli mortacci tua!’  ‘anime sante degli avi!’.

   Squisita delicatezza giapponese.

*

   Sogno di una notte di mezza estate (Mitsommernachtstraum). Mi estasio con Mendelssohn Bartholdy e il suo ispiratore Shakespeare, e con Carl Maria von Weber e il suo Oberon. Io, spirito sostanzialmente ancora tutto romantico sotto fredda maschera razionalistica, amo profondamente quest’opera e i suoi maggiori protagonisti, gli elfi, e i loro re e regina Oberon e Titania. Amo tanto Titania ed Oberon da averli messi come parole d’ingresso di molti miei luoghi cibernetici. In fondo anche la cibernetica è una grande magia mascherata.

*

   Attori famosi che hanno lavorato con Ronconi lo ricordano uomo attore regista. Lo sento raccontato in rai5 (ma vi saranno altre puntate) da Giorgio Albertazzi e Lavia da pari loro assai brillantemente, da Anna Maria Guarnieri quasi teneramente, senza infamia e senza lodo da Massimo De Francovich, pessimamente da Popolizio.

   Ronconi dal limbo degli artisti se ne strafotte.

   I morti servono ai vivi, i vivi non servono ai morti.

   I Morti non commemorano.

*

Il direttore d’orchestra ucraino naturalizzato italiano Igor Markovich, spia (dicono) e ambiguamente implicato (dicono) nel caso Moro, dirige Le Coefore di Milhaud, la Sinfonia No 5 “Di tre re” di Honegger, Bacco e Arianna di Roussel. Io non so se fosse davvero una spia politica, so che è una fine spia dei segreti di Frau Musika. Da quello che ho sentito non si può che riconoscerglielo.

*

   E tanto per cambiare: ieri una bella voce maschile (06 del 17 Marzo) presentava la celebre ‘Habanera’ della Carmen bizetiana in ‘Qui comincia’, la breve trasmissione ‘culturale’ che apre i programmi di Rai3, ne citava qualche verso, sforzandosi di non massacrar troppo, e in parte riuscendoci, la dolce lingua della dolce Francia (non amata, pare, da Schopenhauer che la diceva, pare, ‘un italiano parlato col raffreddore’, affermazione da ritener valida solo come battuta di spirito) ma già al primo verso (L’amour est un oiseau rebelle) incappa in un oiseau pronunciato oiseu e in un rebelle pronunciato ribelle (le altre e, mute, un poco). Molto spesso le presentatrici e i presentatori che si alternano nella conduzione di un programma che ruota attorno ad una parola suggerita dal ‘libro del giorno’ di recente pubblicazione (non so con quali criteri e da chi scelto) e ad essa fanno riferimento anche per le musiche classiche di contorno, lasciano a desiderare sotto molti aspetti. Una presentatrice in particolare mi riesce insopportabile: parla a braccio e col risucchio, crede di essere originale ed invece è solo sciattamente ripetitiva, conosce solo superlativi assoluti e parole equivalenti, come meraviglioso, stupendo, straordinario (per compiacere autore ed editore?) per i libri che presenta, tutti son capolavori assoluti e i loro autori tutti stupendi. Mai mai mai un cenno di critica costruttiva, mai un errore, mai un discuto. Assurdo. Davvero un bel modo per stimolare l’ascoltatore a un pensare critico riflessivo! Più che l’analisi di un testo sembra pubblicità strapagata. 

   Stamane tocca ad una signora che si sforza lodevolmente di parlare a braccio, per questo motivo però spesso, come è naturale, divagando, ma non sempre con pertinenza, e spesso perdendo il filo del discorso; ma soprattutto rivelandosi la portabandiera dei superlodatori di cui sopra che non trovano un neo, dicesi un neo, nell’opera che presentano, ed è la cosa che più non si sopporta. Il libro che la Lei oggi presenta ha un bel titolo, “Poesia e Musica son due sorelle. Percorsi d’ascolto per le scuole” (Diego Angeli Editore), curato da Giuseppina La Pace e Nicola Badolato, esito di una ricerca promossa dall’Università di Bologna, e per la presentatrice si tratta primo, sicuramente il più nuovo, indiscutibilmente un capolavoro nell’ambito della didattica della musica. Non discuto il capolavoro, per non averlo ancora letto, sì il più nuovo ed il primo.

   Si dà di fatto che già dagli anni Settanta-Ottanta il sottoscritto si sia interessato all’argomento e ne abbia fatto oggetto di una ricerca, e di una sistematica attività universitaria, affiancando ai suoi Corsi di Pedagogia Generale, Filosofia dell’Educazione, Metodologia dell’Educazione musicale presso RomaTre (Facoltà di Scienze della Formazione) un Laboratorio di Educazione all’Ascolto  di cadenza settimanale, i cui esiti furono documentati in due volumi, Musica in prospettiva europea (SEAM, Roma, 1996) di Maria Teresa Luciani e Giulio Sforza, e Musica Mundi. Percorsi di Ascolto (Edizioni Kappa, Roma, 2004) di Maria Teresa Luciani con Introduzione di Giulio Sforza.

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  Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 
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Variazioni Goldberg, Animula vagula... 'apis argumentosa', rimbambinimento, viola mammola, Musica sanatrix? Procne

Post n°1162 pubblicato il 18 Aprile 2023 da giuliosforza

1061

   Variazioni Goldberg.

   Le interpreta, mentre scrivo, danzando sui tasti come uno scoiattolo fra i rami, la giovanissima da tutti giustamente celebrata Beatrice Rana su Rai5.

   Davvero una ‘Montagna d’oro’ (così suona nella nostra lingua il cognome del primo esecutore delle Variazioni) elevata da Johann Sebastian Bach al buon Dio e alla sua figlia prediletta Frau Musika.

   Il cielo, fosco fuori (Proserpina non brilla ancora nell’aria per li campi esulta), si fa per esse radioso dentro di me.

   Grazie, Ruscello  sgorgante da Elicona.

*

   Animula vagula blandula
   Hospes comesque corporis,
   Quae nunc abibis in loca
   Pallidula  rigida  nudula,
   Nec, ut soles, dabis iocos…

  Piccola anima vagabonda e leggiadra,

   ospite e compagna del corpo.
   che ora ti allontanerai in luoghi

   pallidi rigidi desertici,

  né più potrai, come suoli, spargere intorno a te la gioia...

 La giovanissima età non impedì a un collegiale undicenne in ‘passeggiata’ settimanale per una Roma appena “liberata” (stuprata, meglio si direbbe, dai nuovi lanzichenecchi in divisa marocchina del generale barbaro Alphonse Juin: tutte le più belle Ville, dalla Borghese alla Glori, dalla  Doria Pamphili alla Ada, ridotte a bordelli all’aria aperta) di cogliere il senso di profonda delicata malanconia di questi delicati versi adrianei scritti con mano malferma da un prigioniero sul muro dello scalone di quel tetro carcere al quale i papi avevano ridotto, col nome di Castel Sant’Angelo, il solenne Mausoleo di Adriano, e di mandarli a mente. Marguerite Yourcenar glieli ricorda ora, restituendoli integri nella loro insanabile malinconia.

 *

   Al ritorno da una visita medica, appena a casa mi accorgo di aver smarrito  una catenina con due pesanti medaglie (forse la causa, con il loro annoso strusciare sulla mia pelle delicata, di lesioni sospette) doni preziosi, ambedue altamente evocativi: l’una dorata a forma di mandala carico  di simboli esoterici, l’altra d’argento, inventatasi dalla sua donatrice, in forma di un ovale, delicatamente incisa in leggeri tratti con una quasi invisibile immagine d’apis argumentosa, chiaro riferimento alla leggenda platonica che  vorrebbe il neonato filosofo nella culla visitato da un’ape inviata  a deporre sulle sue labbruzze il dolcefluente miele dell’eloquenza. Mi fosse caduta, mi chiedo, durante la denudazione nello studio medico? Ne chiedo alla dottoressa che nega e promette di domandarne alle donne delle pulizie e alle segretarie.

   Ricerca per tre giorni inutile.

   Nel frattempo io, non rassegnato, come un segugio addestrato ripercorro più volte metro per metro a ritroso il breve percorso fatto dalla camera da letto alla porta, finché, con grida di esultanza, scovo il tesoro, e il come è in questo breve messaggio alla dottoressa: “Bonsoir Madame. Ho ritrovato il tesoro in una tasca di un paio di pantaloni sostituiti poco prima di uscire e già riposti nel caos dell’armadio. Tre ore di ricerche affannose, una decina di tappe percorse à rebours guidato dalla mia formidabile memoria centenaria!”. Al che lei, laconicamente: “Lei è sconvolgente! Lei è formidabile!”, con tali espressioni implicitamente sconfessando il luogo comune che vorrebbe i novantenni tutti irrimediabilmente rimbambiti.

   Rimbambiti necessariamente i Vegliardi?

Obbligatoriamente rimbambiniti, forse, non, per Giove, necessariamente rimbambiti. Non fu detto il rim-bambini-mento condizione sine qua non per l’ingresso nel Regno? Si veda Mt 18,3: Nisi conversi fueritis et efficiamini sicut parvuli non intrabitis in Regnum Coelorum. E, si parva licet, si veda Richard Bach, quello del Nessun luogo è lontano: “Crescere non significa uscire d’infanzia”.

   Forse mi resta una qualche speranza.

   *

Sabato Santo, Anno Domini MMXXIII.

   Al Frainile regna un silenzio surreale. La neve cade lenta lenta lenta e a larghi fiocchi, quasi a voler ricoprire di una candida coltre la terra, mentre i tulipani gialli curiosi ed impavidi si godono lo spettacolo.

   Fosse il Cristo risorto che tenta di nascondere, almeno momentaneamente, le nefandezze che deturpano il mondo, visto che nemmeno a Lui sembra essere stato dato di poternelo ripulire? 

*

   Il primo regalo di nozze che mi feci circa sessanta anni fa fu questo gioiellino di organo elettronico da camera 'Farfisa, (colore noce chiaro, 52×55×96, due tastiere di tre ottave, una pedaliera di una ottava, 11 registri) che, al contrario del pianoforte Hanel ottocentesco, ha brillantemente resistito all'usura del tempo (anche il suo fratello più grande, in verità, ma troppo ingombrante per il mio piccolo appartamento romano, resiste al Frainile dove m'attende per le vacanze estive). Ieri per reagire alla sempre più incombente depressione senile ho deciso di riaccarezzare i suoi tasti giornalmente con le mie dita ancora non troppo anchilosate: chissà che un piccolo miracolo non s'operi, il mio gioiellino risponda alle mie carezze, e per esso avverta le dolci carezze di Frau Musika, ed essa continui a vegliare su me come un'amorevole, sensuale, celestiale Badante?

*

   Buona Resurrezione con la violetta del Frainile che, incurante di freddo neve e gelo, è già risorta. E poi la dicono timida, fragile, 'mammola'!

 *

    Pubblico una foto dell’Ultima Cena di Daniele Crespi (1598-1630) condivisami da una figliola e brevemente osservo:

   Non è bellissima questa Ultima Cena di Daniele Crespi, morto ad appena 32 anni di peste, quella "manzoniana" del 1630, che preferisce il ‘familiare’ cerchio al monacal-convivial-convegnistico ferro di cavallo leonardesco? Io la preferisco a quella del più geniale bastardo della Storia.

   D’accordo Franco Moscetti:

  È vero Prof., è estremamente efficace il diverso punto di vista rispetto a quello leonardesco, e conferisce al dipinto una profondità ed una tridimensionalità davvero uniche.

   E Fio Rella:

   Bellissimo, non lo conoscevo. Eppure i due dipinti mi sembrano simili anche se inscritti dentro due diverse cornici spaziali: rettangolo per Leonardo, cerchio per Crespi. Colpisce molto il gesto affettuoso del Cristo verso l’apostolo/a (Giovanni/Maddalena?) alla sua destra: ciò che per Leonardo ha fatto scrivere fiumi di congetture e interpretazioni, qui è esplicitato in un chiaro abbraccio.

   Discorde, da poeta-pittore (ut pictura Poesis), Paolo Statuti:

   Caro Giulio, se me lo consenti, il mio modesto parere è questo: c'è troppa animazione, senza mancare di rispetto mi sembra più un'atmosfera da osteria. Ognuno parla slegato dagli altri. L'animazione c'è anche nella Cena di Leonardo, ma è più contenuta e l'attenzione di tutti è rivolta A Cristo. Ma in fondo diciamo come al solito che è questione di gusti. 

*

   Così i nipoti dell'era cibernetica prendono in giro i nonni. Evviva le app onnipotenti.

   È il mio breve commento al divertente video di un me canterino e danzante, tale ridotto dalla manipolazione virtuale di una mia immagine…luciferina ad opera di Jacopo Numa Leon.

*

   Tristi pensari pasquali (pensierì pensati: inerti fatti'; 'pensieri pensanti: Atti puri -Reminiscenze gentiliane).

   Tamburi trombe bande militari cori guerreschi sempre e ovunque stimolarono nei secoli gli eserciti alle peggiori carneficine. Frau Musika nei secoli al servizio degli scellerati guerrafondai.

   Quando mai musica salvatrix, musica serenans, musica laetificans?

Non son forse tremende sinfonie i rombi dei mostri che sul mondo, da cielo terra mare, seminano morte?

   Solo diversi i suoni, diversi i ritmi.

   Caduta delle ultime illusioni.

   Ancora non t’arrendi, Sforza?

   Non odi sui mondi squillare le trombe dell’apocalisse?

*

   Balugina appena in questo giorno della fuga di Proserpina dal talamo inverecondo di Ade: sparita è la notturna caligine, il cielo sfavilla del suo più azzurro splendore.       È dunque davvero Primavera. Ne annuncia a voce spiegata Madre Natura in ogni suo aspetto il ritorno: 'Persefone risorse e il mondo infiora / Pan non è morto, non è morto Pan!'.

   Solo Procne tace. Non ne scorgo i voli arabescanti in cielo, non mi giunge rasserenante il suo garrire.

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   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 
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