Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

CarmillaKgiuliosforzafamaggiore2gryllo73pino.poglianidiogene_svtPisciulittofrancesco_ceriniper_letteranorise1fantasma.ritrovatom12ps12patrizia112maxnegro
 

Ultimi commenti

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi di Luglio 2024

'André Chénier', Illica e Carducci, 'Chénier' alla Malpensa, "Amleto" '63...

Post n°1204 pubblicato il 28 Luglio 2024 da giuliosforza

 

1095

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   Chi fra noi non ha scritto nella sua adolescenza melanconici versi dal sentore di morte? Per quel che mi riguarda esiste un sonetto, tra la produzione di quell’epoca mia adolescenziale, che non ha naturalmente trovato posto nella vasta, troppo vasta, produzione successiva data alle stampe, che così si conclude: …m’avvio / verso la tetra morte , ed ho un sol dì. Anche Carducci (si licet parva …) a 15 anni aveva composto il suo bel Sonetto (Iuvenilia III XXXIV) stilisticamente impeccabile nel quale la vita è paragonata a una nave che affrontando onde ora calme ora tempestose, s’avvia “alla scogliera bianca della morte”. Chissà se il bravo librettista Illica, che alla fine del terzo atto dell’Andrea Chénier di Umberto Giordano (che mi sono rigoduto stamane come non mai e che non ha nulla da invidiare al miglior Puccini), mettendo nel famoso assolo in bocca al poeta condannato alla ghigliottina quasi alla lettera tutti versi del Maremmano, ebbe coscienza del plagio, che, se plagio fu, fu azzeccatissimo. Ma non mi risulta che Carducci, pur venutone, immagino, a conoscenza (nel 1896, prima rappresentazione, aveva 61 anni), se ne risentisse. Spero se ne compiacesse. Il poeta dunque davanti ai suoi giudici, pur essi future vittime della rivoluzione (il rivoluzionario sveglia il drago giustiziere che dorme il suo sonno nell’antro della storia e ne è spesso la prima vittima) canta:

   Si, fui soldato
e glorioso affrontato ho la morte
che, vile, qui mi vien data.
Fui letterato,
ho fatto di mia penna arma feroce
contro gli ipocriti!
Con la mia voce ho cantato la patria!
Passa la vita mia come una bianca vela:
essa inciela le antenne
al sole che le indora
e affonda la spumante prora
ne l'azzurro dell'onda ...
Va la mia nave spinta dalla sorte
a la scogliera bianca della morte?
Son giunto? Sia!
Ma a poppa io salgo
e una bandiera trionfale
sciolgo ai venti, e su vi è scritto: Patria!
A lei non sale il tuo fango!
Non sono un traditore.
Uccidi? Ma lasciami l'onor!

  Il quindicenne Carducci aveva scritto:

  Passa la nave mia, sola, tra il pianto

De gli alcïon, per l’acqua procellosa;
E la involge e la batte, e mai non posa,
De l’onde il tuon, de i folgori lo schianto.

Volgono al lido, omai perduto, in tanto
Le memorie la faccia lacrimosa;
E vinte le speranze in faticosa
Vista s’abbatton sovra il remo infranto.

Ma dritto su la poppa il genio mio
Guarda il cielo ed il mare, e canta forte
De’ venti e de le antenne al cigolío:

 Voghiam, voghiamo, o disperate scorte,
Al nubiloso porto de l’oblio,
A la scogliera bianca de la morte.

*

   J. S. Bach, Suite numero 6 in Re Maggiore per violoncello solo opera 1012. Epilogo de Le intermittenze della morte di Saramago. La Musica nel violoncellista vince la morte. Epilogo degno di quello del Flauto magico.

*

   Rai 5.  

   Evento nefasto. "L'Elisir d'amore" approda alla Malpensa. Nemorino si fa aviatore. Poiché non sono amato io mi farò soldato” diventa “poiché non sono amato io mi farò aviere”, senza nemmanco uno straccio di rima. Ridicolo, esempio della ridicolaggine del tutto, del totale scempio scenografico. A morte dunque tutti, dallo scenografo al regista, al direttore Luisi che tutto sopporta, che non vede e non sente i cantanti, i quali a loro volta non sentono il direttore né si sentono a vicenda. Ho visto il fantasma di Gaetano sacrare nel gran casino aeroportuale, e con lui più di un protagonista. Non lo ripeterò mai abbastanza: la massa ha già la sua opera, i concerti sovraffollati dei cantatori che riempiono stadi e piazze. Lasciategliela tutta. Per favore. A noi pochi lasciateci la nostra, nella sua integralità. Altro non ci resta nel fracasso avanguardista che nessun tentativo di post o neoavanguardia ormai potrà redimere.

   Bon dieu de la France sauvez l'Italie car son dieu est en vacance!

*

   Era un giorno del 1963, anno per me cruciale: riprendevo, con una decisione terribilmente sofferta, in mano le redini del mio destino, decidendo di affrontare, solo con la mia fragile barca, i marosi di un mondo sconosciuto. Tremendo e grande 1963! L’Arte fu la pronuba delle mie nozze con una nuova vita, che furono anche rinascita, e da allora l’ebbi più di prima definitivamente  mia compagna fedele, madrina e pronuba. Fu Shakespeare il padrino del mio nuovo battesimo, con un Amleto allestito non ricordo se al Valle o all’Eliseo, con una appena diciannovenne Anna Maria Guarnieri-Ofelia  e un Gassmann-Amleto  già riconosciuto mattatore.

   Ho rivisto quell’Amleto in tv. Dire stesse emozioni è dir poco. Ad esse vanno sommate quelle di sessanta anni di vagabondari per un mondo sempre più nuovo e misterioso, tragicamente vivo e comicamente insensato, sempre più somigliante a quella “favola raccontata da un idiota e che non significa nulla”. Ma l’Arte è sempre qua, a dar esistenza e senso a ciò che senza di lei non sarebbe, l’Io, il Mondo, Dio . 

*

   “Les Romantiques Allemands" di Ricarda Huch filosofa e storica tedesca morta a 103 anni nel 1967. Versione francese di André Babelon. PANDORA/ESSAIS 1978, Volumi due-    Li rileggo dopo sessanta anni a spezzoni. Mi ritrovo ancora una volta a servire il caffè in un locale di Jena a tutti il cenacolari  jenensi-weimeriani e ad carpire incantato qualcosa dei  loro parlari, un tal Goethe moderatore. Semplicemente sublime. Dico parlari e non parole (come in Andreé Chénier pensari (pensers) e non pensieri (pensées): 'Sur des pensers nouveaux faisons des vers antiques'.

_____________  

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Puccini e Verdi secondo Bistolfi

Post n°1200 pubblicato il 07 Luglio 2024 da giuliosforza

 

1094

 

 Ho conosciuto per caso in questi giorni, vagando inquieto wanderer per la Rete, un signore e studioso straordinario, di quelli che una volta in vita ti avviene, se sei fortunato, di incontrare. Si tratta di Luca Bistolfi, uno scrittore e un critico letterario e musicale non appigionato che scrive su varie testate e riviste, quelle che sono in grado di reggere la sua poliedrica cultura e le sue strepitose bordate. Io lo ho incontrato su Pangea, che si auto presenta come “Rivista avventuriera di cultura & idee”, fondata da Luca Alberto Lo Presti e diretta da Davide Brullo. Cercavo qualcosa di nuovo e diverso su Puccini nel suo centenario. E guardate un po’ che ti trovo? Leggete e stupite alla lettura di “Giacomo Puccini: sia lode al gigante della musica seria (ma la bibliografia è avvilente)”. La rivista è on line ed è gratuita.

   Io che in gioventù mi godetti gli stroncatori Papini Soffici Prezzolini Giuliotti ed altri in campo estetico-filosofico-letterario, ho goduto compiaciuto alla lettura di un lungo articolo del critico musicale Luca Bistolfi pubblicato sulla rivista on line di libera consultazione “Pangea. Rivista avventuriera di cultura e idee”. Lucidità, informazione, verve di tale genere non ci è dato più che rarissimamente incontrare in questi tempi di massificazione rimbecillente. Che poi le stroncature del pangeatico riguardino i denigratori di Puccini a vantaggio del Bussetano mi fa doppiamente piacere. Il Lucchese non ha niente, proprio niente da invidiargli, e tanto meno da dovergli. Altre arie egli respirò, frequentò altri lidi, quelli che spalancavano a Frau Musika e ai suoi devoti ben altri orizzonti. Diceva il vecchio Verdi del giovane Puccini, credendo gliene tornasse a disdoro, che era più un sinfonista che un melodista, e aggiungendo che un’opera lirica dove predomini l’armonia a scapito della melodia è come un monumento dalla grande base e dalla picciola statua. Immagine certo efficace ma inadeguata; lo stesso Verdi dall’Otello in poi se ne sarebbe accorto e faticò non poco per arrivare ad autosuperarsi e in qualche modo autonegarsi, che dio sia lodato, nel Fallstaff. Io che circa Verdi ho sempre quasi in tutto condiviso il giudizio irridente di Richard Strauss, e dai suoi cieli il grande Marzio Pieri me ne perdoni, Verdi, chi? Il musicista dello zumpapa zumpapa?, leggo con soddisfazione le bordate di Bistolfi contro certa critica musicale. I non verdiani andranno in sollucchero. Ma anche i verdiani ne usciranno, se non convertiti e meno inca, un poco, lo spero, illuminati.

   Nel suo lungo saggio Bistolfi parte da Virgilio Bernardoni e le sue riflessioni sul centenario puccininiano, e ne prende spunto per denunciare l’inadeguatezza, quando non la falsità e la malevolenza, della maggior parte della critica pucciniana, a partire da Massimo Mila, attraverso toscanini Alfano Berio e altri, per arrivare a Julian Budden e Dieter Schickling che salva dalla condanna videnziandone e lodandone i meriti e la sagacia. Ecco come presenta Schickling:

   "Quando nel 2008 su un quotidiano romano salutai l’arrivo dello Schickling, uscito per i centocinquant’anni della nascita e ad oggi il miglior libro in circolazione, chiudevo il contributo augurandomi di veder presto o tardi sorgere la monografia che rendesse giustizia al più grande operista italiano moderno. Sperai adesso di trovarla in Bernardoni. Ma a distanza d’oltre tre lustri debbo constatare ancora la presenza di lavori bensì volenterosi ma inutile fatica di praticoni e orecchianti. Sicché, oltre di leggervi lo Schickling, il mio consiglio è di farvi da voi il vostro Puccini, senza alcunché sperare da critici e storici. Qualche traccia adesso l’avete”.

 Buona lettura https://www.pangea.news/giacomo-puccini-centenario-morte/ 

 

*  

  Un sogno mai sognato   

  Uno stato totalitario politico-clericale non identificato bandisce un concorso senza tema per una carica non identificata. Partecipazione obbligatoria. Io cerco di esimermi fuggendo. Bloccato, son trascinato in manette alle segrete, come una volta si diceva. Obbligato a scrivere sotto lo sguardo minaccioso dei carcerieri scelgo il mio tema: All’inizio era il Non Senso, e il Senso era presso Dio, e il non Senso era Dio. Condannato al capestro per blasfemia e torturato, mi rifiuto di abiurare. Al momento dell’esecuzione un dardo infuocato, sceso come fulmine dal cielo, colpisce  la corda e la spezza:  son salvo per bontà di un …sensatissimo Iddio.

   Questo il mio sogno di stanotte. Son sano e non vaneggio.

_________________

 Ho conosciuto per caso in questi giorni, vagando inquieto wanderer per la Rete, un signore e studioso straordinario, di quelli che una volta in vita ti avviene, se sei fortunato, di incontrare. Si tratta di Luca Bistolfi, uno scrittore e un critico letterario e musicale non appigionato che scrive su varie testate e riviste, quelle che sono in grado di reggere la sua poliedrica cultura e le sue strepitose bordate. Io lo ho incontrato su Pangea, che si auto presenta come “Rivista avventuriera di cultura & idee”, fondata da Luca Alberto Lo Presti e diretta da Davide Brullo. Cercavo qualcosa di nuovo e diverso su Puccini nel suo centenario. E guardate un po’ che ti trovo? Leggete e stupite alla lettura di “Giacomo Puccini: sia lode al gigante della musica seria (ma la bibliografia è avvilente)”. La rivista è on line ed è gratuita.

   Io che in gioventù mi godetti gli stroncatori Papini Soffici Prezzolini Giuliotti ed altri in campo estetico-filosofico-letterario, ho goduto compiaciuto alla lettura di un lungo articolo del critico musicale Luca Bistolfi pubblicato sulla rivista on line di libera consultazione “Pangea. Rivista avventuriera di cultura e idee”. Lucidità, informazione, verve di tale genere non ci è dato più che rarissimamente incontrare in questi tempi di massificazione rimbecillente. Che poi le stroncature del pangeatico riguardino i denigratori di Puccini a vantaggio del Bussetano mi fa doppiamente piacere. Il Lucchese non ha niente, proprio niente da invidiargli, e tanto meno da dovergli. Altre arie egli respirò, frequentò altri lidi, quelli che spalancavano a Frau Musika e ai suoi devoti ben altri orizzonti. Diceva il vecchio Verdi del giovane Puccini, credendo gliene tornasse a disdoro, che era più un sinfonista che un melodista, e aggiungendo che un’opera lirica dove predomini l’armonia a scapito della melodia è come un monumento dalla grande base e dalla picciola statua. Immagine certo efficace ma inadeguata; lo stesso Verdi dall’Otello in poi se ne sarebbe accorto e faticò non poco per arrivare ad autosuperarsi e in qualche modo autonegarsi, che dio sia lodato, nel Fallstaff. Io che circa Verdi ho sempre quasi in tutto condiviso il giudizio irridente di Richard Strauss, e dai suoi cieli il grande Marzio Pieri me ne perdoni, Verdi, chi? Il musicista dello zumpapa zumpapa?, leggo con soddisfazione le bordate di Bistolfi contro certa critica musicale. I non verdiani andranno in sollucchero. Ma anche i verdiani ne usciranno, se non convertiti e meno inca, un poco, lo spero, illuminati.

   Nel suo lungo saggio Bistolfi parte da Virgilio Bernardoni e le sue riflessioni sul centenario puccininiano, e ne pre nde spunto per denunciare l’inadeguatezza, quando non la falsità e la malevolenza della maggior parte della critica pucciniana della critica pucciniana, con esclusione di  a partire da Massimo Mila, attraverso toscanini Alfano Berio e altri per arriveare a Julian Budden e Dieter Schickling. Col quale egli schiude

Quando nel 2008 su un quotidiano romano salutai l’arrivo dello Schickling, uscito per i centocinquant’anni della nascita e ad oggi il miglior libro in circolazione, chiudevo il contributo augurandomi di veder presto o tardi sorgere la monografia che rendesse giustizia al più grande operista italiano moderno. Sperai adesso di trovarla in Bernardoni. Ma a distanza d’oltre tre lustri debbo constatare ancora la presenza di lavori bensì volenterosi ma inutile fatica di praticoni e orecchianti. Sicché, oltre di leggervi lo Schickling, il mio consiglio è di farvi da voi il vostro Puccini, senza alcunché sperare da critici e storici. Qualche traccia adesso l’avete”.

 Buona lettura https://www.pangea.news/giacomo-puccini-centenario-morte/ 

   

Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

   

  

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Le melodie di Bellini, Rigoletto al Circo Massimo, La Forza del Destino, Tibur Tivoli...

Post n°1199 pubblicato il 02 Luglio 2024 da giuliosforza

1093

     Ieri sera, stanco di intellettualismi, soprattutto se  musicali, mi sono addormentato lasciandomi dolcissimamente cullare dalle quattro melodie che ho in vita più amato ed amo, secondo me le più belle e struggenti della storia della lirica italiana, tutte di Bellini: “Casta Diva” e “Mira o Norma” dalla Norma e “Prendi l’anel ti dono” e “Ah non credea mirarti sì presto estinto o fiore” dalla Sonnambula, il cui pathos romantico  l’uso vocale e strumentale del controcanto esaspera ai limiti  dello sfinimento. Di quest’ultima trascrissi le prime note, le stesse impresse sul marmo delle tomba catanese (su quella ormai cenotafio del ‘Père Lachaise’ a Parigi avevo pregato, quando ancora l’anima non s’era inaridita, tanti tanti anni fa), su un grosso fusto di bambù trafugato a un giardino una mattina che, rousseauiano promeneur solitaire,  vagavo per le vie della città etnea addormentata sotto una spessa coltre di neve nera, la polvere lavica.

    Tengo molto al grosso bastone di bambù catanese che mi accompagnò a lungo sui monti -a cominciare dalla montagna officina di Efesto- che ora con la sua punta d’acciaio acuminato deve limitarsi a risuonar cupo per gli asfalti e i cementi arroventati delle strade della mia borgata. Stamane me lo sono portato con me al Frainile  dove intendo rimanere tutta l’estate, se il caldo tornerà (oggi fa un freddo quasi invernale, da indossare il cappotto) in compagnia di Saramago, del Goethe delle prime poesie e del Werther con testo originale a fronte (una recente edizione di Marsilio che ripropone per fortuna l’originale, quella non ancora in parte dallo stesso Goethe rimaneggiata per motivi di censura) per poi rituffarmi, con Alfred De Musset  e le storiche del movimento Ricarda Huch e Andrea Wulf, nel pieno del Romanticismo che amo. 

   Quanto bene ho dormito stanotte! 

   Altro che Xanax, altro che Prozac, altro che il Platone di Lou Marinoff le melodie di Bellini!

*

   Su 5 stamane. “Rigoletto al Circo Massimo”. quel che resta di un’opera lirica classica. La chiamano contaminazione moderna tra teatro televisione cinema. Non credeteci. Si tratta di un intruglio che non giova a nessuna delle tre forme di comunicazione. E un tale intruglio dovrebbe significare volontà di avvicinamento della folla (spregiativamente detto), del “popolo”, soprattutto quello dei giovani, all’Opera. Alla folla basta e avanza un concerto di Vasco Rossi con i suoi milioni di tifosi, in presenza o virtuali. Verdi, poi… Ci pensa da solo ad auto-castrarsi in molta della sua produzione lirica ridotta ad una serie di canzonette, di motivetti, i più assai gradevoli, va riconosciuto, che, giustapposti, l’uno all’altro ricuciti, senza una solida base sinfonica unificatrice, dovrebbero rappresentare un serio discorso musicalmente compiuto.

Euterpe piange, altro che eu-terpein, rallegrare!

   Un giorno dopo: La Forza del Destino

   Rilassato, per intero e senza prevenzioni (di cui mi sforzo di attenuare almeno l’impatto condizionante sull’ascolto, cosa difficile per un che non ha in Verdi il suo prediletto) seguo e mi godo su rai5 La Forza del Destino, parecchio riprendendomi dal gusto stroncatorio e dissacratorio di ieri mattina. Si tratta di quella di un Maggio musicale fiorentino degli anni Dieci diretta da Zubin Metha. Un Verdi composito che in quello che è indubbiamente uno dei suoi capolavori sa ben fondere (stava per sfuggirmi un volgare mescolare, che sarebbe stato davvero offensivo) in pagine sublimi sacro e profano, serio e faceto, guerra e pace, amore e morte. Inutile dire de “La Vegine degli angeli” e dei cori gregoriani risuonanti in lontananza (ma in tutta l’opera si respira un’aria di religiosità che ne fa, fra tutta la produzione verdiana, se non un unicum una testimonianza definitiva della innegabile religiosità di Verdi - religiosità dico, non religione, che è tutt’altra cosa -) ai quali sono da sempre per formazione assai sensibile. Particolarmente m’è piacito Nicola Alaimo nella lunga divertentissima parte di fra Melitone, ma anche il frate portinaio nel suo ruolo di distributore di minestre ai poveri. Ferruccio Furlanetto in quella seriosa del padre guardiano e Saloa Fernandez in quella di Leonora, ritirata nel suo eremo diventato per la solita dissennata scenografia modernista una grossa gabbia da zoo per scimpanzè, hanno decorosamente adempiuto al loro ruolo.

   P. S.

   Una piccola consolazione per i verdiani anti-pucciniani. Pur non dovendo, questo è chiaro, il Lucchese nulla al Bussetano, se non quel tanto che fatalmente un dopo deve a un prima, un involontario richiamo tra la figura del sagrestano di Tosca, di Fra Melitone e del frate distributore della minestra de La Forza del Destino indubbiamente c’è: quel tanto di scanzonato che fa dei rispettivi episodi di cui sono i protagonisti qualcosa di molto di più che semplici divertenti cammei.   

 *  

   Questa mi mancava.

   Stanotte alle 02:30 stato svegliato, e non si trattava di un sogno, da una telefonata del Soccorso stradale (così almeno la voce si dichiarava, ma chissà quale delinquente si celava dietro tal nome). Avrei voluto vedere voi. Le immediate scuse non furono sufficienti a impedire al mio antico muscolo cardiaco di riprendere la sua solita corsa, più del solito affannata e disordinata. Ora, placato il muscolo, mi sento stordito nella mente e stremato in ogni fibra del corpo, e senza fiato, come un Laocoonte stretto fra le spire dei due serpenti, che nel mio caso non Porcete e Caribea hanno nome ma Spazio e Tempo, i due mostri che s’apprestano a soffocarmi.

   Chi mi libererà dalla morsa di Spazio e Tempo?

*   

   Dalle nostre parti si dice di Tivoli (come a Firenze di Prato): “Tivoli del mal conforto. O piove, o tira vento, o suona a morto”. Orribile. Ma non fu la località (per la verità la nobile Tibur, non la volgaruccia Tivoli, stipatissima ma non certo vivibilissima) il luogo preferito da Poeti, Imperatori, Papi, principi, mecenati, artisti di ogni genere, che ne lasciarono imperiture memorie? Sarà solo questione di mutamento di clima meteorologico o soprattutto di mutamento di clima culturale? Che ne pensano i vari amici che con le parole e coi fatti si adoperano per la rinascita?

   Saluti e auguri da un umile ma verace tiburtino del contado.

   Due commenti che meritano:

   Gianni Andrei,

   Tibur, lustrissimo maestro, è qui a parlarci di storia e di storie, continuamente ad ammonirci, da secoli in verità, per spronarci in uno sforzo comune a concretizzare un nuovo possibile Rinascimento sociale ed etico. Ognuno per la sua parte.

   Filippo Greggi,

   Per noi di Montecelio Tivoli è sempre stata un punto di riferimento vuoi perché avevamo lì il Vescovo, il Pretore, le Scuole superiori, negozi attraenti, il mercato dei nostri ortolani ma non sono mancati gli sfottò. Ma anche grande rispetto in un nostro detto: "ROMA , CAPUT MUNDI, TIVULI PE' SECUNDI".

*

   Mi rigusto dopo un sessantennio il film restaurato El Cid del regista Mann con Sophia Loren, Charlton Heston e Raf Vallone, che narra le imprese di Rodrigo Diaz de Vivar soprannominato El Cid Campeador, il Signore Campione (+1099) perché eroico protagonista della lotta di liberazione della Spagna dai Mori. Non mi dispiacerebbe inserire, fra le ipotesi etimologiche più o meno fantasiose del nome del mio natio borgo selvaggio, quella che lo fa derivare dal nome di nascita del mitico Eroe valenciano.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963