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Messaggi del 13/06/2024

Votazioni europee, Libertà della rete in un post di Sforza citato da Lorenzo Fortunati (2010)

Post n°1196 pubblicato il 13 Giugno 2024 da giuliosforza

1090

   Giornata uggiosa. Minaccia pioggia. Al mio borgo su 134 iscritti finora hanno votato in undici, me compreso anarchico conclamato. Ho ceduto alle richieste di una donna. Merito per questo condanna? Amici anarchici andate a votare, perché non debba troppo vergognarmi. Frattanto io mi rilasso con qualche strofetta metastasiana, che fab proprio al caso, come    

“Se a ciascun l’interno affanno

Si leggesse in fronte scritto

Quanti mai che invidia fanno

Ci farebbero pietà”.

   e con la lettura delle serissime facetissime genialissime comico-tragico-surreali “Intermittenze della Morte” di Saramago, che nel suo simpatico e comodo stile di scrittura, che elimina quasi tutti i punti di interpunzione, al quale sarei tentato di adeguarmi, ci dnarra delle conseguenze   che in uno Stato imprecisato  causa  un mattino di capodanno l’improvviso sciopero generale della morte.

   e per associazione di idee mi sovviene della Sibilla cumana che, impetrata dagli dei l’immortalità e ottenutala, avendo dimenticato di chiedere contemporaneamente la giovinezza eterna invecchiava a tal punto da diventare sempre più una sorta di larva e finire entro un’ampolla e ai devoti che le chiedevano Sybilla ti teleis Sibilla che desideri ripondeva con voce impercettibile come proveniente da lontananze siderali apothanein telo apothanein telo voglio morire voglio morire.

   Ed ora ‘Chairete’ se potete.

*

   Vagando per la rete mi sono per caso imbattuto nel seguente intervento di Lorenzo Fortunati che si pone il problema della libertà della rete, sempre ma in quel periodo particolarmente sentito e discusso: argomento che egli trovò trattato da me nel post 241 (26 gennaio 2010) di questo blog, e che volle, con parole assai elogiative nei miei riguardi di cui lo ringrazio, riproporre all’attenzione ei suoi lettori. È il caso che anche io qui lo riproduca, ritenendo il problema della libertà della rete dal recente episodio dello spegnimento del mio blog per alcuni giorni riposto, poiché mi sembra che in esso il tema sia trattato da me con una chiarezza che non mio è solita e in uno stile piano che non mi fu e non mi è troppo familiare.

Scrive dunque Lorenzo:

   “Settantasettenne e inattuale, da due anni blogger, uomo di rara cultura e sapienza, Giulio Sforza è capace di donare a noi internauti ‘consumati’ una interpretazione della libertà del Web che millenni luce avanti a quella dei tanti meschini Riottelli che abbiamo per l’aere digital televisivo, invocando filtri, cani e guardiani per le rete di domani.

   Stavolta le sue parole sono semplici, almeno in gran parte, per cui segue un invito alla lettura che rivolgo a voi amici. Riporto qui un post del suo blog Dis-Incanti, ma non commentate qui sotto, non solo almeno: vi chiedo di lasciare un piccolo commento, direttamente a lui, QUI. Anche un seplice ‘grazie’ avrà del valore”.

Post 241 di Giulio Sforza

“Verità, verità, verità, che è la Verità? Chi più esplicitamente, che implicitamente, tutti alla fatidica parola fanno riferimento. Ma quale la verità che si vorrebbe dalla rete? La verità di chi? Io credo che richiedere ad essa qualcosa di più che una pura e semplice precisione di dati, dico dati, e di opinioni, dico discutibili opinioni, sia prevaricante e prepari la strada alle censure indiscriminate o mirate (cosa che del resto già si sa avvenire o minacciarsi da più parti) dei regimi preoccupati solo della loro verità, cioè del loro potere. Chi di grazia dovrebbe controllare i contenuti del Web, le idee dei suoi utenti, magari i loro aborti di idee, le loro idee insanite od in sanie? E con quale diritto? Che una nostalgia strisciante per le sacre investiture e i diritti divini si stia impadronendo degli spiriti deboli? Che sia già pronto, da qualche parte l’Indice   dei siti e dei blog proibiti, in procinto di essere pubblicato e con violenza difeso dagli sgherri delle nuove Inquisizioni (laiche o religiose che siano), appena la vigilanza degli spiriti liberi e forti s’allenti? E che stia risorgendo un Istituto per la preservazione della fede? E che si preparino i roghi per i dissidenti e gli eretici, per i naviganti che amino vagare e ‘bacchabondare’, posseduti da ulisside smania di conoscenza, alla ricerca di mondi diversi, fuori dalle prescritte rotte? Simile ad una tavola imbandita sia il Web, ricolma di ogni ben di Dio e di ogni più diabolica, magari attossicante, pietanza, premessa ineliminabile, per altro sì per ogni pericolosa abbuffata ma anche per la più squisita delle autoeducazioni alimentari. Cornucopia ricolmo la rete cui ad ognuno sia consentito di accedere che fame e sete di conoscenza tormentino. Come si può pretendere che l’autoeducazione ( e tale è solo e sempre una verace educazione) alla continenza del sé (cum-teneo, tengo insieme unito) possa veramente avvenire? Non è l’abbondanza delle opportunità e delle disponibilità fondamentale perché una libera scelta sia pensabile? È forse possibilità di locupletazione ove non sia variegatissima offerta? Ed è possibilità di libertà ove non sia possibilità di totale libertà? Non è forse la libertà il più alto dei rischi? Ma non è forse il rischio della libertà pur sempre minima cosa al confronto dei danni certi che la mancanza di libertà assicura? So bene la libertà essere, in ogni campo, figlia di estremo rigore; e so di tutti i bla bla moralistici che i propugnatori delle scelte obbligate (ivi compreso il grande dandy dell’esistenzialismo engagé Jean-Paul Sartre) oppongono alle argomentazioni, per essi sofismi, di chi nega l’esito obbligatorio della libertà dover essere la scelta, in realtà della libertà sostanziale negazione. Atto supremo di libertà è anche, e non è più di tanto paradossale, morire, come l’asino di Buridano, di fame e di sete, non certo per incapacità di scelta, ma per non volontà di scelta, per ludica, orgiastica, débauchée fedeltà alla libertà di scelta, che è anche scelta della non scelta.

   Temo proprio, anzi non temo affatto, me ne compiaccio, doverci tener quell’universale Nous poietikòs ed insieme pathetikòs (che volgare dirlo contenitore!) che la Rete rappresenta tale quale è, e lottare perché tale e quale, salvi fatto gli auspicabili perfezionamenti tecnici che dilatino gli orizzonti e le opportunità, rimanga”.

Chàirete Dàimones

 
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