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Messaggi del 30/04/2024

Carlo III, Fantasma di Mastro Lavinio, 'O Signore dal tetto natio', il Nietzsche di Sandro Marano

Post n°1189 pubblicato il 30 Aprile 2024 da giuliosforza

 

1083

A proposito dell’incoronazione di Carlo III.

   Come ben sa chi mi conosce, non ho mai avuto simpatie per l’Inghilterra (retaggio della mia infanzia da balilla nella quale si fece di tutto per inculcarmi l’odio per la ‘perfida Albione’, anche attraverso un medaglione da appuntare sulla camicetta nera recante la scritta “Dio stramaledica gli Inglesi”) se si escludono la sua letteratura e la sua filosofia. Ho soprattutto odiato e odio i suoi secolari imperialismi e colonialismi, non ultimo quello linguistico, che ritengo responsabili delle maggior parte dei mali che ancora oggi affliggono il mondo. Eppure, eppure un signore inglese mi è sempre piaciuto e mi piace, un signore coltissimo, unico tra i regnanti inglesi laureato, antropologo archeologo storico, amantissimo delle arti e della musica in particolare, umanista sommo in senso pieno, che è stato incoronato re con una pompa anacronistica d’altri tempi sotto la solita pioggia battente (ma il Tamigi non tracima mai a trascinarsi con sé al mare il grande lordume anche morale di cui pare Londra trabocchi?).

   In un giorno d’agosto del 1991 assistevo, al palazzo del festival di Salisburgo (o di Lucerna, non mi sovviene, i due Festspiele  svolgendosi nello stesso periodo; anzi sicuramente di Lucerna, perché ero pellegrinante  a Tribschen, al suo parco sul lago e a quella splendida casa, ora museo,  per sei anni, dal 1866 al 1872, dimora di Wagner che in essa omaggiò, in una fatata alba natalizia, come dono di compleanno,  di quel gioiello del Siegfried-Idyll eseguito sullo scalone principale da un complesso cameristico, Cosima e i figli al loro arrivo), assistevo, dicevo,  ad uno spettacolo insolito di cui m’aveva fatto dono una amica assai influente, dotta e bella, e per l’occasione anche devota a Frau Musika: è risaputo  Bayreuth Salisburgo Lucerna essere stati per decenni, non so adesso, prenotati da commercianti uomini politici autocrati banchieri con relative corti e coorti, ostentanti il loro quasi monopolio dei Festival  come  simbolo della loro condizione sociale privilegiata, dell’ evento musicale  poco o niente sapendo, né per la verità importandogliene. Si trattava della rappresentazione insolita in forma di balletto, stupenda coreografia di Maurice Béjart, della bachiana Passione secondo Matteo. Io non ero molto preparato, psicologicamente, a godermela: ritenevo, aprioristicamente, un tale spettacolo una profanazione, e per di più, occupando uno dei primi posti in platea, ero costretto a osservare i piedi ignudi e sporchi dei ballerini, i loro volti e i loro corpi sudati: il che, ve l’assicuro, non era un gran bel vedere. Per questo motivo ogni tanto mi voltavo a controllare la reazione degli altri spettatori e mi meravigliavo della loro compostezza. E in una di quelle …retrospezioni mi accadde di osservare qualcosa di talmente inatteso da farmi sussultare: confuso tra la folla degli spettatori stava, compostissimo e attentissimo, il principe Carlo. In quel momento lo sentii quasi fraterno amico in Frau Musika, mi sentii sodale della sua Anima sensibile e bella.

    Per questo mi sarebbe piaciuto vedere la Passione secondo Matteo in forma di balletto proiettata sulla facciate di Buckingham Palace e dei palazzi di una Londra redenta, in luogo di tutto il ciarpame commonwealthiano sfilante per ore a suon di bande (ahi serva musica!), con ostentazione di  carrozze e lacché, per le strade nemmen tanto affollate di una Londra immersa nella bruma . 

   Che Incoronazione, ragazzi! Un Re incoronato da una delle sue veraci Amanti, quella da noi incoronata ‘Regina Musarum’!

   Che Fasto, che Re!  

*

   Ho rivagato fra i ruderi (foto Chiappi-Mendico 1903), ora in parte recupetati, del Castello Borghese del mio natio Borgo, alla ricerca del fantasma di Lavinio Ferruzzi, alias Mastro Lavinio, che ivi asserragliato osò, nel novembre 1798, insieme ad una manciata di villici animosi, sfidare le assedianti truppe francesi e la Storia con un cannone di sambuco (ora al Musée de l'Armeée alla Concorde) ed altri rustici attrezzi, ottenendone la distruzione del Castello sì, ma anche la gloria per sé e per i suoi discendenti.

   L'ho incontrato, il Fantasma, e gli ho chiesto protezione e intercessione per un suo discendente e il di lui suocero, né l'uno né l'altro propriamente papalini.

*

Due assolute novità stamane per me: Camille Saint-Saëns, Samson et Dalila; Verdi, Jérusalem, adattamento per il grand-Opera de I Lombardi alla prima crociata. Danza nell’harem fantastica e fantasmagorica. Preferisco l’O Signore dal tetto natio  (versione italiana) al Va pensiero del Nabucco. Alle mie prime vacanze dal collegio (il mio esilio in terra allobroga), tredicenne lo cantavo tutto il giorno, disteso sul letto mentre mamma al mattino sfaccendava nella casetta quasi baracca con giardino in miniatura annesso e gallina ruspante in Vicolo del Pigneto.  Le donne del vicinato interrompevano i lavori domestici e uscivano nel cortiletto condominiale per ascoltarmi. Dicevano ammirate: quanto è bravo, canta come un angelo, diventerà un grande cantante. Divenni solo un discreto direttore di cori polifonici amatoriali, poeta e filosofo della musica a tempo perso. Fu bene così. Frau Musica fu la mia appassionatissima Amante, non la mia petulante consorte. Fui fortunato.

*

   C’è vita e vita.

   Bíos: le condizioni, i modi in cui si svolge la nostra vita (quam vivimus). Zoé: la vita che è in noi e per mezzo della quale viviamo (qua vivimus). Qualunque vita non è vita senza il connubio universale-particolare. Vita come vita, vita come Vita. Non si tratta di un puro gioco di parole.

*   Trovo in rete una delle più riuscite sintesi del pensiero di Nietzsche. Me la rubo per averla facilmente a disposizione per le mie ricorrenti discussioni con ex alunni ed amici (non meno appassionate di quelle che tenevo nelle aule universitarie) con argomento il Folle di Rӧcken. L’autore è Sandro Marano, un “avvocato e scrittore, che ha pubblicato”, leggo, “svariati libri di narrativa, di poesia, di saggistica. Tra i primi: Il Burosauro e altri racconti (Fratelli Laterza, Bari 1989), Novelle per Gaia (Filbo, Bari 1996); tra i secondi: Difficile è la veglia (La Vallisa, Bari 2002), Frutta e liquori (Besa, Nardò 2007), Vaghe lettere di amore e di rabbia (Aletti, Villanova di Guidonia 2012), La via del ritorno (Tabula fati, Chieti 2019); tra i terzi: Lo stupore del mattino. Nietzsche ecologista (Schena, Fasano 1997), Pierre Drieu La Rochelle pellegrino del sogno (Pellegrini, Cosenza 2016), Meditazioni su una civiltà ferita (Solfanelli, Chieti 2017).
     “Nel 2019 con La via del ritorno ha conseguito il premio speciale ‘Parole & poesia’ per la poesia edita ed è stato selezionato tra i finalisti del Premio Majella di letteratura naturalistica.
     “Ama la storia e la poesia. È volontario e dirigente dell’associazione ecologista Fare Verde. Dice di sé:      «Amo passeggiare nei boschi. Credo che il tema del nostro tempo sia quello di riannodare il filo spezzato tra uomo e natura. Detesto l’economicismo e l’uomo a una dimensione. Considero l’arte una forma della felicità».

   Ignoravo Marano, autore che anche dal solo titolo dei suoi libri si rivela assai complesso e merita grande attenzione. Tenterò l’9mpossibile impresa di prolungare il mio tempo per godermelo almeno un poco.    Titolo del pezzo di Marano: Nietzsche oltre la crisi amando la vita e superando la condizione umana. Ne riporto qui la conclusione, che chiude la riflessione sull’inquietudine romantica del Nostro, sul rapporto apollineo-dionisiaco, sulla scoperta dell’importanza dell’inconscio, sull’esistenzialità della filosofia di colui che filosofava col martello.  

   (…)  “Professandosi immoralista, Nietzsche intendeva negare non solo una data morale, ma anche un tipo d’uomo ritenuto fino ad allora il più alto, non dissimulando la sua antipatia per chiunque disprezzasse la sessualità e il corpo; combattendo le filosofie pacifiste e qualunque etica avesse della felicità una nozione negativa, intesa cioè alla maniera di Leopardi come cessazione di uno stato di dolore o di bisogno; ritenendo che la passione e l’essere schietti sia cosa migliore dell’ipocrisia e dell’ossequio passivo alle regole sociali; prediligendo Napoleone e gli uomini del Rinascimento, in quanto spiriti forti, compiuti, sicuri, che diedero o cercarono di dare una direzione all’epoca nella quale vissero. Nietzsche era perfettamente consapevole della situazione di precarietà e di crisi dei suoi tempi, dove le vecchie concezioni del mondo erano ancora in parte esistenti e le nuove non avevano compattezza e coerenza, e per questo si poneva il grande quesito sul valore dell’esistenza. «Esiste un pessimismo della forza?» (9) vuol dire: in un mondo che ha voltato le spalle al Dio cristiano può sorgere un nuovo impulso a vivere, una nuova spiritualità, una filosofia del mattino? Racchiuse il senso e la portata della sua ricerca filosofica nella frase enigmatica: «Un solo sì, un solo no, una linea retta, una meta» (10), che può intendersi: sì alla vita, no a tutto ciò che la falsifica e la mistifica con la conseguente proposta d’una nuova tavola di valori che consentano all’uomo di «restare fedele alla terra». (11) Dietro quella che Evola giudica «la falsa svolta biologista di Nietzsche» (12) c’è invece, a nostro avviso, l’esigenza, posta in rilievo da Karl Löwith, di riannodare il filo spezzato tra uomo e mondo, c’è quello che noi riteniamo sia il possibile motivo di fondo del filosofare di Nietzsche, vale a dire la filosofia del mattino.
Non a caso nel primo discorso dello Zarathustra Nietzsche traccia sotto forma di parabola un itinerario insieme filosofico ed esistenziale: inizialmente lo spirito può paragonarsi ad un cammello, perché porta su di sé il peso di valori millenari. Si tratta di uno spirito vincolato dalle tradizioni, dalle credenze, dai pregiudizi. A questa fase segue quella in cui lo spirito si fa leone, si oppone cioè ai valori fino ad allora creduti e dominanti ed afferma la propria libertà. Infine lo spirito si trasforma in fanciullo, poiché il fanciullo «è innocenza, oblio, un ricominciare, un gioco, una ruota che gira da sé, un primo movimento, una santa affermazione». (13) Tutti e tre i momenti sono per il filosofo del superuomo dialetticamente necessari: «Chi deve essere un creatore nel bene e nel male in verità deve essere prima di tutto un distruttore di valori». (14) Chiunque voglia creare qualcosa di nuovo non può non infrangere i valori stabiliti, non può non rovesciare le antiche pietre di confine e i vecchi culti. Ma l’educazione alla libertà della ragione non è mai, per Nietzsche, fine a se stessa alla stregua delle tesi illuministiche e relativiste. La libertà “da” esige la libertà “per”. Lo spirito, una volta che si fa libero, non può fermarsi al momento della negazione, ha invece una meta da raggiungere, rappresentata da una nuova affermazione, da un diverso modo di porsi di fronte al mondo. Se è vero che noi neghiamo, è «perché qualcosa in noi vuole vivere ed affermarsi».” (15)

(Sandro Marano)

__________________

 9) F. Nietzsche, Saggio di un’autocritica in La nascita della tragedia, Laterza, 1971, p.28;
10 Nietzsche, L’anticristo, Newton Compton, 1977, p. 25;
11 F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Mursia, 1972, p. 19;
12 J. Evola, op.cit;
13 F. Nietzsche, op. cit., 105;
14 F. Nietzsche, op. cit., p. 31_32;
15 F. Nietzsche, La gaia scienza, af. 307.

______________________  

  Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 
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