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di Vincenza Fava

E’
disponibile in tutte le librerie l’antologia Qualcuno ha morso il cane:
racconti di doppia vita (Coniglio Editore, 237 pag., 15 euro) a cura
del poeta e scrittore Antonio Veneziani e di Riccardo Reim, scrittore,
attore e regista teatrale. L’idea nasce dal tentativo dei due autori di
mettere insieme una serie di storie (scritte anche da personaggi noti
nel mondo letterario, artistico e musicale italiano) che avessero in
comune il tema della doppia vita. Afferma Reim nell’introduzione
dell’antologia: “Il doppio è qualcosa che esce dalla governabilità,
qualcosa oltre la piena consapevolezza, oltre ogni calcolo, che ci
rapisce e, come comunemente si dice, è più forte di noi… In fin dei
conti, un’antologia sulla doppia vita è, in pratica, un libro sul
desiderio – potremmo dire anche sogno – inespresso che nove volte su
dieci prende il sopravvento in modo autonomo, sorprendente e
deragliante”. Ogni autore ha affrontato in maniera diversa il tema del
doppio: allora ecco che vivere una vita parallela (dividendosi tra la
moglie e l’amante) diventa una “Doppia schiavitù” con Renzo Paris,
oppure diventa una sorta di slancio metafisico-esistenziale nel Mago
Magia di Mario Castelnuovo, o ancora, la doppiezza si incarna nella
schizofrenia paranoica del dottor Antonio nel racconto Il serpente
dagli occhi di zaffiro di Fabiomassimo Lozzi. Tra sesso e vampirismo
invece il Mordendo Nosferatu di Giorgio Gigliotti. E poi, il tema del
sesso come libertà conquistata, come piacere e gioco, come dolore e
frustrazione: ogni racconto descrive una sfumatura diversa della
doppiezza conscia o inconscia del personaggio. Alcuni autori trattano
anche il tema dell’omosessualità femminile o maschile soffermandosi sul
desiderio che diventa sogno e il sogno che diventa desiderio, tra le
consapevolezze note e quelle celate alla psiche umana, tra il
sentimento amoroso e la conseguente pulsione di morte. Uno dei racconti
più riusciti in questo senso, un vero ed autentico approfondimento di
Eros e Thanatos, è Trama incompiuta dello scrittore, poeta e
giornalista nonché conduttore radiofonico e televisivo Maurizio
Gregorini. Lo stile epistolare permette allo scrittore di analizzare in
modo viscerale e carnale i propri stati d’animo e la psicologia
profonda del rapporto d’amore omosessuale. Una storia di tradimento
dell’anima, della fine di una passione, della violenza incomprensibile
che deriva da un egoismo nichilistico votato alla inconsapevolezza
dell’agire. È solo un personaggio a parlare, non c’è scambio
epistolare; una sorta di diario dell’anima si snoda attraverso le righe
del racconto. Si intrecciano momenti di dolore ed istanti simbolici di
catarsi, conflitti interiori e riflessioni razionalistiche atte a dare
una spiegazione ed un ordine logico agli eventi. Tuttavia, è il caos ed
il magma interiore incontrollabile con tutte le sue contraddizioni a
prendere il sopravvento. Di qui il tentativo del suicidio come istinto
di morte per un amore condannato ed incapace di creare stabilità
emotiva. Gregorini analizza il doppio della propria coscienza e della
propria anima, il doppio volto dell’amore in un crescendo di tensioni,
incubi e tormenti. Non bastano infatti i ricordi della passione
(seguite da immagini di carnalità sessuale) per risanare le ferite
ricevute. Un senso di solitudine (come a dire che l’uomo alla fine
resta sempre solo con sé stesso di fronte alla nudità della propria
anima) e di smarrimento prevale come anche il tentativo di dare un
senso alle nostre azioni e alle nostre emozioni inquadrandole in un
disegno divino misterioso e trascendente che va oltre la portata
razionalistica della nostra mente umana.