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GENITORI GAY

Post n°619 pubblicato il 02 Marzo 2009 da diversity84

di Luca Tancredi Barone

“Non era certo così che speravo di diventare famoso”. Parola di Will, artista e conservatore capo del museo di arte moderna di San Francisco tra il 1990 e il 1999. Will vive da qualche anno a Barcellona con U.B., artista anche a lui, che ha uno studio nel pittoresco quartiere del Raval. Assieme a loro vive il loro cane Frida e soprattutto la luce dei loro occhi, la figlia di cinque anni Stassa.

Ed eccolo, il motivo di tanto clamore: Will e U.B. sono una coppia gay che vive in un luminoso e centrale appartamento di Barcellona con una figlia, a loro legalmente affidata in California quando era appena nata. Paradossalmente, per Will e U.B. è stato assai più difficile sposarsi che adottare una figlia.

In California, dove entrambi vivevano fino a qualche anno fa, è possibile infatti per una coppia di fatto – quale che sia il sesso dei genitori – adottare. E non basta: una madre che intenda dare in adozione un figlio o una figlia può anche scegliere, ancora prima che nasca, quali vuole siano i genitori del frutto del proprio ventre.

“La donna che ha partorito Stassa”, spiega U.B., “ci ha scelti appositamente. L’abbiamo incontrata un paio di volte. Le siamo piaciuti. Voleva per la figlia un ambiente aperto e stimolante, e l’idea che fossimo artisti e gay le pareva fantastica”. Ma non è completamente scomparsa: “Siamo in contatto con lei, ci scriviamo una volta all’anno per darle notizie della bimba – racconta Will -. Quando vorrà conoscerla e ci sembrerà abbastanza matura per farlo, naturalmente potrà farlo. Non ci sentiamo minacciati da questa eventualità: i suoi genitori siamo noi, e Stassa lo sa”.

Will e U.B., rispettivamente 57 e 45 anni, si conobbero un luminoso weekend di marzo del 1997 al porto di Sausalito, vicino a San Francisco. Fu amore a prima vista. Un anno dopo già vivevano assieme. La decisione che avrebbe cambiato la loro vita avvenne nel 2003: si sentivano felici e pronti per adottare quella bambina che fin da piccola era vivace e irrequieta. E, proprio come qualsiasi genitore di questa terra, sono iniziate le gioie, molte. E alcuni dolori: “ho scoperto di possedere una riserva di pazienza insperata”, dice sorridendo Will, mentre Stassa salta sul divano, si getta fra le braccia dei genitori e gioca con Frida. “Per fare duecento metri qui sulla Rambla possiamo anche impiegare mezz’ora”, racconta invece U.B., “perché lei si ferma a ogni passo e vuole sapere tutto. Certe volte fa delle domande che sono una vera sfida: un giorno, a due anni e mezzo, mi chiese com’era fatto un seme. Sapeva che un albero nasceva da un seme, ma il seme? Era una bella domanda, no?”.

La storia del matrimonio di Will e U.B. è tormentata. Una coppia gay, anche con una bambina, non era certo insolita a San Francisco, capitale mondiale delle libertà e dei diritti, come racconta molto bene il film 8 volte candidato agli Oscar Milk. Ma Will e U.B. volevano, come molti, coronare il proprio amore con un rito, una celebrazione che riunisse le persone care per dire loro quanto erano felici di volersi bene. L’occasione si presentò all’improvviso il 12 febbraio 2004: il sindaco di San Francisco Gavin Newsom, sfidando la legge, decise di dare il permesso anche alle coppie gay di sposarsi in comune. Dal 12 febbraio all’11 marzo quasi 4000 coppie gay da tutti gli Stati Uniti vennero a sposarsi a San Francisco. Ma il 12 agosto di quell’anno la batosta: la Corte Suprema della California stabilì che il sindaco non aveva il potere di aggirare la legge dello stato, e annullò con un tratto di penna tutti i matrimoni.

La mattina del 13 febbraio Will e U.B. avevano appreso dal giornale che si era aperta questa finestra insperata. Decisero che dovevano sposarsi subito, chiamando a celebrare un amico consigliere comunale, che, entusiasta, disse loro che sarebbe stato il suo primo matrimonio gay. In un paio d’ore riuscirono ad avvertire solo qualche amico, la sorella di U.B. passò a comprare una torta, mentre i due si misero in una lunghissima coda di fronte al municipio. “Stassa aveva nove mesi: e tutti e tre ci vestimmo di rosso e nero, colori adatti al giorno di San Valentino”, scherza Will.

Dopo l’annullamento del matrimonio e la rielezione di Bush del 2004, i due decisero che era troppo, e che volevano andarsene. Will aveva vinto il Roma Prize dell’American Academy di Roma per la sua ricerca su come preservare i murales contemporanei. A Will i legami con l’Italia non mancano: laureato in lingua e letteratura italiana, la sua passione era sempre stata quella di restaurare gli affreschi del Quattrocento, anche se poi ha finito per occuparsi di conservazione dell’arte moderna “La vita è strana a volte”, sorride.

Grazie al premio, i tre vissero sei mesi a Roma nel 2005. “A parte le mamme italiane che, prendendoci per mariti impacciati lasciati soli da mogli irresponsabili, ci sgridavano dicendo che non coprivamo abbastanza la bimba, non abbiamo mai vissuto episodi di esplicita intolleranza. Soprattutto perché a nessuno veniva in mente che potessimo essere i genitori”. Di vera intolleranza ne hanno vissuta poca. “Una volta”, racconta U.B., “all’aeroporto delle Hawaii un’assistente di volo ci disse che eravamo ‘coraggiosi’. Noi non capimmo e lei ci spiegò che andarsene in giro con una bimba piccola senza le nostre mogli era una sfida per noi. Quando le spiegammo come stavano le cose, lei ci guardò disgustata. Ma questo davvero è l’unico caso che ci viene in mente”.

E in fondo che importa: oggi, dopo aver cercato un paese europeo accogliente (“l’Italia, troppo omofoba, non è mai stata in lizza”), vivono in Spagna, in una città aperta dove la figlia frequenta una scuola steineriana che valorizza la creatività dei bambini e coltiva la tolleranza. Stassa, una forza della natura, parla spagnolo e con gli amici catalano (“una lingua segreta che noi non parliamo”), e con i genitori inglese. Ma anche greco (“adoriamo la Grecia e ci passiamo molte estati”) e un po’ di italiano.

“Una volta un compagno di scuola di Stassa ci ha affrontato: dov’è la mamma di Stassa? E noi gli abbiamo detto: Stassa ha due papà, hai visto che fortuna? E lui se n’è tornato a giocare”. E Stassa che dice? “Beh, lei sa che è una bambina adottata, e che non è venuta dalla pancia di nessuno di noi due. Sa che chi l’ha partorita ci ha scelto. Per ora cerchiamo di fare come fanno tutti i genitori adottivi: le prepariamo un background che lentamente possa scoprire, così che quando vorrà sapere di più possa farlo senza spaventarsi. Ma siamo molto tranquilli: per lei siamo papa (Will) e daddy (U.B.). Sa che siamo qui per lei, e lei per noi”.

Ed è stata proprio Barcellona che l’anno scorso ha finalmente dato a Will e U.B. la possibilità di suggellare formalmente il loro rapporto. Dopo mesi di preparativi, hanno invitato gli amici più cari e con loro nel suggestivo Padiglione di Mies van der Rohe si sono sposati e hanno festeggiato con una torta con due sposi la festa che la Corte Suprema gli aveva rovinato quattro anni prima.

Stefano Bolognini nel suo libro Una famiglia normale (Sonda) racconta di come persino una normale famiglia italiana tradizionalista possa convivere (quasi) serenamente con l’omosessualità. Anche Will e U.B. si sentono una “famiglia normale”: “Alla fine siamo una coppia di genitori come tutte le altre; tutta questa curiosità un po’ ci ha stancato. So what? (e allora?), ci viene da dire quando ci intervistano. Ma poi abbiamo capito. Qualche settimana fa, dopo che eravamo comparsi in un programma tv catalano, siamo andati con degli amici e con Stassa a Casa Battlò. Un ragazzo alla biglietteria ci ha riconosciuti, ci ha riempito di complimenti la bimba. E poi ha detto: l’altra sera quando vi abbiamo visti in tv io e il mio ragazzo ci siamo detti che anche noi un giorno vogliamo essere come voi. Ecco, questo ci ha restituito il senso di quello che facciamo. Vogliamo che altre coppie di gay ci guardino e dicano: è possibile. Anche noi possiamo avere una vita come tutti gli altri”.



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Secondo i sociologi Marzio Barbagli e Asher Colombo, che hanno pubblicato l’indagine più approfondita e documentata sul mondo gay italiano (Omosessuali moderni, Il Mulino), in Italia il 10% delle coppie di uomini di più di 35 anni ha dei figli, e il 40% vorrebbe averne, mentre il ben il 20% delle coppie femminili della stessa classe di età li ha già, e al 30% piacerebbe farli. In Italia non solo è vietato adottare figli per single o coppie gay, ma per due omosessuali è anche vietato sposarsi e non esiste una forma di riconoscimento legale di una coppia di fatto. Un limbo giuridico che non impedisce però che esistano molte famiglie arcobaleno, con figli frutto di matrimoni precedenti, o magari ottenuti all’estero, dove le norme sono più ragionevoli (inseminazione artificiale, uteri in affitto, adozioni a single o coppie gay). L’associazione Famiglie Arcobaleno ne riunisce circa 150, di cui metà già hanno dei figli, e l’altra metà vuole averli e sta cercando di trovare il modo per farli (principalmente rivolgendosi a Spagna, Danimarca, Olanda, Inghilterra, Belgio per le donne, e Usa e Canada per gli uomini).

Una di queste coppie è quella di Giorgia e Valeria, trentenni. Assieme al loro bimbo di due anni vivono in un paesino della provincia di Napoli. Come tutte le coppie in questa condizione, non si sentono eccezionali: sono una famiglia e basta, non una “famiglia gay”.

“Stiamo insieme da sette anni. Abbiamo scelto la procreazione assistita in Olanda con donatore anonimo conoscibile dal bambino a 16 anni. Per noi sarebbe stato immorale farsi mettere in cinta per avere questo figlio”, dice Valeria.

Problemi? “I soliti di tutte le coppie omosessuali. Se ricoverano la tua compagna in ospedale possono lasciarti fuori e non farti prendere decisioni sulla sua salute. Non godiamo delle agevolazioni fiscali e lavorative per i famigliari. Il figlio formalmente poi è solo mio: lo cresciamo insieme, ma per la legge lei non è nessuno”.

Discriminazioni? “Non vere e proprie. Ma disagio, a volte. Dal medico per esempio, quando ti dicono ‘certamente lei sa quali malattie ha il padre’ e tu devi spiegare. O dal parrucchiere, quando ti dicono ‘Biondo come il padre, vero?’.

E all’asilo? “è un asilo pubblico, le maestre sono brave, ma spesso impreparate a queste situazioni. Che bisogno c’è di far fare il lavoretto per la festa del papà? Quanti bambini non hanno un padre? E poi sono così piccoli, il lavoretto lo fanno le maestre. Non capisco il senso didattico. Comunque, presto il nido finirà e dovremo affrontare la scuola vera: siamo serene, ma certo arriveranno i momenti difficili”.

Come reagiscono in paese? “I rapporti umani sono buoni, tutti sanno e tutti ci trovano simpatiche. Ma c’è tanta ignoranza. Mi trovo dal parrucchiere a dover spiegare che significa adottare e che in questo paese una coppia omosessuale non ha questo diritto. La gente mi guarda e si sorprende: ‘davvero?’ Forse le persone sono più avanti della politica”.

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Il figlio di una coppia gay crescerà bene? Pochi di noi sono disposti ad accettare questa idea. Lo psichiatra e psicoanalista Vittorio Lingiardi, docente università di Roma La Sapienza e autore del libro Citizen gay (Il Saggiatore, in questi giorni in ristampa) però non ha dubbi: “Se questi genitori saranno capaci di amarla sicuramente sì. Al di là delle ideologie e pregiudizi, ho passato in rassegna tutta la letteratura scientifica che ha studiato i paesi dove la genitorialità omosessuale è permessa, confrontando le ripercussioni sul benessere psicologico, sulla personalità e sull’orientamento sessuale dei figli delle famiglie gay paragonate ai figli delle famiglie eterosessuali. E non è mai stata evidenziata nessuna differenza. È la capacità di accudire e di essere vicini ai bisogni del piccolo a fare di un genitore un buon genitore”.

Ma i figli di famiglie arcobaleno non potrebbero essere vittime di pregiudizi?

“Dipende dal contesto. Indubbiamente in alcuni casi i bambini saranno oggetto di comportamenti discriminatori, come potrebbe accadere a tutti. Ma l’esperienza narrata dai genitori omosessuali italiani è quella di una accoglienza nelle scuole che lentamente si stempera in una positiva ‘indifferenza’”.

Chiamerebbe ‘coraggiosi’ questi genitori?

“Costruire una famiglia gay richiede un certo coraggio in un paese come l’Italia dove non si è mai approvata una legge contro l’omofobia. Ma, come tutti sappiamo, la storia e la trasmissione dei valori positivi non può procedere se non attraverso le scelte coraggiose di alcuni”.

di D La Repubblica delle Donne

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Giovanni Paolo II, Le unioni omosessuali non sono una realtà coniugale, in "La Famiglia".

Alicata, Cristiana "Quattro", Edizioni il Dito e La Luna, Milano 2006. Romanzo, storia di una famiglia omogenitoriale raccontata da uno dei figli.

Bonaccorso, Monica, Mamme e papà omosessuali, Editori Riuniti.

Bottino, Margherita e Daniela Danna, La gaia famiglia. Che cos'è l'omogenitorialità, Asterios.

Danna, Daniela, Io ho una bella figlia. Le madri lesbiche raccontano, Zoe, Forlì 1998.

 

 

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