Creato da: sticcoenzo il 14/01/2012
Ricordi ed esperienze di Enzo Sticco

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RIAPERTURA MANICOMI E CRISI ECONOMICA.

Post n°25 pubblicato il 08 Giugno 2012 da sticcoenzo
 

La riapertura dei manicomi, disposta proprio ora, senza che la popolazione ne fosse adeguatamente informata in precedenza, mi insospettisce. Vorrei sbagliarmi, ma non mi sembra una coincidenza casuale che la legge sia stata approvata in questo particolare momento in cui molta gente è ridotta alla disperazione a causa della crisi,  mentre le previsioni inducono a supporre che i casi di disagio aumenteranno nell'immediato futuro .

Evidentemente, anche il Palazzo ha capito che la massa di disperati va gestita  in qualche modo. E come è intervenuta? Ha creato forme particolari di assistenza per tamponare le emergeneze più gravi? No.  Ha riaperto i manicomi. Ecco il  toccasana per tener calma la gente afflitta. 

L'ansia e l'angoscia possono far perdere  a qualcuno il controllo dei propri nervi  e, se si ritorna al passato, questo può bastare ad innescare il meccanismo diabolico del ricovero coatto. Sei disperato perché la tua impresa è andata a rotoli, non sai come far fronte ai debiti e non vuoi rassegnarti a lasciare sul lastrico i tuoi dipendenti?  Arriva lo psichiatra di regime, ti fa una bella diagnosi di psicosi maniaco depressiva, dichiarandoti pericoloso a te stesso e agli altri, e il gioco è fatto.

Chi non ricorda che cosa succedeva nei manicomi, può farsene un'idea, cliccando su Google "manicomio di Collegno" e leggendo il blog: autobiografia di un ex ricoverato nel manicomio di Collegno. La lettura di questa sconvolgente testimonianza può far capire, molto meglio di una dotta disamina, quanto grave sia la situazione creata dalla legge in oggetto e come non si debba sottovalutare.

Naturalmente, ripristinare gli infami lager comporterà delle spese e degli stanziamenti.  Allora mi chiedo: non sarebbe stato meglio destinare tali stanziamenti alla completa applicazione della legge Basaglia e a interventi a favore delle persone più duramente colpite dalla crisi?

 
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Nuvole all'orizzonte

Post n°24 pubblicato il 22 Maggio 2012 da sticcoenzo

Cari amici gay,

                il mio blog è stato visitato da poco meno di 900 persone e presumo che alcune di loro fossero gay. Pochissime si sono messe in contatto con me e ne sono rimasto molto amareggiato perché, evidentemente, non è stato compreso lo spirito che animava il blog. Con esso non intendevo soltanto rendervi partecipi dei miei affanni personali  e piangere sulle vostre spalle. Il mio scopo era quello di coinvolgervi in una situazione che ritengo preoccupante per tutti noi, non solo per le discriminazioni che subiamo attualmente, ma per il futuro  che, secondo me, si prospetta ancora peggiore, se abbassiamo la guardia.

                Si annunciano delle innovazioni che, cosiderate una per una, non sembrano influire su di noi, mentre inserite in uno scenario articolato, possono risultare molto dannose nei nostri confronti. Le elenco sinteticamente:

a) alcuni psicoterapeuti hanno rispolverato la vecchia teoria dell'omosessualità come malattia che può essere curata e guarita, senza che vi sia stata alcuna reazione da altre scuole di pensiero;

b) senza dare alla notizia il rilievo che merita, sembra che sia stata approvata in commissione la riapertura dei manicomi con il corollario del ricovero coatto a tempo indeterminato;

c) se l'omosessualità è una malattia,  non può essere che una malattia mentale,  quindi, il deterrente del ricovero coatto può essere usato per soffocare ogni rivendicazione di diritti e per costringere chi, come il sottoscritto, ha fatto coming out, a rientrare frettolosamente nell'armadio;

d) l'attuale situazione di caos e di instabilità politica è terreno fertile per una dittatura e le dittature, tanto di destra quanto di sinistra, hanno sempre trovato i loro naturali capri espiatori nei gay, per soddisfare contemporaneamente la feccia della popolazione e i bigotti;

e) tra pochi anni gli immigrati in regola con il permesso di soggiorno acquisteranno la cittadinanza con il diritto all'elettorato attivo e passivo. Molti di questi sono mussulmani provenienti da paesi che agli omosessuali infliggono la pena capitale. E' probabile che alcuni di loro riescano ad occupare posti di potere.

Aggiungo, en passant, che anche la Germania negli anni immediatamente precedenti l'avvento del Nazismo era nota per la sua tolleranza nei confronti degli omosessuali tant'è vero che i gay da tutta l'Europa affluivano a Berlino.

Questo è quanto. Cercate di rifletterci un po' sopra.

Villar Dora, 22.05.12                      Enzo Sticco

                                                    sticcoenzo@libero.it

 
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PRECISAZIONE SU DON LUIGI CIOTTI

Post n°23 pubblicato il 24 Aprile 2012 da sticcoenzo

In varie parti di questo blog e in altri ho espresso giudizi critici su Don Luigi Ciotti. Vorrei precisare che non è mio costume parlare alla nuora perché la suocera intenda e che. rispettando il fair play, avrei di gran lunga preferito inviare un e-mail personale per esprimere al prelato l' avvilimento procurato dal suo comportamento poco crìstiano.Ma del sacerdote dei primi tempi, che si preoccupava di essere reperibile per esercitare la carità cristiana a favore degli emarginati, non è rimasto più niente e si è trasformato in una sorta di rambo di difficile collocazione ed irreperibile. Bel risultato! Perciò non mi rimane altra scelta che questo blog per rimproverargli aspramente di avere agito come San Pietro quando per tre volte rinnegò di essere stato seguace di Gesù Cristo. Sono consapevole che di questi tempi dir male di Don Ciotti è,come una volta parlar male di Garibaldi. Ma io ho le spalle larghe e non mi faccio impressionare dai giudizi correnti perché ho sempre dato la priorità a quella che mi sembra la verità e determinati concetti non riesco ad esprimerli con il linguaggio curialesco dei membri del clero ma com la brutalità tipica della persona onesta ed esasperata.

 
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NON E' FACILE ELABORARE UN LUTTO

Post n°22 pubblicato il 14 Aprile 2012 da sticcoenzo

E' una giornata nera per me. Mi sto preparando ad un ricovero e sento più che mai la mancanza di Domenico, il compagno della mia vita, anche se cerco di convincermi che è ancora accanto a me e che, presto o tardi, saremo sempre insieme. Ma questa Chiesa Cattolica, tanto corrotta ed avida di ricchezze e, soprattutto, di potere e la maggioranza dei suoi accoliti, così ipocriti e vanesi ( mi piacerebbe sapere quanti di loro si sposano in chiesa per accostarsi ad un sacramento e non perché il matrimonio religioso è molto più fastoso e coreografico?), mi hanno fatto perdere la fede semplice e un po' ingenua dei miei genitori e non so proprio in che cosa credere.

Quanto alla recente affermazione dell'Arcivescovo di Alcalà sui gay all'inferno, mi chiedo se il sant'uomo si rende conto che le sue parole avranno solo l'effetto di scatenare la teppaglia contro di noi. E' questo che vuole? Gesù Cristo non lo avrebbe voluto.

 
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LETTERA APERTA A DON LUIGI CIOTTI, GIA' ASSISTENTE SPIRITUALE DEL GRUPPO DI OMOSESSUALI CATTOLICI "DAVIDE E JONATA"

Post n°21 pubblicato il 10 Aprile 2012 da sticcoenzo

Preambolo.

Non essendo stato possibile trovare da nessuna parte l'e-mail di  Don Luigi Ciotti, sono costretto a scrivergli una lettera aperta sul presente blog, dato il mio fermo proposito di comunicare con Lui. Spero che il sacerdote ne venga in qualche modo a conoscenza, precisando che non è mio costume mandare messaggi attraverso terzi.

 

Villar Dora, 10 Aprile 2012

Reverendo Don Luigi Ciotti,

     sono il Prof. Enzo Sticco, superstite della coppia Russo-Sticco.
Conduco un'esistenza tormentata e solitaria e riesco a colloquiare ogni giorno sui temi che mi interessano solo attraverso internet. Presumo che Lei sia già stato informato che Domenico Russo, animatore del Circolo"Davide e Jonata, è deceduto dopo una straziante agonia il  28.11.2010. Nel circolo summenzionato, scioltosi nel 2007, Domenico era stato un personaggio di spicco per la sua intelligenza e affidabilità ed aveva avuto in Lei una fiducia infinita, che sembrava ricambiata, e frequenti contatti con la sua persona. Riconosco che per noi Lei ha fatto molto nell'ultimo decennio del secolo scorso, e gliene sono grato. Ma ora sono profondamente deluso.
     Vedo su internet che Lei sta acquistando molti meriti come avversario della mafia con numerosi ed efficaci interventi ben pubblicizzati dai media. Congratulazioni! Questo conferma quanto già sapevo. Nei periodi bui in questo paese la Chiesa ha sempre colmato i vuoti dei poteri dello stato.
     Ma che cosa è rimasto dell'umile sacerdote che si era proclamato paladino degli emarginati? Si ricorda ancora dei gay afflitti ed ingiustamente perseguitati che in quest'epoca di restaurazione vedono addensarsi nere nuvole sul loro orizzonte? Me lo domando con una certa insistenza perché temo che anche per Lei, siamo diventati cittadini di serie B. Tanto, a che pro preoccuparsi di noi quando, con l'ultima affermazione del vescovo spagnolo Mons Juan Antonio Reig Pla, l'inferno aspetta tutti noi gay?  Vien fatto di domandarsi: proprio tutti, anche dignitari della chiesa porporati o addirittura candidi? E ci sarà sufficiente spazio per accogliere anche i numerosi pedofili operanti nell'ambito della Chiesa Cattolica e da quest'ultima protetti oltre il limite della decenza?
     Le timide aperture della Chiesa di Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II si sono chiuse. Gli scismatici di Lefevre sono rientrati nell'ortodossia. Con un Papa che smentisce quanto affermato dai predecessori, l'infallibilità del Papa sembra gravemente compromessa ed ho il sospetto che, di questi tempi, aver prestato assistenza spirituale ai gay e averli  aiutati materialmente sia diventato per un sacerdote uno scheletro da tenere chiuso nell'armadio, a meno che uno abbia il coraggio di Monsignor Bettazzi. Dico bene, Reverendo?
     Non mi aspetto che Lei mi risponda. So che è molto impegnato in cose più importanti e, soprattutto, meno equivoche.
     Vorrei solo che il manager ed il castigamatti non avessero soffocato il sacerdote degli umili e degli oppressi che riusciva a guadagnarsi il rispetto anche da uno come me, visceralmente sospettoso della Chiesa Cattolica. Non Le chiedo di rispondermi.
     Io sono solo un pensionato di nessuna importanza: Lei è abituato a frequentare personaggi di ben altro calibro. La invito solo a riflettere, se ha tempo.
       Rispettoso del protocollo, termino con il saluto prescritto.


Dio Sia Lodato.
Prof Enzo Sticco

 
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RINGRAZIAMENTI

Post n°20 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo


Un vivo ringraziamento all’AVV. MICHELE POTE’ ( Via Goffredo Casalis n.31, Torino, tel. 011 437 22 99 ) da me scelto perché membro della Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBT. L’avvocato, oltre a dimostrare un alto livello di professionalità, si è occupato del mio caso, garantendomi in ogni momento la possibilità di contattarlo, anche quando avevo solo bisogno di trovare uno sfogo per la mia ansia. Gliene sono profondamente grato. 


Ringrazio di cuore  PAOLO e GUSTAVO, gli unici amici che si sono fatti vivi tra i tanti incontrati al funerale.

Sinceri rtingraziamenti ad Anne Nedcalf  e Marco Barisciani di Imperia per i vari messaggi che mi hanno mandato per confortarmi ed augurarmi buone feste. Spero di essere perdonato per non avere risposto tempestivamente, adducendo le peroccupazioni che occupavano la mia mente e la scarsa familiarità con il computer, che ho in parte superato solo recentemente. 


Auguro ogni bene a DANIELE e FRANCESCA  che mi hanno confortato nel periodo immediatamente successivo al mio lutto.


Un particolare,caldo ringraziamento a LAURA RIGHI, la persona che, vedendomi  affranto , pur conoscendomi solo di vista, si è presentata con parole di conforto, incoraggiandomi a non farmi sopraffare dalla malvagità  dei tanti che avrebbero dovuto apprezzare in me il fatto di essere stato per 39 anni  il fedele e premuroso compagno di Domenico Russo che, per giunta, aveva trovato in mio padre un genitore “adottivo” generoso e disponibile in ogni occasione, in sostituzione del suo vero padre deceduto pochi mesi prima del nostro incontro.


Per quanto superfluo, perché ci sentiamo quotidianamente, voglio manifestare qui la mia profonda riconoscenza a ANNA MARIA AGOSTI, persona davvero straordinaria, una volta confidente di Domenico, ed ora la mia migliore amica, con il figlio GAETANO.


Amici di recente acquisizione ma non meno importanti degli altri, per le premure che hanno manifestato nei miei confronti in questo triste periodo della mia vita, sono  LORENZO e DEBORAH,  nella cui palestra  spero di trascorrere ancora qualche anno, se non felice, almeno sereno.


Quanto alla distinta signora di Novara, M.G.P.,che ha trascorso con noi tante belle vacanze in tempi migliori, non mi sento di ringraziarla, dato che si è rivelata prodiga di consigli non richiesti e riluttante a saldare un vecchio debito, approfittando della morte del mio compagno. Le auguro, comunque, ogni bene perché suppongo ne abbia bisogno.

Naturalmente non posso neppure ringraziare le due sorelle di Domenico, data la scarsa simpatia dimostrata nei miei confronti allorché la situazione apparve drammatica. Eppure sapevano del reciproco affetto che legava il loro fratello a me da ben trentanove anni (una vita). Benché io sia stato ingiustamente umiliato, senza aver mancato di rispetto nei loro confronti, auguro loro di ritrovare un po' di serenità dopo questa grave perdita. Io non sono ancora riuscito a colmare il senso di vuoto conseguente alla scomparsa del mio compianto compagno.

 

 
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EPILOGO

Post n°19 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo


La morte di Domenico fu per me un’immane tragedia. Nei primi giorni successivi all’esalazione del suo ultimo respiro continuavo ad ascoltare il primo movimento della messa di requiem di Mozart, da me scelta per l’attesa al crematorio. Sapevo che quelle note acuivano  la mia sofferenza. Ma era proprio questo che volevo, come per placare la mia colpa d’essergli sopravvissuto. Un unico pensiero occupava la mia mente: Domenico non esisteva più ed era come se non fosse mai esistito. 

 
Poi, con il passare del tempo, questa ossessione cominciò a vacillare: forse non esisteva più, poiché io ho molti dubbi sulla vita ultraterrena, ma, di certo, era esistito e non era cosa da poco. Per 69 anni era vissuto e aveva sperimentato tutto quanto la vita comporta: gioie, dolori, emozioni, affetti. A me aveva lasciato un’eredità di ricordi. Tali ricordi di comuni esperienze , ormai solo miei, avevano allora il sapore del rimpianto ma sapevo che con il tempo sarebbero diventatati piacevoli reminiscenze che avrebbero colmato il vuoto degli ultimi anni della mia vita  che, grazie a Domenico, non sarebbero stati bui e desolati come la mia adolescenza.


Tutto questo non sarebbe successo se sua madre,che tanto lo amava, fosse stata una donna senza scrupoli e, pensando alle difficoltà di allevare un figlio in tempo di guerra, avesse strappato il suo virgulto, impedendogli di nascere. Ma lei, modesta ma sorretta da antica saggezza, non l’avrebbe mai fatto perché la sua rettitudine la induceva a credere nella sacralità della vita.


E’ chiaro, da quanto ho narrato, che agli inizi del mio lutto temevo che non sarei riuscito a sopravvivere e, lo stesso timore hanno avuto le poche persone che mi sono state vicine, in quanto alle altre non saprei dire. Invece ce l’ho fatta, ma dopo un anno e tre mesi, non sono ancora riuscito a elaborare il lutto e non passa giorno senza che io riviva quella straziante agonia che ebbe inizio alle sette del mattino e si concluse alle sette e un quarto di sera, in un’atmosfera tesa in cui avvertivo l’ostilità dei presenti. Avrei avuto bisogno di un paladino dell’emarginazione ma sapevo che Don Luigi Ciotti era irraggiungibile e soprattutto non era più il Don Ciotti che avevo conosciuto vent’anni prima. Quando il decesso fu accertato per mezzo di un elettrocardiogramma,  ci stringemmo tutti in abbraccio collettivo ma subito dopo i rapporti si guastarono.


Il trauma che mi colpì fu doloroso ma anche un’importante lezione di vita. Mi trovai solo ad affrontare tutte le incombenze legate al decesso di un familiare,  ed a subire umiliazioni da professionisti che, quando Domenico era in vita, mi avevano trattato con ossequi e deferenza. Era rimasto qualcuno che mi voleva bene ma poteva fare ben poco, degli altri non c’era da fidarsi e quanto è successo dopo ha confermato i miei dubbi. La gente, non so se per insipienza o per malignità, faceva condoglianze a Mehdi per la scomparsa del suo “babbo”, come lui lo chiamava. A me che avevo vissuto con il caro estinto per 39 anni (una vita) quasi nessuno rivolgeva una parola di conforto.


In  tanto squallore un solo episodio merita di essere raccontato perché mi ha commosso e mi ha fatto riflettere. Il protagonista è una persona che Domenico ed io conoscevamo solo di vista ma alla quale non avevamo mai rivolto la parola. Dopo la disgrazia mi fermò per la strada e volle dirmi quanto gli era dispiaciuta la scomparsa del mio compagno, aggiungendo che  era ben consapevole della mia situazione di immenso dolore accompagnato dal cinismo e dal disprezzo dei benpensanti e terminò incoraggiandomi a ritrovare una ragione di vita. Gliene sono profondamente grato.


Il periodo critico della gestione della mia nuova situazione di single durò per qualche mese e fu duro. Attivai il mio contenzioso con Mehdi con il quale si schierò compatta la famiglia del defunto. Poi decisi di fissare la mia residenza in un paese della bassa Val di Susa.  Mi resi disponibile per attività di volontariato e attualmente sono  incaricato dell’insegnamento dell’inglese all’UNITRE di due sedi vicine. Quanto al coming out e al gay pride, le mie opinioni non sono cambiate dai tempi della mia convivenza con Domenico Russo. Riguardo al primo tema rivendico il diritto al coming out senza mettere a repentaglio la mia rispettabilità così come quello di non essere deriso o beffeggiato per il mio dolore a causa della perdita del mio compagno. E’ mia convinzione che la natura presenti una fenomenologia molto più ampia di quanto pretendono i teologi, che per spiegare fatti del tutto normali non rientranti nei loro schemi, non trovano niente di meglio che catalogarli come perversioni. Qualcosa di simile al coming out è già avvenuto per i mancini: una volta subivano vessazioni ed erano obbligati a scrivere con la destra, adesso possono usare la mano che preferiscono.


Quanto al tema del gay pride non vedo nessun motivo di essere orgogliosi del nostro orientamento (quindi niente Gay Pride ,che considero una pagliacciata che non giova a noi ma ai nostri denigratori). Se c’è qualcosa di cui sono orgoglioso,però, è il mio coraggio di rendere nota la mia condizione e i miei sentimenti, dato che oggi, con la preoccupante crisi della democrazia, il coraggio è una merce rara e assai costosa. Io l’ho acquistato dopo tanto soffrire e sono pronto anche a rischiare l’ostracismo pur di contribuire all’evoluzione del costume e all’aggiornamento della normativa affinché se ne avvalgano almeno le generazioni future.


Tornando alle mie recenti esperienze, le offese, i soprusi e le umiliazioni che ho patito dopo la scomparsa del mio amato compagno a causa del comportamento dei benpensanti, sono stati episodi molto gravi in quanto, date le mie condizioni di cardiopatico, potevano accelerare la mia fine. Lo dimostra la circostanza che in quel periodo aumentò notevolmente il mio consumo di carvasin, il farmaco salvavita di chi soffre di disturbi circolatori alle coronarie.


Tuttavia, non voglio “fare del vittimismo”, come si suol dire ; così va la vita in questo paese e non me ne stupivo più di tanto. Per fortuna ho superato egregiamente la prova ed ora mi sento fortificato, anzi avverto l’imperativo categorico della mia coscienza che esige da me di operare per concorrere al conseguimento dei seguenti traguardi che nessuno può contestarmi, se viviamo in democrazia:

  1. prevenire il suicidio di omosessuali sopraffatti dall’odio e dai pregiudizi dominanti, per onorare la memoria del povero Walter;
  2. commemorare Domenico Russo, al pari di me omosessuale dichiarato e noto come tale ai suoi collaboratori nell’ambiente di lavoro, ai suoi amici di Torino ed Imperia e in tutto il quartiere e, soprattutto figura di spicco per la sua attività di militante per la causa della pari dignità di omosessuali ed eterosessuali;
  3. ricordare la nostra lunga relazione, impostata sulla trasparenza e sulla lealtà, che ha rappresentato un modello da imitare per tutte le coppie di fatto.

Per il conseguimento di questi obiettivi non mi limito a curare il presente blog, che ha nei miei confronti il ruolo di una seduta psicoanalitica per alleviare le mie pene, ma mi impegno formalmente ad occupare il molto tempo libero di cui dispongo nella creazione di una SOCIETA' DI MUTUO SOCCORSO DELLE PERSONE L.G.B.T. che contribuisca con donazioni e attività di volontariato a lenire gli affanni di quanti hanno problemi a causa della loro condizioni: problemi dei giovani in famiglia , nelle istituzioni scolastiche, sul lavoro, problemi degli anziani, che sono doppiamente discriminati:nella società etero in quanto gay e, purtroppo, nella comunità gay in quanto anziani. Il problema più diffuso tra gli anziani gay è quello della solitudine,sia che vivano per conto proprio, sia che vivano in istituzioni o ricoverati in ospedale. Sarebbe tanto bello se ci fosse un'attività di volontariato di giovani gay che si proponesse di mitigare la loro solitudine, permettendo loro di rivivere in assoluta libertà i loro ricordi, senza dover fingere soddisfazione per le rare visite dei loro parenti che, il più delle volte, trasmettono loro lo stesso calore umano delle Dame di San Vincenzo.

Questo mio sogno può realizzarsi se noi omosessuali, maschi e femmine, prendiamo in mano la nostra situazione, cerchiamo di crescere insieme e  di costituire, finalmente, una comunità battagliera, che eviti le manifestazioni folcloristiche e si occupi di fatti concreti.  Penso proprio che sarebbe l'ora che ciascuno di noi trovasse prima di tutto il coraggio di dichiararsi in famiglia , ripudiando l'imperante italico mammismo castrante che impedisce a molti di noi di rivelare la verità per non procurare una dispiacere alla mamma, povera mamma.

Ma non avete mai pensato che una mamma che non è disposta ad accettarvi quali voi siete , è una che, se avesse saputo che nel suo utero albergava l'embrione di un futuro omosessuale avrebbe abortito e che, pertanto, non merita il vostro amore? E' ora di finirla con questo amore acritico per le mamme. Nessuno scienziato ha mai dimostrato che non esistano donne perverse e meschine né, tanto meno, che queste siano sterili.E bisogna pure che ciascuno faccia coming out nel suo ambiente di lavoro a meno che il rischio di mobbing sia troppo forte. Ma in questo caso, se ci fosse una società di mutuo soccorso, vi sarebbe  l'opportunità di un intervento con dimostrazioni ed azioni legali.

Insisto su questo punto: dobbiamo lottare come comunità gay con determinazione, senza mai offrire il fianco allo scherno e alla derisione. Non dobbiamo più farci strumentalizzare dai partiti politici che, dopo qualche vaga promessa in tempo di elezioni, hanno incassato i nostri voti per poi scaricarci senza il minimo scrupolo. Insisto, dobbiamo far conto solo sulla nostra coesione e sulle nostre forze, non dobbiamo aspettarci di essere affrancati dall'emarginazione da associazioni di avvocati progressisti, ricordiamoci sempre che sono professionisti non filantropi, che la loro attività può procurarci qualche vantaggio ma non è il loro fine primario. Non dobbiamo aspettarci niente dalle figure carismatiche, laiche e tanto meno religiose.

Il noto professore universitario, gay dichiarato, non è la figura ideale per la società dei mei propositi perchè,a mio avviso, è uno che ritiene di essere in credito nei confronti della società per le sue qualità di intellettuale e per i suoi titoli accademici al punto da poter anche esigere tolleranza per il suo "vizietto", ma non é certo uno che considera suo fratello il ragazzo cacciato di casa dalla famiglia meridionale, che è costretto a prostituirsi per sbarcare il lunario, né è in grado di capire il dramma del trans che si sente, imprigionato in un corpo che non corrisponde al  suo  io.  

Alla   base  della   comunità   che  sto  delineando  devono  esservi umiltà, lealtà, trasparenza e fratellanza, assoluta abolizione di differenze correlate al reddito o al ceto sociale, principi che ho sempre condiviso con il mio compagno Domenico Russo, che ancora una volta mi sia consentito di ricordare, Non vi sarebbe posto per individui che aborro, come  un  docente  universitario  di  mia  conoscenza  che, nel corso di laurea, ha tratto vantaggio dalla  condizione di amante di un suo professore e che, alla morte di costui, ne ha sposato la figlia, progredendo agevolmente nella carriera accademica, pur senza rinunciare a qualche diversivo.  

  
Ringrazio di cuore quanti visiteranno il blog e prenderò in considerazione i loro pareri se avranno la cortesia di inviarli al mio indirizzo di posta elettronica:

 sticcoenzo@libero.it .


Pace e bene a tutti.
(non sono un prete ma è un saluto che trovo molto gradevole)

 
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L'OMOFOBIA CONTINUA AD IMPERVERSARE

Post n°18 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo

 
La situazione che ho descritto è molto diffusa ed ha una sola spiegazione: l'omofobia che persiste, nonostante una certa evoluzione del costume, più apparente che sostanziale. Quando una persona muore, il convivente da lunga data, se ne ha il coraggio, reclama rispetto per il suo dolore, è fiero di avere condiviso gran parte della sua vita con il defunto e di essere, forse, l'unico che gli ha voluto davvero bene perché conosceva tutti gli aspetti della sua personalità, compreso l'orientamento sessuale dal quale non si può prescindere.

Purtroppo questo atteggiamento, che io ritengo legittimo e in un certo senso doveroso, contrasta,nella maggioranza dei casi, con i pregiudizi dei consanguinei che, generalmente, non accettano il congiunto deceduto in tutti gli aspetti del suo essere, neanche dopo il decesso. Alcuni,  se potessero, seppellirebbero volentieri anche il compagno superstite.


A tale proposito mi sia consentito narrare un episodio che fa parte delle mie esperienze. In casa conservo come una reliquia un vaso di aspetto piacevole ma di modesto valore commerciale che mi fu donato circa vent’anni fa da un amico, Walter. Questi era un ragazzo di 27 anni, colto, intelligente, di indole mite e sensibile, sebbene provenisse da un ambiente alquanto rozzo, violento e culturalmente depresso. Conseguita la maturità al liceo linguistico, si era emancipato da quella squallida famiglia al tempo della morte di sua madre, che era stata l’unica a volergli bene e a proteggerlo dal padre, dalla sorella maggiore molto avida ed arrogante e dal cognato della stessa pasta. Viveva con il suo compagno in un piccolo centro romagnolo, lo stesso della sua famiglia di origine, allorché un incidente d’auto gli portò via il partner.I genitori del defunto , più anziano di Walter e certamente non plagiato da lui, collaborarono con i parenti del giovane e, di concerto condussero una campagna denigratoria per effetto della quale egli diventò in breve lo zimbello del paese. Già duramente provato dal lutto che lo aveva colpito, un mattino fu trovato morto. Si era ucciso durante la notte.

QUESTO GENERE DI EPISODI NON DEVE PIU’ VERIFICARSI.


Quanto al trattamento riservatomi dal figlio adottivo di Domenico, mio coerede (lui erede legittimario ed io erede testamentario),mi astengo dal parlarne per la solita censura del mio avvocato. Dico solo che recentemente ho trovato un sito su internet, www.tuttistranieri.it, con informazioni sulla normativa italiana in tema di adozione. E’ impressionante (sempre che mi sia consentito dirlo) quanti immigrati adulti sentano la mancanza di una figura paterna o materna,pur avendo lasciato in patria i genitori che li misero al mondo, tuttora vivi e vegeti.


Un ultimo punto, recentemente ho inviato un'Email ai parenti del mio partner, invitandoli a mandare un loro scritto in ricordo del caro estinto da inserire in questo blog. Hanno risposto ribadendo che io sono un estraneo e che loro preferiscono ricordarlo nell'intimità della famiglia. Come al solito, devo astenermi da commenti per autocensura.

 
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I MIEI PROBLEMI CON DOMENICO RUSSO IN OSPEDALE

Post n°17 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo

 
Sembrava che tutto procedesse nel migliore dei modi e che ci attendesse una vecchiaia serena confortata dalle attenzioni dei nostri due figli adottivi quando, circa due anni fa, il mondo ci crollò addosso in seguito alla diagnosi infausta di una grave malattia che aveva colpito il mio compagno. Cominciò così il calvario del mio partner e, in un certo senso, anche il mio per le difficoltà che incontrai, dopo il ricovero in chirurgia, allorché volli assisterlo fino alla fine. Per riuscirci dovetti fare appello a tutto il coraggio e alla grinta che la disperazione mi indusse a trovare in me stesso. Per essere più preciso, devo fare una distinzione tra i due reparti: chirurgia e rianimazione. In chirurgia non ebbi problemi. In quel reparto l’accesso dei visitatori era disciplinato da regole più elastiche . Inoltre lo staff del reparto era perfettamente a conoscenza del rapporto che intercorreva tra noi due dato che Domenico mi aveva presentato come suo compagno ed eravamo sempre andati insieme alle visite e alle sedute sulla diagnosi e la prognosi.


Devo precisare che molto prima di quella diagnosi mi ero posto il problema dei rapporti con la famiglia di Domenico nel caso di un suo ricovero in ospedale, poichè l’argomento della nostra relazione non era mai stato trattato apertamente ed entrambi conoscevamo benissimo i problemi che potevano insorgere nel caso che il compagno del ricoverato non fosse ben accolto dai parenti del medesimo. Ma Domenico, benché fosse ben noto come attivista del “Davide e Gionata”, non aveva mai voluto affrontare l’argomento apertamente con i suoi, sostenendo che le sue sorelle avevano capito tutto e che,pertanto, c’era un tacito accordo in forza del quale io facevo parte della famiglia. Non era forse vero che tutte le volte che invitavano a pranzo lui invitavano anche me? Non era forse vero che tutte le volte che la Mamma non mi vedeva,chiedeva di me ,chiamandomi Enzino, e questo da più di trent’anni? Io non ero del tutto convinto ma lui era così persuaso che, un suo ricovero non avrebbe creato problemi e tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modo al punto da compiere un atto quanto mai sventato: si fece promettere dal figlio adottivo El Mehdi che, nel caso che le cose si fossero messe male per lui, questi si sarebbe occupato di me ed attivò sul mio telefonino un tasto di emergenza che corrispondeva al cellulare di Mehdi. Purtroppo, appena fu noto che l’operazione non era andata a buon fine ed il paziente fu trasferito in pericolo di vita al reparto rianimazione dove non mi conoscevano, fu proprio El Mehdi a dimostrarsi il mio più accanito avversario, contestando la mia presenza in ospedale, seguito a ruota dalle due sorelle che finsero di cascare dalle nuvole quando volli chiarire con loro la situazione. Ho detto “finsero” perché mi sembra incredibile una così macroscopica mancanza di perspicacia, dato che mi conoscevano da 39 anni, sapevano che avevamo sempre convissuto pur cambiando residenza e ci avevano sempre visti legati l’uno all’altro in modo inequivocabile. Sapevano anche che i nostri beni erano cointestati. E questo fu il nostro errore più grave. Orbene, anche loro, approfittando del fatto che Domenico non era più in grado di intendere e volere, pretesero il mio allontanamento dal giaciglio del moribondo, affermando che ero un estraneo. Ho appreso da una recente notizia che hanno concesso ad una anziana signora ricoverata in una clinica la presenza del suo cane, benché  contraria al regolamento.. Perciò si può affermare che I parenti di Domenico ed il figlio adottivo pretesero che fossi trattato peggio di un cane.


E’ vero: Per la legge ero un estraneo e naturalmente non intendo neppure tentare di interpretare la normativa a mio favore: sarebbe un’impresa impossibile. Ma de jure condendo non è fuori luogo fare un confronto fra conviventi e consanguinei. I consanguinei ci vengono assegnati dal fato; i conviventi, specialmente se non esiste alcun vincolo giuridico, sono frutto di una scelta che viene rinnovata tacitamente ogni giorno, per tutta la durata del rapporto. Quindi , disprezzare la persona con la quale tuo fratello ha deciso di convivere per 39 anni, rifiutando di vivere con te che abiti nella stessa città, è soprattutto un’offesa a tuo fratello. E poi, passando dal mondo delle Pandette a quello dei sentimenti, ammesso anche che per la legge ero un estraneo, perché non rispettare il mio dolore devastante e impedirmi di essere vicino al mio amato compagno nel momento del trapasso?


Fu in quella drammatica circostanza che, mentre scrivo, sto rivivendo con tutta la tensione emotiva di quei giorni , che rivendicai il diritto a rendere noto a tutti il mio orientamento sessuale e pretesi anche rispetto del il mio tormento  per l’imminente perdita della persona che amavo e che mi aveva amato, perché l’amore è un sentimento nobile, rappresenta quanto di meglio l’uomo sa distillare dalla propria umanità e deve essere sempre trattato con deferenza anche quando esula dai parametri imposti dall’establishment. Le mie parole toccarono nel profondo il personale medico e paramedico e da allora ebbi libero accesso al giaciglio del mio sventurato compagno che, con la sua morte, si sarebbe portata via anche una parte importante di me stesso. Naturalmente, in quella situazione di emergenza, pensai di ricorrere all'aiuto di Don Ciotti, ma il prelato, assorbito da altri interessi, era diventato una primadonna e non era più reperibile per banalità di questo tipo. 


Purtroppo non tutti i gay nella mia situazione hanno avuto la stessa mia sorte. So di un mio amico che, a causa dell’opposizione dei parenti del suo partner, non è mai potuto andare al suo capezzale. E. solo dopo il decesso di quest’ultimo, ne è stato ufficiosamente informato da un infermiere fuori servizio, che gli ha anche indicato l’ubicazione della tomba. Sembra una cronaca medioevale ma è accaduto solo qualche anno fa nella civilissima Emilia.

 
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EDUCAZIONE SESSUALE? NO, GRAZIE.

Post n°16 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo


Ai benpensanti che ostentano una grassa ignoranza nutrita di lazzi e di frasi da caserma che nessuna ricerca, per quanto avanzata, riesce a scalfire, desidero far notare che si trovano omosessuali dovunque, non solo in quei settori che la credenza popolare ritiene più congeniali a loro.


Ve ne sono tra i medici (anche tra i colleghi della Binetti), tra i calciatori, tra i pompieri, tra i macellai, tra i magistrati, tra i cappellani e tra i presuli. Le fonti più aggiornate valutano la percentuale all’8% ma si tratta di un dato approssimativo per difetto a causa del notevole numero di omosessuali repressi riluttanti a dichiararsi anche in un test anonimo.


Non è quindi logico che quando un eterosessuale si trova a parlare ad un pubblico, diciamo, di cinquecento persone parta sempre dal presupposto che si tratti di solo eterosessuali.


Gli omosessuali non sono extraterrestri, anche se agli inizi del secolo venivano chiamati uranisti. Può esserlo il vostro vicino di casa o (Dio non voglia!) un membro della vostra famiglia, perché anche un gay ha un papà, una mamma, dei fratelli,degli zii e dei nipoti. Alcuni  hanno atteggiamenti rivelatori ma la maggior parte non ha nessuna nota distintiva né nel fisico né nel comportamento.

Oggi si parla molto di educazione sessuale ma non si sa bene che cosa si intenda con questa espressione. La nostra è, nonostante gli sforzi di chi rema contro,  una società pluralistica nella quale convivono diverse ideologie su ciò che è bene e ciò che è male in campo sessuale, per cui, in pratica il tipo di educazione che può essere impartito a tutti si limita alla profilassi delle malattie veneree e agli accorgimenti per evitare gravidanze indesiderate.


In quanto all’omosessualità, alcuni psicologi che si occupano di educazione sessuale non si discostano molto dai benpensanti da me tratteggiati, come constatai personalmente negli ultimi anni di servizio.


Ero capo d’istituto in una scuola media in cui una psicologa era stata incaricata da un ente locale territoriale di svolgere un corso di educazione sessuale. Avevo appena esaminato il testo di riferimento assai prolisso ma vago e carente, quando la professionista si presentò  con il solito sussiego che caratterizza  lo staff dei centri di igiene mentale quando tratta con il personale docente. Subito colsi l’occasione  per domandarle come si comportava con gli allievi omosessuali con difficoltà di accettazione e con quelli che  manifestavano atteggiamenti di omofobia. La donna rimase per un attimo interdetta, come se le avessi rivolto una domanda sconveniente, infine, assumendo l’espressione di chi ti assesta una bacchettata sulle mani, rispose: “Ma, Preside, a quell’età (11-14 anni) non sanno ancora qual è l’oggetto delle loro pulsioni né hanno manifestazioni di omofobia.”


Udendo ciò, fui io ad avere un momento di smarrimento. "Strano", ribattei, "io sono gay, come si dice adesso, e ricordo con assoluta certezza che a quattro anni sapevo benissimo quale era il mio orientamento sessuale anche se, naturalmente, allora ignoravo che avesse una connotazione negativa. A undici anni, però, me ne resi conto ed intrapresi un percorso lungo e tormentato che andò a buon fine molto tempo dopo, con la mia piena accettazione, come lei stessa può constatare. Non devo questo risultato a nessun psicoterapeuta ma semplicemente alla fortuna di aver trovato il giusto compagno  e di essere stato sostenuto dall’approvazione paterna. Mi rattrista molto, però, pensare  che nulla è cambiato per i ragazzi di oggi  che si trovino ad affrontare gli stessi problemi che resero la mia adolescenza il periodo più buio e triste della mia vita. Trovo poi sconcertante che gli enti locali abbiano deliberato degli stanziamenti semplicemente per insegnare l’uso corretto dei preservativi e niente di più complesso. Così vanno le cose in questo paese dove apparire è più importante che affrontare i veri problemi che avvelenano la vita di molte persone”.


Com’è evidente il mio umore alla fine di quell’infelice colloquio era alquanto depresso e continua ad esserlo tuttora per tutto quanto è successo in seguito. Tuttavia, recentemente una notizia del 02.03.2012 ha un po’ attenuato la mia mestizia.


A Bagheria (Palermo) una coppia etero è stato denunciata  per avere insultato e schiaffeggiato  un ragazzo gay.  Il Giudice di Pace ha condannato i coniugi al pagamento di un’ammenda di € 1200 e al risarcimento dei danni subiti dal giovane e dall’Arcigay (€ 500) costituitasi parte civile.


La decisione può ragionevolmente definirsi storica  perché il magistrato non ha concesso la sospensione della pena , riconoscendo così il danno subito da tutta la comunità di persone LGBT.

 
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EVOLUZIONE DEL COSTUME E NOSTRA VITA DI COPPIA

Post n°15 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo

 
Dal tempo della nostra adolescenza sono successe molte cose . Gruppi coraggiosi di omosessuali hanno lottato per il riconoscimento di alcuni nostri diritti fondamentali e l’argomento non è più tabù. Anzi direi che se ne parla anche troppo e non sempre in modo corretto. Purtroppo io non ho potuto partecipare a viso scoperto a tali campagne perché a quei tempi le mie condizioni di lavoro non mi permettevano un completo coming out. Me ne scuso con i coraggiosi protagonisti di Stonewall negli USA e del FUORI in Italia ai quali sono infinitamente grato.

E’ grazie a loro e non certo ai progressi della medicina, che in questo campo sono stati effimeri, se l’OMS ha depennato l’omosessualità dall’elenco dei disturbi mentali. E’ grazie a loro se il costume si è molto evoluto, tanto che Domenico ed io abbiamo potuto vivere la nostra relazione e la nostra convivenza alla luce del sole, senza che nessuno ci mancasse mai di rispetto nel quartiere di Torino nel quale abitavamo ed eravamo molto conosciuti. E’ grazie a loro che abbiamo potuto realizzare un sogno che prima del nostro incontro era sembrato ad ognuno di noi mera utopia: quello di essere felici insieme e di vivere in un modo e in una località che ci consentisse di sentirci a nostro agio e completamente realizzati.


Come ho già affermato, si è registrata una positiva evoluzione del costume, ma non basta. Come dirò in seguito, si registrano anche vicende che dimostrano che, sotto molti aspetti, l’evoluzione è stata più apparente che sostanziale. Il legislatore non l’ha recepita e le chiese fondamentaliste, tra le quali va collocata anche quella cattolica, non si danno per vinte ed incoraggiano medici di dubbia professionalità ad asserire di essere in grado di cambiare l’orientamento sessuale di una persona, proponendo alle famiglie abbienti più conservatrici trattamenti che rischiano di sconvolgere l’equilibrio mentale di minorenni già molto provati. Quanto al fatto che in paesi mussulmani, come l’Iran, l’impiccagione di omosessuali cha abbiano avuto rapporti sessuali con adulti consenzienti sia una pratica ancora frequente non sconvolge l’opinione pubblica più di tanto.


Naturalmente la nostra vita insieme, specialmente nell’ultimo decennio, non fu tutta rose e fiori. Come in ogni famiglia vi erano crucci e problemi. Domenico sentiva più di me la mancanza di un figlio e, per soddisfare tale bisogno, con ricorso del 31.05.2004, adottò un marocchino adulto, pur essendo zio dei quattro figli delle sue sorelle, dei quali non fece menzione nel suo testamento. Domenico non mi confidò mai le ragioni di questa omissione ma posso intuirle. I quattro nipoti non erano mai stati premurosi nei confronti dello zio al quale si rivolgevano soltanto quando avevano bisogno di qualche favore: “ Possiamo venire in spiaggia ?”, “Puoi venire ad assistermi in ospedale?”  Quando erano ragazzi, due di loro erano stati condotti negli Stati Uniti dallo zio che si era accollato le spese del viaggio ma non se ne ricordavano più e, quando due di loro si sposarono,  non venne mai loro in mente di invitare lo zio nella nuova casa. Cortesie di tempi lontani ormai superate. Tutto ciò contribuì indubbiamente a far maturare l’idea dell’adozione, sulla cui riuscita mi astengo da ogni commento per attenermi alle istruzioni del saggio Avv. Poté. Mi limito a ricordare che Domenico provvide a pagare al giovane la   retta di un corso annuale di cento ore presso l'Hotel Méridien dal quale l'interessato non poté trarre la qualifica di cuoco ma indubbiamente utili nozioni per il suo mestiere di ristoratore.

Un inconveniente  assai fastidioso anche per la nostra vita in comune  era la sordità che affliggeva Domenico da sempre e che si era aggravata moltissimo negli ultimi anni, nonostante il ricorso a protesi acustiche che furono di scarso aiuto.  Anch’io adottai un immigrato e fui fortunato  perché si rivelò una persona seria ed affidabile. Sposò, poco dopo l’adozione, una ragazza con le stesse qualità e andò ad abitare per conto suo. Questo gruppo familiare, costituito dai due coniugi e dalla nipotina Carla, ha sempre avuto un comportamento esemplare nei miei confronti e, pur non condividendo la stessa chiesa, mi ha sempre dimostrato molto affetto,specialmente nei momenti  di bisogno. stando al mio fianco per assistermi o semplicemente per conforto.

 
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LE NOSTRE POSIZIONI NEI CONFRONTI DEL GRUPPO “DAVIDE & GIONATA”

Post n°14 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo


Nel 1981 nacque il gruppo di omosessuali cattolici “Davide e Gionata” a Torino. E’ rimasto su internet il vecchio indirizzo nel quale si asseriva che l’associazione era legata al Gruppo Abele di Don Ciotti. Pertanto la memoria non mi inganna : Don Luigi Ciotti patrocinò la nascita del circolo e questo è un particolare non irrilevante per le considerazioni che esporrò nel corso della presente trattazione.


Nonostante il mio desiderio di impegnarmi in campo sociale, non volli militare in un circolo di omosessuali cattolici per vari motivi. A mio modo di vedere, la stessa espressione “omosessuali cattolici” è un ossimoro al pari di “carnivori vegetariani”. In secondo luogo, rifuggo da ogni legame con la Chiesa Cattolica che sembra contare nelle file delle sua gerarchie una più alta percentuale di omosessuali non dichiarati di qualsiasi altra istituzione equivalente. Inoltre mi preoccupa assai l’elevato numero di pedofili che operano in essa e che, nonostante i reiterati tentativi di insabbiamento, alimentano continui scandali, contribuendo in tal modo a creare nell’opinione pubblica non poca confusione tra le due categorie: i pedofili e gli omosessuali.


Per quanto mi riguarda, ci tengo a non essere confuso con la categoria dei pedofili, verso la quale il mio atteggiamento, così com’era quello di Domenico , è di repulsione ed intolleranza. Quanto ai prelati omosessuali in the closet, non ho parole per esprimere adeguatamente il mio biasimo. Ne conosco alcuni. Uno, in particolare, sacerdote e professore universitario, agisce con inqualificabile cinismo, passando con disinvoltura dalla somministrazione dei sacramenti all’appuntamento con il giovanotto di turno che, dopo essere stato indegnamente sfruttato come mero oggetto sessuale, sarà poi mandato in strada in situazione di estremo disagio. Di questo religioso conosco nome e cognome ma, per ovvie ragioni, non posso renderli noti. Voglio solo aggiungere che definire tale comportamento semplicemente ipocrita è troppo poco. E’ qualcosa di molto più grave.


Domenico Russo, pur condividendo le mie riserve, mantenne una mentalità più elastica, accettò di militare nel circolo “Davide e Gionata”, fu referente di Don Luigi Ciotti, emerse come figura di rilievo e conseguì eccellenti risultati pratici a favore della comunità gay, che a quei tempi aveva una consistenza ed una visibilità molto maggiori di adesso. Personaggio autorevole, con adeguate doti umane ed un’infinita generosità, impose ai soci norme di comportamento che bandivano qualsiasi trasgressione, elaborò ed attuò un protocollo per l’accoglienza di persone con problemi esistenziali di accettazione e difficoltà relazionali con le famiglie di origine od eventuali partner. Furono invitati a parlare ospiti illustri, esperti, medici, psichiatri e teologi di avanguardia e furono organizzati seminari sull’emergenza AIDS con gruppi cattolici di altre città. Anche se i rapporti con gli altri gruppi “Abele” non furono idilliaci, le soddisfazioni non gli mancarono e furono il giusto premio per un’attività nella quale spendeva tutto se stesso.


Molta acqua è passata sotto i ponti dalle aperture di Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II, nonché dagli insegnamenti di Padre Pellegrino e nel frattempo l’impegno di Don Luigi Ciotti a favore del circolo “Davide e Gionata” veniva, forse, sopraffatto dalle preoccupazioni del manager di una casa editrice e di numerosi gruppi di volontariato mentre la sua reperibilità era resa sempre più difficile dalle cautele imposte dalla sua lotta contro la mafia. Troppe preoccupazioni per un uomo solo, per quanto carismatico, e troppi cambiamenti nell’aria che si respirava nel mondo cattolico. Fatto sta che il circolo “Davide e Gionata”, per una serie di motivi che intuisco e, soprattutto, per la sua contraddizione di base, nel 2007 deliberava lo scioglimento. Mi sia consentito supporre che tale scioglimento, con il nuovo clima instaurato dal Pastore Tedesco, deve essere stato accolto dal Cardinale Poletto di Torino e dallo stesso Don Ciotti con un sospiro di sollievo.


Probabilmente, quest’ultimo non è a conoscenza del trapasso di Domenico Russo e del mio profondo dolore, pur avendo avuto contatti con entrambi. Ma se così non fosse, il fatto che non mi sia pervenuto da parte sua alcun biglietto di condoglianze sarebbe per me fonte di molta delusione, perché significherebbe che, al momento della verità, il prelato avrebbe preferito attenersi al protocollo di comportamento dei benpensanti piuttosto che al concetto di carità cristiana predicato da Mons. Bettazzi.

Ora avverto più che mai l’incongruità di quella messa di Natale che Don Ciotti ci teneva tanto a celebrare al cospetto di una congregazione di omosessuali non rassegnati affatto alla castità. Che significato aveva? Non certo di ravvedimento per le persecuzioni e i roghi inflittici dalla Chiesa fino a non molti secoli fa. Anche lui, nonostante i buoni propositi, che non ho alcuna difficoltà a riconoscergli, non è riuscito a risolvere l’insanabile contrasto tra la nostra esistenza e gli insegnamenti della chiesa cattolica. A differenza di Don Ciotti, il mio defunto padre, Giovanni Sticco, cattolico devoto ed integerrimo, ancorché non sostenuto da approfonditi studi teologici, era pervenuto ad un sintesi perfetta della sua fede e del suo sentimento di padre come si evince da quanto scrisse in una lettera stilata pochi giorni prima di spirare, perché Domenico ed io la leggessimo dopo il suo trapasso. Ne riporto la prima frase:


Caro Enzo, caro Domenico


Questa lettera, indirizzata ad entrambi perché ormai occupate lo stesso posto nel mio cuore, non porta data in quanto diventerà attuale quando Dio vorrà; ma purtroppo gli anni – anche se sempre uguali - aumentano con velocità spaventosa sulle mie spalle e inesorabilmente questo scritto diventa ogni giorno più attuale.

Non voglio scivolare nel sentimentalismo, ma desidero cogliere l’occasione di questo blog per onorare la memoria di mio padre che, ribadisco, era un cristiano esemplare, mite ed estremamente generoso, esprimendogli la mia profonda gratitudine per avere trovato nella sua fede vissuta ogni giorno con coerenza, coraggio ed abnegazione, motivi validi per accettare, come volontà di Dio, una situazione che inizialmente deve averlo sconvolto, e per essere arrivato al punto da manifestare pari affetto per me e il mio compagno di vita. Se le sorelle di Domenico leggeranno queste righe avranno motivo di riflettere.

 
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ESPERIENZE PRECEDENTI ALLA NOSTRA VITA DI COPPIA E PRINCIPI CONDIVISI

Post n°13 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo

 
Prima del 13.10.1971, giorno del nostro incontro ed inizio della nostra convivenza, Domenico Russo ed io avevamo avuto esperienze molto diverse. Educato in un ambiente rigidamente cattolico ma non bigotto,io avevo avuto un'adolescenza molto travagliata, triste e solitaria ed avevo, di mia iniziativa a quattordici anni, senza parlarne in casa, intrapreso un percorso molto faticoso,costellato di medici, psicoterapeuti, e psichiatri, alcuni dei quali di una certa notorietà ma quasi tutti incapaci di affrontare il mio problema se non ricorrendo alle banalità della "cultura" medica di quel tempo (anni 50 e 60 del secolo scorso). Durante quel periodo di grande infelicità e di intenso attivismo per combattere la depressione, avevo drasticamente bandito qualunque esperienza conforme al mio orientamento, giungendo anche al punto di cercare di corteggiare qualche ragazza e di avere un incontro con una prostituta,che ebbe su di me effetti traumatici.


Solo ad una età non proprio giovanissima,grazie alle mie riflessioni e alle vaste letture, oltre che all'incoraggiamento dell'unico professionista valido da me incontrato, un anziano psichiatra di provincia dotato di un buon senso che gli permetteva di supplire all'esiguità della letteratura scientifica sull'argomento, ero pervenuto alla piena accettazione della mia condizione. Da allora ho sempre vissuto in pace con me stesso ma non sono mai stato del tutto sereno:troppe persone hanno patito o stanno patendo lo stesso calvario della mia gioventù ed alcuni non ce l'hanno fatta.


Domenico, invece,non mi ha mai raccontato di alcun tormento causato dalle sue pulsioni nel corso dell’adolescenza. Aveva avuto le sue esperienze in età scolare senza tanti problemi, salvo quello di adottare le opportune cautele per non compromettere la sua reputazione, procurando dispiaceri alla famiglia, alla quale era molto legato.


Quando ci incontrammo, ci accorgemmo di condividere il senso del rispetto reciproco in ogni tipo di rapporto, l'ideale di una coppia stabile che rappresentasse la nostra vera famiglia, lo spirito di solidarietà nei confronti delle persone con problemi esistenziali simili a quelli che noi avevamo superato. Entrambi eravamo critici nei confronti della Chiesa Cattolica ed agnostici ma con il tempo si era radicalizzata la mia avversione contro le religioni del"libro", che io consideravo, e considero tuttora, le principali responsabili di tutti i mali inflitti a noi omosessuali.

 
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SOFFRIRE NELL'INCOMPRENSIONE ALTRUI

Post n°12 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo

Essendo scomparsi i post precedenti, devo scrivere di nuovo in questo post ,che adesso risulta il primo del blog, alcune premesse che reputo indispensabili. 

Siccome ho riscontrato diversi casi di omonimia, preciso che il mio defunto compagno, Domenico Russo, era nato a Messina in data 08.12.1940, negli ultimi 32 anni della sua vita aveva vissuto a Torino, Via Massena 51 e morì in quella città il 28.11.2010.

Dedica: a mio padre,

grazie, papà per evere accettato un figlio diverso,cosa che pochi hanno saputo fare.

Nessuno dimostra comprensione per  il mio dolore per la scomparsa del mio compagno,Domenico Russo, dopo 39 anni di convivenza. Perchè mai ? 
In questa repubblica che si proclama fondata sul lavoro ma che è piu' realisticamente basata sulla massiccia evasione fiscale con la collusione dei politici, noi omosessuali maschi e lesbiche, siamo i veri paria della popolazione, oppressi da una legislazione antiquata e da costumi retrogradi.


Nel resto dell'Europa va un po' meglio ma non tanto, se si pensa che, pur essendo stati perseguitati dai fascisti e trucidati dai nazisti, non abbiamo l'onore di essere citati come martiri neppure da un teologo d'avanguardia come Gunter Grass, che su di noi sorvola disinvoltamente. Purtroppo mala tempora currunt e nella teocrazia che è probabile si affermi nell'eurasia basata sull'ecumenismo cattolico-islamico la situazione per noi diventerà drammatica.

 
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MORTE ED EMARGINAZIONE

Post n°11 pubblicato il 08 Marzo 2012 da sticcoenzo

 
Oggi sono triste. dopo trentanove anni di convivenza, Domenico Russo è scomparso. Mi chiedo perché mai quasi nessuno abbia rispetto per il mio dolore e constato, anche, con disappunto che, dei numerosi amici che avevamo, solo due si sono fatti vivi. Questa mancanza di solidarietà nella comunità gay mi preoccupa assai. Non è che io abbia bisogno di aiuto morale o materiale perchè mi sembra di avere dimostrato che, in una situazione difficilissima sotto tutti i punti di vista, ho saputo cavarmela da solo. Ho l'impressione che molti  amici  della coppia Russo-Sticco mi abbiano sottovalutato: l'atteggiamento di disponibilità della coppia verso il prossimo derivava dalla
collaborazione di due personalità, entrambe forti e determinate. Io non sono semplicemente il compagno superstite di Domenico, sono Enzo, una persona che in quanto a coraggio e a capacità decisionale ha sempre superato il compianto Mimmo che eccelleva, invece, nel campo della introspezione psicologica e della "diplomazia". Ma non è questo l'argomento che più mi sta a cuore. Quello che mi preme far notare è che in una minoranza, che viene tollerata più per moda che per convinzione, ma in privato generalmente messa alla berlina anche dalle persone che ostentano un'ampiezza di vedute di facciata, il disinteresse di ciascuno di noi per la sorte degli altri è un grosso handicap, se vogliamo che il costume e la normativa veramente cambino. Se invece ci accontentiamo della nostra eventuale relazione di coppia, com'è oggi, senza pensare agli inevitabili futuri sviluppi, condita, magari, da qualche rapida sveltina trasgressiva, continuiamo pure su questa strada. Per quanto mi riguarda io non ci sto: il concetto di solidarietà che ho esposto era anche la ferma convinzione del mio amato compagno, per cui ho deciso di onorarne la memoria, dedicandomi interamente all'evoluzione del costume  e al miglioramento della condizione dei gay. Il che presuppone un coming out che ovviamente non è stato per nulla facile in un piccolo centro come Villar Dora ,nel quale non vivo da eremita ma ho frequenti contatti con la gente del posto come docente della UNITRE' di Almese e di Avigliana, come avventore di locali pubblici e amico di personaggi noti per il ruolo che hanno avuto nella Resistenza e nell'amministrazione del paese.

 
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