Che io gli avessi detto che era triste, è vero. Che gli ho dato un bacio lieve sulla guancia, è vero. Che ho ricucito le sue intenzioni a tornare indietro, è vero. Non so cosa fosse quel modo assiduo di guardare il dolce sistemato nel piatto bordato di blu, che lo rendeva elegante insieme al dettaglio fatto di gocce di cioccolato sparse ai lati appositamente, conferendogli la valenza che merita. So soltanto che ne era decisamente rapito, e nel contempo non apprezzarne le fattezze. Era la sua consistente volontà a dare pregio ai piatti che preparava. E lo faceva tutte le volte con spiccato interesse, soprattutto per accostare i colori che riguardavano l'insieme del piatto finito. La minuzia racchiusa straripava oltre la semplicità di cose, che nel loro contenuto potevano sembrare meno considerevoli, dato che in fin dei conti si trattava soltanto di un bignè farcito alla crema chantilly. Un progetto ardito per uno chef improvvisato, pur tuttavia volenteroso e non da meno determinato. La creazione non determina il concetto in se, ma lo rende tangibile alla visione degli occhi e al gusto del palato. E' questo che fa colui che si adopera, ponendo come principio di base la sua ricerca nei dettagli e negli accostamenti. E lo fa per dare concretezza all'idea che sorvola incessante nella sua mente, e lo fa con fantasia oltre che con criterio razionale con lo scopo ultimo di rendere il risultato finale decisamente perfetto. Ma è risaputo che la perfezione oggettiva non esiste. Semmai quella soggettiva sotto certi aspetti possiamo crearcela e sognarcela magari, ma rimane sempre discutibile. E lui mirava alla perfezione del suo bignè. Impastando la pasta choux per la base del bignè, e la panna condita con moderata dolcezza montata a neve. Meticolosa era la cura adottata, e il piatto sembrava perfetto a suo dire, e così lo propose insieme al resto di coloro che si erano adoperati come lui per quella gara tra potenziali pasticceri. Ora lui è triste. Non è stato il vincitore e questo per lui è inaccettabile. Ora lui sente forte la delusione, e crede che quel suo sentire l'amarezza implichi di non venirne a capo. Ma non sa quanto si sbaglia, le delusioni giungono per essere vissute, elaborate e poi riposte con la consapevolezza che nella vita si deve anche saper perdere, seppur avendoci provato. |
Inviato da: mipiace1956
il 29/12/2015 alle 14:30
Inviato da: disillusa71
il 22/12/2015 alle 15:06
Inviato da: mipiace1956
il 10/11/2015 alle 13:16
Inviato da: mipiace1956
il 10/11/2015 alle 13:12
Inviato da: donnafat
il 03/11/2015 alle 00:31