« Dico sempre si | Dire, dire, bisogna dire » |
Che io gli avessi detto che era triste, è vero. Che gli ho dato un bacio lieve sulla guancia, è vero. Che ho ricucito le sue intenzioni a tornare indietro, è vero. Non so cosa fosse quel modo assiduo di guardare il dolce sistemato nel piatto bordato di Era la sua consistente volontà a dare pregio ai piatti che preparava. E lo faceva tutte le volte La minuzia racchiusa straripava oltre la semplicità di cose, che nel loro contenuto potevano sembrare meno considerevoli, dato che in fin dei conti si trattava soltanto di un bignè farcito La creazione non determina il concetto in se, ma lo rende tangibile alla visione degli occhi e al gusto del palato. E' questo che fa colui che si adopera, ponendo come principio di base la sua ricerca nei dettagli e negli accostamenti. E lo fa per dare concretezza all'idea che sorvola incessante nella sua mente, e lo fa con fantasia oltre che con criterio razionale con lo scopo ultimo di rendere il risultato finale decisamente perfetto. Ma è risaputo che la perfezione oggettiva non esiste. Semmai quella soggettiva sotto certi aspetti possiamo crearcela e sognarcela magari, ma rimane sempre discutibile. Ora lui è triste. Non è stato il vincitore e questo per lui è inaccettabile. Ora lui sente forte la delusione, e crede che quel suo sentire l'amarezza implichi di non venirne a capo. Ma non sa quanto si sbaglia, le delusioni giungono per essere vissute, elaborate e poi riposte con la consapevolezza che nella vita si deve anche saper perdere, seppur avendoci provato. |
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