Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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CRISTIANESIMO, CATTOLICESIMO, X? Undicesima chiave

 

 

Continua dal post precedente. Tutto ha inizio da qui:

http://blog.libero.it/elettrikamente/13338603.html

 

 

Ecco l'ultima delle undici chiavi. Il mazzo è servito.

 

                     

                      Posizione nei confronti dell’omosessualità

 

Gesù non ha mai accettato le logiche di contrapposizione amico/nemico perché certamente non è una logica cristiana. Egli, piuttosto, scandalizzava i benpensanti, i Farisei e gli Scribi a cagione delle sue frequentazioni tra coloro che erano considerati peccatori ed eretici, dai quali faceva emergere in primo luogo la fede di cui essi erano, o potevano diventare, capaci.

E la Sua fu una condotta che verosimilmente si potrebbe applicare a proposito di qualsiasi creatura vivente.

I testi della Bibbia presentano una visione antropologica e teologica del rapporto tra l’uomo e la donna, un’unione che, secondo la religione cattolica, troverebbe massima espressione nel matrimonio, da essa proclamato e riconosciuto con valore sacramentale. Non rientrando in questo ambito, l'omosessualità viene considerata, pertanto, dalla chiesa romana, una realtà non auspicabile e, sotto molti aspetti aborrita, in quanto accomunata ad atti di empietà, violenza e lascivia senza freno.

Frequentemente, infatti, è stata ricondotta ed equiparata dall’istituzione ecclesiastica alle situazioni esposte dalla narrazione biblica riguardanti Sòdoma, Gomorra e le altre città della pianura a sud di Canaan.

Al di là del fatto, però, che l’episodio di Lot a Sòdoma esposto nella Genesi è di probabile eredità ovidiana (potrebbe, infatti, trovare la sua paternità nell’ottavo libro delle Metamorfosi) e che la suddetta narrazione non fa riferimenti ad atti di natura esclusivamente omosessuale, bensì agli eccessi di qualsiasi genere, il racconto allegorico della distruzione della Pentapoli ha, inoltre, un valore principalmente eziologico ed il peggior crimine che intendeva considerare non era, inaspettatamente, quello di natura sessuale; ma l’oltraggio e la trasgressione nei confronti dell’ospitalità.

Non dimentichiamoci, infatti, che Lot non si fa scrupoli nell’offrire la verginità delle proprie figlie per onorare proprio questa tradizione, rispettando l’obbligo e la sacralità dell’ospitalità. Il patriarca nipote di Abramo, salvato dalla distruzione dagli angeli del Signore, di fatto, è un padre che, a quella folla che reclama i suoi ospiti per poter abusare di loro, concederebbe la propria prole.

Il suo onore patriarcale, quindi, misurato sull’onestà delle donne all’interno della famiglia, trovava un riscontro ancora superiore dall’osservanza della sacra ospitalità. Ed è propriamente in quest’ottica, e continuando ad appellarsi ancora a questo tipo di onore e di virtù, che la chiesa cattolica ha deciso di tarare l’empietà.

Tuttavia, le città menzionate come emblema stesso della trasgressione omosessuale, in realtà, vengono considerate quali modelli peculiari d’inospitalità e macchiate dalla mancanza della carità “Ecco, questa fu l'iniquità di tua sorella Sodoma: lei e le sue figlie vivevano nell'orgoglio, nell'abbondanza del pane e in una grande indolenza, ma non sostenevano la mano dell'afflitto e del povero." Ezechiele 16, 49.

Per la tradizione jahvista, considerata nella parte più antica del Pentateuco, infatti, oltre all'idolatria e alle pratiche sessuali correlate alla violenza, è proprio il peccato compiuto contro il prossimo, inteso come la violazione dell'ospitalità, ad essere considerato il più empio. Pertanto, l’ottica della condanna legata agli episodi delle città distrutte è rivolta soprattutto ad atti di natura espressamente sociale e teologica piuttosto che a ragioni morali riconducibili all’omosessualità fine a se stessa.

Tutti i passi biblici che fanno riferimento ad atti di natura omosessuale, inoltre, non vengono mai esposti e considerati se non, comunque, all’interno di un contesto propriamente riferibile alla violenza, alla coercizione ed alla lussuria e, certamente, mai letti in termini di scelta cosciente e consapevole o dettata da cagioni emotive.

Ciononostante, sono presenti molti passi che non sembrano affatto scoraggiare il sentimento fra gli uomini e le interpretazioni dei testi che descrivono la relazione affettiva tra Davide e Gionata sono varie. Dai libri ebraici di Samuele, infatti, si legge: L'animo di Gionata si legò all'animo di Davide fino ad amarlo come se stesso” (1 Samuele 18,1); e Davide alla morte di Gionata esclama: La tua amicizia era per me preziosa più che amore di donna” (2 Samuele 1,26), passo, tra l’altro tradotto anche come “Il tuo amore per me era più meraviglioso dell'amore delle donne” (2 Samuele 1,26).

Per quanto riguarda le proibizioni sessuali riguardo all’omosessualità in generale, invece, nel Levitico (18, 1-30) e nei Castighi (Levitico 20, 1-27) le norme che contengono un esplicito divieto nei confronti dei rapporti omosessuali si trovano all'interno di un codice legislativo che aveva la finalità di mantenere Israele distinta dalle altre nazioni.

Ci si riferisce ad esse, infatti, come a norme di purità, ed espressamente si trova scritto: “Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna: è cosa abominevole. Non rendetevi impuri con nessuna di tali pratiche, poiché con tutte queste cose si sono rese impure le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. Chiunque praticherà qualcuna di queste abominazioni, ogni persona che le commetterà, sarà eliminata dal suo popolo” (Levitico 18,22;24;29). Questi moniti erano intesi come disposizioni finalizzate alla purezza ed, in altri termini, disposizioni di ordine igienico-sanitarie, assolutamente necessarie in un tempo antecedente alla nascita di Cristo per favorire la sopravvivenza del popolo ebraico. Difatti, ai precetti comportamentali, si affiancano frequenti normative atte a disciplinare il regime alimentare.

E, verosimilmente, era soprattutto in questa luce che voleva essere interpretato e considerato il divieto per gli uomini di giacere con altri uomini.

Il voler considerare, poi, malvagia o peccaminosa l’omosessualità di per se stessa, equiparandola arbitrariamente alla pedofilia o allo stupro è profondamente anticristiano oltre che antilogico, ed al di là delle fin troppo facili considerazioni che si potrebbero sollevare anche a proposito di altrettante possibili equiparazioni fra pedofilia, abuso (et similia) alle pratiche consuete in seno alla stessa chiesa romana, questa sembrerebbe essere una tesi accolta ed ufficialmente riconosciuta anche dall’istituzione cattolica, dal momento che lo stesso cardinale Schönborn, allievo di Ratzinger e adibito al ruolo di estensore del catechismo, si è infatti pronunciato espressamente in questo senso.

Nei Vangeli e negli insegnamenti di Gesù non sono presenti riferimenti diretti all'omosessualità e la chiesa cattolica afferma di non condannare la persona con tendenza omosessuale, pur considerando, però, come stabilito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, tale orientamento "intrinsecamente disordinato" e valutando, pertanto, il rapporto omosessuale come contrario alla "legge naturale" in quanto precludente al "dono della vita".

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, cionondimeno, si afferma chiaramente che: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.”

Dopo aver delineato in più aspetti la lontananza tra l’etica e la morale, si potrebbe, forse, concludere questa rassegna di contrapposizioni che ogni ragione deciderà di valutare nel suo autonomo cammino di ricerca, chiedendo ancora una piccola concessione all’estetica.

Perché, se è vero che si può considerare l’arte un sapere in cui le risposte pervengono indipendentemente dalle domande, probabilmente questo principio, prima ancora che all’estetica, dovrebbe essere applicato all’etica.

Ed in questo modo, forse, svincolata dai lacci delle imposizioni esterne di logica dottrinale, la fede potrebbe liberamente essere quel che è, un’intima convinzione di piena credenza.

 

                           

 

 

 

                                                                               E...

                                                             DOPO TANTE CHIAVI?

 

 


                                   RICAMARE PORTE E' LA RISPOSTA AD HOC.

 

                  

 

PER CONCESSIONE DELL'AMICA MISTEROPAGANO CHE

"si è persa tra le tante chiavi in un labirinto di appendici e seconde parti, tanto da dover ricamare una porta...ma una di queste pur l'aprirà!"

L'autrice dell'opera è Dina Belenko.

 

 

 

 


 
 
 
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