Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

« LA LUNA NEL CUORELA DOLCEZZA DEL MATTINO ... »

VENDETTE, CASTIGHI E SEMIFREDDI

Post n°106 pubblicato il 16 Settembre 2014 da ElettrikaPsike
 

 

-LA VENDETTA E' IL DUELLO DEI POVERI-

Prosper Mérimée

 

Quel che più può nella gente è la forza brutta della sofferenza,

non la qualità del sofferente.

Vendicare [...] è leccare, freddo, quel che un altro

ha cucinato troppo caldo.      

(João Guimarães Rosa)

 

 

..si parlava della vendetta in un carteggio digitale con un amico.

Sulla concezione di vendetta come correzione di una situazione disequilibrata e di conseguente riequilibrio karmico, ammantata di un valore anche esemplare, tanto riparatore quanto propedeutico.

Questa era la tesi da lui presentata e sostenuta con l'orgoglio dei giusti che sanno di essere dalla giusta parte ed io,  appena un po' meno orgogliosamente convinta che esista una bussola umana più attendibile della coscienza ad  indicarci la via più gentile verso "la parte giusta", gli ho risposto che ci ho creduto anche io. E che, a caldo, senza riflettere, o meglio, riflettendo solo con una logica parziale di visceralità, e pure bendata, con la bilancina in una mano e una katana nell'altra, ho sostenuto a lungo questa "morale della vendetta", vedendola come nient'altro che una compensazione, un atto per ristabilire l'ordine precedentemente scomposto.

Ed ho anche aggiunto che come ristrutturazione di una condizione incrinata sembrerebbe, può sembrare, l'unica ed ovvia conseguenza possibile.

Stessa cosa come fine: per un insegnamento fondato sull'empatica compartecipazione al dolore e mirato alla comprensione e alla successiva presa di coscienza del torto posto in atto, potremmo tranquillamente sostenere che la "vendetta" sembra nuovamente essere la scelta più corretta, e forse pure la più illuminata tra le conseguenze possibili.

Idem per quanto riguarda l'esigenza di riscuotere un risarcimento sentito come lecito a causa dell'aggravante di essere stati danneggiati, (e neppure in risposta ad una nostra offesa!) senza  l'onore sotterraneo dell'essere stati noi ad aver "colpito per primi".

Quindi la "vendetta", così vista, non sarebbe che una legittima difesa, ed alla fine del ragionamento, una banale riscossione con gli interessi.

Idem ancora per il discorso legittimo della pena a carattere preventivo, come promemoria per eventuali e successive analoghe infrazioni...

Tutto bene e logico, con un "se" alla fine. 

Se e sempre che tutti questi presupposti e tutte queste premesse che rendono perfettamente corretti i nostri sillogismi vendicativi, fossero e siano veri; cioè impostati su quelle premesse maggiori davvero vere. La risposta probabilmente potrebbe essere un forse no.

Ed intanto si profilano come a scuola tanti punti di domanda con un ma perplesso davanti ad ognuno di essi. Ma la vendetta è davvero un'azione riparatrice? Restituisce il male, si, ma è efficacemente risolutrice e compensatoria?

E ristabilisce poi, a cose fatte, l'equilibrio incrinato? E gli interessi, l'aggravante inclusa nella richiesta di compensazione, sono davvero una matematica restituzione di giustizia?

E quest'atto vendicativo da servire macinato e freddo ha sul serio una funzione esemplare? E su chi? Ma soprattutto come?

E poi è anche così indubbio il valore propedeutico della vendetta? ha davvero valore e capacità di insegnare qualcosa?

Qualsiasi vendetta pretende di punire una colpevolezza sempre relativa con un castigo maggiorato e irreparabile e parte dal presupposto che nessuno di coloro che hanno commesso l'azione dannosa fosse già in una condizione di pena o fosse vittima di un'ulteriore situazione a loro danno e potesse essere recuperabile attraverso altri mezzi. La possibilità dell’errore permane sempre e comunque nell'analisi di una situazione e quanto si va a giudicare è un contesto necessariamente ed esclusivamente parziale. Non si ha la visione globale di una situazione. La storiografia ci insegna a indagare sulle cause e non solo sugli effetti.

Si dice che un delitto impunito infetti, ma che un’innocenza condannata insudici allo stesso modo; io credo che un'azione a nostro danno possa assolutamente essere cambiata a nostro favore e riscattata; ma non attraverso altro sporco.

Non si cancella nulla, mai, si può solo trasformare. Ma non si trasformano in soddisfazione e abbondanza il danno e l'offesa attraverso gli stessi ingredienti che compongono il danno e l'offesa.

Pensiamo all’esemplarità del castigo,  riferito nella fattispecie da Camus alla pena di morte, ma applicabile anche al di là  (o al di qua) della pena capitale: affinché sia da monito per chiunque la punizione dovrebbe intanto avvenire davanti agli occhi di più persone possibili e per poter essere veramente esemplare dovrebbe essere tanto spaventosa da macchiare ineluttabilmente di una colpa maggiore del danno subito chiunque la metta in atto, facendo così  ricadere la vittima in una condizione di infrazione pesante e di dolo.

Questo, paradossalmente, e da un punto di vista anche soltanto logico, non farebbe affatto ristabilire una condizione di neutralità laddove prima era avvenuta un'infrazione ma costituirebbe, invece, le basi per una nuova condizione ancora più illegittima della precedente, instaurando un meccanismo che presupporrebbe una nuova e conseguente rappresaglia a cui seguirebbe necessariamente un'ulteriore azione vendicativa etc. In sostanza finchè la morte (degli antagonisti e/o o dei loro discendenti) non tagli ad accettate la loro sequenza ripetitiva di orrori.

Nessuna azione vendicativa, inoltre, può intimidire chi non sa che compirà un delitto o un'azione dolorosa, né tanto meno può intimidire chi è irriducibile nel commettere azioni illecite. Alla luce di queste premesse, ha ragione Camus a sostenere che questa esemplarità della pena  finisce con il diventare ipocrisia. Anche la vendetta, infatti, è un castigo che sanziona senza prevenire. 

Il perdono vero è quello che richiede un minimo di familiarità con la voce amore e un po' più di concentrazione sull'etica che non sulla mores, e consiste nella distinzione netta tra l'azione e colui che l'ha compiuta. Così che colui che si definisce ladro, non si chiami ladro; ma uomo. Non sia l'incarnazione dell'azione del rubare, ma  prima di ogni altra definizione gli appartenga la sua imprescindibile condizione di essere uomo, che poi ha commesso l'azione del rubare, certo, ma che non è diventato l'essenza stessa del furto.  

Francesco d'Assisi, pare abbia detto una volta, riferendosi ad un prete particolarmente corrotto e vizioso, "si, lo so che lui di per sè non va bene, lo vedo, e lo riconosco; ma nonostante questo scelgo di decidere che lui vada bene di per me".

E' una questione di scelta, solo di libera scelta. Si può scegliere di essere seguaci delle Erinni, e definirci come loro sempre dalla parte dell'ordine stabilito, insorgendo con torce e fruste contro la violazione di quello che si reputa essere un diritto, e con la supervisione di Nέμεσις, la ridistributrice della giustizia, si provveda a compiere la definitiva cucitura sui delitti irrisolti e impuniti. Ed in modo assolutamente lecito tra l'altro, perchè lecita è la forza delle divinità alate evocata quando il danno è compiuto contro le persone più amate, i figli, i fratelli, gli amici, e quindi anche legittimo per tutte quelle premesse maggiori logiche e già viste, ma che hanno anche un "se" alla fine.

Se si scelgono le Erinni, sarebbe però bene aspettarsi un dessert leggermente diverso da quello che ci rifila il menù della Vendetta.

Si dice infatti che il gusto del dolce servito freddo non sia molto conveniente. E che di dolce abbia ben poco al di fuori del nome e dell' accattivante presentazione nel piatto. Corre voce invece che chi sceglie di accoppiarsi con quel sangue abbia non molto idilliaci risvolti. Benchè i Greci nell'antichità fossero particolarmente scrupolosi nel non pronunciare il vero nome delle alate divinità punitive, appellandole invece con i più gentili tra gli eufemismi, il loro appellativo rispondeva alla meno seducente definizione di "coloro che mandano la pazzia".

Al contrario, pare che perdonando qualcun altro si possa arrivare anche al perdono di noi stessi, e dal momento che la persona alla quale perdoniamo sempre meno siamo proprio noi, si dice che così facendo, invece di diventare folli, ci si liberi dal e del passato.

Erinnerung in tedesco significa ricordo, ma se si sceglie di non accompagnarsi con le Erinni, che di memoria certo non difettavano, rimane davvero solo quello che significa, un ricordo. Una semplice riproduzione di una rappresentazione passata.

Però ricordo vuol anche dire "farsi interno a sé"; e nel farci interni a noi stessi ciò che si mostrava solo in forma esteriore e nell'aspetto della molteplicità, diventa così un universale, un andare in noi stessi recando a coscienza il nostro interno.

Io al tedesco rispondo con il greco, e se devo ricordare, allora ricordo l'anamnesis...

 

 

 

Le immagini del post sono di Alberto Pancorbo.

 

 

La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/elettrikamente/trackback.php?msg=12954886

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
Commenti al Post:
misteropagano
misteropagano il 16/09/14 alle 08:40 via WEB
Buongiorno Ele della notte fonda o del primo mattino, o il punto in cui niente si mescola e raggiunge un non limite, questo penso della tua presenza qui, coi saluti all'Olimpo e solo dopo allora presenti la tua perla nera. Non bianca perchè è facile sostenere di essere buoni, ma non altrettanto di saper raggiungere quel non limite, con la precisa unghia..
Le vendette sono devastanti per chi le riceve e se applichiamo il tuo concetto, devastanti per chi le pratica. Il perdono invasa l'anima invece e la profonde di grazia, mistica, per sè e l'altro.
Ma non credo al perdono o la vendetta in prima battuta, i passi di questi cammini sono opportunisticamente legati alel azioni e le reazioni. Non trovo disdicevole una vendetta a tu per tu, farebbe parte ddelle dinamiche relazionali. Aborro la spropositata e violenta vendetta, tale da "uccidere" davanti a piu persone possibili il vendicato -come il timore di Camus -. Così un perdono plateale. Il rapporto tra gli umani è valido, per me, solo quando si raggiunge il non limite e questo apparterrebbe al discernimento infinito e labirintico degli eletti dotati della piu ampia mente, semmai esista una forza in tal senso e non sia pura narrativa. un bacioMarte, sorella dei LabirintiM®
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 23/09/14 alle 03:43 via WEB
Bellissima la tua definizione di "punto in cui niente si mescola e raggiunge un non limite"; qualcuno teme quel punto, altri invece lo ricercano, io sono una di quelle che aspirano al non limite in cui niente si mescola, e che con i pensieri non bianchi, cerca di trovare il bianco attraverso il nero delle perle. Ma io sono lontanissima nel sangue, nelle azioni, nelle reazioni e nelle percezioni dentro la bocca, da quanto scrivo come perfettamente auspicabile. Non ho in me sufficiente pace ne' tanta armonia. Sai che ti dico, Mist? fosse anche solo esistente come pura narrativa, sarebbe comunque esistente quella forza, e forse andrebbe bene anche così. Grazie. E il bacio marziale è davvero opportuno ...;-)
 
woodenship
woodenship il 16/09/14 alle 16:54 via WEB
Come riuscire a vendicarsi della vita?E'essa ad infliggerci le peggiori angherie e sopprusi,permettendoci,anzi richiamandoci a sè,anche quando non siamo per nulla d'accordo a prendere una forma piuttosto che un'altra.Quindi credo anch'io che la vendetta non sia altro che un istinto di paura che non ci rende merito:un banale scatto,come quello della fiera che ha avuto la coda pestata.L'umano dovrebbe andare oltre e con eleganza,poichè è consapevole che non esiste vendetta.Tutto muta e nulla risarcisce,solo paura rimane.E vivere nella paura non ha nulla di umano,proprio come la vendetta,fredda o calda che sia consumata.........Un caro saluto ed un fiore scintillante di stelle..........W.......
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 23/09/14 alle 04:02 via WEB
Ma la paura controlla il mondo e per quanto la si voglia negare, cancellare, trasformare, accettare...non si riesce a fare nulla di tutto questo, senza essere derisi da lei che comunque ci farà male. Tutto muta e nulla viene risarcito, o quantomeno non come noi ci aspetteremmo, ma tu Wood, hai perfettamente ragione, vivere nella paura, nonostante sia tra le emozioni più umane, disumanizza. Chi vive nella paura non ha più nulla di umano, o quasi, ma ognuno di noi, invece, riconosce maggiormente la propria fragile umanità proprio in quella esistenza di timore. Grazie per il commento, Woodenship, ed un saluto notturno... quasi albeggiante per te.
 
cineciclista
cineciclista il 17/09/14 alle 15:01 via WEB
Il tuo bel post si svolge tutto sul filo della più rigorosa eppure luminosa, suadente ragione. Tu hai richiamato giustamente Camus e io, sul tema del perdono, aggiungerei il paradosso segnalato da Jacques Derrida – che ho già a volte richiamato –, ovvero che solo ciò che veramente non si può in nessun modo perdonare può e deve essere oggetto di autentico perdono. Eppure la vendetta continuerà ad essere covata, sedimentata, spietatamente e insensatamente consumata? Perché, nonostante Camus, Derrida, Elettrika, e tutta la precedente e futura riflessione su di essa? Perché?!? mi domando, domandandomi al contempo se mai la ragione possa avere una qualche possibilità dentro un quadro, uno sfondo, un orizzonte di totale follia come il nostro attuale?
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 23/09/14 alle 05:23 via WEB
Il paradosso di Derrida però è la più precisa descrizione delle ragioni del perdono, perché quanto si ritiene perdonabile dalla mente o dalle viscere di un uomo non può che essere molto lontano da una vera azione dolosa e dolorosa; quello che è in grado di perdonare facilmente l'essere umano è alla fine solo ciò che non necessita di nessun perdono. Il perdonare implica obbligatoriamente l'imperdonabile, o non è neppure il caso di scomodare la parola perdono con il suo concetto scandaloso...paradossalmente infatti il perdono si accoppia al male nell'essere scandalo per la ragione umana. Ed è forse anche per questo che la vendetta continuerà, come dici tu, ad essere covata, sedimentata, e spietatamente, insensatamente consumata. E talvolta anche nonostante luminose e suadenti convinzioni di liberarsene. Ti per ringrazio aver scritto cineciclista, ed anche per aver richiamato Derrida.
 
misteropagano
misteropagano il 22/09/14 alle 12:16 via WEB
un saluto, ti aspetto per l'apertura dei commmenti. ^_+baxM®
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 23/09/14 alle 04:03 via WEB
Postato in ritardo, e già fatto...;-p
 
korov_ev
korov_ev il 25/09/14 alle 18:29 via WEB
Non ridarà l’aurora al mio giorno l’occhio del nemico che ho nel palmo; né il suo dente cavato a forza colmerà i vuoti della mia bocca.
Sono pienamente d’accordo con lei, madame: la vendetta non riequilibra affatto e non ha alcuna valenza didattica, ma il motivo di ciò esula dai presupposti gettati come basi del carteggio tra lei ed il suo amico. Sa, a volte si tende ad identificare la vendetta con la giustizia, ma non è così.
Vede, madame Psike, Nemesi non è vendetta, Nemesi è “la vendetta degli dèi”, ergo Giustizia: un’equità divina che, stranamente, sta da millenni sempre dalla stessa parte: quella del più forte. La vendetta umana, invece, non ha nulla a che vedere con la giustizia, con l’equilibrio o con la logica del buon senso; la vendetta umana è qualcosa che va oltre. È un cieco annientare che, come lei dice al termine del post, nuoce in primis a colui che ne brama, ma… c’è un ma: per chi cerca vendetta questa “controindicazione” è ininfluente perché, comunque, la sua vita di uomo si è conclusa nel momento in cui l’offesa ha rotto in lui ogni legame di sentimento lasciando l'odio padrone incontrastato.
La sete di vendetta non è ciò che prova chi crede di aver subito un torto, quella può essere desiderio di giustizia o ripicca o idiozia. Lo scopo della vendetta non è quello di risarcire, ma quello di distruggere, e non si ferma con l’annientamento di chi ha recato l’offesa. Un torto che grida vendetta non è un torto che può essere ripagato; la vendetta è una voragine senza fondo che vive nel ricordo e se ne nutre, e può avere fine solo con lo spegnersi di esso (ma non so dire come) o di colui che ne è prigioniero.
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 27/09/14 alle 20:05 via WEB
Nemesi non è la vendetta, infatti, come sottolinea lei Korov_ev, ma “la vendetta degli dèi”, pertanto considerata la "Giustizia". Infatti è quella dea posta tra le altre divinità concordi a ristabilire il peso sui famosi piattini, anche se poi, come la storia e la mitologia insegnano, le divinità sorridono sempre un po' di più ai forti e i piatti pesano sempre maggiormente dalla parte della forza (anche se poi bisognerebbe capire di quale forza). Io ho scritto di una vendetta che è in qualche modo una giustizia istintiva che mira a ristabilire un'uguaglianza basata su una sofferenza sproporzionata rispetto all'atrocità dell'offesa; ma la vendetta umana, come lei ravvisa, non ha invece neppure la forma di una ricerca di risarcimento con interessi, ma è solo la volontà dell'annientamento di chi ha recato l’offesa. Credo anche io che chi si trovi nella condizione del volere una vendetta sia immune dalle controindicazioni e dagli effetti collaterali che dovrà patire seguendo la strada delle Erinni, perché sente di non aver più nulla da perdere, nulla per cui poter essere e per poter nutrire sentimenti oltre l'odio; ma penso che un poco prima di cadere in quello stadio vendicativo si possa ancora scegliere e decidere se instradarsi per la via del risarcimento a tutti i costi che poi sboccherà con ogni probabilità nell'ossessione, nella via delle Erinni (per poi superarla e desiderare solo una distruzione che non troverà appagamento) o se fermarsi un attimo, ancora padroni di un barlume di affetto per se stessi e per la propria integrità psicofisica. La vendetta è una voragine senza fondo , dice lei, ed ha ragione; ma per me anche la vendetta in versione divinizzata, la giustizia degli dèi, è un’anticamera della voragine perché non si ferma, se non solo apparentemente, ad un’offesa senza pietà e di elevate proporzioni ma instilla il seme della fame, che tende a crescere. E senza il perdono il ricordo della fame resta. Proprio per questo, la scelta è libera. Siamo comunque dinnanzi ad un qualcosa che non si riesce a dimenticare e per cui la sofferenza dell’offesa è incommensurabile e inestinguibile: il torto che non può venire ripagato in alcun modo è quello che grida la vendetta, ma allo stesso modo, proprio solo quel torto che non può essere compensato e non si può in nessun modo perdonare, è quello che deve e può essere oggetto di perdono.
 
reporter514
reporter514 il 27/09/14 alle 20:04 via WEB
...whow un trattato ! pensavo alla fisica "per ogni azione c'è una reazione uguale e contraria "ma da lì alle faide ed alle guerre il passo è molto breve.non nego che a volte,l'idea di vendicarmi mi abbia sfiorato,ma mi sono accorto che il soprassedere mi ha "riempito di serenità" e tolto importanza a chi mi aveva provocato l'ira. però da piccoli atti vendicativi,quasi goliardici consumati a caldo,mi faccio prendere....riempire il carrello della spesa al supermarket di varie schifezze prese a caso dagli scaffali,a chi non rispetta le file ai vari banchi ;))) chiedo venia,ma è divertente, quando alla cassa si ritrovano 2 o 3 scatolette di caviale ,non preventivate ;))) ciauu
 
 
ElettrikaPsike
ElettrikaPsike il 28/09/14 alle 19:59 via WEB
Se fossero tutte così le "vendette"...;-) anzi guarda io proporrei di estendere il tuo discorso e modificare proprio l'immagine della Dea bendata: niente più piatti della bilancia, solo carrelli del supermarket ;-p
 
reporter514
reporter514 il 28/09/14 alle 11:15 via WEB
...mi viene in mente la fisica..per ogni azione una di uguale forza e senso opposto. anche se d'impulso ,qualche volta ,mi sarei vendicato,poi ho soprasseduto ed alla fine ho guadagnato in serenità...dalla vendetta ,alle faide ,alle guerre non c'è molta strada...ciao ^_^
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

JE SUIS CENACOLO'

 

Per chi ama scrivere,

per chi ama leggere.

Per chi è innamorato delle parole:

 

JE SUIS CENACOLO' 2015

Il Contest Letterario a colpi di BIC

blog.libero.it/WORDU/

Un Blog di PAROLE…

C H E    A R R I V A N O,

C H E    P A R T O N O,

C H E    R E S T A N O.  

Come un grifo, tra terra e cielo.

 

 

IL CENACOLO SI E' CONCLUSO ED ORA...

ABBIAMO IL LIBRO!

  

 

http://issuu.com/wu53/docs


 

ULTIME VISITE AL BLOG

vololowmisteropaganoanimasugrteo1cassetta2woodenshipElettrikaPsikeprefazione09je_est_un_autrealf.cosmoskorov_evlegrillonnoirdestaelravenback0arwen971
 

ULTIMI COMMENTI

 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

                        

                                                             https://twitter.com/elettrikapsike

 

 

 

SIT FEEL - SIT.n.ZERO tutti i numeri dello zero E altre geometrie

Seduti intorno alla Cultura

 

SIT FEEL

 

 

 

 

 

 

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963