Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

Messaggi di Gennaio 2019

Felici e contenti, nei palazzi stregati della fantasia

 

 

 

 

 

L’ho sempre pensato che talvolta è meglio il "rimpianto" del "rimorso", qualche volta l’ho anche detto, ed anche  poco tempo fa parlando ad un amico. Ma non ricordo se ne ho mai scritto qui...

Dal momento, però, che adesso persino la stagione è quella perfettamente adatta - con il suo  pungente profumo di freddo nell’aria e le stelle che hanno riacceso tutti i loro fuochi - per parlare di essere e di non essere, di ciò che si deve preservare e di ciò che è meglio abbandonare, ma soprattutto é perfetta  per immaginare, eccomi qui.

Pronta a dire che, a dispetto di tutti i mementi per l’avvenire riguardo al "non lasciare i sogni sigillati in un cassetto" e delle facili esortazioni a "sfidare ogni titubanza per aggirare i rimpianti", ci sono momenti in cui il fatto stesso di conservare un sogno senza metterlo al mondo, resta la cosa migliore che si possa fare per non perderlo del tutto.

Mi spiego: Non è tanto l’essere o il non essere il punto di domanda della questione, ma la scelta di preservare o abbandonare un sogno (o un’idea...)

Quando si presta un corpo ad un sogno, infatti, quello smette immediatamente d’essere un ideale inviolato ed improvvisamente diventa mortale - e va da sé che, una volta divenuto mortale, se malauguratamente dovesse morire, lo si perderebbe del tutto - con tutto l’impoverimento che può conseguire nel nostro spirito.

Ma il guaio non è, però, poi neppure questo: il problema centrale è che, in ogni caso, ogniqualvolta offriamo un corpo al sogno, non soltanto quello diventa mortale ma diventa - comunque ed obbligatoriamente - anche qualcos'altro da ciò che era stato in origine.

Prendiamo a titolo esplicativo una favola, la mia preferita: La Bella e la Bestia.

Ma, attenzione, perché nella mia versione ideale, se l'avvenenza fisica della "bella" può anche essere del tutto opinabile, la non trasmutazione della "bestia" diventa, invece, insindacabile.

Pensiamoci per un istante: Se lei – la Bella - s'innamora di lui – la Bestia – proprio in virtù di tutti i tratti fondamentali della sua esclusiva soggettività, che nel tempo (anche se attraverso la paura, il dolore, gli scontri, la diffidenza e l'estraneità reciproca) si sono risolti in una magnetica empatia complementare, perché mai, alla fine della favola, dovrebbe essere felice di ritrovare uno sconosciuto al posto di quell’individuo che aveva nascostamente imparato ad apprezzare al punto d’innamorarsene?

Il nuovo arrivato – la Bestia trasfigurata nell’elegante Principe – infatti, se da un lato è pur sempre la stessa persona che lei ha conosciuto ed iniziato ad amare al segreto del palazzo stregato, d'altro canto, però, è anche decisamente un estraneo.

E la sua alterità lo rende necessariamente molto distante dalla creatura con cui la Bella aveva iniziato il percorso empatico.

I perbenisti, a questo punto, ci potrebbero rispondere che il problema non esiste, raccontandoci che il "Principe" altro non è se non la versione depurata dai tratti meno nobili della Bestia e che, proprio grazie a quell’amore ricevuto e provato, viene liberata dai vincoli della bestialità per rinascere (o ritornare) alla condizione più favorevole edauspicabile. E, forse, ci ricorderebbero anche di come la bellezza estetica del “trasformato” non puó che parafrasare l’animo ingentilito dal sentimento.

Certo, il tutto è corretto e facilmente comprensibile; ma resta un minuscolo dettaglio ad impedire la quadratura del loro cerchio. E questo minuscolo dettaglio inizia con il punto di domanda lasciato senza risposta qualche riga fa.

Perchè, liberato dai vincoli delle sue passioni non proprio cristalline, o ingentilto nell'aspetto che sia, in ogni caso il nostro Principe non ha nemmeno più la piega del sorriso in comune con la Bestia. 

E la domanda, pertanto, non è affatto sciolta.

Per quale effettuale motivo, dunque, la Bella dovrebbe salutare per sempre e con gioia una creatura che –  per quanto sgraziata anziché affascinante e scontrosamente maldestra piuttosto che delicata e sinuosa – innegabilmente le ha comunque fatto salire i battiti dal cuore fino in gola, arrestandole il respiro e spezzandole la voce?

Ed in più, dovendo considerare addirittura come un premio, invece di un impoverimento devastante, l'edulcorata alternativa...

Per quanto allettante, infatti, il "nuovo arrivato", pur mantenendo tratti affini con la precedente versione di sè, ha comunque perso tutti gli altri caratteri che, seppur discutibili, erano tuttavia riusciti a smuoverle gli animi...

Così, in definitiva, nella favola avviene l'identico procedimento che accade per tutti i sogni: incarnandosi per venire al mondo, per quanto belli e soddisfacenti potranno risultare, in ogni caso i nostri desideri non saranno mai (più) quello che erano stati in origine.

A questo punto bisogna solo chiedersi con disarmante onestà quali siano i sogni ai quali ognuno di noi voglia (e possa) rinunciare in favore di un'incarnazione sostitutiva - sicuramente differente ma altrettanto accettabile ed apprezzabile - e a quali, invece, non sia proprio possibile abdicare. Sia per la loro bellezza metafisica irraggiungibile, sia per la particolarità.

Una particolarità, sia chiaro, magari distantissima dalla perfezione, ma proprio per questo irrefutabilmente perfetta. Un po' come quella della Bestia nella favola.

Se La Bella e la Bestia, infatti,  è un racconto romanticamente splendido, lo è proprio perché narra la storia di un amore anomalo, ed esclusivamente in virtù di questo anche assolutamente unico.

Esaminiamolo. Di fatto é occultato, e per questo incontaminato dalla dispersività del mondo; è protetto, perchè comunque circoscritto nell'egida della reclusione; infine è segreto, perché taciuto, e per tutti questi motivi preservato.

Ma il suo preservamento perdura solo fintanto che non viene dato alla luce - di una lanterna, come del sole – esattamente come quello di Eros e di Psiche o di Persefone e Ade.

Ed è inevitabilmente una tipologia d'amore con il potenziale seduttivo superiore ad ogni altra proprio perché, letteralmente, riesce a trascinare in un universo a parte.

Così, la magia d’amore continua e si autoalimenta finchè la lanterna di Psiche non illumina Eros e fintanto che la Bestia non perde le sue prerogative (l’ombrosità malinconica, la passionalità tormentata, e tutti i suoi intrecci complicati ma incantevoli d'introversione e apertura, diffidenza e fiducia, ingenuità disarmante e audacia) per diventare solamente un lineare e prevedibile principe, più o meno azzurro.

Il punto - si sa - è che, a volte, il cielo indossa uno sguardo più elevato proprio nelle asperità. E questo la nostra Bella, proprio come Persefone nel Regno dei morti, era riuscita ad intuirlo egregiamente, lasciandosi stregare prorio dall’oscurità stratificata dell'amato.

Ma a conti fatti, nel finale della fiaba, tutto quel fascino notturno della Bestia viene meno di colpo, con l’apparizione del Principe.

E chi può davvero sapere se la sfavillante lusinga e la limpida coerenza del nuovo arrivato avrebbero realmente sortito la stessa fascinazione agli occhi della Bella, e se sarebbero davvero riuscite a compiere un medesimo incanto?

Dopotutto, non si dice che il colore della primavera è dato dai fiori, ma quello dell’inverno dalla fantasia?

Ed allora lo confermo e l’accendo: io terrei il sogno.

Perché vorrei poter dire alla Bestia una frase che suoni pressappoco come questa:

Desidero che tu venga da me in una sera d’inverno; e dietro i vetri prendere tutto il nostro stupore per portarlo sotto la luce ambrata delle candele, lasciando che ci racconti qualcosa di bello... In modo che un giorno lo si possa ricordare come gli inverni delle favole, dove forse si visse insieme, senza saperlo.

 

 

Vedrò passare primavere, estati, autunni;

e quando arriverà, con le sue nevi monotone, l’inverno,

serrerò porte e finestre,

fabbricherò nella notte i miei palazzi stregati.

(Charles Baudelaire)

 

 

 

 

 

 

27 gennaio

 

Del male la memoria si sa, anche quando momentaneamente sembra sbiadirsi, non dura solo un giorno, inondandoci in volute gli occhi, il torace e lo stomaco anche quando in apparenza è adombrato. Non solo un giorno, ma ogni giorno resta. E si vorrebbe fosse vivo, il ricordo. Deve essere vivo, bisogna che lo sia. Per darci modo di sapere, di imparare e di arginare. Ma nel contempo, per sopravvivere, e per provare a respirare, è anche necessario riuscire a sedare quel dolore pur mantenendo tutte le croci trapuntate in cicatrici sulla pelle. Croci a forma di stelle. Stelle di morte; ma anche di una continua inarrestabile rinascita. Nulla è niente.

 

 

 
 
 

MA NON SONO LA SOLA

 

 

YOU MAY SAY I'M A DREAMER, BUT I'M NOT THE ONLY ONE...

 

 

 

 

Si dice con estrema disinvoltura che tutto può cambiare, volendolo, o sapendolo immaginare.

E lo si dice parafrasando facilmente John Lennon e un tantino forzatamente principi di fisica, prendendo in ostaggio stati quantistici e appellandosi a Bose e ad Einstein per spiegare la New (e la post New) Age, ma con ogni probabilità senza neppure aver aperto mai un solo testo di fisica della materia condensata.

Io sono solo una visionaria, una strega a tre passi dal rogo, una normalissima pazza, una divinità impaurita ed una fragile e devastata anima fra miliardi di anime; ma non credo che sia sufficiente immaginare qualcosa per cambiarla.

Credo, però, che tutto quello che viene ad esistere venga scaturito esclusivamente da quello in cui crediamo, nel momento in cui lo esterniamo e lo diamo al mondo.

Ogni cosa in questa vita riceve la sua presenza da qualcun altro o qualcos'altro, esterno da sè.

Noi tutti siamo fatti di credenze, fedi, convinzioni, volontà e sogni individuali ispirati dall'anima stessa. E sono proprio questi sogni, convinzioni, volontà, fedi e credenze a plasmare il mondo ogni qualvolta portiamo alla luce, dal nostro segreto, un'idea o un'immagine, facendoci diventare co-creatori di questo luogo primigenio e sferico. 

Così accade. E riempito di tutte le nostre certezze, il mondo prende forma solo in base ai nostri accomodamenti. E tutto ciò che è, diventa tale perché è stato allattato, alimentato e cresciuto dalle nostre immagini.

Le convinzioni che tutti potessero conoscere hanno plasmato un mondo di analfabetismo profondo e oscuro in un mondo in cui sono sempre di più le persone che leggono, scrivono, studiano ed esercitano diritti civili, indipendentemente dal sesso, dal ceto che li qualifica o dalla scelta che determina ogni loro credo - e per quanto non sia ancora abbastanza - ricordiamoci che solamente nell'ultimo secolo la scienza ha dato un contributo di conoscenze superiore a quelle accumulate durante tutti i secoli precedenti.

Qualcuno ci ha creduto, molti ci hanno creduto ed hanno disseminato i loro convincimenti fino a che i loro passi non hanno smosso i pesanti graniti delle precedenti scenografie terrestri.

Le convinzioni protratte e sedimentate vengono accolte come in un contagio - talvolta sono accettate pedestremente, non capite e neppure condivise; altre volte, invece, autenticamente adottate, integrate - ma in un modo o nell'altro diventano inevitabilmente effettive. Diventano esistenti. Diventano una forma della realtà.

E purtroppo (a volte) o meno male (altre volte), è comunque la collettività a determinarne l'assetto, perchè alla fine quelle migliaia di voci diventano una.

Ed è il modo in cui guardiamo insieme il mondo, il modo in cui pensiamo alla realtà, annaffiandola ogni giorno con un po' delle nostre credenze e cospargendola di parole,  disegni, note o movimenti a cambiarne la scenografia. Solo un poco alla volta, sì; ma sempre in modo inarrestabile.

Io sono una sognatrice, ma non sono la sola. E per questo spero che un giorno vi unirete a noi...

 

 

You may say I’m a dreamer, but I’m not the only one...


I hope someday you'll join us and the world will be as one.

 

 


 

 

 

 

 

 

 
 
 

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